
Chi non si ricorda del mondiale di calcio del 1982? Chi non ricorda il miracolo Paolo Rossi? A distanza di trent'anni da quel mitico 1982, Paolo Rossi ripercorre i giorni che hanno cambiato la sua vita, che lo hanno reso eterno. E i giorni che ci hanno tenuti inchiodati davanti al televisore. Aneddoti e ricordi si intrecciano a emozioni, paure, sensazioni. Fino alla finalissima Italia-Germania con cui l'Italia vince il campionato. Un campionato rimasto nel cuore degli italiani che, dopo il racconto di Paolo Rossi, fanno sentire la loro voce, i loro ricordi, le loro emozioni. Un libro che è insieme la testimonianza di un grande campione e i ricordi di quegli italiani che ancora hanno impresso nel loro cuore l'esultanza del presidente Pertini e l'urlo indimenticabile del telecronista Martellini: "Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!".
Il mondo di Tony Pagoda è grande, non si lascia contenere da un solo libro. E così eccolo di nuovo, presentato dall'ex cognato Ughetto De Nardis. Ughetto parla di "nuove esperienze" che a lui non sono piaciute per niente. Noi possiamo, con Pagoda, parlare di vecchi e nuovi amici, di tutti gli incontri che Tony ha continuato ad avere nel mondo che più gli piace, quello compreso fra lo spettacolo di chi fa spettacolo e lo spettacolo delle vite pubbliche. Fabietto e Carmen Russo, il mago Silvan e Tonino Paziente, Maurizio Costanzo e Jacqueline O'Rourke. Ogni occasione è buona per far mostra di una copiosa morale dell'assurdo che è diventata cifra stilistica, segno inconfondibile. Tony Pagoda non teme la risata, non teme la lacrima, non teme la sprezzatura, o lo sfottò. Con lui ci facciamo portare dentro un'umanità che mai avremmo visto così, con cui mai avremmo pensato di compatire. Ma questa volta è come se la voce di Tony raddoppiasse in quella del suo creatore, che infatti sentiamo arrivare, più si avvicina il congedo, ad aprirsi un varco, a lasciare un'impronta. Interprete del nostro tempo, Tony Pagoda è pur sempre il protagonista, lui e le sue tirate, come Falstaff: "L'umanità, dunque, è miserabile. Non si discute su questo. Eppure, non è stato inventato ancora niente di meglio. Perché, quando si palpita, si palpita. Tutte le emozioni della vita non hanno senso. Si addizionano tra loro, incongrue, per accumulo. Compongono la vita, come una lista della spesa. E questo, infine, è il senso".
Il drammatico viaggio di un gruppo di emigranti clandestini verso i "porti del nord". Un poema scabro e tragico. La scommessa della parola poetica di fronte a una materia (umana, civile, sociale) quasi "intrattabile" ma che qui diventa disegno delle sorti del mondo. Erri De Luca obbedisce all'urgenza lirico-tragica ampiamente presente nella sua scrittura e disegna un paesaggio sociale e umano profondamente interiorizzato.
"Se niente ha senso, è meglio non far niente piuttosto che qualcosa" dichiara un giorno Pierre Anthon, tredici anni. Poi, come il barone rampante, sale su un albero vicino alla scuola. Per dimostrargli che sta sbagliando, i suoi compagni decidono di raccogliere cose che abbiano un significato. All'inizio si tratta di oggetti innocenti: una canna da pesca, un pallone, un paio di sandali, ma presto si fanno prendere la mano, si sfidano, si spingono più in là. Al sacrificio di un adorato criceto seguono un taglio di capelli, un certificato di adozione, la bara di un bambino, l'indice di una mano che suonava la chitarra come i Beatles. Richieste sempre più angosciose, rese vincolanti dalla legge del gruppo. È ancora la ricerca del senso della vita? O è una vendetta per aver dovuto sacrificare qualcosa a cui si teneva davvero? Abbandonati a se stessi, nella totale inesistenza degli adulti e delle loro leggi, gli adolescenti si trascinano a vicenda in un'escalation d'orrore. E quando i media si accorgono del caso, mettendo sottosopra la cittadina, il progetto precipita verso la sua fatale conclusione. Il romanzo mette in scena follia e fanatismo, perversione e fragilità, paura e speranza. Ma soprattutto sfida il lettore adulto a ritrovare in sé l'innocente crudeltà dell'adolescenza, fatta di assenza di compromessi, coraggio provocatorio e commovente brutalità.
"Entrai in uno spazio, in un tempo, in una dimensione completamente nuovi. Mille anni si comprimevano in un giorno e ogni mio passo durava secoli. Le querce del deserto sospiravano e si chinavano su di me, come se avessero voluto afferrarmi. Le dune andavano e venivano, sempre uguali. Le colline si innalzavano verso il cielo, e poi scivolavano dolcemente in basso. Le nuvole ondeggiavano nel cielo, sparivano, ritornavano di nuovo. E sempre la strada la strada la strada la strada."
Chi è stato in realtà Enrico Berlinguer, il segretario più amato (ma anche contestato e travisato) del Pci? A trent'anni dalla sua morte drammatica e in un mondo radicalmente cambiato, Chiara Valentini ne ricostruisce la storia politica e umana. Dall'infanzia ferita da un dramma familiare a un'adolescenza ribelle, all'incontro con i comunisti e con Togliatti, si snodano la vita e la carriera di questo politico diverso. La sua è la vicenda di un uomo che ha voluto sfidare le rigidità di un mondo diviso in blocchi con la passione del rischio con cui affrontava le tempeste di mare nella sua Sardegna. Dopo il colpo di stato polacco, aveva tagliato i ponti con l'Urss in modo definitivo. Aveva osato progettare il comunismo nella democrazia, un'ipotesi intollerabile sia a Mosca sia a Washington. Aveva cercato di cambiare l'Italia con il compromesso storico, e forse ci sarebbe riuscito senza il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro. Aveva dimostrato di avere la vista lunga indicando nella questione morale e nella degenerazione dei partiti "ridotti a macchine di potere e di clientela" il problema più drammatico dell'Italia. Se lo "strano comunista", come lo definiva la stampa Usa, non fosse morto troppo presto, forse anche la storia della sinistra e dell'Italia sarebbe stata diversa. Postfazione di Paolo Spriano.
Paura. Fuga. Esilio. Sopravvivenza. Perdita dell'identità e il desiderio di tornare indietro, a casa. Ma dov'è "casa"? In un intrigante esperimento dell'immaginazione Janne Teller fa vivere sulla nostra pelle l'esperienza di un rifugiato di guerra. Età di lettura: da 12 anni.
L'Accademia dei Tre Principi è una sala da biliardo. È un sotterraneo, un antro favoloso, dove sotto lo sguardo cieco del saggio Borges incrociano le stecche giocatori leggendari come il Puzzone, Elvis, Tremal-Naik, la Mummia, il Professore e Tamarindo. Si svuotano portacenere e si tiene il conto delle battaglie. In quel mondo di soli maschi un giorno fa il suo ingresso Pantera, "snella, flessuosa, pallida", e la leggenda varca i confini. Quando i migliori cadono, come in un poema cavalleresco i campioni cominciano ad arrivare da lontano. Uscita dal suo racconto, Pantera porge il testimone ad Aixi, una ragazzina innamorata del suo mare, protagonista di una nuova sfida inondata di luce e di mistero.
Una ragazzina di tredici anni ricorda l'estate del 1976 a Burzaco, in provincia di Buenos Aires. Fa molto caldo e per il padre, rivenditore di ventilatori, questa è una fortuna. Appartenente alla piccola borghesia argentina, la ragazza gode di una vita serena, come tante sue coetanee: la piscina con le amiche, la nonna col pollaio in fondo al giardino, le vivaci riunioni di quartiere per rivendicare il primo monumento alla bandiera. Ma quell'estate tutto cambia, e quando il golpe militare destituisce Isabelita Perón a favore di un "governo d'emergenza" è l'inizio della dittatura e della paura per il padre così amato. Paura dovuta al fatto che è un comunista dichiarato, seppur del genere romantico, utopico, non del tipo attivo nelle lotte politiche. Ma sono tempi pericolosi, in cui anche solo un sospetto può essere fatale. L'ultimo romanzo di Claudia Piñeiro è un flashback della sua infanzia, un omaggio al padre che fonde fatti e finzione e che diventa un romanzo sulla giovinezza, il ritratto di un'epoca, di una classe sociale e di un paese.
Le "app", o applicazioni software, fanno ormai parte della vita di tutti noi. L'attuale generazione di giovani in particolare è profondamente dipendente dai media digitali. Howard Gardner e Katie Davis non per nulla chiamano i giovani d'oggi la "generazione app" e in questo suggestivo libro cercano di capire che cosa significhi essere app-dipendente rispetto ad app-attivo e in che modo la vita di questa generazione si differenzi da quella che precede l'era digitale. Tre sono le fondamentali aree dell'esistenza degli adolescenti qui prese in considerazione: l'identità, l'intimità e l'immaginazione. Attraverso innovative forme di ricerca, che comprendono interviste con ragazzi, focus group di quanti lavorano con loro e una comparazione unica nel suo genere di produzioni artistiche giovanili di prima e dopo la rivoluzione digitale, gli autori svelano quali siano gli inconvenienti delle app, che possono ipotecare il senso d'identità, incoraggiare relazioni superficiali con il prossimo e ostacolare l'immaginazione. D'altra parte le opportunità offerte dalle app sono altrettanto impressionanti: possono al contrario promuovere una forte identità, consentire relazioni profonde e stimolare la creatività. Possono essere un freno o uno stimolo. La sfida consiste nel saper andare oltre le modalità prestabilite di utilizzo. Solo così il loro potere può diventare un trampolino per una maggiore inventiva e più alti obiettivi.