Due giovani su tre affogano senza lavoro e la Regione Sicilia butta 15 milioni per 18 apprendisti fantasma. Ci sono treni che marciano a 14 km l'ora e i fondi Ue vanno a sagre, sale bingo e trattorie "da Ciccio". Quattrocento miliardi di fondi pubblici speciali spesi in mezzo secolo e il divario col Nord è maggiore che nel dopoguerra. I vittimisti neoborbonici ce l'hanno con tutti a partire da Ulisse e intanto il Meridione si fa sorpassare anche dalla regione bulgara di Sofia. Figurano più braccianti disoccupati a Locri che in tutta la Lombardia ma i soldi vanno ai mafiosi che incassano contributi anche sui terreni confiscati. La Calabria ricava in un anno da tutti i suoi beni culturali 27.046 euro ma i Bronzi di Riace restano per anni sdraiati nell'androne del Consiglio regionale. La Sicilia è la regina del Mediterraneo con 5 siti Unesco ma le Baleari hanno 11 volte più turisti e 14 volte più voli charter. Undici miliardi buttati per l'emergenza rifiuti ma la Campania muore di cancro e a Bagnoli sono avvelenati anche i parchi giochi. Municipalizzate che non girano al fisco le tasse trattenute ai dipendenti ma si prendono il lusso di non sfruttare patrimoni immobiliari enormi. Alti lamenti sugli investimenti esteri ma a Messina una procedura fallimentare si chiude in media dopo 25 anni. Sovrintendenze cieche davanti alla devastazione delle coste e vincoli paesaggistici sul pitosforo di un giardino privato...
In Ungheria il primo ministro fa approvare una riforma che restringe libertà e diritti civili; in Islanda i cittadini ricorrono al sorteggio per eleggere un'assemblea che riscriva la Costituzione; in Italia un movimento antipartito cerca con il web di trasportare la democrazia "in diretta" all'interno della democrazia rappresentativa. C'è da chiedersi che cosa stia succedendo in questi anni alla democrazia. Si può parlare di una vera crisi, nonostante la democrazia sia per definizione un governo della crisi? O non si tratta invece soltanto di una delle molte metamorfosi che questa forma politica ha conosciuto nella sua ricca storia? Nadia Urbinati parte dall'analisi delle mutazioni in atto per capire come sia possibile realizzare oggi la promessa democratica di tenere assieme uguaglianza e libertà politica. La democrazia moderna ha oscillato tra il rischio di degenerazione oligarchica delle sue leadership elette e l'impossibilità di garantire a tutti lo stesso diritto di contare o un'uguale opportunità di voce. Dall'antica polis ateniese fino al contemporaneo videopopulismo, la democrazia è sempre stata un regime instabile, precario, in perpetuo movimento, ma proprio per questo equipaggiato a superare le fasi di rottura e transizione, la perdita di legittimità. Essendo fondata su quell'unità artificiale di concrete diversità che è la sovranità del popolo, ha dovuto affrontare una serie di intrinseci paradossi, inventando periodicamente nuove procedure e nuove istituzioni.
Nel corso della storia le carte geografiche hanno modellato la nostra visione del mondo e il posto che vi occupiamo. In questo libro, Jerry Brotton sostiene che, lungi dall'essere meri strumenti della scienza, le mappe del mondo sono inevitabilmente descrizioni parziali e soggettive, intimamente legate ai sistemi di potere, all'autorità e alla creatività di tempi e luoghi particolari. I disegnatori di mappe non si limitano a raffigurare il mondo, lo costruiscono sulla base delle idee vigenti nella loro epoca. Questo libro analizza il significato di dodici mappe del mondo riprese dalla storia globale, a partire dalle rappresentazioni mistiche della storia antica e per finire con le immagini di derivazione satellitare contemporanee. Ricrea gli ambienti e le circostanze in cui queste carte sono state fatte, mostrando come ciascuna di esse trasmetta un'immagine estremamente personale del mondo: la prospettiva cristiana centrata su Gerusalemme del "mappamundi" di Hereford del XIV secolo; la più antica mappa coreana che mostra la Terra intera, compresa l'Europa; la prima autentica visione del mondo globalizzato del portoghese Diogo Ribeiro agli inizi del XVI secolo; la proiezione negli anni Settanta del Novecento che aveva l'ambizione di dare uguale dignità al "terzo mondo" e il pianeta secondo Google. Brotton rivela come ogni mappa abbia tanto influenzato quanto riflesso gli eventi contemporanei e come, leggendole, si possano meglio comprendere gli universi che le hanno prodotte.
Nei momenti difficili un'intuizione forte può dare senso e concretezza a bisogni diffusi. Tale è l'uomo artigiano, ovvero l'homo artifex, che persegue per sé e per la propria personale soddisfazione la ricerca dell'opera quasi perfetta, del buon lavoro fatto con arte, intelligenza, sapienza manuale e conoscenza. Torna oggi con forza questo desiderio, a ben vedere quasi innato nella nostra natura, contro la mediocrità e il "basta che sia fatto". Il libro di Sennett è un valzer tra presente e passato, tra antiche botteghe dove si formavano i Raffaello o venivano levigati e assemblati in aurea misura gli Stradivari che ancora ci incantano, e moderni laboratori dove si cucina un delizioso poulet a la d'Albufera o si mette a punto il sistema Linux, per scoprire - attraverso ciò che la scienza ci insegna e la società ci chiede - come funziona la sinergia mente-mano-desiderio-ragione, che ha fatto grande il mondo occidentale e forse può oggi restituirgli saggezza.
Yumiko e Shoichi sono due cugini, figli di sorelle gemelle. Pur essendo stati molto legati da bambini, per anni non si sono più frequentati. Si ritrovano quando Shoichi, eseguendo le ultime volontà della madre, va a trovare Yumiko, rimasta orfana di entrambi i genitori, per prendersi cura di lei. La donna soffre di gravi amnesie che le impediscono di ricordare il passato. La sua vita trascorre in solitudine, sospesa in una specie di limbo separato dalla realtà. Shoichi, con affetto e pazienza, riesce gradualmente a risvegliare i suoi ricordi, compresi quelli legati ad alcuni drammatici eventi. Yumiko rivive infatti un terribile trauma subito da bambina, fino a quel momento rimosso: un efferato omicidio compiuto dalla madre. Ecco allora che la nebbia si dirada e il passato le appare per la prima volta chiaro. Ma la discesa agli inferi della memoria non è ancora finita: un'altra rivelazione, ancora più sconvolgente, attende Yumiko.
Dieci minuti al giorno. Tutti i giorni. Per un mese. Dieci minuti per fare una cosa nuova, mai fatta prima. Dieci minuti fuori dai soliti schemi. Per smettere di avere paura. E tornare a vivere. Tutto quello con cui Chiara era abituata a identificare la sua vita non esiste più. Perché, a volte, capita. Capita che il tuo compagno di sempre ti abbandoni. Che tu debba lasciare la casa in cui sei cresciuto. Che il tuo lavoro venga affidato a un altro. Che cosa si fa, allora? Rudolf Steiner non ha dubbi: si gioca. Chiara non ha niente da perdere, e ci prova. Per un mese intero, ogni giorno, per almeno dieci minuti, decide di fare una cosa nuova, mai fatta prima. Lei che è incapace anche solo di avvicinarsi ai fornelli, cucina dei pancake, cammina di spalle per la città, balla l'hip-hop, ascolta i problemi di sua madre, consegna il cellulare a uno sconosciuto. Di dieci minuti in dieci minuti, arriva così ad accogliere realtà che non avrebbe mai immaginato e che la porteranno a scelte sorprendenti. Da cui ricominciare. Chiara Gamberale racconta quanto il cambiamento sia spaventoso, ma necessario. E dimostra come, un minuto per volta, sia possibile tornare a vivere.
Franco e Andrea Antonello sono stati i protagonisti di una storia che sembra una favola: il romanzo che raccontava il loro viaggio on the road, "Se ti abbraccio non aver paura", ha avuto un enorme successo. In questo nuovo libro, Franco e Andrea raccontano la vera storia della loro vita, iniziando dalla vita di Franco prima di Andrea: dove nasce, com'è la sua famiglia, quali strade ha percorso e quali scelte ha compiuto prima di diventare un felicissimo papà di un bambino bellissimo. E continuando con quello che è successo dopo che Andrea, quel bellissimo bambino, ha iniziato a sfuggirgli di mano, sempre più intrappolato in un misterioso vortice che solo dopo anni si capirà essere l'autismo. E se nella vita professionale Franco miete successi uno dopo l'altro, nella lotta contro quel terribile nemico non pare esserci speranza: medici e ciarlatani, guaritori africani e maghi brasiliani, nessuno sembra poter fare niente. Ma quella non è la fine per Franco e Andrea: è solo l'inizio. Insieme scopriranno che non si deve rinunciare ai sogni e alla vita, e che le difficoltà, anche quelle più tremende, possono essere affrontate, cercando di rispondere alla richiesta di Andrea di avere intorno persone allegre, che guardano al lato positivo della vita: "Sono graditi visi sorridenti". Oggi Franco ha creato una fondazione, I Bambini delle Fate, che lavora per promuovere progetti di assistenza ai bambini autistici e alle loro famiglie. E Andrea ha appena dato l'esame di maturità.
Forse sono di là, forse sono altrove. In genere dormono quando il resto del mondo è sveglio, e vegliano quando il resto del mondo sta dormendo. Sono gli sdraiati. I figli adolescenti, i figli già ragazzi. Michele Serra si inoltra in quel mondo misterioso. Non risparmia niente ai figli, niente ai padri. Racconta l'estraneità, i conflitti, le occasioni perdute, il montare del senso di colpa, il formicolare di un'ostilità che nessuna saggezza riesce a placare. Quando è successo? Come è successo? Dove ci siamo persi? E basterà, per ritrovarci, il disperato, patetico invito che il padre reitera al figlio per una passeggiata in montagna? Fra burrasche psichiche, satira sociale, orgogliose impennate di relativismo etico, il racconto affonda nel mondo ignoto dei figli e in quello almeno altrettanto ignoto dei "dopopadri". "Gli sdraiati" è un romanzo comico, un romanzo di avventure, una storia di rabbia, amore e malinconia. Ed è anche il piccolo monumento a una generazione che si è allungata orizzontalmente nel mondo, e forse da quella posizione riesce a vedere cose che gli "eretti" non vedono più, non vedono ancora, hanno smesso di vedere.
Di Paolo Borsellino, del suo esempio e del suo lavoro di contrasto alla mafia, si è sempre parlato molto. Negli ultimi tempi, forse, si parla più della sua morte, dei misteri che la avvolgono, delle trame che si sono consumate prima e dopo di essa. Ma della famiglia Borsellino, dell'uomo anziché del giudice, dei figli e della moglie, non si sa molto. Fin dai primi, terribili giorni dopo l'attentato di via D'Amelio, infatti, la moglie Agnese e i figli Lucia, Manfredi e Fiammetta - allora poco più che adolescenti - hanno mantenuto uno stretto riserbo e sono intervenuti solo raramente nel dibattito mediatico. Per questo la pubblicazione delle memorie di Agnese Borsellino rappresenta un vero e proprio caso editoriale. La signora, che proprio quest'anno si è dovuta arrendere a un male che l'ha perseguitata per anni, ha voluto utilizzare gli ultimi mesi della sua vita per lasciare dietro di sé - ai figli, ai nipoti, alle persone che mantengono vivo il ricordo di Paolo Borsellino e, in definitiva, a tutti gli italiani - i ricordi di una vita accanto a un eroe civile, che era un uomo normale, innamorato della moglie, giocoso con i figli, timido ma anche provocatorio, generoso e indimenticabile.
Culto della giovinezza, idolatria dell'intelligenza, ossessione della crescita economica, tirannia della moda: sono alcuni dei miti di oggi che Umberto Galimberti passa in rassegna per smontarli e denunciarne la natura ingannevole, mostrando come i falsi miti siano in realtà "idee malate", non avvertite come tali, e quindi tanto più capaci di diffondere i loro effetti nefasti senza trovare la minima resistenza. Sono i miti del nostro tempo, le idee che più di altre ci pervadono e ci plasmano come individui e come società. Quelle che la pubblicità e i mezzi di comunicazione di massa propongono come valori e impongono come pratiche sociali, fornendo loro un linguaggio che le rende appetibili e desiderabili. I miti sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi non logici, ma psicologici, e quindi radicati nel profondo della nostra anima. Sono idee che abbiamo mitizzato perché non danno problemi, facilitano il giudizio, in una parola rassicurano. Eppure molte sofferenze, molti disturbi, molti malesseri nascono proprio dalle idee che, comodamente accovacciate nella pigrizia del nostro pensiero, non ci consentono più di comprendere il mondo in cui viviamo. Per recuperare la nostra presenza al mondo dobbiamo allora rivisitare i nostri miti, sia quelli individuali sia quelli collettivi, dobbiamo sottoporli al vaglio della critica perché i nostri problemi sono dentro la nostra vita, e la nostra vita vuole che si curino le idee con cui la interpretiamo.