Il Concilio Vaticano II insegna che "i Vescovi, con la preghiera e il lavoro per il popolo, in varie forme effondono abbondantemente la pienezza della santità di Cristo", per precisare subito dopo come sia soprattutto con il ministero della parola che essi "comunicano la forza di Dio per la salvezza dei credenti". Grande rilievo, spirituale e pastorale, assume allora il messaggio rivolto dal Vescovo ai sacerdoti della Chiesa locale nel giorno del Giovedì santo. Egli vi illumina non solo la preziosa memoria della sacra ordinazione presbiterale ma pure i tratti della comune missione nella Chiesa, cosicché ciascun sacerdote possa percepirsi quale "saggio collaboratore dell'ordine Episcopale e suo aiuto e strumento." (Lumen gentium)
Come cristiani siamo chiamati a comunicare il Vangelo alle persone dove esse si trovano: nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore. Ma è nei momenti di particolare fragilità e di dolore che si cerca, attraverso la vicinanza della comunità e l'accoglienza del prete, il segno dell'amore compassionevole di Dio e la consolazione della speranza. Il prete è chiamato a dare alle persone che soffrono cura e conforto. "Il tempo trascorso accanto a chi è nella prova si rivela fecondo di grazia per tutte le altre dimensioni della pastorale" (Benedetto XVI).
L'analisi dell'uso giovanneo del termine logos, inteso come parola rivelata, accolta, interiorizzata e testimoniata, mette in luce nel Quarto Vangelo una precisa dinamica che caratterizza la Rivelazione e che qualifica la vita e la missione della Chiesa. Recepita ed attestata sin dai primi commenti patristici a Giovanni, la dinamica del logos appare particolarmente aderente alla struttura concettuale della recente Esortazione Apostolica "Verbum Domini".
Alleanza, tempo, notte, fuoco, acqua, banchetto, festa, pellegrinaggio, tempio, appartenenza: le categorie di un itinerario biblico che racconta l'incontro vivo tra Dio e l'uomo.
In un’epoca che sembra avere smarrito il senso dell’orientamento e il significato della vita stessa, occorre riscoprire l’umiltà come atteggiamento improntato alla consapevolezza dei propri limiti e come sentimento fondamentale per la conoscenza di sé. Connotata negativamente come sinonimo di disprezzo e autosvalutazione, l’umiltà è invece una vera e propria qualità dell’essere, una risorsa di salute mentale, capace di rilanciare le potenzialità dell’esistenza umana e bilanciare le derive narcisistiche a livello individuale e sociale.
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Francesco Delicati, musicoterapeuta diplomato al Corso quadriennale di Assisi e Professional Counselor, è tra i pionieri della musicoterapia con anziani e malati Alzheimer in Italia. Docente nelle scuole di musicoterapia del Cesfor di Bolzano e “MusicaPrima” di Milano, si occupa di formazione e supervisione per operatori che assistono anziani con deterioramento mentale.
Le beatitudini sono formule sintetiche, che bene si prestano a trasmettere il grandioso messaggio teologico con cui Gesù annuncia la gioia piena e completa che l’intervento di Dio nella storia porta con sé. Adoperate dal Maestro in numerose occasioni, le beatitudini si sono impresse nella memoria degli apostoli, i quali le hanno ripetute dopo la Pasqua di risurrezione come sintesi della «buona notizia» del Cristo e le hanno raccolte come primo annuncio del Vangelo stesso. Sono sorprendenti le categorie di persone qualificate come «beate», perché le situazioni che sembrano ostacolare la felicità sono proposte come vie per conseguirla. Eppure non sono queste il fattore determinante. Decisive sono, piuttosto, le motivazioni, che evidenziano l’opera divina a favore dell’umanità: il Signore dell’universo interviene per consolare e saziare, dare la terra in eredità, trattare con misericordia, mostrare il proprio volto e accogliere gli uomini nell’intimità della propria famiglia. Superando una lettura moralistica, questo studio letterario e teologico delle beatitudini privilegia un’interpretazione kerygmatica, che valorizza anzitutto l’annuncio di ciò che fa Dio. Per questo Gesù si congratula con i destinatari, rivelando loro che «possono» vivere quegli atteggiamenti fondamentali in forza dell’opera divina e ripetendo con insistenza: «Beati voi!».
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Claudio Doglio (1959), presbitero diocesano, laureato in Lettere classiche, ha conseguito la Licenza in Scienze bibliche e il Dottorato in Teologia biblica. è docente di Sacra Scrittura presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale nelle sedi di Genova e Milano. Condirettore e redattore della rivista «Parole di Vita», ha pubblicato diversi articoli e studi biblici, in particolare sull’apocalittica: «Il primogenito dei morti. La risurrezione di Cristo e dei cristiani nell’Apocalisse di Giovanni» (Bologna 2005); «I salmi del pellegrino» (Milano 2007); «Introduzione alla Bibbia» (Brescia 2010).
Il tema dell'anima e il suo stretto legame con l'identità e la libertà dell'uomo.
Una possibilità ancora per l'uomo... ritornare ad essere ciò che la creatura non fu mai: essere bambino... Presentazione di Francesco Lambiasi.
L'accesso all'acqua non dipende dalla sua scarsità ma dalle politiche e dalle relazioni di potere che ne determinano la gestione.
"Troppo spesso non si riconosce il valore dell'incontro quasi caleidoscopico di biografie lontanissime, della contaminazione culturale che si realizza nelle aule, nelle mense, in biblioteca, in un'assemblea, nell'attesa davanti alla stanza di un professore durante il ricevimento studenti. Metropoli e paesino, nord e sud, italiani e stranieri, ricchi e bisognosi. Stanziali, pendolari e fuori sede. Ecco, i fuori sede. Senza di loro, questo è il punto, l'università non sarebbe se stessa" (Nando Dalla Chiesa). Un piccolo volume per riflettere sulla presenza dei fuori sede nelle nostre città, sul loro inserimento nel tessuto civile ed ecclesiale e sulla forte spinta di crescita che rappresentano per il territorio che abitano negli anni dello studio universitario. La crescita del Paese passa attraverso la formazione delle giovani generazioni e la capacità di porsi in ascolto di esse.