Questo libro è un viaggio nel pensiero della filosofa spagnola María Zambrano, una delle più grandi voci della cultura europea del Novecento. Al centro della sua riflessione si pone un'illuminante interpretazione della condizione umana. Non siamo nati invano, soltanto per soffrire e morire. Siamo al mondo per completare la nostra nascita di persone originali, uniche, infinitamente preziose, e per partecipare alla gestazione di una società umanizzata. Questa visione antropologica, ispirata da una profonda stima per l'uomo, si schiude da un'esperienza di esilio e di povertà, da una conoscenza diretta del fondo tragico dell'esistenza. E da qui l'autrice sa testimoniare la credibilità della speranza responsabile insegnandoci a confidare nella verità che è Amore. Con la sua opera María Zambrano ha mostrato in modo inedito il senso della filosofia come esperienza maieutica e soprattutto ha indicato al cammino di ognuno che il fine verso cui tendere non è la sopravvivenza, ma una vita vera.
L'attuale stagione pastorale è una opportunità preziosa, una risorsa o kairòs, per riscoprire l'originalità dell'annuncio e l'affidabilità della proposta cristiana a condizione di operare un'adeguata rilettura delle fonti e un aggiornamento delle sue pratiche. Non è solo una riflessione su missione, evangelizzazione e comunicazione della fede; ma, più in profondità, una rilettura della teologia tutta a partire dalla "novità" conciliare. Con la conseguenza di un ripensamento delle scelte che guidano l'agire delle comunità cristiane.
Che cosa è la fede e che cosa significa credere? Lo scopo di questa pubblicazione è di introdurre il lettore in una riflessione che possa dare a pensare e invitare a oltrepassare le strettoie delle solite espressioni di moda. Si cercherà di prendere spunto dal contesto culturale in cui viviamo, facendo per così dire il punto e il contrappunto a partire da una serie di riserve e problemi posti al credere nell'età moderna e postmoderna. Ne scaturisce una teologia che pensa una fede "differente", posta a debita distanza dalle enfasi di modelli interpretativi troppo rigidi e assolutistici, e che viene descritta nella sua provocante dimensione dubitante e pellegrina.
Il volume nasce all’interno di un corso di formazione per insegnanti di religione dove si è tentato di delineare i grandi momenti della storia di Francesco e del suo movimento religioso. Quattro tappe sono state individuate nella ricostruzione di momenti nodali della sua esperienza: il momento della conversione fino alla nascita della fraternità (1184-1209), i caratteri iniziali del gruppo formatosi intorno a Francesco nei primi dieci anni (12091220), il processo travagliato della creazione di un corpo legislativo (1221-1223) e la conclusione della vicenda terrena con gli ultimi travagli e tensioni per la difesa di una identità minoritica. Il volume, libero da ogni apparato bibliografico e concentrato sui testi del Santo, si presenta accattivante nella lettura ed efficace
nell’offrire un’introduzione seria e documentata alla vicenda di Francesco.
Pietro Maranesi è professore di Storia e Teologia francescana e medievale nella Licenza in Teologia e Studi francescani dell’Istituto Teologico di Assisi e presso il Pontificio Ateneo Antonianum di Roma. Al suo attivo ha diverse pubblicazioni, tra le quali L’eredità di Frate Francesco. Lettura storico-critica del Testamento, Porziuncola 2009, e Il Sogno di Francesco. Lettura storico-tematica della Regola dei frati minori alla ricerca della sua attualità, Cittadella, 2011.
In occasione dell'VIII centenario della conversione di Chiara, l'Istituto Teologico di Assisi ha voluto dedicare alla Santa una settimana di studi, i cui atti si presentano con questo volume. Si affrontano alcuni grandi temi e snodi dell'esperienza cristiana della Santa, quali la conversione, il ruolo storiografico della Leggenda su di lei scritta da Tommaso da Celano, il rapporto con l'Ordine dei Minori e la complessa questione della clausura. Ne esce la descrizione di una donna che ha voluto vivere con passione la sua esperienza cristiana nel contesto culturale e sociale del Medioevo e che è capace di dialogare con l'attuale contesto culturale per offrire parole profetiche a questa nostra generazione.
Nelle prime pagine del "Don Chisciotte" di Cervantes, il curato e il barbiere si alleano per tentare di salvare dalla pazzia il loro stimato concittadino, mandando al rogo gran parte dei libri della sua nutrita biblioteca. L'episodio concentra allusivamente un'ampia serie di domande. È necessario leggere romanzi? È un passatempo innocuo o pericoloso? Altre letture non sono forse più importanti? Perché si avverte la difficoltà della critica a recensire la tematica religiosa? È disattenzione, sufficienza, censura? I teologi leggono romanzi? Che tipo di romanzi? E che genere di lettori sono? A queste domande si cerca di rispondere con un'indagine che si propone di far dialogare il romanzo e la fede, in una conversazione che ospita la critica letteraria, la filosofia e la teologia.
I saggi raccolti in questo volume si propongono di intercettare e decifrare con attenzione e con intenzione teologica - le domande radicali che la letteratura contemporanea ha formulato in alcune delle sue migliori pagine, qui in maggior parte italiane, riguardo al senso dell'esistenza umana. Si tratta di questioni importanti, sulle quali anche la teologia si ferma a pensare, spesso proprio a partire dalle suggestioni che si possono incontrare nella scrittura dei poeti e dei narratori, traducendole in una riflessione che acquisisce così un'assonanza analoga a quella che avevano già i versi del Salmo 8.
Mediante un'attenta analisi esegetica della Lettera ai Romani, il presente volume cerca di far emergere l'immagine di Dio descritta dall'Apostolo Paolo.
Mentre tutti parlano del simbolico, questo libro enfatizza, invece, la passione del tocco empatico e della prossimità immediata. Da una fondamentale rilettura affettiva della realtà sacramentale nasce così un ottimo vademecum iniziatico al pensiero sequeriano.
"[...] Le pagine di questo libro costituiscono un prezioso indizio della presenza del rîb nelle tradizioni bibliche dell'Antico Testamento e del Nuovo Testamento; esse illustrano, con acute analisi, come, con una corretta comprensione della struttura procedurale, si possano coniugare accusa e amore (Ger 31,20), dando così ragione del titolo, volutamente paradossale, di quest'opera: Quelli che amo io li accuso. Invece di censurarla o sottovalutarla, la 'via' divina della minaccia e della punizione viene così additata come la strada 'diritta' che conduce alla salvezza, perché mediatrice di conversione, perché apertura al dono della grazia." (dalla Prefazione di P. Bovati)