
Zygmunt Bauman
Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze
Pensare eticamente, dotarsi di una morale condivisa e condivisibile, è ancora possibile? Con il crollo delle vecchie ideologie e con la conseguente perdita di valori e certezze, su cosa si può fondare, oggi, un’etica? In questo breve e appassionante saggio il celebre filosofo polacco offre la sua convincente risposta. Da una parte dimostra quanto sia ormai vano il tentativo di rivitalizzare le vecchie basi dell’etica – famiglia, comunità, tradizione – e quanto inattuabile quello di esacerbare le antinomie tra un’etica prettamente politica e una economica, tra una morale collettiva e una individuale. Dall’altra, azzarda una soluzione. Viviamo in tempi incerti e mutevoli, caratterizzati da una sorta di privatizzazione globale che spinge a coltivare i propri ristretti interessi nel disinteresse di quelli comuni. Per affrontarli, è necessario riscoprire le connessioni profonde tra gli interessi della comunità e quella dei singoli individui, tra la prosperità delle istituzioni che si occupano del bene comune e quella di milioni di esseri umani sempre più soli e spaesati.
Zygmunt Bauman
(Poznan, 1925 – Leeds, 2017)
Filosofo e sociologo polacco di origini ebraiche, si è formato all’Università di Varsavia e alla London School of Economics. Nel 1968 ha perso la cattedra a Varsavia a causa della ripresa dell’antisemitismo e dei conflitti interni che allora infiammavano la Polonia. Rifugiatosi dapprima in Israele, ha in seguito insegnato Sociologia all’Università di Leeds in Gran Bretagna a partire dal 1971, dove è rimasto sino alla morte (9 gennaio 2017). Si è guadagnato una fama internazionale grazie alle ricerche sui rapporti fra modernità e totalitarismo. Castelvecchi ha pubblicato Scrivere il futuro (2016), Meglio essere felici e La libertà (2017), Le nuove povertà, Gli si diceva… Varsavia 1968, Socialismo. Utopia attiva, La vita in frammenti e Città di paure, città di speranze (2018).
In un breve dialogo dal ritmo serrato, Marc Augé esprime le sue posizioni sull’immenso fenomeno migratorio di cui siamo oggi testimoni: gli spostamenti massicci dal Sud al Nord del mondo, le navi che affondano sulle coste del Mediterraneo, il modello repubblicano francese di integrazione degli immigrati, il divario sempre più grande tra ricchi e poveri che crea profondi squilibri e disuguaglianze sul pianeta. Decostruendo i pregiudizi che la figura del migrante porta sempre con sé e denunciando l’assenza di morale della politica dei governi occidentali, l’antropologo francese riflette sull’incalzare odierno di nazionalismi e regionalismi, sul rigurgito di posture xenofobe ed escludenti che favoriscono nuove forme inquietanti di terrorismo e fanatismo religioso. La ricetta che Augé propone è l’elaborazione di un’antropologia della mobilità che sia capace di scorgere nell’incontro con l’altro l’essenza stessa dell’umano.
Nelle città moderne - sempre più centro di contaminazione tra razze e culture - si decideranno le sorti dell'umanità: è qui che il bisogno di sicurezza si confronta con le limitazioni della libertà, è qui che la mixofilia lotta contro la mixofobia, il terrore con le speranze, la paura dell'altro con l'accettazione e la comprensione. Trasformare la convivenza tra culture diverse da minaccia in risorsa, suggerisce Bauman, è compito della politica, delle istituzioni, di chi pianifica le città e di chi le costruisce. Ma, soprattutto, è compito di chi le abita.
"La promessa della rivoluzione francese si è rivelata ingannevole, almeno rispetto all'uguaglianza, e una gran parte della mia ricerca gira intorno alle domande su cosa, in ultima analisi, non abbia funzionato in quella promessa." (L'autore)
Come poter mettere in accordo la coscienza viva della nostra libertà, che ci rende pienamente responsabili delle nostre azioni, con la convinzione della necessità causale di tutti gli avvenimenti? Planck riflette sull’eterna tensione fra determinismo e libero arbitrio in due preziosi saggi, qui raccolti in volume: il primo, Legge di causalità e libero arbitrio, è il testo di un discorso pronunciato all’Accademia prussiana delle scienze il 17 febbraio 1923; il secondo, Sulla natura del libero arbitrio, è una prolusione tenuta nella sede di Lipsia della Società filosofica tedesca il 27 novembre 1936. Emerge da queste pagine non solo il fisico che cerca di spiegare i fenomeni della natura, ma anche l’epistemologo e il filosofo che scandaglia gli abissi dell’animo umano, in un mondo ormai privo di certezze.
La vita postmoderna è, dal punto di vista morale, una vita in frammenti, governata da una profonda ambivalenza etica difficile da tollerare. Una forte crisi d’identità affligge l’Occidente contemporaneo, che brancola nel buio rispetto alle più urgenti questioni etiche. Oggi le persone credono ben poco nella possibilità di fondare una morale che possa funzionare da stella polare nell’orientamento delle nostre vite. Come riattivare, dunque, la responsabilità individuale in un mondo che ha perduto ogni riferimento? Per rispondere a questa domanda Bauman si rivolge alla filosofia di Emmanuel Lévinas, che ha messo al centro del proprio pensiero un’urgenza etica infinita destinata ad essere oggi di grandissima attualità. L’essere-per-l’Altro, il faccia a faccia con il volto dell’Altro, che assume varie forme (l’indigente, lo straniero, il migrante), sono concetti oggi più che mai necessari per offrire alla cultura occidentale nuovi strumenti per rispondere alla sofferenza umana, alla fragilità e alla vulnerabilità del nostro tempo.
In questo testo considerato ormai un classico, Heller analizza in modo radicale il ruolo e l’importanza della storiografia, al cui centro vi è il concetto di storicità inteso come condizione umana. Il libro esamina le norme e i metodi della storiografia da un punto di vista filosofico, e rifiuta con fermezza le generalizzazioni offerte dalla filosofia della storia come risposta ai problemi della contemporaneità. Criticando la tradizione filosofica che l’ha preceduta, la filosofa ungherese delinea una teoria della storia intimamente intrecciata all’etica, che pone al cuore del proprio dispiegarsi la responsabilità dell’uomo nei confronti delle proprie azioni. Un pensiero che è ancora così radicale da poter essere applicato a tutte le strutture sociali dei nostri giorni.
Milano, nel secolo XVIII, era austriaca e illuminista: vi convivevano, infatti, le riforme dell'imperatrice Maria Teresa e i fermenti culturali dei fratelli Verri e Giuseppe Parini. È in questa città che Maria Gaetana Agnesi, figlia di un facoltoso mercante di seta, dimostra sin dall'infanzia notevoli capacità di apprendimento che si dimostreranno strabilianti nel prosieguo della sua vita. Questa biografia svela la natura di una donna non solo precorritrice dei tempi, ma forte e ostinata nel perseguire il suo personale ideale di vita tra le meschinità aristocratiche e le miserie dei ceti popolari. Da questo ritratto Maria Gaetana Agnesi risulta essere non solo una delle più grandi matematiche di tutti i tempi, ma anche una donna a cui guardare come modello.
Bambini, donne e uomini approdano sulle nostre coste fuggendo da povertà e guerra, arrivando spesso in condizioni disperate o già morti. Il viaggio non di rado è terribile, costellato da sofferenze e violenze. I numeri sono impressionanti. Papa Francesco l'ha definita la tragedia più grande dopo quella della Seconda Guerra Mondiale. Essa ci interpella come cittadini e come persone, perché mette alla prova la nostra democrazia, il nostro sistema di diritti e più profondamente il nostro senso di umanità. La risposta dell'Europa è una vergogna che resterà come una macchia nella nostra storia. La situazione certo è complessa, tuttavia c'è una domanda semplice alla quale non possiamo sfuggire: quale atteggiamento avere adesso nei confronti di queste persone che bussano alle nostre porte? Oggi il cinismo, l'omertà e l'indifferenza vengono spesso fatti passare per realismo. Bisogna allora essere chiari: chi chiude le porte alla vittima che chiede aiuto, o volge lo sguardo altrove, diventa complice del suo carnefice.
Conosci te stesso. La famosa massima dell'oracolo di Delfi mette l'accento su una straordinaria facoltà che contraddistingue il cervello umano, quella di portare alla ribalta della nostra consapevolezza non solo informazioni sensoriali provenienti dal mondo esterno, ma anche aspetti della nostra vita mentale interiore. In effetti, un tratto peculiare dell'homo sapiens sapiens è che siamo coscienti di essere coscienti. Questo è ciò che ci distingue dagli animali. Ma come lavora la nostra coscienza? Può essere ridotta all'operato del cervello? Quali sono i suoi meccanismi neurobiologici? Dehaene ci introduce con linguaggio semplice ai meccanismi cerebrali dell'introspezione e di ciò che chiamiamo "coscienza".

