
"La maternità e la paternità non sono delle missioni impossibili e se la formula '... e vissero felici e contenti' appartiene alle favole e non alla realtà, essere genitori sereni di bambini sereni è un obiettivo realizzabile." Con queste parole Silvia Bonino introduce "Quando i bambini sono piccoli": un libro che nasce direttamente dal confronto con i genitori che ha incontrato e con quelli che le hanno scritto nella rubrica "Crescere insieme" pubblicata su "Oggi". Viene trattata la prima fase di sviluppo dei bambini, dalla nascita ai sei anni, sfatando un mito: non è questa, infatti, una felice età dell'oro durante la quale i genitori possono veder crescere i propri figli con tranquillità e senza pensieri. È invece un periodo delicatissimo per lo sviluppo del bambino, durante il quale esso forma un'identità di sé e inizia a mettersi in relazione con la società. Non c'è da colpevolizzarsi, dunque, se la quotidianità accanto ai figli piccoli si popola anche di frustrazione, delusione e fatica. L'autrice accompagna le sue riflessioni teoriche a domande concrete dei genitori (o dei nonni) alle quali risponde per fornire non formule magiche di effetto sicuro, ma consigli, strumenti di analisi e spunti di riflessione. In questo modo offre al lettore la possibilità di mettere a fuoco i problemi per trovare le soluzioni più utili per l'educazione dei propri figli e per la propria tranquillità: premessa indispensabile per vivere l'esperienza della maternità e della paternità in modo positivo e appagante
Eugene Rogan ripercorre la storia degli arabi a partire dalle conquiste ottomane del XVI secolo, attraverso l'imperialismo europeo prima e la Guerra fredda poi, fino all'attuale egemonia americana. Facendo ampio ricorso ai racconti dei testimoni diretti degli avvenimenti narrati, questo libro restituisce la ricchezza di voci differenti - intellettuali e studenti, poeti e politici, protagonisti e comprimari - in un disegno ricco di trame affascinanti. La sconfitta sofferta contro gli ottomani nel 1516 chiuse la lunga e gloriosa esperienza dell'indipendenza: i paesi arabi, dal Medio Oriente al Marocco, entrarono a far parte dell'impero turco e vi restarono fino al 1918. La loro storia precedente (dal VII al XVI secolo) entrò dunque nel mito, diventò leggenda e suscitò il rimpianto per la grandezza perduta, alimentando un bisogno di rivalsa mai sopito. Seguendo l'evoluzione dell'identità araba, Rogan affronta i temi che ancora oggi infiammano la regione: il conflitto israelo-palestinese, l'affermazione dei nazionalismi, il potere economico e politico del petrolio, il rapporto tra Islam e società civile. Un ritratto sfaccettato e suggestivo, un riferimento essenziale per comprendere la storia moderna del mondo arabo e intuirne il futuro
Il "Corso di filosofia in sei ore e un quarto" (1969) è una personalissima rivisitazione dello scrittore polacco Witold Gombrowicz delle varie correnti del pensiero moderno e contemporaneo. Il suo obiettivo è ricostruire una sorta di "genealogia dell'esistenzialismo", perché, alla fine dei suoi giorni, era giunto alla conclusione che la filosofia servisse a poco (o meglio: non servisse alla vita) e aveva accentuato la propria avversione verso il pensiero astratto: "L'eccesso di rispetto per la verità scientifica ha offuscato la nostra propria verità - e abbiamo dimenticato, mossi dal desiderio troppo ardente di capire la realtà, di non essere destinati a capire, bensì e soltanto a esprimere la realtà. (...) Noi non ci realizziamo nella sfera dei concetti, bensì in quella delle persone. Siamo e dobbiamo rimanere persone, la nostra parte consiste nel far risuonare la viva parola umana nel mondo che si fa sempre più astratto." Le "lezioni di filosofia" di Gombrowicz. hanno il tono di una ricapitolazione del pensiero altrui e del proprio. O meglio: del proprio pensiero attraverso quello degli altri. E sono pagine cariche di umorismo e di brillanti intuizioni." (Francesco M. Cataluccio). Postfazione di Vittorio Sgarbi
Questo volume di Figal costituisce uno dei più significativi contributi dati negli ultimi anni allo sviluppo della tradizione filosofica ermenutico-fenomenologica.
Della vastissima produzione che ci è pervenuta del teologo alessandrino (Alessandria d'Egitto, 185 - Tiro, 254 d.C.) il Commento al Vangelo di Giovanni, composto tra il 225 e il 235 d.C, rappresenta l'espressione più sistematica e compiutamente organica del suo pensiero. La stesura del commentario fu suggerita ad Origene dall'amico Ambrosio, pagano convertito al cristianesimo, con lo scopo di proporre un'interpretazione "ortodossa" della teologia giovannea, contro l'interpretazione gnostico-valentiniana di Eracleone. Origene interpreta il quarto Vangelo interamente alla luce della tradizione platonica, determinando, in questo modo, un'evidente confluenza del neoplatonismo e della filosofia tardo-antica nel paleocristianesimo. Commentando particolarmente il Prologo, deduce una struttura teologica, che sarebbe impensabile senza il riferimento alla henologia neoplatonica: come l'Essere proviene dall'Uno, che è al di là dell'Essere, e nell'Uno ritorna necessariamente, così il Figlio proviene dal Padre, che è l'Uno, e in lui sempre ritorna. La henologia neoplatonica diventa così, per Origene, l'architettura teoretica con cui costruire una "teologia del Logos" come "teologia dell'immagine" e per poter pensare il ritorno dell'anima a Dio, ossia del Figlio al Padre - quella che Origene definisce l'"apocatastasi" come henosis, ossia come "farsi uno con Dio" - "Dio sarà tutto in tutti" (I Cor 1 5, 28). Presentazione di Giuseppe Girgenti.
L'uomo senza volto racconta l'ascesa al potere di Vladimir Putin, da agente di basso profilo del KGB a presidente della Russia, e di come, in poco tempo, quest'uomo sia riuscito a distruggere anni di progresso del paese, trasformandolo in una vera e propria minaccia per il suo stesso popolo. Scelto come successore dalla "famiglia" che circondava un ormai scomodo e sempre più impopolare Boris Yeltsin, Vladimir Putin sembrava la scelta migliore per l'oligarchia che lo voleva plasmare a suo piacimento. Così all'improvviso il ragazzo che era stato nell'ombra sognando di governare il mondo diventa un personaggio pubblico, e la sua popolarità cresce a dismisura. La Russia e l'Occidente erano determinati a vedere in lui il leader progressista dei loro sogni, anche mentre prendeva il controllo dei mezzi di comunicazione, mandava gli oppositori politici in esilio se non nella tomba, e distruggeva il fragile sistema elettorale del paese, concentrando il potere nelle mani di pochi fedeli. Come inviata a Mosca, Masha Gessen ha vissuto tutti gli eventi in prima persona e per questa biografia, in corso di traduzione in diciotto paesi, ha raccolto informazioni e raggiunto fonti più di chiunque altro prima di lei, per narrare come un uomo del tutto sconosciuto sia riuscito a farsi strada fino a raggiungere un potere assoluto - e assolutamente corrotto - su uno dei paesi protagonisti della scena politico-economica di oggi
Quando sembra calare il sipario sullo splendore di un Paese, sulle sue passate ricchezze, si aprono due possibilità. Abbandonarsi al tramonto, oppure cogliere, nel presente, i segni del futuro. "Le nostre vite senza ieri" sceglie questa seconda strada e, non senza un bagliore di struggente nostalgia per gli anni della crescita spontanea dell'economia nazionale e mondiale, volge lo sguardo ai figli, ai ragazzi di oggi: a coloro che dovranno risollevare le sorti dell'Italia e del mondo; a coloro che hanno ereditato dai propri genitori - per la prima volta dopo tante generazioni - un mondo più povero e meno accogliente; a coloro che dovranno misurarsi, senza regole certe, con coetanei agguerriti da tutto il mondo e non solo dal paese accanto; a coloro che dovranno dimenticare il proprio "ieri" per aggredire il "domani"; che dovranno avere, e tradurre in realtà, idee che i propri genitori non potranno e non dovranno capire, altrimenti sarebbero idee già vecchie e inutili; a coloro che chiedono fiducia, almeno fiducia. Il nuovo libro di Edoardo Nesi è un messaggio nella bottiglia, un intreccio inestricabile e misuratissimo di nostalgia, entusiasmo per la vita, il lavoro; è una lama che entra negli aspetti più vivi e dolenti ed essenziali della realtà che ci circonda
Carlo Verdone si racconta per la prima volta in un flusso di ricordi ricco, sorprendente, tenero ed esilarante. Si parte dalla giovinezza e dal vissuto nella mitica casa paterna, grande protagonista del libro: l'incontro con Vittorio De Sica, il rapporto con i genitori e i fratelli, gli scherzi (tanti, fulminanti), le prime esperienze sentimentali ma anche i drammi famigliari. E poi il cinema: i primi passi al Centro Sperimentale sotto la guida di Roberto Rossellini, la genesi dei film, i retroscena, gli aneddoti più inediti e divertenti, il rapporto con gli attori. Quindi le amicizie che hanno segnato la sua vita: Sergio Leone, Federico Fellini e Massimo Troisi. E senza tralasciare il grande amore di Carlo per la musica: i primi concerti di Beatles e Who, gli incontri con David Bowie, David Gilmour e Led Zeppelin. Un libro per scoprire un "privato" inedito e i molteplici aspetti di un regista, attore, autore che ha ammaliato, divertito, fatto riflettere generazioni di italiani. Un artista che - attraverso la sua trentennale carriera - ha tracciato un formidabile, lucido, disincantato e talvolta spietato ritratto del nostro paese.
La "Camera pietà", meglio nota come la "Camera degli sposi", di Andrea Mantegna nel Castello di San Giorgio ha attascinato nei secoli milioni di spettatori, viandanti, curiosi e accompagnato generazioni di mantovani. Alla luce dei rilievi critici di un noto studioso mantovano, Rodolfo Signorini, due grandi interpreti dell'arte mondiale, Giovanni Reale e Vittorio Sgarbi, si confrontano con il miracolo d'arte di Mantegna, recuperando trame di ispirazioni antiche (Luciano di Samosata) e contaminazioni coeve (Leon Battista Alberti), in un dialogo tra ermeneutica e critica dell'arte, ricerca delle fonti e un mistero ancora attuale. Come ha potuto Andrea Mantegna raffigurare nell'istante di un evento particolare (la comunicazione dell'elezione al soglio cardinalizio di Francesco Gonzaga) tutta una genia di uomini che dal Quattrocento a oggi ancora per miracolo riusciamo a incontrare per le strade di Mantova? Quale patto con l'eterno ha stabilito il pittore nel fissare su quella parete i volti, le espressioni, le smorfie di una materia sempre viva e mai morta?
Un uomo di successo, Max, manager immerso nel suo mondo preconfezionato: il nostro mondo. Intorno a lui una moglie altrettanto integrata, un figlio piccolo che già annuncia con il suo comportamento di voler seguire i passi dei genitori, e una domestica, Milagro. È una giovane che proviene dal Sudamerica, semianalfabeta, disarmata di fronte a una realtà che non solo le è estranea ma che lei pare voler mantenere tale: quasi provasse paura o vergogna degli strani e indefinibili fenomeni che si verificano in sua presenza e che forse alludono a una sfera misterica e sacrale che sembra andare in tutt'altra direzione rispetto all'ansia di possesso che occupa le menti di tutti gli altri. Milagro è come un piccolo ago nel pagliaio del capitalismo, povera e senza desideri, priva di quell'insoddisfazione che è compito di Max indurre o dare per scontata negli esseri umani. Somiglia nella sua innocenza ad Abele, così come in Max, che non comprende e che è attratto da lei che non conosce e non può conoscere veramente, si potrebbe ravvisare l'effigie di Caino. Cosa è destinato ad accadere quando l'irruzione del sacro sconvolge la falsità del mondo borghese? La storia che Paola Capriolo narra in questo suo nuovo romanzo, rappresenta una delle risposte. E ci fa balenare davanti, per un attimo, il cuore delle cose, o perlomeno il suo terreno riflesso

