
Il De mysteriis Aegyptiorum è il più importante scritto filosofico-religioso della tarda antichità, pervenutoci sotto il nome del sacerdote egiziano Abammone in risposta alla Lettera ad Anebo del neoplatonico Porfirio; la tradizione antica (a partire da Proclo) attribuisce lo scritto a Giamblico, allievo di Porfirio, che contestò il maestro sui temi qui affrontati, ovvero il ruolo della teurgia e della mantica nel percorso dell'anima verso l'assimilazione al divino. Porfirio, nei vari scritti religiosi (oltre alla Lettera ad Anebo, la Filosofia rivelata dagli oracoli e i due trattatelli Sul ritorno dell'anima e Sulle immagini degli dei) aveva attribuito alle pratiche rituali, sacerdotali e oracolari un ruolo molto limitato, efficace solo per la purificazione della parte irrazionale dell'anima, e soprattutto aveva negato che i sacerdoti, in quanto uomini, avessero un qualsiasi potere sul primo Dio; Giamblico, invece, riprendendo l'antica arte ieratica egizia e la dottrina del Corpus Hermeticum, attribuisce agli oracoli e alla teurgia un ruolo supremo, giacché il sacerdote opera come semplice medium tra Dio, gli angeli, i demoni e le anime. Versione latina di Marsilio Ficino in appendice.
Cagliari, fine estate, in una cabina del lido Kalaris Giulia Hernandez di San Raimondo, bella donna appartenente a una delle famiglie più importanti della città, viene ritrovata morta: qualcuno ha sfregiato il suo corpo con decine di coltellate, fuggendo poi nella notte. A indagare sull'omicidio è il capitano Martino Crissanti, un carabiniere quarantacinquenne con una laurea in antropologia e un grande amore per l'estate, la musica argentina e i tramonti visti dal quartiere di Castello. La sua indagine sarà soprattutto un viaggio alla scoperta di Cagliari, dalla spiaggia caraibica del Poetto ai centri commerciali della cinta suburbana, dall'alta borghesia cittadina ai semi-occupati di periferia.
Raccoglie le Carl Newell Jackson Lectures tenute dal Werner Jaeger alla Harvard University nel 1960.
In questa edizione vengono pubblicate e commentate due opere di estrema rilevanza: - Il Discorso circa il stato degli Hebrei et in particolare dimoranti nell'inclita Città di Venetia (1638); - Il Socrate ovvero dell'humano sapere (1651).
Il filosofo Simone Luzzatto fu uno dei maggiori rabbini della Venezia ebraica del Seicento. Le sue notevoli conoscenze in campo storico, politico, filosofico, scientifico e la sua padronanza dei testi della tradizione ebraica ne fecero uno studioso straordinariamente importante. In questa edizione vengono pubblicate e commentate due opere di estrema rilevanza: 1) Il Discorso circa il stato degli Hebrei et in particolare dimoranti nell’inclita Città di Venetia (1638), che ha goduto di un notevole successo nella letteratura e filosofia modernocontemporanea, è un trattato storico-politico sia sulla condizione degli ebrei veneziani sia sulle dottrine dell’ebraismo dell’epoca. Un’opera moderna che tralasciando il motivo tradizionale della protezione politica degli ebrei si incentra maggiormente sul tema politico, economico e sociale dell’utilità dei gruppi all’interno della società. La discussione della condizione degli ebrei nella città moderna viene fondata sul loro ruolo all’interno della società. 2) Il Socrate overo dell’humano sapere (1651) è l’opera della maturità filosofica di Luzzatto: alla luce dell’orientamento scettico a lui contemporaneo, l’autore discute le possibilità che l’intelletto umano ha di conseguire un sapere solido. Socrate è il protagonista dell’opera la cui tesi centrale è che la ragione umana per orientarsi in maniera giusta ha bisogno di essere guidata dalla illuminazione divina. Il Socrate di Luzzatto è la prima opera di filosofia scettica scritta da un autore ebreo.
Pubblicati tra il 1936 e il 1949, i saggi che compongono questa raccolta testimoniano la grandezza e la genialità di Orwell scrittore politico. Quale che sia l'argomento affrontato, l'atteggiamento adottato è sempre quello della testimonianza diretta e del disinteresse personale: è una formula elementare, ma al tempo stesso eversiva, la stessa all'origine di quel non-allineamento che a lungo ha fatto di Orwell, individualista refrattario, pauperista anarcoide, così poco enfatico, uno scrittore sospetto sia alla destra sia alla sinistra.
Vittorio De Sica raccontato dal figlio Manuel. Una autobiografia congiunta che rilegge la vita e la carriera artistica del regista di capolavori del cinema, rendendo omaggio alla figura dell'artista, dell'attore ma anche dell'uomo e del padre. Un De Sica dolorosamente diviso tra due famiglie, che dormiva una sera ai Parioli, nella casa in cui viveva con Giuditta Rissone e la figlia Emi, e una sera all'Aventino, con Maria Mercader e i figli Manuel e Christian. La vita sul set, il lavoro con gli attori, il sodalizio con Cesare Zavattini, l'omaggio dello star system hollywoodiano, il rapporto con i grandi autori e produttori si mescolano a ricordi d'infanzia e aneddoti di vita famigliare, restituendo il ritratto di un Vittorio De Sica privatissimo e segreto. II libro è arricchito da un personalissimo racconto per immagini curato dallo stesso autore.
È la storia dell'incontro tra un aviatore, costretto da un guasto ad un atterraggio di fortuna nel deserto, e un ragazzino alquanto strano, che gli chiede di disegnargli una pecora. Il bambino viene dallo spazio e ha abbandonato il suo piccolo pianeta perchè si sentiva troppo solo lassù: unica sua compagna era una rosa. Un libro che si rivolge ai ragazzi e "a tutti i grandi che sono stati bambini ma non se lo ricordano più", come dice lo stesso autore nella dedica del suo libro. Prefazione di Nico Orengo. Edizione speciale per i 70 anni. Età di lettura: da 8 anni.
Che suono fanno gli strumenti musicali? Basta premere il bottone magico per scoprire il clarinetto, il violoncello, la tromba, l'arpa, la chitarra elettrica e la batteria. Età di lettura: da 3 anni.
Che rumore fanno i clacson? È facile riconoscere l'automobile, il camion, il tram, la bicicletta, la nave e il treno, con l'aiuto di colorati disegni. Età di lettura: da 3 anni.
II libro è un manifesto di resistenza botanica, personale e ironico, che partendo dalla polemica contro i giardini oggi di moda offre uno spaccato della nostra società. L'autore prende in considerazione i giardini dei collezionisti fanatici, ossessionati dalla rarità e particolarità delle specie al punto da scordarsi di trarre piacere dall'aspetto o dal profumo dei fiori; i giardini delle signore per bene, viziati da un'inventiva asfittica e meccanica, leccati e finti; i giardini miliardari, status-symbol e sfoggio di ricchezza, uno dei massimi esempi di non-giardino perché chi lo possiede non ha un briciolo di passione, e si affida a professionisti dal nome inevitabilmente inglese, i garden-designer; i giardini moreschi, che hanno sostituito il giardino giapponese nel trend esotista occidentale... Per fortuna, in questa valle degli orrori, ci sono anche piacevoli sorprese, come i giardini dei benzinai, quelle aiuole selvagge e imprevedibili, concimate dall'inquinamento, che per qualche bizzarria della natura danno vita a creazioni sorprendenti e toccanti.

