
Alla vigilia dei sessant'anni, quando il più dei tuoi anni ce li hai alle spalle eppure pensi di averne ancora di buoni e vitali, Giampiero Mughini comprò la prima casa della sua vita. Nel quartiere romano di Monteverde, un quartiere che prende il nome dal colore delle cave di tufo di cui era ricco e che i romani presero a sventrare a inizio secolo quando stava crescendo vertiginosamente la popolazione della capitale d'Italia. All'apparenza un quartiere di pace, e invece ogni mattina, quando va a comprare i giornali, Mughini passa innanzi alla palazzina tuttora intatta di viale Trastevere dove i nazi azzannarono all'alba del 16 ottobre 1943 una famiglia ebrea di cinque persone, i Sabatello, di cui nessuno tornò dai lager. Comincia dallo sguardo giornaliero a quella palazzina - e dunque dal racconto minuto per minuto e casa per casa di quanto accadde ai 1020 ebrei romani deportati ad Auschwitz la saga della memoria contenuta in questo libro. La memoria di uno che si danna da quanto l'eco dei suoi ricordi s'è fatta maledettamente sproporzionata rispetto allo sciagurato presente che noi italiani stiamo vivendo, un presente dove imbecilli e pagliacci di ogni risma la fanno da padroni. E tanto più che la casa di Monteverde è stata pensata per fare da tempio di quella memoria, le migliaia e migliaia di libri amati e collezionati che riempiono sette stanze e che raccontano copertina per copertina la storia della cultura italiana del Novecento...
Dove sono diretti i soldati al servizio del malvagio Shredder? Nasconditi nell'ombra insieme alle Tartarughe Ninja e usa la tua torcia per scovare i nemici! Età di lettura: da 4 anni.
Selvaggi cavalieri al galoppo, ruggire di tuoni, furia di marosi, nuvole che attraversano minacciose i cieli. E uno scenario nordico, che evoca antiche tradizioni leggendarie. Ma è anche lo sfondo di un poema inedito di Tolkien, curato dal figlio Christopher, a cui il Maestro pose mano pochi anni prima dello "Hobbit" ispirandosi alla celebre saga di Artù e della Tavola Rotonda. Il mitico re diventa qui il cavaliere dell'ultima resistenza all'invasione del male, l'epico difensore di un Occidente in crisi. La sua è una "guerra al destino", incorniciata dai classici leit-motiv della famosa leggenda, ma rivissuti secondo nuove prospettive: l'amore tragico di Lancillotto, il fascino ambiguo di Ginevra, il dramma di Artù, l'eroismo di Gawain, le passioni dei membri della Tavola Rotonda. Ciò che Tolkien ci offre è in realtà non solo una favola epica, ma la rappresentazione in chiave poetica delle vicende eterne del pensiero: lo scontro fra Bene e Male, civiltà e barbarie, ordine e caos, diritto e sovversione, dovere e opportunità, orgoglio e percezione del limite. Postfazione di Gianfranco De Turris
1985. Dopo la morte del suo amato fratello gemello Felix, e la fine della lunga relazione con il compagno Nathan, Greta Wells decide di iniziare un trattamento psichiatrico. Ma la cura ha effetti collaterali inattesi, e Greta si ritrova trasportata nelle vite che avrebbe potuto vivere se fosse nata in epoche diverse. Nel 1918, in cui Greta è un'adultera bohémienne; e nel 1941, dove Greta si scopre invece madre e moglie devota. Anche se lontane nel tempo e diverse tra loro, le tre vite di Greta Wells hanno innegabili affinità: sono tutte segnate da tensioni famigliari e scelte difficili, da perdite e doni del destino, e in ciascuna vita c'è un prezzo da pagare per riuscire a spuntarla. Così la Greta del 1985 scopre che le sue alias sono imprevedibili, uniche, come forse lo è anche lei. Perché questo viaggio nel tempo è un viaggio all'audace scoperta di se stessa. Mentre la cura volge al termine, e il tempo avrà svelato i suoi paradossi, Greta dovrà scegliere quale se stessa voler essere, quale tempo e vita abitare. Avvolto da un'atmosfera magica, "Le vite impossibili di Greta Wells" non è solo un romanzo che racconta un viaggio nel tempo, ma delinea il ritratto struggente e indimenticabile di una donna dalla complessità inesauribile, cui neppure il tempo può tracciare i confini.
Il giorno del suo undicesimo compleanno Malo cade nella Senna. Aspirato in una conduttura, quando riapre gli occhi si trova in un mondo in bianco e nero, illuminato dalla luce di una luna di diamanti. È entrato nel Regno delle Ombre, un luogo magico popolato di personaggi meravigliosi e fuori del comune: Arthur, un albero che non smette mai di starnutire; Mercator, un gatto di duecentotredici anni; Lili, la piccola mercante di sogni dagli occhi dorati che ruba le fantasie. Senza contare poi gli spettri inquietanti e un pericoloso alchimista che gli getta contro un terribile incantesimo. Per rompere il maleficio, Malo dovrà affrontare una sfida davvero ardua. E una notte... Età di lettura: da 10 anni.
"Con le sue trasvolate atlantiche, Balbo ha fatto fare un passo avanti all'umanità. A chi ancora obiettasse che si trattò di un'impresa fascista, occorre per forza rispondere come rispose nel dopoguerra il sindaco di Chicago all'ambasciatore italiano che gli chiedeva di cambiare il nome alla strada dedicata a Balbo: 'Perché, non ha trasvolato l'Atlantico?' Nuovo interesse ha anche l'attività del Maresciallo dell'Aria divenuto governatore della Libia. Certo non per questo si pensa di rivalutare il colonialismo o di denigrare la decolonizzazione. Va però riconosciuto, anche alla luce di quanto avviene oggi, in Italia e in Europa, che Balbo seppe intuire con grande anticipo, e spesso risolvere con altrettanto grande sensibilità, per i tempi, i problemi che sarebbero sorti nelle società multirazziali, multiculturali, multireligiose. Modernizzatore e innovatore, fascista passato a un liberalismo autoritario, unico fra i gerarchi che preferiva gli Stati Uniti alla Germania, e unico a opporsi concretamente alle leggi razziali, tutto ciò non basta a mettere Balbo nel Pantheon dei grandi italiani del Novecento, zavorrato com'è dalla responsabilità di avere 'inventato', ovvero organizzato, lo squadrismo fascista e di avere contribuito più di tutti a portare Mussolini al potere. Ma qui si pretende soltanto di dare a Balbo quel che è di Balbo." (Giordano Bruno Guerri)
Poeta e filosofo di caratura europea, apprezzatissimo da Nietzsche e posto ai vertici della cultura occidentale da Emanuele Severino, Giacomo Leopardi rappresenta una delle punte più alte mai raggiunte dal pensiero moderno proprio per aver, di quest'ultimo, saputo riconoscere i limiti e le costitutive contraddizioni. Leopardi è pensatore rigoroso e "spietato", e il suo corpus ha ancora molto da raccontare, a partire da quello "Zibaldone" che rappresenta una sfida affascinante per ogni interprete. Questo libro racconta il complesso rapporto intrattenuto da Leopardi nel corso di un'intera esistenza con il Cristianesimo e con le grandi questioni della metafisica occidentale: il confronto con Dio, la lotta tra l'essere e il nulla, il ruolo dell'arte. Un percorso che intreccia ricerca poetica e tormento spirituale, e nel quale la letteratura, pur con tutte le sue ombre, appare forse l'unica via per raccontare il mistero della natura.
Imponente serbatoio di proverbi, sentenze e massime di saggezza derivate dalla cultura greca e latina, gli "Adagia" - l'opera a cui Erasmo riservò i suoi maggiori sforzi, lavorandovi per oltre quarant'anni - sono il più grande repertorio paremiografico mai realizzato in età moderna, del quale si offre per la prima volta in Italia il testo latino affiancato da una traduzione integrale. Uno straordinario lavoro di disseppellimento degli autori antichi portò Erasmo a raggiungere, nell'ultima redazione stampata a Basilea nel 1536, quasi quattromiladuecento voci, che arrivano a oltre diecimila se si contano tutti i proverbi e le sentenze citati nel testo. Una summa unica, dunque, della morale e del pensiero antico, ma non solo. Erasmo infatti, nei suoi commenti, inserisce spesso riferimenti alle espressioni proverbiali del suo tempo, fiamminghe, francesi, inglesi, tedesche e italiane, gettando così un ponte affascinante tra la cultura antica e la vita quotidiana dell'Europa moderna. Quella degli "Adagia", a ben vedere, può costituire senza dubbio una lettura "interattiva": alla ricerca del proverbio più familiare al lettore, che può scoprirne le antiche radici classiche. Un indice completo dei proverbi greci, latini e italiani, nonché un indice analitico, fanno di quest'opera una vera e propria enciclopedia della cultura classica, vista attraverso la lente d'ingrandimento del proverbio, ora ironica e pungente, ora severa e pensosa.
"C'è un'Italia protetta e remota a Morano Calabro, a Vairano, a Rocca Cilento, a Vatolla, a Giungano, a Torchiara, a Perdifumo, incontaminati presidi del Cilento. Poi ci sono le apparizioni. Come gli affreschi di Sant'Angelo in Formis, come il duomo di Anagni con il quale si apre il racconto pittorico di questo libro, anche se i primi segnali della lingua nuova, diretta, espressiva, sapida, sono nella scultura, a partire da Wiligelmo a Modena in parallelo con i primi vagiti della lingua italiana. Quei confini nei quali sono ristretti a coltivare i campi, cacciati dal Paradiso terrestre, Adamo ed Eva. Poco più tardi vedremo altri contadini affaticati, di mese in mese, nel Battistero dell'Antelami a Parma. Soltanto a Ferrara il lavoro sembrerà riservare una imprevista felicità. Il Maestro dei Mesi trasmette il piacere che ha provato estraendo fanciulli dalla pietra. Siamo nel 1230, in largo anticipo sul ritrovamento della vita nella pittura, prima ancora che in Toscana, nel cuore della Valle Padana, a Cremona, con il racconto delle storie di Sant'Agata di un maestro anonimo; non sarà un caso che la nuova lingua toscana in pittura si espanda fino a Padova con Giotto nella Cappella degli Scrovegni, e di lì in tutto il Nord. Siamo in apertura del Trecento, e diventa lingua universale quella che ha iniziato a parlare Giotto, ponendosi davanti le energie dei corpi e la loro azione..." (Vittorio Sgarbi) Introduzione di Michele Ainis.
"Dell'Italia io ho un'immagine molto chiara. Ho cominciato a girarla nel modo migliore: senza metodo. Niente di più sbagliato che partire con l'intenzione di visitarne sistematicamente una regione, dotati di guide e repertori per alberghi e ristoranti. Le città e i paesi bisogna consumarli, spremerli, salire e scendere scale. Fontanellato, Traversetolo, Rivarolo del Re, Quattro Castella, Montefiore dell'Aso, Offida, Palmanova, Gerace, Gaeta, nella memoria diventano un solo luogo, rappresentano l'emozione di ciò che si vede per la prima volta. Ecco allora il titolo di questo libro: Dell'Italia. Un'idea dell'Italia, una parte dell'Italia, alcuni monumenti dell'Italia, scelti a capriccio, a caso, a destino, perché qualche viaggio ha stimolato un resoconto e molti un silenzio che è diventato sentimento, condizione interiore; talvolta oblio. Posti dimenticati e poi rivisti come fosse la prima volta." (dalla Prefazione di Vittorio Sgarbi)

