
Una domanda anima da sempre gli studi di LeDoux: come il senso di identità scaturisce dai neuroni, pur mutando di continuo il mondo circostante e i circuiti neuronali? Gli studi sui pazienti dal cervello diviso, svolti a metà degli anni Settanta, lo avevano indotto a pensare che l'io non fosse un'entità fissa ma una "narrazione" che intessiamo per dare un senso al mondo. Da allora, ne ha cercato le conferme nel cervello, studiando le emozioni e la memoria. Lo ha fatto anche ricostruendo, in Lunga storia di noi stessi, i quattro miliardi di anni di evoluzione dei viventi, per capire "come eravamo". E da qui questo libro riparte per spiegare "come siamo" noi umani: un intreccio inestricabile di quattro mondi (biologico, neurobiologico, cognitivo e cosciente) dalla cui continua interazione scaturisce la nostra coscienza, unica tra i viventi per la sua capacità di sperimentare noi stessi come un passato, un presente e un futuro; una capacità in virtù della quale costruiamo una narrazione della nostra vita, "una vita che imita l'arte", per dirla con Oscar Wilde.
Molti indicatori segnalano che la società liberale occidentale è attraversata da una crisi della partecipazione che in Italia si fa sempre più evidente: il progressivo calo dell'affluenza alle urne esprime il disinteresse di molti cittadini per la politica e desta preoccupazioni sulle sorti della stessa democrazia. Servendosi dei concetti più classici del pensiero sociale cristia­no, Giovanni mette a fuoco la specificità dell'amicizia sociale e i motivi della sua crisi attuale. Alla luce delle esperien­ze di applicazione delle soluzioni metodologiche di supporto al "discernimento in comunità" prosegue quindi l'esplorazione del problema, traendo dall'intreccio tra "teoria" e "clinica" osserva­zioni originali e utili, per comprendere perché e in che modo la cultura della sinodalità rappresenti, anche in termini laici, una risorsa per la democrazia.
"Muori Sansone con tutti i filistei!" È a Gaza che la Bibbia colloca il celebre episodio in cui il guerriero ebreo perde la vita fra le macerie insieme ai nemici: il popolo dei filistei che dà il nome alla Palestina moderna. È da Gaza che il 7 ottobre 2023 hanno sconfinato le milizie di Hamas per compiere in Israele il più terribile massacro di ebrei dal tempo della Shoah. È sugli abitanti di Gaza che il governo Netanyahu ha scatenato una sanguinosa offensiva militare con il risultato di screditare la reputazione di Israele e isolarlo come mai prima d'ora. Gaza, insomma, oltre che un luogo è diventata il simbolo di una contesa che assume nel mondo dimensione culturale e morale. Gad Lerner si misura con il fanatismo identitario che ha contagiato i due popoli in guerra. Da ebreo per il quale Israele ha significato salvezza, deve fare i conti con l'esclusivismo e il tribalismo della destra sionista. Le spaccature della società israeliana, il rinchiudersi in se stesse delle Comunità ebraiche della diaspora, che si sentono incomprese e lanciano accuse di antisemitismo a chi solidarizza con i palestinesi, lo riportano alle domande cruciali che già si poneva Primo Levi: che futuro può avere questo Israele? Che funzione può esercitare il filone ebraico della tolleranza? Un libro sincero e necessario per non finire arruolati negli stereotipi delle opposte fazioni, preludio di ogni guerra.
Nel 2013 la vita politica italiana ha vissuto una vera e propria rivoluzione: nelle aule parlamentari è entrata una quota di eletti privi di esperienze politiche pregresse mai vista in passato. Le ripercussioni sul piano linguistico sono state enormi: se il tradizionale, astruso "politichese" della prima Repubblica era già stato soppiantato, a partire dal 1994, da un linguaggio più colloquiale e comprensibile, la xvii legislatura (2013-2018) ha visto l'affermazione di quello che si può definire "socialese", cioè un lessico adatto alla diffusione attraverso i social network, che accarezza, e spesso fomenta, le consuetudini più deteriori della comunicazione. Dal 2018, sul sito Treccani viene analizzato ogni quindici giorni un termine emergente di questa neopolitica. Basandosi sui risultati di tale osservatorio, Michele Cortelazzo ha individuato le tendenze linguistiche degli attuali politici, a iniziare dai leader - veri protagonisti di questa fase politica incentrata sulla personalizzazione -, ricostruendo la storia di tecnicismi, di modi di dire (chi ci mette la faccia, chi non vuol mettere le mani nelle tasche dei contribuenti, chi ci ragiona sopra...), di nuove parole politiche - vaghe come cambiamento; tipiche di una parte (patriota) o dell'altra (campo largo); nate per mascherare le idee proprie o manipolare quelle altrui, per denigrare gli avversari, per mostrare competenza, per creare un consenso emotivo (quante ruspe e mangiatoie...) - e di non pochi anglicismi (come 'recovery' o 'underdog').
Nel centenario dell'assassinio di Giacomo Matteotti (1885-1924), questo libro ne ripercorre la vicenda in modo non rituale. Di uno dei delitti più simbolici dell'intero Novecento non si vuole, infatti, né offrire un racconto dettagliato, né scandire i canoni consolidati dei suoi quando, come, perché, né farsi sedurre dalle trame delle mille eredità, storiche e soprattutto memoriali, che da un secolo a questa parte si sono accumulate. Enzo Fimiani reinterpreta Matteotti, proponendo al lettore alcune sfide intellettuali e civili. Almeno tre emergono come principali: decostruire il suo mito su tutti i diversi piani nei quali si sviluppa, ideale o politico, celebrativo o ideologico, per ricondurlo alla storia e alle sue molteplici variabili; «normalizzare» la sua uccisione togliendole la patina di evento eccezionale, non per fare opera di deminutio bensì per inserirla in contesti più ampi e complessi, ridando così un peso e un significato non di maniera alla sua esistenza; riflettere sullo strano destino politico di Matteotti, icona del Novecento, ma, per certi versi, cattiva coscienza delle contraddizioni e dei cortocircuiti di tutte le famiglie politiche del secolo, nella «sua» sinistra come nelle destre, perché a nessuna omologabile, da nessuna manipolabile e, per tutte, «una macchia, una colpa».
La crescente diffusione di programmi come ChatGPT sta sollevando profondi interrogativi sull'impatto che l'intelligenza artificiale avrà sulle nostre vite. Come cambierà il mondo del lavoro? I sistemi generativi prenderanno il sopravvento sulla nostra creatività? Esiste il rischio che le macchine si ribellino ai loro creatori? Ci innamoreremo mai di un robot? In questo saggio, lo psicologo e scienziato cognitivo Paolo Legrenzi analizza l'intreccio tra l'intelligenza umana e i nuovi programmi che essa ha generato. Comprendere appieno l'IA richiede innanzitutto una profonda conoscenza dell'intelligenza naturale: è solo illuminando i misteri della nostra mente che possiamo apprezzare appieno l'interazione tra l'uomo e la tecnologia. Legrenzi ci guida attraverso un viaggio sorprendente, dimostrando che se i sistemi generativi, con la loro memoria sconfinata e la capacità di effettuare calcoli probabilistici, possono ormai da tempo superare le nostre capacità, emergono però limiti significativi quando si tratta di utilizzare creatività e pensiero innovativo. È vero che i computer sono sempre più in grado di simulare il linguaggio e il comportamento umani, tuttavia il loro modo di procedere è basato su statistiche e correlazioni e non è lontanamente paragonabile alla costruzione dei modelli mentali che caratterizzano il nostro ragionamento. La domanda cruciale rimane: chi trionferà alla fine, l'intelligenza artificiale o quella umana? Spetta a noi decidere, bilanciando la nostra flessibilità e capacità di apprendimento con la consapevolezza dei rischi e delle sfide che l'era dell'IA ci presenta. Fondamentale sarà imparare a interagire, al di là di paure e pregiudizi, con una tecnologia che sta già cambiando le nostre vite. Per abbracciarne le potenzialità, senza trascurare la ricchezza insita nella natura umana.
Lo studio ci rende liberi, originali, migliori. Il primo modo che abbiamo di accedere alla conoscenza, da bambini così come da adulti, è osservare la realtà che ci circonda. Contemplando un panorama o una rosa, un tempio o un dipinto, un cielo stellato o una poesia impariamo infatti a cogliere i rapporti tra le cose e a entrare in contatto con il mondo intorno a noi, sino a esplorarne gli spazi più remoti e nascosti. Ma impariamo anche a sviluppare un rapporto sincero e profondo con noi stessi, a riporre fiducia nell'altro, a esercitare la libertà. Nicola Gardini porta la parola «studiare» fuori dalle aule scolastiche, spogliandola dei significati deteriori oggi più in voga: affrancato dal senso del dovere e dell'imposizione, lo studente si fa studioso, finalmente pronto ad accogliere il dono di infinite possibilità. "Studiare per amore" ci offre l'esaltante occasione di scoprire ciò che crediamo di sapere da sempre e invece conosciamo molto poco, con la promessa che, quando volteremo l'ultima pagina, saremo in grado di guardare fuori e dentro di noi con occhi completamente nuovi.
Ci troviamo sempre più vicini a una soglia critica nella storia della nostra specie: molto presto l'intelligenza artificiale sarà tutto intorno a noi, organizzerà le nostre vite, gestirà attività complesse e le principali strutture di governo. Vivremo in un mondo dove sarà possibile stampare il dna, dove il dibattito su agenti patogeni ingegnerizzati e armi autonome sarà all'ordine del giorno, dove dotarsi di assistenti robot sarà lo standard e dove l'energia non mancherà. La realtà di domani è questa, eppure nessuno di noi è pronto ad affrontarla. Cofondatore della pionieristica società di intelligenza artificiale DeepMind, parte di Google, Mustafa Suleyman è stato al centro di questa rivoluzione. Il prossimo decennio, sostiene, sarà caratterizzato da una vera e propria ondata di nuove e potenti tecnologie in rapidissima evoluzione. L'onda che verrà mostra come il cambiamento che ci attende genererà un'immensa ricchezza, ma al tempo stesso rappresenterà una minaccia per l'ordine globale. Oggi, mentre i nostri fragili governi vanno incontro al disastro come sonnambuli, l'umanità si trova di fronte a una prospettiva inquietante. Riusciremo a tracciare una via di fuga?
Le donne hanno sempre svolto un ruolo cruciale nelle religioni di tutto il mondo. Oggi i profondi cambiamenti in corso e l'attenzione rivolta alle disuguaglianze di genere riportano sempre più i temi femminili nell'agenda pubblica, nonché le tensioni e gli intrecci che caratterizzano il rapporto tra religione e questioni di genere. In particolare globalizzazione e immigrazione hanno causato un incremento della diversità di fedi. Questo libro si snoda tra riflessioni teoriche e indagini empiriche dedicate al ruolo delle donne nelle principali religioni presenti nel nostro paese: cattolicesimo, islam, chiesa ortodossa, protestantesimo, ebraismo, buddismo e induismo. Addentrandosi nella vita delle protagoniste - dalla preparazione del cibo all'organizzazione delle feste, dalla gestione della famiglia alla partecipazione ai riti - il volume coglie non solo le spinte innovative ma anche le tensioni, le resistenze, le ambiguità che emergono dagli studi sul campo. A partire dal caso italiano, le ricerche offrono una riflessione articolata su tematiche globali e fortemente attuali.
Mentre consegnamo queste pagine arrivano storie e immagini di una tragedia dai luoghi di cui si parla nel libro. Oltre 30.000 palestinesi uccisi da Israele nella striscia di Gaza e non solo. Tra il 2022 e il 2024 abbiamo raccolto storie di donne palestinesi che vivono in quei territori, di israeliane che gridano la necessità di un'altra Israele e di donne italiane che sono andate là partendo da qui, per restare una settimana o 25 anni, per tradurre in concreto parole difficili come giustizia e solidarietà. Dopo il 7 Ottobre le abbiamo cercate, a volte senza più trovarle; desiderano ancora parlare.
Non fu solo un sogno. Fu la visione lucida e profetica di un gruppo di politici e di intellettuali che colsero l'urgenza di un nuovo inizio mentre ancora imperversava la carneficina della Seconda guerra mondiale. Proporre oggi questa raccolta significa tornare lì dove tutto è cominciato, rileggere le parole di chi lanciò la sfida rivoluzionaria degli Stati Uniti d'Europa per rispondere alla tragedia generata dai nazionalismi, dalla logica di dominio, dalla guerra. Ora che il progetto europeo non sembra più capace di accendere l'immaginazione politica, e quasi nessuna forma di entusiasmo, prima di constatarne l'irreparabile fallimento, è importante tornare alle origini. È determinante rileggere le parole scritte e pronunciate da alcuni dei principali protagonisti. Ritrovare le idee, le ambizioni, le visioni di chi si è battuto per costruire un mondo finalmente libero dal desiderio egemonico di sopraffazione. Gli scritti e i discorsi raccolti in questo libro, che coprono un arco temporale che va dal 1944 al 1957, sono qui riproposti non solo e non tanto per il loro valore archeologico ma per la forza che sanno restituire a un progetto politico che oggi forse più che mai ha raggiunto il suo minimo storico in termini di capacità di coinvolgimento e d'identificazione dei cittadini. Non stiamo parlando dell'ambizione di un gruppo di anime belle: in queste pagine c'è l'antidoto a un mondo altrimenti condannato a distruggere quei valori fondanti della civiltà occidentale che sono la libertà e l'uguaglianza. Un mondo che purtroppo vediamo terribilmente sempre più vicino. Contributi di: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Edgardo Monroe, Winston Churchill, Luigi Einaudi, Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer. Prefazione di Ferruccio De Bortoli.
L'altra faccia della tragedia israelo-palestinese è a poca distanza: è la rapida evoluzione in atto in Arabia saudita, che allarga su scala più vasta gli esperimenti già avviati a Dubai o nel Qatar. Quell'area compresa tra il Golfo Persico e il Mar Rosso è un gigantesco cantiere di sviluppo, attira un boom di investimenti e di imprese straniere, anche italiane. E accoglie nuovi flussi di imprenditori, turisti, studenti e ricercatori (il nostro Paese si è accorto della svolta con qualche ritardo quando Roberto Mancini ha abbandonato la guida della nazionale di calcio per quella saudita e Riad ha soffiato a Roma la sede dell'Expo). Ma cosa c'è dietro? Una delle chiavi è la laicizzazione in corso, che riduce i poteri del clero islamico, liberalizza i costumi e migliora i diritti delle donne. In questo reportage ispirato dai suoi viaggi più recenti Federico Rampini racconta il «nuovo impero arabo» che resta un regime autoritario (su cui la guardia deve restare alta) ma vuole rilanciare il proprio ruolo mondiale, memore di quella che fu l'epoca d'oro della sua civiltà. E che sembra uscire dal vittimismo antisraeliano spezzando la catena dell'odio nei confronti dell'Occidente (e il suo finanziamento) che ha portato alla diffusione della Jihad e della violenza fanatica. È un'area in forte crescita, segnata da progetti grandiosi di modernizzazione con ricadute nella geopolitica, nell'energia, nell'economia, nella finanza, nella tecnologia e nel campo della lotta al cambiamento climatico. Ma l'Arabia e i suoi vicini più piccoli sono sotto la minaccia permanente di un avversario come l'Iran e del focolaio minaccioso del Golfo di Suez; e il conflitto israelo-palestinese condiziona leader e popoli di tutta la zona. Dal successo nei piani avveniristici di questa parte del mondo dipenderanno anche lo sviluppo dell'Africa, la stabilità del Mediterraneo, la sicurezza mondiale, la transizione verso un'economia meno condizionata dal petrolio. «Bisogna trattenersi, prima di abbracciare visioni del mondo manichee, crociate che oppongono le forze del Bene e del Male. L'Arabia merita di essere studiata più che esorcizzata.»