
Il libro raccoglie le ricerche individuali e la riflessione comune dei docenti del Diploma di pastorale familiare della Pontificia Università Gregoriana, e di altri che in questo percorso hanno voluto lasciare il loro contributo, anche a seguito dei due Forum realizzati intorno al tema sinodale e per la prima ricezione dell'Esortazione Apostolica Amoris laetitia. Le due grandi linee tracciate riguardano l'urgenza di compiere ogni esercizio valutativo di ordine teologico e pastorale facendo dialogare dottrina e vita, e di conformare parole e gesti cristiani alla vita e all'annuncio di Gesù Cristo. Dalla composizione di queste due direttrici si ricava un metodo in cui la persona è la terza via tra un umanesimo astratto e l'empirismo ignaro del mistero di ogni libertà, una via che si percorre in relazione. Il desiderio di stabilire comunione dispone i passi su questa strada, rischiarata dalla sapienza dell'amore. Il cammino che si compie è caratterizzato da desideri, promesse, azioni, simboli che, pur facendo i conti quotidianamente con la misura esigua delle forze e i fallimenti, può sperimentare il dono di grazia che si commisura e assume la forma del gesto più intimo, eco di parole che non ingannano e che venendo da Dio camminano avanti, a fianco o dietro come pastori che nutrono la speranza e favoriscono la metà.
“Per quanto pubblicato più di sessant’anni fa (ma pensato ed elaborato già da diversi decenni) “Il diritto internazionale e il problema della pace” non ha perso nulla in completezza di informazione, immediatezza e freschezza espositiva e lucidità di argomentazione. Quando venne per la prima volta dato alle stampe, questo libro apparve a molti come testo agile sì, gradevole certamente, ma essenzialmente destinato alla scuola e meritevole quindi di essere letto e meditato soltanto da studenti di giurisprudenza. Mai giudizio fu più grossolano di questo. I lettori più attenti, infatti, non esitarono a ritenerlo e ben a ragione un piccolo capolavoro: una di quelle opere che si possono anche scrivere in pochi giorni, ma che richiedono anni di letture e di studio per essere pensate e successivamente redatte” (dalla Prefazione di Francesco D’Agostino).
Obiettivo di questa ricerca collettiva, promossa dalla Lumsa, è indagare come l'Italia dall'Unificazione sia un attore necessario per il progressivo definirsi dello spazio politico, istituzionale, culturale e sociale europeo, come essa sia influenzata nel suo divenire da questo dato e come a sua volta contribuisca a caratterizzarlo. Il percorso, che implica ma non tematizza il termine ad quem - un termine peraltro mobile e indefinito -dell'Unione europea, è scandito in due periodi. Il primo ha due inizi, il 1848 e il 1861 e arriva fino al 1912, data di una guerra italiana ed europea, quella di Libia. Il secondo, attraverso due guerre mondiali, arriva fino al 1946, con l'approdo della Repubblica e della Costituente. Al di là di uno stantìo confronto di "modelli", il percorso che si propone in queste pagine vuole offrire elementi per disegnare, a partire da uno specifico percorso, una trama transnazionale. A misura di un'Europa in cui i diversi percorsi nazionali interagiscono in profondità, con modalità ed esiti che è ormai tempo di ricostruire nelle molteplici loro sedimentazioni e dimensioni problematiche e dunque nelle loro prospettive.
Tra le diverse corrispondenze dei Maritain quella con don Giovanni Stecco (1958-1973) è molto significativa perché, oltre a far scoprire l'apprezzamento del pensiero di Jacques in Italia, mostra alcuni suoi tratti inediti frutto delle reciproche confidenze che si scambiano gli interlocutori. Nell'epistolario si trovano soltanto due scritti di Raïssa, ma poi tutta una serie di lettere di Jacques che rivelano i suoi travagli interiori e i vari lavori intellettuali che lo impegnano sino alla fine della sua vita. Don Giovanni Stecco è davvero l'amico negli anni della solitudine, che esprime di continuo il ricordo, quasi una dolce devozione, per Raïssa. In questo sincero affetto si conferma anche l'ammirazione verso Jacques, della sua passione per la Verità e per la Chiesa, luogo in cui essa si riverbera, quale Mistero e non semplicemente (anche) istituzione umana. Un carteggio per conoscere più intimamente la figura di Jacques Maritain e la sua profonda spiritualità di filosofo cristiano.
Un aspetto della personalità di Thomas More che manifesta continuità e coerenza di pensiero è indubbiamente la sua attitudine all'allegria. Un lato della sua anima poliedrica tutt'altro che minore, probabilmente il più indicato e rappresentativo per descrivere l'unicità del suo essere, quello che consente di dipingere il ritratto della sua reale interiorità. La traduzione italiana delle facezie moreane si inserisce in questo contesto e dibattito culturale nella misura in cui il More che si dilettava per puro piacere a prendere in giro la moglie è lo stesso che sul patibolo impartisce al boia consigli su come tagliargli la testa. Quanti conoscono la vita dell'illustre umanista inglese non possono ignorare quel suo inimitabile spirito ludico che divertiva tutti e attraverso il quale egli governava la casa e la nazione. Non c'è biografo che non si sia soffermato con piacere a descrivere questo particolare atteggiamento del suo spirito riportando episodi burleschi e battute canzonatorie che lo vedevano in azione. Indubbiamente le facezie nascono dall'importanza che More dava all'allegria e al buonumore nella conduzione dei rapporti umani, nonché dalla scoperta della loro capacità intrinseca di mitigare attraverso un piacere, derivante dal gioco e dallo scherzo, la fatica dell'anima. Ai riformatori protestanti inglesi che lo accusarono di mancanza di serietà rispose nella sua Apology che «un uomo può alle volte, in mezzo al gioco, dire grandi verità; e per chi è laico, come me, è forse più conveniente esporre il proprio pensiero allegramente che non predicare con solenne serietà».
La necessità di tornare a formulare le esigenze etiche anche nel campo economico ha richiesto la rimessa in discussione della relazione tra etica ed economia. Un contributo significativo teso a conferire alla visione della «ricchezza» e dello «sviluppo» una declinazione antropologica ed etica è certamente quello di Amartya K. Sen, economista indiano, premio Nobel per l'economia nel 1998. Il confronto con la visione di Amartya K. Sen intende contribuire alla elaborazione di una proposta teorica in grado di rendere conto della prospettiva dello sviluppo umano sulla base di principi non esclusivamente economici.
La contestazione cattolica esplosa dopo il Concilio vaticano II scosse in profondità l'intera Chiesa, con tensioni che fecero apparire prossima una lacerazione insanabile dei due esiti estremi, scisma e abbandono. Tra gli anni Sessanta e Settanta, i numerosi gruppi del dissenso cattolico progressista, come i meno diffusi circoli tradizionalisti, si caratterizzarono per il loro radicalismo politico e religioso, con iniziative spesso clamorose che si alimentarono e diffusero a contatto con le manifestazioni del sessantotto. Il libro ricostruisce, anche attraverso documenti inediti, le vicende dei gruppi cattolici che in Europa occidentale e, in particolare, in Italia intesero rivoluzionare il presente per costruire la Chiesa e la società del futuro. Si trattò di una stagione di conflitti, breve e intensa, che non fu senza conseguenze: l'onda lunga delle trasformazioni maturate in quegli anni, attraverso traiettorie anche molto diverse, è arrivata fino ad oggi.
Il problema del rapporto col potere politico è una costante nella storia della Chiesa. Nel Novecento il problema ha manifestato profili nuovi, conseguenti ai due diversi volti assunti dallo Stato: ideologico nelle grandi dittature, secolarizzato e laico nelle democrazie pluraliste. Il confronto con queste due diverse espressioni ha provocato nell'esperienza giuridica della Chiesa rilevanti modificazioni per la codificazione canonica e la pratica concordataria. In particolare, se il codice canonico del 1917 risulta costruito sul paradigma del rapporto con uno Stato caratterizzato dalle pretese giurisdizionalistiche, la codificazione del 1983 segna l'affronto della Chiesa con il secolarismo e l'insinuante tentazione laicistica, talora ammantata delle vesti della laicità. Quanto ai concordati, si nota una metamorfosi profonda rispetto alla tradizione forgiata dal Concordato napoleonico del 1801. Essa attiene ai soggetti contraenti, ai contenuti delle disposizioni, ai beneficiari di queste. In sostanza questi accordi internazionali tendono a divenire una delle espressioni d'elezione di una Chiesa che rivendica per tutti, e non solo per sé, la libertà religiosa individuale, collettiva, istituzionale e che tende a rivestire a livello planetario il ruolo di "difensore d'ufficio" dell'uomo.
Il volume costituisce un'introduzione al senso della teologia fondamentale e ripercorre storicamente come la teologia ha cercato di dare forma all'esortazione dell'autore sacro di "rendere ragione della speranza cristiana". I capitoli del testo si occupano dei momenti più significativi per la disciplina: l'età dei padri della Chiesa (con l'analisi di autori come Tertulliano, Giustino, Clemente, Origene, Eusebio, Agostino), la teologia medievale (Anselmo, Bonaventura, Tommaso), quindi lo snodo decisivo della modernità in cui l'apologetica a seguito della critica soprattutto deista della rivelazione progressivamente assume la struttura della triplice "demonstratio" durata fino al Novecento. Senza trascurare posizioni diverse come quelle di Pascal e Newman, l'analisi si concentra poi su alcuni modelli di teologia fondamentale nel sec. XX (Blondel, Rahner, Alfaro, Balthasar, Verweyen, Waldenfels), alcuni dei quali sorti dalla crisi del modello neoscolastico. Infine viene presentata un'idea di teologia fondamentale che articola la disciplina in un momento fondativo ed in uno contestuale. Prefazione di Giuseppe Lorizio.
Aperto ancora da un saggio interpretativo e chiuso da una prosopografia dei personaggi e delle istituzioni più rilevanti dei tre tomi procurata da Alessandro Angelo Persico e Goffredo Zanchi, il volume dedicato agli anni 1913-1914 conclude il trittico dei contributi di Angelo Giuseppe Roncalli a «La vita diocesana». Dopo il volume borromaico e il tomo centrato sul confronto con il moderno, "Anni di prova" testimonia il declino dell'attività di Roncalli redattore. Questo declino fu giustificato dal contesto generale e dalle circostanze particolari nelle quali il segretario di Radini Tedeschi si trovò a vivere. Il contesto generale è quello che portò allo scoppio del primo conflitto mondiale; la rapida accelerazione degli eventi - che sembrò in un primo momento non toccare l'Italia - si saldò alle circostanze particolari del declino fisico del vescovo di Bergamo. Il futuro papa Giovanni XXIII aveva scritto molto negli anni in cui l'attività del suo vescovo fu più intensa, poiché egli non poteva sapere che a tale attivismo sarebbe seguito un progressivo esaurimento. Le pagine della «Vita diocesana» dedicate alla morte di Radini mostrano fino a che punto gli anni 1913 e 1914 siano stati per Angelo Roncalli davvero "Anni di prova", a conclusione di una esperienza redazionale che fu anche una esperienza umana, destinata a segnare in profondità il punto di vista roncalliano sulla realtà.