Il problema della giustificazione della proprietà privata attraversa l'intera storia umana. A lungo il dibattito ha fatto prevalentemente ricorso ad argomenti teologici o comunque metafisici (dai miti mesopotamici ai giusnaturalisti). La secolarizzazione e positivizzazione del diritto, che ha caratterizzato le fasi iniziali della modernità capitalistica, si è dovuta misurare con due influenti culture critiche: la dottrina sociale della Chiesa e il marxismo. Con la globalizzazione ritorna un sistema economico e giuridico basato sull'individualismo possessivo. Le giustificazioni del neoliberismo appaiono a molti una nuova teologia: il mercato come Dio, è stato detto. Il libro ripercorre nelle grandi linee l'intera vicenda, e sottolinea l'attualità della dottrina sociale della Chiesa, e del nesso che essa instaura tra questione sociale e questione antropologica.
Il buio su Parigi - scrive Giovanna Pancheri -non è un'analisi, non è un'inchiesta ma vuole «essere un racconto di quanto accaduto, dettagliato e vissuto in prima persona non solo da chi è stato tragicamente testimone diretto degli attentati del 2015, ma anche con il punto di vista di chi da inviato ha potuto seguire e coprire questi tragici fatti da vicino, sul campo. Il 7 gennaio, il 9 gennaio, il 13 novembre chi scrive c'era, come c'era nei giorni seguenti tra le lacrime, il dolore, la rabbia, le candele, gli slogan urlati al cielo e le preghiere sussurrate. Ho visto il sangue sui marciapiedi, i fiori infilati nei fori lasciati dalle pallottole sulle vetrine dei ristoranti, ho intervistato i protagonisti e i testimoni, ho ascoltato la reazione politica prima francese e poi mondiale, ho visto la Francia e poi l'Europa cambiare sotto i miei occhi. L'annus horribilis della Francia ha dato il via ad una nuova epoca storica in Europa. Un'epoca oscura fatta di paura, chiusura e diffidenza. Il lettore potrà mettere insieme i frammenti, trovare il filo che lega i fatti e iniziare a comprendere «he quando sono state spente le luci della V/7/e Lumière, il buio è iniziato a calare sull'Europa tutta».
Non è frequente, almeno nella diocesi di Roma, che un prete si trovi a prestare servizio in una parrocchia urbana durante l'arco intero di quarantatre anni, come è accaduto all'autore di queste note tra il 1969 e il 2011: dapprima da vicario, poi da parroco nella parrocchia di San Fulgenzio. Negli anni del post-concilio forte e sentita era l'istanza alla partecipazione da parte dei laici di fronte all'esigenza di innovare lo stile dei rapporti all'interno della Chiesa e della Chiesa stessa col mondo ad essa esterno. A San Fulgenzio poi, la comunità era in quel momento singolarmente sensibile e reattiva e, a cominciare dal suo primo parroco, aveva saputo definire una linea pastorale coerente con le prospettive che il dibattito conciliare aveva posto in luce e codificato soprattutto nelle costituzioni "Dei Verbum" sulla Sacra Rivelazione, "Sacrosanctum Concilium" sulla liturgia, "Lumen gentium" sulla Chiesa e la sua missione, "Gaudium et spes" sulla Chiesa e il mondo contemporaneo. Nell'attenzione ai tempi e alle circostanze concrete con cui l'azione pastorale doveva fare i conti, era nata non solo una serie di iniziative più o meno efficaci, ma uno stile a cui la comunità intera ha continuato ad attenersi negli anni, facilitata dal fatto che al primo parroco don Ivan Natalini, era subentrato il suo viceparroco don Giorgio Alessandrini, presente e attivo con lui quasi subito, da appena un anno dopo l'inaugurazione della parrocchia avvenuta l'otto febbraio del 1968. Il successore, autore di queste note, fortemente convinto e motivato a restare nel solco tracciato, ha voluto rendere di pubblica ragione un'esperienza dai molteplici risvolti, in cui sono intrecciati, oltre ad aspetti pastorali che interessano le dinamiche della Chiesa italiana di quegli anni, anche fatti e circostanze che hanno sfiorato questioni non secondarie della vita pubblica e civile in genere, in cui alcuni tra i parrocchiani erano personalmente impegnati.
Fu soltanto nel "Handwoerterbuch der Sozialwissenschaften" - la prima imponente opera collettiva in 12 tomi progettata e realizzata in Germania negli anni 1956-1965 dopo la catastrofe del regime nazionalsocialista - che i due grandi esuli della scuola marginalista austriaca, von Hayek e von Mises, introdussero per la prima volta in una Enciclopedia di scienze economico-sociali tedesca le due voci, distinte ma organicamente interconnesse, di "liberalismo politico" e "liberalismo economico", restituendo loro quella piena autonomia concettuale ed espositiva che una lunga tradizione enciclopedica di impostazione social-storicista aveva negato omettendone persino i termini, sostituiti con quelli riduttivi di "dottrina libero-scambista" e "scuola manchesteriana", oppure ricondotti nell'alveo dei concetti generali di "individualismo" e "interesse personale". A integrazione necessaria delle due voci magistrali mai tradotte in italiano, sono state qui aggiunte le voci altrettanto illuminanti "Scuola di Vienna" di von Hayek, e "mercato" di von Mises. I testi sono accompagnati dai saggi dei due curatori. Nei primi due viene esposto in maniera essenziale l'itinerario intellettuale dei due autori; nel terzo si pone l'attenzione sul continuativo - e poco esplorato - rapporto degli esponenti della scuola marginalista austriaca con le enciclopedie delle scienze economico-sociali.
Questo libro nasce da un impegno e da un'attenzione costanti che nella Diocesi di Milano si svilupparono tra le iniziative scaturite dal convegno "Farsi prossimo" del 1986, promosso e fortemente voluto dal Card. Carlo Maria Martini. Le meditazioni presentate hanno titoli già di per sé evocativi, conservano inalterati la profondità, il rigore morale e di pensiero, la forte connotazione spirituale che le ha ispirate e sono ricche di spunti e provocazioni per quanti, politici o semplici cittadini, vogliano accostarne la lettura.
Dagli studi filosofici applicati all'educazione del Delfino di Francia nasce il Trattato sulla conoscenza di Dio e di se stessi (postumo, 1741). In questo libro la scoperta dell'uomo diventa per Bossuet la principale via d'accesso a Dio. Infatti, solo attraverso lo studio di sé, l'uomo può riconoscere l'estrema sua differenza rispetto agli animali, mostrandosi come specchio visibile e imperfetto della divinità. La definizione delle diverse funzioni dell'anima e del corpo costituisce uno dei punti più controversi di questo Trattato, che sembra catapultarci in un universo eminentemente cartesiano. In ogni caso, qui Bossuet si rivela un pensatore attento alla poliedrica conformazione dell'indole umana; un pensatore per nulla rispondente al tradizionale stereotipo che ci ha riduttivamente presentato un vescovo ingabbiato nelle strettoie di un cattolicesimo ormai superato.
Come un gabbiano in volo, tema di un sogno che lo ha accompagnato sin dalla giovinezza, Francesco Forte guarda «da un punto mobile, un po' lontano», i suoi trascorsi e quelli della nazione, dal fascismo ad oggi. Intellettuale libero e irregolare, più volte ministro e sottosegretario, sempre al vertice di posti chiave, giornalista, accademico, economista appassionato, il racconto della sua vita è un'istantanea fedele dell'Italia intera. L'autore racconta la sua verità: senza compromessi. Dall'infanzia - quando con il fratello faceva da scudo umano durante i bombardamenti angloamericani e l'Italia era divisa in opposte fazioni - sino alle vicende più intricate della nostra democrazia. Un'autobiografia vigorosa e ricca, la cui forza maggiore è nella qualità delle informazioni di prima mano raccontate con pathos e affilata ironia. Vicende e uomini che hanno segnato in maniera indelebile la storia degli ultimi decenni: Enrico Mattei e l'ENI, Pier Paolo Pasolini e Petrolio, Roberto Calvi, il caso Moro, Bettino Craxi, Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano. L'Italia di oggi come prodotto delle sue tante contraddizioni, vagliate con la capacità di analisi del grande economista o sviscerate con un'emotività che non conosce filtri. Un racconto genuino che non disdegna di assumere, talvolta, i toni del risentimento e della critica feroce verso sfere di potere e uomini di eterogenea appartenenza, il cui peso specifico si è spesso rivelato decisivo per le sorti del nostro Paese. Sempre chiamato a dare conto di azioni e decisioni, l'autore si sente finalmente «libero e felice», come il gabbiano del sogno, di raccontare il suo vissuto senza reticenze. Anche se avverte «solo alcune cose ed alcuni fatti si vedono in modo nitido, altri sono sfocati, o ci sono solo alcuni dettagli. Del resto questo libro è stato scritto in gran parte a sprazzi, quando mi è accaduto di dover ricordare».
Il mondo è cambiato e i nostri occhi ne sono testimoni entusiasti. È cambiato il modo in cui comunichiamo, in cui acquistiamo, in cui interagiamo più in generale. È cambiato tutto, ma inspiegabilmente la formazione è rimasta a un secolo fa. I giovani, oggi, sono molto diversi da quelli delle generazioni precedenti. Sono ancor più di nativi digitali. Gli strumenti di formazione tradizionali non bastano più per loro che sono pronti a essere apprendisti e apprenditori più che semplici studenti, a toccare con mano il sapere e a ricercare da soli le risposte alle loro domande. In un orizzonte estremamente largo di informazioni e di nozioni non sono più sufficienti una, due o tre dimensioni di apprendimento in una traiettoria formativa. Occorre massimizzare ogni volta, in tutte le occasioni possibili, tutto l'apprendimento possibile. Renderlo inclusivo, ampio, largo. Largo, ma non ingombrante. Agilmente largo, sorprendentemente ricco. Sappiamo già che ci formeremo per tutta la vita. Ora abbiamo bisogno di pratica, di visione, di emozione e desiderio di apprendimento. Abbiamo bisogno di un modello formativo che, come il progetto dell'alternanza scuola-lavoro, unisca la formazione teorica all'esperienza pratica. Il lifelong learning si completa ed evolve in lite largelearning nel senso di un apprendimento il più ricco, il più ampio, il più largo possibile. Che si allarga per ospitare nuove opportunità e diventa fonte generosa di crescita. Questo libro vuole offrire la prospettiva di una formazione più ampia, tanto teorica quanto pratica, che riscopre le abilità ancora poco esplorate degli studenti, dando voce agli stessi ragazzi che l'hanno sperimentata sulla loro pelle. Si sono abituati all'umanità, alla lentezza e all'incontro con la diversità, che è forse un allenamento tra i più difficili per l'essere umano. Con un testo di Jean-Paul Fitoussi.
La Grecia ha passato all'Europa l'idea di razionalità come discussione critica -e di conseguenza, per dirla con P.S. Shelley "noi tutti siamo Greci". Ma non fu la Grecia a passare all'Europa i suoi dei. Il Dio delle popolazioni europee è il Dio della Bibbia e del Vangelo, è il Dio che relativizza il potere politico e, insieme, desacralizza, "mortifica" la natura rendendola disponibile - non essendo più sacra e quindi intoccabile - alla manipolazione e all'indagine scientifica in una misura prima impensabile. La laicità dello Stato, laico perché non più assoluto; e la secolarizzazione, con una natura non più sacra e una Terra abitata da uomini fallibili: sono due realtà strettamente connesse al messaggio della Bibbia e del Vangelo. Per questo non si può dare torto a Th. S. Eliot quando afferma che "se il Cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura. E allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie".
Il volume è nato con l’ambizione di presentare i tratti più specifici e le principali linee di sviluppo politico, economico e sociale che caratterizzarono i cosiddetti Paesi balcanici nel corso del ventennio interbellico da una prospettiva differente da quella della sola storia politica. Infatti l’epoca che delimita i limiti temporali del volume non può essere considerata solo come un periodo di attesa, per lo più passiva, della Seconda guerra mondiale e delle dittature comuniste imposte dall’Urss. Si trattò, piuttosto, di una stagione sicuramente tormentata ma altrettanto certamente segnata da interessanti fermenti culturali, da pulsioni di crescita economica, tentativi di mettere in atto trasformazioni sociali di più ampia portata rispetto al passato, impulsi a costruire realtà urbane e rurali diverse: più dinamiche e moderne. Si può parlare, nel complesso, di un generale movimento di cambiamento teso, sia pur non sempre in maniera consapevole e coerente, a inserire e amalgamare le società, le culture e le economie del Sud-est dell’Europa con il resto del continente. La cortina di ferro fece scendere il sipario su quelle vicende. Questo volume, dunque, è scaturito dalla pretesa di tracciare una sorta di bilancio di un’epoca che a giudizio dell’Autore ha segnato, sia pur con tutte le contraddizioni e le incertezze del caso, non solo il primo vero tentativo di portare la modernità in questa periferia d’Europa, ma anche quello di tornare a legare Occidente e Oriente.