Chi è l'affascinate signora nerovestita che si è installata nella decrepita, isolata residenza di Wildfell Hall? Quella donna sola, che vive con un bambino e un'anziana domestica, sarà davvero la giovane vedova che dice di essere? Helen Graham è estremamente riservata e il suo passato è avvolto in un fitto mistero. Fa il possibile per ridurre al minimo i contatti con i suoi vicini, a costo di apparire scostante e ombrosa, e trascorre le giornate dipingendo e prendendosi cura - fin troppo amorevolmente, dice qualcuno - del piccolo Arthur. Ma Gilbert Markham, giovane gentiluomo di campagna tutto dedito ai suoi terreni e al corteggiamento di fanciulle tanto graziose quanto superficiali, è subito punto da una viva curiosità per quella donna che lo tratta con insolita freddezza. Il comportamento schivo di Helen suscita presto voci e pettegolezzi maligni e lo stesso Gilbert, che pure è riuscito a stringere una bella e intensa amicizia con lei, è portato a sospettare. Solo quando la donna gli consegnerà il proprio diario emergeranno i dettagli del disastroso passato che si è lasciata alle spalle. Nel 1848, la più giovane delle sorelle Brontë dà alle stampe un romanzo scandaloso al di là delle intenzioni: linguaggio esplicito, crude descrizioni di alcolismo e brutalità e soprattutto una donna che non perde mai il rispetto di sé e lotta per la propria indipendenza fino a violare le convenzioni sociali e persino la legge inglese. Introduzione di Alessandra Sarchi.
È il 1937 quando Lisette giunge a Roussillon, un villaggio della Provenza appollaiato in cima a una montagna, con le case dai colori armoniosi che si inerpicano fino in vetta e sembrano abitate da elfi, fate e cantastorie. Vent'anni, e nel cuore la speranza di un apprendistato alla galleria d'arte Laforgue di Parigi, Lisette approda nel villaggio con l'animo tutt'altro che incline all'idillio. André, il marito, ha deciso di abbandonare la capitale e trasferirsi in quel borgo sperduto perché il nonno, Pascal, gli ha chiesto aiuto a causa della sua cagionevole salute. Per andare in suo soccorso, André ha rinunciato al prestigioso ruolo di funzionario nella Corporazione degli Encadreurs, l'associazione dei corniciai parigini, e Lisette al suo anelito d'arte. A Roussillon, però, i due non si imbattono affatto in un anziano malandato e in fin di vita, ma in un aitante ottantenne in evidente buona salute. Ritrovarsi nella provincia francese per soccorrere un vecchio che, all'apparenza, non ha alcun bisogno d'aiuto sembrerebbe un'autentica beffa per la giovane coppia e per Lisette, in particolare, la parisienne che considera Parigi la sua felicità e la sua anima. Ma nel chiuso della sua casa, Pascal mostra a Lisette e André la ragione vera del loro arrivo a Roussillon: sette quadri che lasciano Lisette a bocca aperta...
Douglas e Connie si conoscono alla fine degli anni Ottanta, quando il muro di Berlino era ancora in piedi. Trent'anni e dottore in biochimica, Douglas trascorreva allora i giorni feriali e gran parte del weekend in laboratorio a studiare il moscerino della frutta. Connie, invece, divideva il suo tempo con una "combriccola di artistoidi", come li chiamavano i genitori di Douglas: aspiranti attori, commediografi e poeti, musicisti e giovani brillanti che rincorrevano carriere improbabili, facevano tardi la sera e si radunavano a volte a casa di Karen, la sorella di Douglas piuttosto promiscua in fatto di amicizie, a bere e discutere animatamente. Ed è durante una festa nell'appartamento di Karen, che Douglas si imbatte per la prima volta in Connie: capelli ben tagliati e lucenti, un viso stupendo, una voce sensuale, distinta ed elegante con i suoi vestiti vintage cuciti su misura, attillati e perfetti. Sono trascorsi più di vent'anni da allora e Douglas e Connie sono sposati da decenni e hanno un figlio, Albie. Douglas ha cinquantaquattro anni e la sensazione di scivolare verso la vecchiaia come la neve che cade dal tetto. Connie è sempre attraente e Douglas la ama cosi tanto che non sa nemmeno come dirglielo, e dà per scontato che concluderanno le loro vite insieme. Una sera, però, a letto, Connie proferisce le parole che Douglas non avrebbe mai voluto sentire: "Il nostro matrimonio è arrivato al capolinea, Douglas. Penso che ti lascerò".
È il 1850 quando Honor e Grace Bright si imbarcano sull'Adventurer, un grande veliero in partenza dal porto inglese di Bristol per l'America. L'aria smarrita di chi non è avvezza ai viaggi, il bel volto offuscato dal mal di mare, Honor Bright sa che non rivedrà mai più Bridport, il paese in cui è nata, nell'istante in cui la nave si allontana dalle verdi colline del Dorset. Troppo grande è il mare e troppo lontano è Faithwell, il villaggio dell'Ohio in cui Adam Cox, un uomo anziano e piuttosto noioso, attende sua sorella per prenderla in sposa. L'irrequieta Grace ha allacciato una corrispondenza epistolare con lui, culminata poi con la proposta di matrimonio, con l'intento di lasciarsi alle spalle l'angusta vita della piccola comunità di quaccheri in cui è cresciuta e abbracciare così nuove avventure. Honor Bright non condivide lo spirito temerario di Grace, ma Samuel, il suo promesso sposo, ha rotto il fidanzamento e la prospettiva di vivere in mezzo all'altrui compassione l'ha spinta a seguire la sorella al di là del mare. Una volta giunte in Ohio, tuttavia, a un passo da Faithwell, Grace si ammala di febbre gialla e, tra le misere mura di un albergo, muore. Honor Bright si ritrova così sola in una nazione enorme ed estranea, divisa da un immenso oceano dall'amato Dorset. Non le resta perciò che Adam Cox come unica ancora di salvezza. A Faithwell, tuttavia, viene accolta con freddezza dall'uomo e dalla cognata vedova.
I festeggiamenti per la vittoria dell'Italia ai mondiali di calcio impazzano ancora nel torrido pomeriggio del 1982 in cui Aldo Fantini riceve la visita della polizia. Sessant'anni appena toccati, Fantini si stava preparando il suo caffè pomeridiano con la meticolosa cura di chi è da due mesi in pensione, quando si ritrova al cospetto di un poliziotto alto e magro che, con una voce che suona lontana come in un incubo, gli annuncia che Bruna Fantini, sua figlia, è deceduta in compagnia di un amico in un incidente d'auto lungo un grande viale di Milano. Con lo stesso tono, il poliziotto aggiunge poi che nell'appartamento di Bruna Fantini è stata ritrovata sola, e naturalmente ignara dell'accaduto, la figlia della giovane donna, una bambina di nome Marta. Sono dieci anni che Aldo Fantini non ha più notizie di Bruna, precisamente dal momento in cui la scomparsa della moglie ha significato anche l'allontanamento di casa della figlia. Ignorava così tutto della vita di Bruna, in primo luogo che avesse a sua volta una figlia e che lui fosse diventato nonno. Dolore e compassione cancellano tuttavia le colpe e i torti degli anni, e così l'uomo non esita a prendersi totalmente cura della nipote. Ne chiede l'affidamento e, dopo essersi recato a casa della figlia, recupera vestiti, bambole, scatole di perline, cassette di lacca rossa per cercare di alleviare sofferenza e solitudine della bambina. Ma è un nonno che Marta non ha mai conosciuto, un estraneo per la ragazzina...
"Chi ha rivelato Roma ai romani è stato un non romano, un veneto, Silvio Negro, capo della redazione romana del Corriere della Sera e vaticanista di fama europea", scrive Stefano Malatesta nell'introduzione a questa nuova edizione di "Roma, non basta una vita", l'opera più nota del giornalista e scrittore considerato il creatore della nuova informazione vaticana, l'inventore del vaticanismo moderno. Volume postumo, pubblicato per la prima volta dopo due anni dalla morte di Negro - il titolo si deve a Dino Buzzati, grande amico dell'autore -, il libro segna una svolta rilevante tra i cultori della "romanità". Prima di Negro imperavano, come scrive Malatesta, "romanisti, cultori e retori di una romanità medio-borghese, che avevano come numi tutelari non il grandissimo Belli ma Trilussa e Pascarella". Con Negro, scrittore che aveva vinto il Premio Bagutta nel '36, dopo Gadda, Palazzeschi e Comisso, l'aneddotica romanesca assurge a genere letterario in grado di illuminare, più di numerosi e ponderosi saggi, l'arte e la storia autentica della capitale. Come il flâneur di benjaminiana memoria, Negro conduce il lettore negli angoli più riposti della capitale, là dove "l'anima e il corpo" della Città eterna possono offrirsi davvero allo sguardo. Non soltanto, dunque, il Colosseo, San Pietro, i Fori, il Campidoglio e così via, ma la piazzetta che si schiude inaspettata, con la sua luce insolita, tra i palazzi. Prefazione di Emilio Cecchi.
Una scatola di biscotti con dentro centoquarantatre franchi, l'abito buono indossato per festeggiare il diploma di terza media, un paio di oggetti di scarso valore gettati alla rinfusa in una borsa: ecco tutto il patrimonio che Maurice, detto Momo, e Marie Moscowitz, rispettivamente quattordici e undici anni, riescono a portarsi via il giorno d'agosto del 1941 in cui scappano come ladri dalla loro casa di rue des Erables a Parigi, accompagnati dal direttore di papà Moscowitz, Monsieur Surreau, il presidente degli stabilimenti Surreau, piombato in piena notte nell'appartamento per condurli in salvo. Nel 1941, in Francia, basta avere in tasca una carta d'identità barrata con la parola Ebreo, sputata come un insulto, per essere deportati. Dopo un controllo ai documenti, papà Moscowitz è stato arrestato mentre passeggiava per le strade della capitale. Della madre dei ragazzi, invece, non si sa nulla. Dopo aver preso le carte d'identità dei ragazzi per bruciarle e aver raccomandato loro di scegliersi "un cognome che suoni francese", Monsieur Surreau li deposita nella minuscola soffitta di un palazzo nei pressi di Les Halles. In quel luogo angusto, tuttavia, Momo e Marie non sono destinati a una triste esistenza clandestina. Un mondo nuovo e affascinante si schiude davanti ai loro occhi. La stanza accanto alla loro è, infatti, il regno di Bulle e delle sue amiche. Un regno fatto di notti di bisbigli e sussurri maschili e voci di donne con l'accento delle periferie, alla maniera delle cantanti di Montparnasse...
Oliver Ryan è un uomo sicuro di sé. Unisce, come dice Michael, suo amico sin dai tempi dell'università, "un'avvenenza poetica" a modi compiti e riservati. Una combinazione irresistibile per le numerose ragazze da lui sedotte in gioventù, quando se ne andava in giro come un divo del cinema coi suoi completi di lino e gli occhi scuri da bel tenebroso. Una combinazione irresistibile anche per tv e media dublinesi, che fanno a gara per averlo nei talk show e sulle pagine delle riviste patinate. Oliver Ryan è, infatti, uno scrittore famoso, uno dei più noti autori irlandesi di libri per bambini. Come sovente accade agli uomini di successo, ha una compagna dolce e carina: Alice, che illustra magnificamente le sue opere, ma rifugge le luci della ribalta ed è così schiva che non vuole nemmeno rivelare che l'illustratrice dei volumi di Vincent Dax - il nom de plume di Oliver - è sua moglie. Una sera di novembre del 2011, dopo una cenetta deliziosa a base di tajine di agnello, roulade con i lamponi e Sancerre, accade l'irreparabile. Nella casa della coppia, situata nell'elegante Pembroke Avenue, Oliver picchia così selvaggiamente Alice da ridurla in coma... un corpo inerte disteso per terra, la testa e il tronco curvi come un punto interrogativo. La notizia fa subito il giro di tv e giornali. Com'è possibile che il carnefice dell'illustratrice sia proprio Vincent Dax? Lo scrittore venerato da un ampio pubblico per i suoi modi cortesi e per l'irresistibile fascino della sua persona?
Sono trascorsi tredici anni da quando Tatiana è con Holly ed Eric. Tredici anni da quando, in Russia, l'hanno raccolta in una coperta logora e, tremanti di gioia, l'hanno portata con loro in America. Tredici anni in cui la piccola Tatty è diventata una bellissima quindicenne, una ballerina russa dolcissima e vagabonda, l'amore della loro vita. Ora è la vigilia di Natale e fuori casa il vento fischia come un tendine teso tra gli alberi, e nevica. Eric si è avventurato nella tormenta per andare a prendere i suoi genitori e celebrare con tutta la famiglia il Natale. Holly dovrebbe essere felice in quel giorno di festa. E invece si dirige subito in cucina con i piedi nudi e uno strano pensiero in testa che non riesce a scacciare. Il pensiero che tredici anni prima qualcosa di terribile deve averli seguiti dalla Russia. È un'idea assurda, inammissibile, ma Holly ne percepisce, ne avverte chiaramente la verità da quando si è svegliata in quella mattina d'inverno. Come spiegarsi, infatti, gli eventi accaduti? La gatta che improvvisamente si trascina via le zampe posteriori e la coda? Il rigonfiamento sul dorso della mano di Eric, un minuscolo terzo pugno da omuncolo che i medici trascurano come cosa da niente, ma che non sparisce? La zia Rose, che si è messa a parlare in modo strano, in una lingua sconosciuta? E i dischi, tutti graffiati dall'oggi al domani, irrimediabilmente rovinati? Qualcosa li ha seguiti dalla Russia. Holly se lo sente dentro, come un dolore bruciante...