
La maggior parte delle persone crede che la piena accettazione della vita significhi chiudere i cuori e le menti, non interessarsi più delle ingiustizie e delle difficoltà che vediamo nel mondo. Al contrario niente potrebbe essere più lontano dalia verità: non bisogna infatti confondere i'accettazione con la rassegnazione. La rassegnazione non porta ad alcuna attività, l'accettazione invece ci fa rimboccare le maniche per provare ad aggiustare le cose. In queste pagine, Cheri Huber spiega cosa sia davvero l'accettazione, cuore del suo insegnamento e del messaggio buddhista, spronando il lettore ad aprirsi a una comprensione nuova, più profonda e compassionevole, lontana dai pregiudizi. E ci indica la via per iniziare a liberarci dal dolore poiché, come dice lei stessa, "senza accettazione ogni sforzo di risvegliarsi e di mettere fine alla sofferenza poggia su un terreno vacillante".
"Rabbia" prende la forma di una storia (romanzesca) orale di Blister "Rant" Casey, nella quale un assortimento di amici, nemici, ammiratori, detrattori e familiari dice la sua su questo personaggio malvagio (o forse no), morto in circostanze tanto misteriose quanto leggendarie, che forse è stato (ma forse non è stato) il più efficiente serial killer della nostra epoca. Buster è cresciuto in una cittadina nel mezzo del nulla, assetato di sensazioni forti in un mondo di videogame e di soffocante conformismo. Dopo le prime ribellioni al liceo scappa dal suo villaggio natale alla volta della grande città e ben presto diventa il leader di un gruppo di giovani dediti a una sorta di rito-gioco di demolizione urbana chiamato party crashing: una specie di autoscontro all'ultimo sangue. Ed è proprio in occasione di una di queste violente cacce notturne che Casey incontra la più spettacolare e tragica delle morti al volante.
Grasso e goffo, debole e apatico, tirannico e incapace. Queste sono alcune delle caratteristiche che gli storici attribuiscono a Luigi XVI, ma era davvero così? Antonio Spinosa propone una interpretazione del tutto diversa del re detronizzato dalla Rivoluzione del 1789: Luigi XVI non era uno sciocco né un pupazzo nelle mani della consorte Maria Antonietta d'Austria. A dispetto dell'antiquata educazione ricevuta si era rivelato un abile uomo politico, un ottimo stratega navale, un gran conoscitore di geografia, studioso di matematica e di fisica, mecenate di ingegni come Lavoisier e i fratelli Montgolfier. Un ritratto inedito e controcorrente dell'ultimo re di Francia per diritto divino.
Seconda parte del grande romanzo "I fantasmi di Mosca" scritto da Bettiza sulla base della propria esperienza personale in Urss durante la Guerra Fredda, "La confessione di Sveto" è ambientata a Mosca negli anni del terrore staliniano. Questa sezione del romanzo riporta la lunga confessione rilasciata dall'intellettuale ungarocroato Sveto Karaman, già membro del Komintern caduto in disgrazia, al "grande inquisitore" Angaretis: la relazione con Radica, i gravi decadimenti politici nei quali la sua amante è rimasta coinvolta, le vicende amorose della madre di lei. Muovendosi con maestria tra gli abissi della storia e la riflessione sull'arte del narrare, la penna di Bettiza descrive nei dettagli la psicologia dei personaggi reali e di fantasia, fino a tratteggiare un grandioso, appassionante affresco dell'illusione comunista colta nel suo momento più drammatico e autodistruttivo.
"Amo gli uomini del pressappoco e odio, o per meglio dire non mi sono simpatici, quelli che hanno le certezze assolute. In pratica amo quelli che parlano, che ascoltano, che cambiano parere". In un momento storico in cui i fondamentalismi tornano a insanguinare il mondo e vecchi e nuovi assolutismi offrono certezze in cambio di fedeltà cieca, il pressappoco è (o meglio "sembra") una medicina salutare di cui si sente sempre più il bisogno. E chi meglio di Luciano De Crescenzo, relativista di scuola partenopea, poteva scrivere questo elogio del dubbio preventivo? "I principali nemici del pressappoco - spiega - sono i religiosi, i politici, gli innamorati e i tifosi di calcio." Per non parlare del telefonino, del computer... Ogni materia infatti ha il suo pressappoco: quello della musica ad esempio è il jazz, quello del sesso la masturbazione.
C'è una piccola rivoluzione copernicana in questo libro, un ribaltamento del punto di vista che fa trovare la felicità dove non la si era mai neppure cercata: la formula segreta del benessere è nascosta nei piccoli gesti quotidiani che compiamo senza dar loro nessuna importanza. È una forza insospettabile in grado di darci una gioia infinita, che però noi offuschiamo di continuo coi nostri ragionamenti e i nostri giudizi, col nostro ingolfarci di scopi e progetti. Dopo averci fatto capire che "Ciascuno è perfetto" e che "Non siamo nati per soffrire", Morelli propone in queste pagine un insegnamento, che definisce un approccio all'esistenza a tutto tondo, capace, nella sua elementare radicalità, di dare una vera svolta alla vita.
In spettrali campi di battaglia e tetre fortezze in rovina, fra città tramutate in cimiteri e terre ridotte a ossari, la spaventosa guerra dei cinque re volge ormai al termine. Eppure, in questa apparentemente consolidata "pace del re", nuove, inattese forze sono pronte a sferrare attacchi cruenti. Guidati dal famigerato re Occhio-di-corvo, gli uomini di ferro, eredi di un culto guerriero dimenticato da secoli, si sono lanciati all'invasione del sudovest del reame, costringendo la regina Cersei e il Trono di spade ad affrontare una nuova, inattesa prova di forza. E dalle brume di una memoria lasciata troppo a lungo sepolta, un'antica, sinistra profezia potrebbe minacciare la stessa regina. Non sembra esistere una fine al banchetto dei corvi. E, forse, l'ora del destino sta per scoccare perfino per le prede più inattaccabili.
Sono passati giusto ottant’anni dall’ottobre del 1928, quando un giovane prete spagnolo, Josemaría Escrivá de Balaguer, fondò l’Opus Dei. Ancora oggi, nonostante la sua grande vitalità e i riconoscimenti che ha avuto in questi decenni (come la canonizzazione del suo fondatore avvenuta nel 2002), l’Opera è considerata con sospetto da molti, ma qual è la verità di tutti i giorni di chi vive nell’Opera? E perché questa verità quotidiana, fatta di santificazione del proprio lavoro, qualunque esso sia, di disciplina interiore e di impegno evangelico, non viene creduta, non viene riconosciuta, non viene capita? «L’intento dell’Opera è risvegliare, nei nostri tempi, lo spirito dei primi cristiani. Una fede operativa, insomma, proprio quella che – è il caso di dirlo – ha una cattiva stampa. La cultura dominante e il messaggio dell’Opus Dei non sono quindi fatti per capirsi subito. Se poi pensiamo al sistema mediatico così com’è, appare evidente che colui che ha il compito di gettare un ponte fra queste due posizioni diventa un personaggio interessante.» E Pippo Corigliano, il portavoce dell’Opus Dei in Italia, un personaggio interessante lo è davvero: è stato uno spensierato ragazzo, la cui unica aspirazione era guidare veloci automobili sportive, per scoprire poi con entusiasmo sempre crescente la via di san Josemaría, che lo portava in tutt’altra direzione; è stato un giovane innamorato e deciso a sposarsi che ha sentito, dopo una predica sulla parabola del buon samaritano, di dover rinunciare a essere padre di famiglia per dedicarsi completamente alla sua vocazione nell’Opera; si è laureato in ingegneria, ma poi si è dedicato per tutta la vita a un lavoro fatto di parole, immagini, contatti personali, quello di portavoce dell’Opus Dei. In quasi quarant’anni di attività, ha incontrato moltissimi protagonisti del giornalismo, dell’editoria e della televisione italiana. E di qualcuno, come Indro Montanelli, Vittorio Messori, Leonardo Mondadori, Ettore Bernabei, è diventato amico. Attraverso una galleria di ricordi fatta di momenti pubblici di grande portata mediatica, come la cerimonia di santificazione di Escrivá de Balaguer, ma anche di toccanti occasioni private, come la cena da lui organizzata per fare incontrare Montanelli con papa Woityla, Corigliano racconta il suo lavoro e la sua vita, non solo di portavoce, ma soprattutto di membro dell’Opus Dei. E ci presenta, con sincerità e con spirito, un ritratto dal vero dell’Opera, della sua organizzazione e della sua storia, del messaggio del suo fondatore e delle attività dei suoi seguaci, che ormai sono migliaia in tutto il mondo. «Non vorrei dare l’impressione che l’Opus sia il paradiso in terra» scrive Corigliano nella conclusione «ma certo, per me, usando un’espressione cara al fondatore , è il posto migliore per vivere e per morire.»
Pippo Corigliano (Napoli, 1942), ingegnere elettrotecnico, conosce l’Opus Dei e il suo fondatore, San Josemaría Escrivá de Balaguer, e aderisce all’Opera nel 1960. Dirige il centro dell’Opus Dei a Napoli fino al 1970, quando si trasferisce a Milano per entrare nella commissione regionale dell’Opus Dei in Italia, l’organo di governo delle attività dell’Opera nel nostro Paese. Da allora si è occupato della comunicazione dell’istituzione. Nel 1980 si trasferisce a Roma a dirigere il nuovo Ufficio informazioni dell’Opus Dei. Da sempre segue le attività formative dell’Opera con i giovani.
Celebre soprattutto come storico per le sua "Vite parallele", in cui narra le vicende biografiche di un famoso personaggio greco e di uno romano a confronto, Plutarco è stato anche un uomo di profonda cultura, grande appassionato e studioso di filosofia oltre che abile diplomatico, un politico perfettamente a proprio agio alla corte imperiale romana come nelle native polis elleniche. E nei suoi scritti ha lasciato una miriade di preziose osservazioni sull'arte di negoziare, dì mediare, di sedare i conflitti cercando una soluzione condivisa. Consigli utili nel I secolo come oggi, nei grandi scenari internazionali e nelle mille piccole tensioni della vita quotidiana.
Vissuto nella Persia del XIII secolo, Jalal al-Din Rumi ha unito nella propria persona e nelle proprie opere il fascino del derviscio, la saggezza del santone inebriato di Dio, e la sottile cultura dei più sofisticati mistici sufi. Nei suoi versi, pieni di entusiasmo sacro, di visioni e di anelito verso la purezza, ci ha lasciato un monumento alla poesia, ma soprattutto all'uomo e alla natura, riflessi della realtà divina. Le sue parole ci mostrano un volto dell'islam che non siamo più abituati a vedere, quello dolce, tollerante, festoso, ma soprattutto invitano l'uomo, di ogni tempo e di ogni religione, a compiere il viaggio più straordinario alla ricerca della verità: quello nelle profondità insondate del proprio animo.