Non c'è romano che scampi ai loro pugni, non c'è arrosto di cinghiale che sopravviva al loro formidabile appetito: finché ci saranno Asterix e Obelix a difendere il villaggio, la conquista della Gallia sarà un incubo per Cesare e per i poveri centurioni che incroceranno la loro strada! Età di lettura: da 10 anni.
La sua storia è una pagina vuota, il suo passato è avvolto nel mistero. Ma Geiger ha un dono che pochi possiedono: riconosce una menzogna nell'istante in cui la sente. E nel suo settore, il recupero informazioni, questa è una dote impagabile perché la verità è la merce più preziosa sul mercato. I suoi clienti - multinazionali, governi o il crimine organizzato - contano sulla sua leggendaria abilità di ottenere sempre quello che vuole, anche dai soggetti più riluttanti. Meticoloso e superprofessionale, diversamente dai concorrenti, Geiger di rado fa scorrere sangue. Usa invece tecniche di interrogatorio particolari, soprattutto psicologiche, per spingere chi ha di fronte a un punto in cui il dolore cede il posto alla paura, perché solo in quel momento smetterà di mentire. Una delle regole del suo codice etico è di non lavorare mai con i bambini. Ma un giorno è proprio un ragazzino di dodici anni, Ezra, che gli viene portato chiuso dentro a un baule dal suo ignaro socio Harry Boddicker. Qualcosa non quadra. Il cliente non è chi dice di essere e Geiger decide senza esitazioni di seguire il suo istinto e salvare a tutti i costi il bambino: lo prende con sé e scappa, mettendosi inevitabilmente in grave pericolo. Ma se Geiger e Harry non scoprono in fretta perché il cliente è così ansioso di impadronirsi dei segreti del ragazzo, diventeranno loro stessi le vittime di un nemico senza scrupoli.
II Periphyseon, un dialogo in cinque libri tra un insegnante e il suo arguto allievo, è forse l'opera più grande e originale del pensiero medievale prima della Summa di Tommaso d'Aquino. Scritto in un latino straordinario da uno dei pochissimi filosofi del Medioevo che conoscessero il greco, e profondamente influenzato dal pensiero di Padri greci quali Basilio, Massimo il Confessore, Gregorio di Nissa e Gregorio di Nazianzo, "Sulle nature dell'universo" è una vibrante testimonianza personale che si presenta come "racconto immaginario di un'immagine". Ma è anche una discussione serrata e razionalmente argomentata alla ricerca del Primo Principio, che fonda l'Essere e sta al di sopra dell'Essere. "Natura è dunque il nome generale di tutte le cose che sono e di tutte quelle che non sono", scrive Giovanni all'inizio della sua opera. Essa comprende sia Dio sia il creato, ed è divisa in quattro specie: ciò che crea e non è creato, Dio; ciò che crea ed è creato, le Cause Prime o Idee; ciò che è creato e non crea, gli effetti temporali, le cose create; e infine ciò che non è creato e non crea, il non essere, il nulla. Tutto il Libro I del Periphyseon è dedicato alla Creazione dell'universo da parte di Dio.
Inaspettati. Così sono tutti i doni degni di questo nome. E del tutto inaspettato è l'inizio di questa storia, con gli sguardi di due bambini che si sfiorano da lontano. Qualche anno dopo, a pochi giorni dal Natale, Olivia - la poco più che trentenne protagonista di questo romanzo - viene licenziata. O meglio: non viene licenziata perché non è mai stata assunta; semplicemente perde il posto di lavoro precario e si ritrova più precaria e fragile di prima. Così si rifugia in un bar tabacchi e, in attesa di riorganizzare, il suo futuro, scorre il suo curriculum pensando a tutto ciò che quelle pagine tralasciano: gli incontri che l'hanno segnata, gli amori veri e quelli che credeva lo fossero, le persone che non ha fatto in tempo ad abbracciare. E le passioni, i sogni, i fallimenti, la forza dei desideri. In quel bar tabacchi, che con il passare delle ore si popola di personaggi personaggi buffi, matti, generosi e pedanti, su Olivia veglia la nonna mai scomparsa davvero dalla sua vita, capace di leggere i segnali della felicità nelle scie di un aereo o nel verso di una poesia. La stessa nonna che le ha fatto un dono speciale: una Polaroid con la quale strappare al tempo gli istanti più belli, complici dell'inarrestabile e salvifica fantasia di Olivia. Nelle stesse ore, come in un film a montaggio alternato, irrompono tra le righe i passi di Diego. Anche per lui è un giorno speciale, forse l'alba di un nuovo inizio, che saprà offrire una tregua all'innominabile ferita che ha segnato la sua infanzia.
Circa una quarantina di anni fa la Chiesa di Roma minacciò di togliere San Gennaro dal calendario. I resoconti sul suo martirio non erano attendibili. Dopo una lunga contrattazione con la curia di Napoli, il Vaticano concesse il culto del santo, ma solo su base locale. San Gennaro diventava insomma un santo di serie B. Il primo pensiero che venne in mente ai napoletani fu: "Gesù, vuoi vedere che mo il santo si è offeso?". Bisognava consolarlo. E sui muri della città apparvero delle scritte per tirarlo un po' su: "San Gennà, futtatenne". Luciano De Crescenzo, in questo libro, ci narra con la sua ironia e sapiente leggerezza le vite dei santi, togliendo loro l'aura dei santini per farli sentire un po' più simili e vicini a noi. San Gennaro appunto (e il vero significato del suo miracolo), Sant'Agostino ("il mio preferito perché ha inventato il Purgatorio, il pressappoco del Paradiso"), San Tommaso ("non ebbe nessuna donna, speriamo che in Paradiso lo si possa ricompensare"). L'elenco dei santi è lungo, quello delle sante un po' meno "perché a parte mia madre non mi sono mai piaciute troppo". Il filosofo partenopeo intreccia la vita dei santi con la sua, fino a giungere a una conclusione assolutoria, anche per ciascuno di noi: "A forza di leggere le vite dei santi mi sono convinto che anch'io potrei avere una qualche piccola speranza. Io nella vita volontariamente non ho mai fatto del male a nessuno, e già questa mi sembra una buona partenza".
Nell'autunno del 1959 Piergiorgio Odifreddi varcò la soglia del Seminario di Cuneo. La sua intenzione era quella di diventare un giorno papa, e benedire da una finestra di Piazza San Pietro la folla estasiata. Ma presto imparò che "il cammino che porta al soglio pontificio è più accidentato e tortuoso di quanto un bambino avesse ingenuamente potuto immaginare". E, soprattutto, che "per poter un giorno comandare bisognava iniziare subito a obbedire" e a essere rispettosi: cosa che già allora non gli piaceva particolarmente. Cinquant'anni dopo, il matematico impertinente ricorda quei tempi e, contenendo per una volta il suo abituale tono urticante e provocatorio, scrive con grande rispetto e sincerità a chi papa lo è diventato per davvero. Anche se, da scienziato, non abiura al dovere intellettuale di rimanere saldamente ancorato ai fatti della realtà fisica, storica e biologica. Ed è dunque costretto a confutare punto per punto il teologo Joseph Ratzinger, che crede invece in ciò che va "oltre" la realtà e sconfina nella metafisica, nella metastoria e nella metabiologia. In questa lettera si confrontano così due metodi, due atteggiamenti, due visioni del mondo. Da un lato il "comprendere per credere", che accetta prudentemente di dar credito soltanto a ciò che si capisce e si conosce. E dall'altro il "credere per comprendere", che si azzarda a scommettere su ciò che ancora non si capisce o non si conosce, nella speranza che tutto poi si chiarificherà o giustificherà.
"Se il Novecento è passato alla storia come il secolo dell'odio, il nuovo millennio si è aperto all'insegna di un'emozione ancor più primitiva: la rabbia. E la rabbia ad armare la mano di quegli uomini che non sopportano il rifiuto di una donna, a trasformare un mediocre studente nell'autore di una strage, a prendere un tizio qualunque, alla guida di un'auto, e mutarlo in una belva primordiale. Ma c'è una rabbia meno clamorosa e più subdola, capace di avvelenare la vita, in casa, sul lavoro, in coda agli sportelli." Piccola o grande che sia, la rabbia in sé è un fatto naturale, è l'ombra inseparabile della nostra quotidianità. È illusorio pensare di eliminarla, fondamentale invece è imparare a comprenderla, in noi stessi e negli altri, a interpretare il suo linguaggio, verbale e fisico, a distinguerla dalle tante altre emozioni che proviamo, per poterla gestire ed elaborare in modo costruttivo. È l'obiettivo di "È inutile che alzi la voce", in cui Massimo Picozzi, noto psichiatra e criminologo, e Catherine Vitinger, esperta di tecniche di difesa e di gestione del conflitto, si misurano con questo spinoso tema. La rabbia, se ben orientata, in certe situazioni ha una funzione positiva, vitale: può aiutarci a far valere i nostri diritti, a trasmettere con forza un messaggio educativo, a impartire istruzioni per fronteggiare prontamente un'emergenza. Esiste, al contrario, una rabbia cieca e folle, che può portare in un attimo a distruggere relazioni...
In un secolo si vivono e si vedono tante cose. Cose che fanno ridere e cose che fanno piangere, delusioni e scoperte, ferite e miracoli. Anna Brosio per la prima volta racconta in questo libro tutta la sua vita, quasi cento anni in cui la sua storia si intreccia con quella dell'Italia, e di tutti noi. Pagine scritte con un linguaggio semplice e coinvolgente, a volte anche colorito, ma in cui si respira fede e spiritualità. La mamma di Paolo rievoca i profumi, i sapori e i valori di un'Italia che non c'è più, e di cui capita di provare nostalgia. Ma anche l'orrore e la paura della guerra, come quella volta che fu salvata per miracolo durante un bombardamento. Ricorda con tenerezza di essere stata sulle ginocchia di Pietro Mascagni che le chiese di cantare un'aria che stava componendo al pianoforte per "La Lodoletta". Si diverte a riportare alla memoria le sue avventure televisive, con i tanti personaggi incontrati, artisti, giornalisti, sportivi e politici. Senza tralasciare qualche polemica degna del suo carattere. Gioie e dolori passano anche fra le pagine che parlano di Paolo Brosio, il figlio unico e tanto atteso. I contrasti e le sofferenze legate al suo matrimonio e la testimonianza della sua conversione. Ma le pagine più sentite sono forse quelle che riguardano Medjugorje, il luogo ormai famoso in tutto il mondo per le apparizioni della Madonna, che ha segnato la sua vita e quella del figlio. Per finire con l'episodio che dà il titolo al libro, in piazza San Pietro, davanti a Giovanni Paolo II...
La storia delle quattro sorelle March negli Stati Uniti della Guerra di Secessione: le loro esperienze difficili, i piccoli conflitti, ma anche le grandi amicizie e l'ambiente pieno di calore che le circonda. "Piccole donne" è il più famoso di quei romanzi che un tempo venivano detti "per signorine". E lo è dichiaratamente. Ma, inserendosi nel canale di una tradizione che ha segnato i gusti letterari di un'epoca, Louisa May Alcott riesce a creare una storia eterna e sempre attuale, che ancora oggi viene letta dai giovanissimi di tutto il mondo. Età di lettura: da 9 anni.
"Le avventure di Pinocchio" rappresentano ancora oggi un classico della letteratura per ragazzi: le tragicomiche peripezie del burattino discolo e irrispettoso, continuamente in bilico fra la voglia di divertirsi pensando solo a se stesso e il desiderio di diventare "un ragazzino perbene". Un po' pezzo di legno, un po' bambino vero, Pinocchio si caccia continuamente nei guai, non sopporta la disciplina, è ingrato verso chi gli vuoi bene. Poi si pente e vorrebbe cambiare, ma incappa in una bugia e subito il naso gli cresce a dismisura! Così passa da una disavventura all'altra e ogni episodio si trasforma in una insostituibile lezione di vita. Attorno a lui ruotano una serie di personaggi indimenticabili, dal buon Geppetto, generoso dal cuore d'oro, al saggio Grillo Parlante, alla dolce Fatina dai capelli turchini. Per non parlare dell'orribile Mangiafuoco, di Lucignolo, compagno di sventure nel Paese dei Balocchi, e del Gatto e la Volpe, forse la più famosa coppia di "briganti" della letteratura. Età di lettura: da 9 anni.