
Tremila anni fa nella valle di Elah ha avuto luogo uno dei duelli più famosi della storia: il giovane pastore Davide, con una semplice fionda e qualche ciottolo, affronta e sconfigge il potente guerriero filisteo Golia. Una vittoria miracolosa, narra la Bibbia; uno scontro in cui chi era partito in apparente svantaggio esce trionfante a dispetto di ogni previsione. Questa, almeno, è la versione dei fatti che è stata tramandata nel corso dei secoli. La vittoria di Davide fu sorprendente, miracolosa: in quelle circostanze non avrebbe dovuto vincere. O invece sì? Muovendo dal racconto biblico, da sempre considerato la metafora della vittoria improbabile, in "Davide e Golia" Malcolm Gladwell ci accompagna in un viaggio attraverso confronti ritenuti impossibili, osservando che cosa accade quando una persona normale fronteggia un "gigante", vale a dire una situazione sfavorevole, una disabilità svantaggiosa o una sfida proibitiva. E l'affronta ad armi impari. Che cosa è disposta a mettere in gioco? Quali strategie intende adottare? Deve seguire le regole o l'istinto? Perseverare o rinunciare? L'atto di confrontarsi con situazioni estremamente difficili, ci dice Gladwell, spesso genera il coraggio, la determinazione e la creatività indispensabili per aprire nuove opportunità e rendere possibili cose altrimenti inimmaginabili. E consente anche di vedere i "giganti" con occhi diversi, scoprendo proprio nelle qualità in cui sembra risiedere la loro forza un motivo di grande fragilità.
Giorgio De Franchis è un uomo duro, deciso e pronto all'azione. Dopo un passato nei servizi segreti ha iniziato a collaborare come free lance con gli apparati di sicurezza dei Paesi a maggior rischio terroristico e non è tipo che ama lasciare gli incarichi a metà. Una sera riceve una telefonata: a Parigi, all'uscita dall'Opéra, in piazza della Bastiglia, Daniel Morel è stato aggredito e gravemente ferito. Daniel è il grande amore di Giorgio, un amore nato sui banchi di scuola. L'unica relazione davvero importante nella vita di un solitario come lui, un rapporto profondo, capace di superare le convenzioni e creare un legame indissolubile. E per lui Giorgio si precipita a Parigi. Nel seguire le tracce degli aggressori, però, si trova coinvolto in un intrigo legato al capolavoro di Claude Monet "Impression, soleil levant", il quadro che ha dato origine all'Impressionismo e che è conservato al museo Marmottan di Parigi, di cui Daniel è direttore. Il dipinto era tornato nella collezione del museo in seguito al suo ritrovamento in Corsica, in circostanze mai del tutto chiarite, assieme ad altre otto importanti tele, dopo essere sparito per cinque anni. Ma Daniel aveva scoperto che qualcosa non tornava. Giorgio si ritroverà solo contro tutti, contro la malavita, perfino contro le stesse forze della polizia francese, mosso dall'incrollabile desiderio di vendetta e dalla ferma volontà di scoprire la verità. E non si fermerà davanti a nulla.
"L'espressione 'cuori infranti' non è solo un modo di dire, ma un'immagine che rende perfettamente la sensazione anche fisica che vivono gli innamorati delusi. Certo, il cuore non si rompe, ma sembra stretto in una morsa, oppresso da un peso troppo grande per non temere che possa spezzarsi da un momento all'altro. In questo libro troverete gli stati d'animo più ricorrenti tra coloro che soffrono per amore: i sospetti, la gelosia, le domande assillanti ('Che cos'ha più di me?', 'Dove ho sbagliato?', 'È giusto restare amici?') le speranze rinate, le sospirate rappacificazioni... Troverete una mappa che vi indicherà il punto in cui siete nel vostro percorso di guarigione, suggerendovi, a ogni spostamento, la via d'uscita. Fino a quando un giorno, a sorpresa, vi sveglierete e scoprirete che ogni dolore è svanito." (Gianna Schelotto)
Si può raccontare la musica senza note, usando solo le parole? Ramin Bahrami crede di sì. D'altra parte, con la musica e con i grandi compositori del passato ha un rapporto strettissimo, intimo: la musica è per Bahrami un fil rouge, ciò che tiene insieme la sua infanzia perfetta in una Teheran baciata dalla cultura con l'esilio seguito all'incarcerazione e alla morte del padre; la sua identità persiana con quella di uomo immerso nell'Occidente; la storia dei suoi avi, provenienti dalla Persia, dall'Europa, dalla Russia, con la sua. Nella musica, e specialmente in Bach, Bahrami ha trovato l'alfa e l'omega: la musica è il suo modo per sopravvivere, per amare, per ricordare. «Nella musica c'è la mia dignità, c'è la mia identità: c'è mio padre con il suo violino, mia madre e le sue litanie, ci sono i miei fratelli e le loro passioni, c'è il mio paese e la sua cultura, ci sono lo zoroastrismo e il cattolicesimo, che è la mia religione oggi.» Il suo sguardo - o, per meglio dire, il suo orecchio - abbraccia il suono occidentale dalle radici fino al Novecento e ne ripercorre la storia attraverso quattordici capolavori: opere fondanti e definitive che hanno creato una discontinuità, cambiando il corso del futuro. I grandi compositori ci sono tutti: da Monteverdi e Vivaldi a Stravinskij e SchÖnberg, passando per le tre B (Bach, Beethoven e Brahms), i malinconici Mahler e Rachmaninov e i rivoluzionari Strauss e Wagner. Di ciascuno si scoprono i tratti fondamentali della vita e dello stile, e si approfondisce l'opera più significativa. Il suono dell'Occidente è un affresco e uno svelamento. Dalla sua prospettiva unica, Ramin Bahrami vede con chiarezza una profonda lezione nascosta nella musica occidentale: l'arte del dialogo. «C'è spazio per tutte le voci e tutte le culture, tutte le razze e tutte le religioni. Le voci possono cantare insieme, le culture mescolarsi e dare origine a capolavori universali, che toccano le corde del musulmano e del cattolico, del buddista e del luterano. Penso che se menti umane sono state capaci di creare opere simili, innalzandosi al di sopra delle divisioni e dei particolarismi, allora esistono speranza e consolazione. Allora esiste un senso, anche nello struggimento e nel dolore.»
Quando nel 1947, dopo due secoli di dominio britannico, l'India divenne indipendente, adottò subito un regime di democrazia parlamentare, che garantiva il pluralismo politico, la libertà di parola e di stampa, e la tutela dei diritti di ogni cittadino. Scomparse le terribili carestie dell'era coloniale, alla stagnazione economica subentrò un'impetuosa fase di crescita, accelerata negli ultimi decenni a ritmi tali da fare dell'India una delle prime potenze commerciali del mondo. Eppure, questi successi non hanno determinato una reale inclusione sociale delle fasce più svantaggiate della popolazione e non hanno migliorato le condizioni della stragrande maggioranza delle persone. Jean Drèze e Amartya Sen individuano la causa dei principali problemi dell'India nella mancanza di attenzione ai bisogni essenziali della gente, specialmente dei poveri e delle donne. Per affrontare queste enormi questioni, dicono i due autori, non serve che l'India abbandoni il suo impegno democratico, ma è necessario riconoscere l'importanza della relazione a doppio senso che esiste tra crescita e promozione delle potenzialità umane, tra sviluppo e progresso sociale, e sconfiggere l'illusione che il paese possa diventare una superpotenza economica con la scandalosa percentuale di bambini malnutriti che ancora la abitano e senza la piena assunzione di responsabilità del settore pubblico nel suo insieme.
Sono quasi cinque milioni gli italiani che prestano la loro opera nel cosiddetto "terzo settore": il mondo del "dare", l'universo della gratuità e della solidarietà umana, religiosa o laica che sia. L'Italia cadrebbe a pezzi senza il lavoro di associazioni, onlus, operatori sociali, volontari, piegata com'è dalla crisi e dalla latitanza delle istituzioni. Questo libro fotografa le "periferie del mondo" intrecciando storie di vita dura, malaffare, riscatto sociale e impegno civile a ricordi personali: si parte dalla "Terra dei fuochi" (la zona dove l'autore è nato, sita fra Napoli e Caserta, e ormai tristemente nota quanto Scampia) per arrivare a Roma, sfiorando i palazzi e chiamandoli spesso in causa per le mancate scelte e gli scempi nazionali. Ma si passa anche dal Ruanda e dalla Striscia di Gaza, dalle carceri minorili e da Lampedusa, dalle scuole italiane e dai laboratori teatrali dove si cerca di sottrarre i giovani alla chimera dei soldi facili della camorra. Pagine scandite dalla vibrante ostinazione a costruire un mondo migliore e segnate dal dolore provato in gioventù per il difficile rapporto con il padre. Una lettura che commuove e rassicura: commuove quando entra nelle profondità dei ricordi famigliari e rassicura perché disegna un'Italia generosa, viva e pronta a ripartire. "Su Wikipedia dovrei scrivere: 'Vincenzo Spadafora è uno che ci crede', invece l'enciclopedia digitale non prevede tanta semplicità romantica di autodefinizione"...
Lara è una donna in crisi. Il marito l'ha abbandonata improvvisamente per una più giovane di lei. Disperata, lascia Milano e, su consiglio di un amico, parte per il Perù. A contatto con una cultura e un ambiente tanto differenti dai suoi, impara a scoprire se stessa, diventando forte, indipendente, femminile e saggia. Tata Sabino e Mama Maru, i suoi maestri curanderos, la guidano in un percorso iniziatico che la porterà a superare prove che prima pensava impossibili: domare e cavalcare animali selvaggi, andare in cerca di visioni nella foresta amazzonica, tuffarsi in lagune gelate, attraversare ponti sospesi sull'abisso, conoscere la sessualità sacra. Fino a scoprire e fare proprio un modo sconosciuto e più autentico di essere donna.
Un'edizione critica completa della produzione romanzesca dell'autore triestino. I testi sono ordinati distinguendo gli editi dagli inediti e quelli completi da quelli incompiuti. Un lavoro critico di controllo sui dattiloscritti e sugli autografi dei testi non pubblicati dall'autore delinea un percorso "genetico" che permette di ricostruire il modo in cui Svevo stendeva le sue opere e vi apportava poi successivi interventi correttori. Nel caso delle opere pubblicate si è fatto il confronto di varianti fra diversi testimoni. In entrambi i casi, il lavoro filologico corregge i non pochi arbitri commessi in precedenza e offre un apparato critico di carattere esplicativo, interpretativo e di rimando intertestuale. Saggio introduttivo e cronologia di Mario Lavagetto.
Come possiamo avere certezza che Dio esiste? E se esiste, come possiamo essere sicuri che si interessa di noi? Fin dove possiamo spingerci con la nostra ragione e perché il Dio di Gesù Cristo dovrebbe essere la risposta più affidabile? Di fronte alla secolarizzazione e alla critica delle verità assolute che caratterizzano la nostra società, la questione di Dio, lungi dall'essere scomparsa, torna e si ripropone nella sua essenzialità, interrogando l'intelligenza e il cuore. Con Dio o senza Dio, infatti, cambia la nostra vita e il modo di concepire noi stessi e il mondo. In questa intervista, che in realtà è un libro organico e intellettualmente onesto, il cardinale Ruini - rispondendo alle domande di Andrea Galli - accompagna il lettore sulle tracce di Dio, tra storia, scienza e cultura, e propone una serie di percorsi per avvicinarsi al suo mistero partendo dalla realtà di cui abbiamo esperienza: dal semplice e primordiale stupore di fronte al fatto che esistiamo, alla natura di cui siamo parte e che allo stesso tempo riusciamo a leggere e governare, all'anelito di libertà insopprimibile in ogni uomo, alla sua capacità di riconoscere quel grande segno di Dio piantato nella storia che è Gesù Cristo. Il tutto senza eludere lo scandalo del male fisico e morale e della sua sconfinata ampiezza. Un libro che si propone come un itinerario per aiutare chi crede a essere più consapevole delle ragioni della propria fede e a fare così unità nella propria coscienza di credente.
La Numero uno - bicicletta da bambino, telaio laccato bianco, parafanghi e carter in plastica arancione -, la Furia - bicicletta da cross, telaio nero, parafanghi e carter cromati -, e poi ancora la Corsara, la Zaira e tante altre fino alla Bionda - mountain bike da cross country hardtail, ruota da 26", telaio in alluminio, due portaborracce, contachilometri: tutte le biciclette di una vita, quelle che hanno seguito di poco i primi passi, quelle che per la prima volta ci hanno fatto respirare il vento della libertà, quelle che hanno portato sulla canna il primo amore... Enrico Brizzi si racconta, e insieme traccia la linea di un'esperienza che è quella di ciascuno di noi. "In piedi sui pedali" è la storia di una passione, ma anche di un'iniziazione. In equilibrio su una sella, infatti, il giovane protagonista compie le sue prime esplorazioni, partendo dal cortile di casa fino a scoprire la propria città da una prospettiva sorprendente. Nella prima adolescenza, un'età in cui "si sogna anche da svegli", le gare contro gli autobus si trasformano negli infuocati finali di una tappa del Giro, mentre le salite dei Colli possono prendere le sembianze dei "muri" della Liegi-Bastogne-Liegi. Al Liceo la bici diventa il mezzo che conduce ai rendez-vous con le ragazze, e che permette al "Girardengo appena più basso e rock" di alleviare il dolore per la fine della sua storia d'amore. E così via, lungo gli anni, fino ai viaggi ciclo-turistici e alle uscite in mountain bike dei tempi più recenti...