
Nel 1905, all’età di trentun’anni, Gilbert Keith Chesterton riunisce in un unico volume gli articoli scritti per il liberale «Daily News». Nasce così Eretici, in cui il «principe del paradosso», facendo sfoggio di tutta la sua tagliente ironia, passa al vaglio le più importanti figure del suo tempo, in particolare del mondo della letteratura e dell’arte: Rudyard Kipling, George Bernard Shaw, H. G. Wells, James McNeill Whistler… Ciò che soprattutto gli interessa è però combattere le «eresie» di cui si fanno banditori o interpreti e che si riflettono in quelli che l’autore identifica come i grandi mali della modernità: la cieca fede nel progresso, lo scetticismo, il determinismo, la negazione dell’esistenza di Dio e dei valori fondamentali del cristianesimo.
Frutto di un sapiente dosaggio di umorismo e buon senso, Eretici suscitò le ire di alcuni critici, perché condannava le filosofie coeve senza fornire alternative. Lo scrittore inglese decise quindi di replicare qualche anno anno più tardi con un altro celebre titolo, Ortodossia, di cui questo resta l’essenziale premessa.
L'AUTORE
Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) fu scrittore e pubblicista dalla penna estremamente feconda. Soprannominato «il principe del paradosso», usava una prosa vivace e ironica per esprimere serissimi commenti sul mondo in cui viveva. Scrisse saggi letterari e polemici, romanzi «seri» (L’uomo che fu Giovedì, L’osteria volante) e gialli (celebre la serie di avventure di Padre Brown). Lindau ha pubblicato i suoi saggi biografici su san Francesco d’Assisi e san Tommaso d’Aquino, e l’opera La Chiesa cattolica.
«Non si è mai mentito come al giorno d’oggi. E neppure si è mai mentito in modo così sfrontato, sistematico e continuo.» Con questa frase, scritta nel 1943 e più che mai attuale, il grande filosofo francese di origine russa Alexandre Koyré inaugura il suo breve ma incisivo saggio sulla menzogna politica. Dopo essersi interrogato su quali siano stati i fattori umani, sociali e politici che hanno favorito l’affermarsi dei totalitarismi nell’Europa tra le due guerre mondiali, l’autore prende in esame l’hitlerismo – modello di ogni regime totalitario – per cercare di coglierne l’essenza profonda, che egli identifica, implacabilmente, con la menzogna. Ogni autoritarismo, ogni regime dittatoriale si basa sull’atto del mentire, questo è il nucleo del lavoro di Koyré, e tale atto ha come unico scopo il controllo assoluto delle masse. In altri termini i regimi totalitari, fondando il loro potere su un vero e proprio «primato della menzogna», giungono a edificare un ordine sociale che, approvando il loro operato, ne garantisce la stabilità e l’egemonia.
L'AUTORE
Alexandre Koyré (1892-1964) è uno dei massimi epistemologi e storici del pensiero scientifico del XX secolo. Nato da una famiglia russa di origini ebraiche, allievo di Husserl, Koyré ha lasciato numerose opere, tra le quali ricordiamo i tre volumi degli Studi galileiani.
IL LIBRO
Uno sguardo da cerbiatta, una silhouette slanciata e un’eleganza naturale hanno fatto di Audrey Hepburn un’icona di stile del XX secolo. La frangetta, i foulard, i tailleur firmati da Hubert de Givenchy sono diventati un modello per le donne di mezzo mondo. Ma dietro questa immagine «patinata» e di maniera si nasconde in realtà una personalità complessa e affascinante, un carattere forte, determinato e generoso.
Vincitrice di un Oscar con il suo primo film da protagonista, Vacanze romane, nel corso di una folgorante carriera la Hepburn ha recitato accanto ai più grandi attori dell’epoca (Gregory Peck, Humphrey Bogart, Henry Fonda, Fred Astaire, Gary Cooper, Cary Grant, Sean Connery) e ha contribuito a fare di molte pellicole dei classici senza tempo (Sabrina, Sciarada, Colazione da Tiffany).
Tuttavia ha abbandonato Hollywood molto presto per consacrarsi ai figli e alla vita familiare. Memore di un’infanzia segnata dalle privazioni e dall’orrore della seconda guerra mondiale, ha infatti sempre dato la precedenza alle persone, agli affetti e all’amicizia. Dopo i figli, il suo grande amore sono stati i tanti bambini incontrati nel corso delle missioni come ambasciatrice dell’UNICEF, nei luoghi dove vivere è una lotta quotidiana contro la fame, le malattie e la guerra. Fu proprio durante un viaggio che cominciò ad avvertire i primi sintomi del cancro.
Completamente concentrata sulle cose da fare e sui bisogni gravi e urgenti da soddisfare, rimandò accertamenti e cure, compromettendo forse l’esito della sua ultima battaglia.
È proprio questa vita esemplare, fatta di bellezza e talento, di sensibilità e altruismo, che ci racconta Bertrand Meyer-Stabley, restituendo alla star che tutti ammiriamo una ricchezza interiore e una profondità autenticamente umane.
L'AUTORE
Bertrand Meyer-Stabley è un giornalista franco-irlandese «esperto in materia di biografie», come ha scritto di lui Edmonde Charles-Roux. Ha dedicato libri a Grace di Monaco, Jackie Kennedy, Margaret d’Inghilterra, Melina Mercouri, la duchessa di Windsor, Ingrid Bergman, Soraya, Sophia Loren, Marilyn Monroe, Elizabeth Taylor, Greta Garbo, Lady Diana, Maria Callas. La sua biografia di Rudolf Nureyev è stata recentemente pubblicata in italiano da Lindau. Il suo libro La vita quotidiana a Buckingham Palace dalla regina Vittoria a Elisabetta II è stato tradotto in quattordici lingue. Collabora con alcuni giornali francesi e spagnoli.
Nella primavera del 2008 la scrittrice irlandese Nuala O’Faolain annunciò alla radio che stava morendo di cancro. Disse di non credere in un aldilà e che non trovava alcun conforto nella religione. Era terrorizzata dalla morte e guardava con disperazione al poco tempo che le era rimasto.
L’intervista scosse profondamente l’Irlanda e sembrò dare voce a qualcosa che fino a quel momento non aveva trovato espressione nella cultura di una società che intravedeva ormai la conclusione del suo breve periodo di prosperità e ottimismo. Nuala O’Faolain era stata la portavoce di una generazione di donne in lotta per la parità tra i sessi e per la liberazione femminile, ma in quell’occasione aveva parlato a nome di diverse generazioni di irlandesi, uomini e donne, che all’improvviso si accorgevano di vivere un’esistenza senza speranza.
Partendo da questa vicenda, John Waters analizza il modo in cui la società contemporanea si è lasciata alle spalle la tradizione di una fede profonda per approdare a un lucido nichilismo. Nel farlo egli riflette sulla cultura frutto di questo cambiamento e sull’abisso in cui ci ha precipitati a partire «da una percezione fatalista, pessimista e senza gioia di noi stessi».
Ma allora che cosa spinge le società moderne a esaltare la convinzione autodistruttiva secondo cui negare l’infinito e l’eterno sarebbe la prova di un’intelligenza superiore? Quanto è ragionevole credere nel nulla?
L'AUTORE
John Waters, giornalista e scrittore, nonché autore di lavori teatrali, collabora con diverse pubblicazioni tra le quali l’«Irish Times», il maggiore quotidiano irlandese. Il suo precedente libro Lapsed Agnostic (Continuum, 2008) è stato definito dall’«Irish Post» un lavoro «affascinante e ispirato».
In questo libro appassionante, premiato in Inghilterra da un successo più che decennale, Stuart Sutherland ci rivela gli errori, di cui siamo quasi sempre inconsapevoli, che ci impediscono di pensare correttamente. Essi sono in genere determinati da un uso distorto della ragione e dal prevalere di pulsioni ed emozioni. Pregiudizi, paure, spirito gregario, mancanza di senso critico ci inducono a ignorare i dati oggettivi, o a interpretarli in modo sbagliato, e di conseguenza a prendere decisioni illogiche e controproducenti.
Per dimostrare quanto l’irrazionalità domini le azioni umane, l’autore racconta con humour tipicamente anglosassone aneddoti tratti dalla vita quotidiana e professionale, analizza con rigore scientifico i risultati di test psicologici, si riferisce ad alcuni cruciali avvenimenti storici come, ad esempio, la seconda guerra mondiale o quella del Vietnam.
Ma ci indica anche la strada per imparare (o reimparare) a usare bene il nostro cervello, non fidandoci dell’intuizione – una qualità troppo spesso sopravvalutata – e invece ricorrendo alla matematica, alla statistica e al calcolo delle probabilità.
Erede del razionalismo e dell’empirismo inglese, Sutherland, pur con molti dubbi, coltiva ancora la fiducia aristotelica nell’agire razionale dell’uomo.
L'AUTORE
Stuart Sutherland, nato nel 1927, è stato professore di Psicologia presso l’Università del Sussex, dove ha fondato il Laboratorio di psicologia sperimentale. Columnist prolifico e collaboratore dell’«Observer», del «New York Times» e del «Daily Telegraph», è famoso, oltre che per Irrazionalità, pubblicato per la prima volta nel 1992, per l’autobiografico Breakdown, confessione sincera e toccante della sua depressione. È morto nel 1998.
Iraq, Cina, India, Corea, Turchia, Sudan, Cuba, Indonesia, Pakistan, Somalia, Nigeria: in tutti questi paesi la vita delle minoranze cristiane è resa impossibile dall’odio fondamentalista di gruppi che, in nome di un Dio usato come pretesto per un progetto di dominio o di ideologie che sembrano non dover mai tramontare, le perseguitano senza tregua. Nella loro presenza essi vedono una minaccia implacabile, dalla quale è necessario difendersi con la violenza e l’oppressione. Distruggendo una certa immagine della «mondanità», la speranza cristiana ha infatti smascherato i vincoli che legano l’uomo al potere inteso come «speranza patologica», ossia totalitarismo. Perché i totalitarismi altro non sono che tentativi di realizzare prematuramente la speranza, di compiere in modo indebito il desiderio che anima nel profondo il cuore dell’uomo.
L’inimicizia di tante oligarchie (anche di quelle rappresentate da certe influenti élites occidentali), delle dittature e di qualsiasi visione totalitaria nei confronti del Cristianesimo ha in fondo sempre la stessa radice: le comunità cristiane documentano il dramma della libertà dell’uomo di fronte al Potere.
L'AUTORE
Mario Mauro è parlamentare europeo dal 1999. Da dieci anni combatte per la difesa dei diritti umani nel mondo. è il promotore delle due risoluzioni con le quali per la prima volta il Parlamento europeo ha riconosciuto e condannato la persecuzione dei cristiani nel mondo. Dal gennaio 2009 è Rappresentante personale della Presidenza dell’OSCE contro razzismo, xenofobia e discriminazione nei confronti dei cristiani. È autore di saggi come Il Dio dell’Europa, L’Europa sarà cristiana o non sarà e Piccolo dizionario delle radici cristiane d’Europa.
Vittoria Venezia, laureata in Scienze politiche presso l’Università orientale di Napoli, dal 2006 è impegnata sui temi legati ai diritti umani e dal 2009 in sede OSCE su temi inerenti le discriminazioni contro i cristiani.
Matteo Forte, laureato in Scienze storiche presso l’Università degli studi di Milano, ha approfondito temi legati alla storia dell’Europa contemporanea. Collabora con diverse testate.
La contemplazione è l'espressione più alta della vita intellettuale e spirituale dell'uomo. E' quella vita stessa, pienamente cosciente, pienamente attiva, pienamente consapevole di essere vita. E' prodigio spirituale. E' timore riverente, spontaneo, di fronte al carattere sacro della vita, dell'essere. E' chiaro intendimento che la vita e l'essere, in noi, derivano da una Fonte indivisibile, trascendente e infinitamente ricca. La contemplazione è soprattutto consapevolezza della realtà di questa Fonte. Essa conosce questa Fonte in modo oscuro, inesplicabile, ma con una certezza che trascende sia la ragione sia la semplice fede. La contemplazione infatti è un genere di visione spirituale alla quale aspirano, per la loro stessa natura, la ragione e la fede, poiché senza di esse sono destinate a restare sempre incomplete. Tuttavia la contemplazione non è visione, perché vede "senza vedere" e conosce "senza conoscere". E' fede che penetra più in profondità, conoscenza troppo profonda per poter essere afferrata in immagini, in parole, o anche in concetti chiari. Essa può venire suggerita da parole, da simboli; ma nel momento stesso in cui tenta di descrivere ciò che conosce, la mente contemplativa ritratta ciò che ha detto e nega ciò che ha affermato. Perché nella contemplazione noi conosciamo per mezzo della "non conoscenza", o meglio conosciamo al di là di ogni conoscenza o "non conoscenza".
Thomas Merton
Esiste una tradizione esoterica occidentale? Sotto quali forme si manifesta? Qual è il rapporto tra questa cultura "altra" e le diverse forme politiche di matrice razionalistica dell'Occidente? E tra esoterismo e nazismo? Hitler e i vertici del partito erano in possesso di una dottrina segreta? Che cosa è invece possibile dire riguardo alle altre dittature del XX secolo? E in che modo, oggi, la democrazia rappresentativa si rapporta a questa cultura alternativa? Frutto di cinque anni di lavoro, questo libro è molto più di un tentativo di rispondere alle domande su una tradizione occidentale occulta, dai contorni ancora incerti: è un viaggio appassionato e appassionante dalle origini del sapere umano fino ai giorni nostri, che, affacciandosi sul futuro prossimo, disegna un suggestivo panorama del mondo attuale.
In questo saggio brillante, Edmund White ritrae con la consueta maestria la figura di un uomo e di un artista complesso e anche contraddittorio. Genio scostante e capace di infliggersi un ferreo isolamento – a causa dell’asma che lo affliggeva, trascorreva interi giorni a letto nella sua stanza rivestita di sughero e impiegò gli ultimi anni della vita a scrivere e riscrivere ossessivamente il suo capolavoro, Alla ricerca del tempo perduto –, Proust era anche un instancabile mondano, assiduo frequentatore dei salotti più in voga e delle feste più esclusive, dai quali trasse ispirazione per vicende e personaggi del suo romanzo.
White racconta dapprima la storia di un ragazzo introverso e passionale (la fatale attrazione per i libri, il rapporto con i genitori, i luoghi che ritorneranno trasfigurati nella Recherche, i primi amori), per soffermarsi in seguito sull’uomo ambizioso alla ricerca di onori e di buona reputazione, sulla difficile convivenza con l’omosessualità e con i diversi compagni che costelleranno la sua vita, e, infine, sulle dinamiche e gli accadimenti che porteranno alla genesi e alla pubblicazione del suo libro-fiume, un autentico monumento del ’900 letterario.
L'AUTORE
Edmund White, nato a Cincinnati nel 1940, romanziere, critico letterario e saggista, insegna scrittura creativa alla Princeton University. È considerato il maggiore scrittore gay americano. Fra i suoi libri tradotti in Italia ricordiamo Il giovane americano, L’uomo sposato, La sinfonia dell’addio, Ladro di stile. Le diverse vite di Jean Genet, Caos e La doppia vita di Rimbaud.
IL LIBRO
Stile, indipendenza, praticità e classicità senza tempo: queste sono alcune delle parole chiave dell’universo Chanel. Ma dietro ognuna di esse, come dietro ogni capo della celeberrima Maison parigina, ci sono una donna e la sua vita, le sue vicende e le sue scelte indissolubilmente intrecciate agli avvenimenti più importanti e ai cambiamenti epocali che hanno segnato il XX secolo.
Delineando con uno stile gradevole e leggero i tratti salienti della storia di Chanel, Karen Karbo ci fa conoscere il lato più nascosto e personale di una grande icona della moda e della società francese. I suoi giudizi impietosi, le battute fulminanti, gli indimenticabili aforismi costituiscono spesso il punto di partenza di un percorso tra luoghi, fatti e persone che ci porta a comprendere sempre meglio la complessa personalità di Coco. Così, il «mito» si avvicina e si approfondisce, senza perdere nulla di quanto l’ha reso tale e anzi arricchendosi di sfumature più vere. Tutto quello che immediatamente ci torna alla mente quando pensiamo alle sue creazioni – il tailleur di tweed, le borsette inconfondibili, l’abito nero, i raffinati bijoux, la camelia – ci appare meno effimero e lontano. Ciascuna di queste cose è nata dal suo genio e dal suo gusto, ma anche, e forse soprattutto, da una libertà di spirito, da un’audacia e da una concretezza che non avevamo sospettato prima.
I sogni, le difficoltà, le delusioni, le conquiste, i successi di Chanel possono essere anche i nostri e offrirci quindi l’occasione per vedere con altri occhi la nostra vita, il nostro mondo e il nostro tempo.
L'AUTORE
Karen Karbo è autrice di tre romanzi, tutti entrati nell’elenco dei libri interessanti del «New York Times». The Stuff of Life: A Daughter’s Memoir ha vinto il People Magazine’s Critics’ Choice e l’Oregon Book Award nel settore nonfiction. In passato vincitrice del General Electric Foundation Award for Younger Writers, Karen è anche destinataria di una borsa di studio della National Endowment for the Arts. Suoi saggi, articoli e recensioni sono apparsi su «The New York Times», «Outside», «Elle», «Vogue», «More» e salon.com. Il suo ultimo libro è How to Hepburn: Lessons on Living from Kate the Great. Vive a Portland, nell’Oregon, dove sta ancora dando la caccia a un capo vintage di Chanel.

