
Il denaro nel senso in cui lo intendiamo oggi è un prodotto della modernità. Non è un protagonista di primo piano del Medioevo, né dal punto di vista economico e politico né da quello psicologico ed etico; è meno importante e meno presente di quanto non lo fosse nell'Impero romano, e soprattutto assai meno centrale di quanto non diventerà nei secoli successivi. Dai pulpiti medievali risuona la condanna dell'avarizia come peccato capitale e le parole dei monaci e dei frati elogiano la carità ed esaltano la povertà come ideale incarnato da Cristo. Non l'accumulo, non la ricchezza garantiscono il buon vivere. La salvezza è nel dono e nel sostegno ai deboli. La pecunia è maledetta e sospetta, perché né il denaro né il potere economico sono arrivati a emanciparsi dal sistema globale di valori proprio della religione e della società cristiana. La moneta sonante tornerà a girare con i rifornimenti di metallo prezioso, con lo sviluppo dell'economia cittadina, con la fondazione alla fine del XV secolo di istituti di credito per la sussistenza di molti poveri e con la nascita di una sorta di mercato unico. Sarà una rivoluzione lenta e silenziosa a modificare i pensieri delle donne e degli uomini del Medioevo e della stessa Chiesa, una rivoluzione che ha nome "capitalismo".
Non è vero che l'arte contemporanea non richieda più alcuna competenza tecnica e che si fondi sul principio provocatorio del ready-made. Al contrario, "mai come oggi non soltanto a un artista, ma a chiunque svolga un'attività inventiva, è concesso, anzi decisamente richiesto, di slittare tra competenze diverse: si dà forma a un pensiero con il continuo sovrapporsi di fattori. Il contraltare a questa libertà, tuttavia, è che si disponga di competenze varie e che si agisca in maniera precisa, progettata, realizzando le ipotesi di lavoro più varie con abilità specifiche". Anche per fare una crepa nel pavimento, un sole finto che abbronza davvero, una scatola nera nella quale il nostro corpo si disperde come nel vuoto (per citare tre opere gigantesche presentate alla Tate Modem di Londra, nell'ordine, di Doris Salcedo, Olafur Eliasson, Miroslaw Balka) occorre avere una coscienza e una dimestichezza dei propri mezzi che non è possibile improvvisare. Le nuove tecniche sembrano però avere almeno un aspetto in comune, quello del bricolage, che mette insieme materie e approcci differenti e che non mira alla durevolezza dell'opera. In ciò si rispecchia un'epoca in cui declina l'idea di storia come insieme sensato e in cui tendiamo a percepire il tempo come un flusso elastico, dominato dal frammento e dal caso. A partire da questi presupposti, Angela Vettese riflette su come sono cambiati i materiali e i linguaggi dell'arte contemporanea.
Ai tempi in cui Roma è città aperta e alla mercé dei tedeschi, tra le mura e i vicoli della città si consuma una guerra di fuggiaschi e nascondigli. È una guerra nascosta e cruenta che porta i civili in prima linea: cittadini, uomini e donne di chiesa, Pio XII in persona. Né potrebbe essere diversamente visto che Roma, di fatto e per comune sentire, non è più la capitale dell'effimero regime fascista della Repubblica sociale ma in tutto e per tutto la città del papa. E come lui non combatte l'occupazione ma nemmeno cede; resiste, si impegna a sopravvivere, aiuta i ricercati a nascondersi. Gli occupanti tedeschi lo avvertono e impongono il regime duro. In una Roma assediata dove le croci uncinate sostano sotto le finestre del papa, i nazisti catturano quasi duemila ebrei; muoiono nei campi di concentramento, alle Fosse Ardeatine. All'incirca diecimila, invece, sopravvivono nascondendosi in case private, nei conventi e nelle parrocchie, negli ospedali, nelle istituzioni e nei territori della Santa Sede. Taluni di quelli che sono venuti in aiuto ai perseguitati sono stati riconosciuti come 'giusti'. Di molti si è persa ogni traccia. Lungo queste pagine Andrea Riccardi richiama dall'oblio la storia di uomini e donne comuni che, quando il male ha bussato alle loro porte, hanno mostrato un grande coraggio, hanno condotto una vita fuori dell'ordinario e sono poi tornati, semplicemente, a quella di ogni giorno.
"Pubblicista illuminato" e uomo d'affari, negli anni che precedono il 1848 Cavour raggiunge i livelli più elevati della sua attività di scrittore liberale e ottiene, al tempo stesso, risultati di grandissimo rilievo come pioniere dell'agricoltura moderna a Leri. Nel 1848-1849 si batte contro il rischio di uno sviluppo radicale della rivoluzione democratica in Italia. Ma la direzione del "Risorgimento", l'ingresso nel nuovo Parlamento subalpino e l'occasione di sperimentare in concreto le sue estese competenze finanziarie ne accrescono sempre più l'autorità. Tra i maggiori fautori delle leggi Siccardi, entra al governo come ministro dell'Agricoltura e commercio e poi delle Finanze, realizzando riforme doganali che pongono il Piemonte all'avanguardia del liberismo economico nel continente. Con il "connubio" nasce quel nuovo partito liberale alla cui testa lo statista ascende, nel novembre 1852, alla guida del governo. L'energica politica di riforme attuata dal suo ministero provoca crescenti resistenze conservatrici, che sembrano preludere alla cessazione dell'esperimento liberale. Alla fine del 1854 lo scontro fra la corona e il movimento liberale è ormai alle porte.
Con questo volume conclusivo la grande ricostruzione di Rosario Romeo giunge alla fase culminante della vita e dell'opera politica di Cavour. Messo in crisi dalla guerra di Crimea il sistema di alleanze uscito dal congresso di Vienna, la diplomazia cavouriana si inserì nel varco così prodottosi, dapprima sulla scia della politica revisionista di Napoleone III e poi aprendosi un proprio autonomo spazio di manovra. In tal modo fu resa possibile la nascita del nuovo Stato italiano, sostanzialmente imposta al mondo della conservazione europea e alle stesse grandi potenze occidentali. Tutto ciò sullo sfondo di un serrato confronto del liberalismo cavouriano con la democrazia mazziniana e garibaldina, rimasto di esito incerto sino all'autunno 1860. Il nuovo regno non fu solo una costruzione politico-territoriale più vasta ma anche l'avvio a un generale processo di modernizzazione di tutta la vita della società italiana, via via diventato più celere nei decenni successivi. Tuttavia, nel riesame del proprio passato e della propria identità nazionale al quale si è dedicata l'Italia del secondo dopoguerra è stata anche coinvolta l'opera e la personalità del conte di Cavour. Alle indiscriminate esaltazioni di un tempo si sono talora sostituite demolizioni facili e incontrollate. A centocinquant'anni dall'Unità italiana vi è ormai spazio per una considerazione più distaccata, come quella alla quale Rosario Romeo ha voluto giungere in quest'opera.
«Il mio mestiere è l'architettura. Mi sembra più esatto dire così che non ‘faccio l'architetto', perché l'architettura è una cosa difficile da avvicinare e io ho tentato di farlo con vari mezzi: progettare edifici, disegnare piani regolatori, collaborare alla redazione di leggi, scrivere libri o articoli di giornale, insegnare la storia dell'architettura. Non ho potuto ancora scegliere di fare una sola di queste cose, perché lo scopo che questa disciplina si pone, vale a dire migliorare anche solo di poco l'ambiente fisico in cui vive la gente, è troppo importante e difficile per tentare di raggiungerlo in un unico modo. Qualche volta è possibile costruire un piccolo pezzo di questo ambiente in un contesto accettabile; qualche volta bisogna tentare di correggere questo contesto, cioè aiutare l'amministrazione pubblica a fare i piani urbanistici; qualche volta invece si scopre che occorre prima rifare le leggi; e qualche volta ancora che non si può fare nessuna di queste cose e dunque non resta che riflettere e scrivere.»
Atene, 404 a.C. La città-Stato è devastata da una lunga e sanguinosa guerra con la vicina Sparta. Atene, faro della libertà e della democrazia nel mondo antico, è alla ricerca di un perché della sua crisi. La sua storia, la sua cultura leggendaria, il suo modello politico, la religione, la sua stessa identità sono in piena tempesta, ormai sull'orlo del crollo. Intanto la Grecia rimane senza guida: chi prenderà il comando? Chi sarà all'altezza? Città come Sparta e Tebe fanno le loro mosse. Grandi tiranni provano a calcare la scena mondiale. Alessandro Magno cerca di espandere il suo regno e conquista l'intero Impero persiano. Passano quasi 100 anni, neanche un secolo dopo la caduta di Atene, nel 323 a.C., alla morte di Alessandro, e tutta la Grecia e gran parte del mondo noto a quell'epoca si scoprono nelle mani di un monarca assoluto, modello di despoti per millenni a venire. Com'è stato possibile in questo arco di tempo precipitare da una società politica pluralista a un regime chiuso e dispotico?
"Da quando festeggiamo il nostro compleanno? La domanda è dovuta sembrare troppo aneddotica agli storici, visto che non se la sono posta mai, o a fatica. Questo libro invita il lettore a scoprire, non senza stupore, il carattere tardivo della celebrazione del compleanno. Marco Polo la scoprì con sorpresa presso il khan e una miniatura di epoca successiva ci restituisce questa fastosa celebrazione. Nel XIV secolo, i re di Francia, come Carlo V, si preoccupano del giorno e dell'ora della loro nascita a fini astrologici, per i quali scrivono commenti e tracciano immagini di oroscopi. Cosi il medioevo, che era tradizionalmente poco preoccupato del giorno della nascita e dell'età esatta degli individui mentre si occupava del giorno della loro morte, ha operato progressivamente un ribaltamento ricco di conseguenze, dalla morte alla vita, dall'anniversarium funerario a quello che i testi dell'epoca chiamano "natalità". Jean-Claude Schmitt rintraccia il lento costituirsi della pratica del compleanno, dei suoi riti - auguri, canzoncina, dolcetti, regali, candeline - soprattutto negli ambienti aristocratici dell'epoca moderna, nella borghesia del XIX secolo e infine, ma non prima del XX secolo, negli ambienti popolari.
C'è un giallo da risolvere: spiegare la 'strana' mancata morte del neoliberismo. "Al cuore dell'enigma c'è il fatto che il neoliberismo realmente esistente è meno favorevole, di quanto dica di essere, alla libertà dei mercati. Esso, al contrario, promuove il predominio delle imprese giganti nell'ambito della vita pubblica. La contrapposizione tra Stato e mercato, che in molte società sembra essere il tema di fondo del conflitto politico, occulta resistenza di questa terza forza, più potente delle altre due e capace di modificarne il funzionamento. Agli inizi del ventunesimo secolo la politica, proseguendo una tendenza iniziata già nel Novecento e accentuata dalla crisi, non è affatto imperniata sullo scontro tra questi tre soggetti, ma su una serie di confortevoli accomodamenti tra di loro".
Roma "è una città ad anelli: le diverse cerchie di mura; la circolare, che è una staffetta di tram; la tangenziale, che non ha il coraggio di fare tutto il giro e dopo un semicerchio si sfibra in un'infilata di viali; l'anello ferroviario; la linea difensiva formata dai quindici forti ottocenteschi; il Grande raccordo". Ma nessuno è un tondo perfetto come l'O di Roma: un cerchio tracciato puntando l'ago del compasso al centro della città e la punta della matita sul punto esatto della propria casa. Un cammino da seguire a qualunque costo, accompagnato solo da una pallina di gomma, procedendo sempre in senso orario. Una linea che scava e scavalca palazzi e giardini ma anche ville e musei, caserme e teatri, discariche e biblioteche, campi da calcio e conventi, cantieri e ministeri, cimiteri e cinema, studi pischiatrici e aule scolastiche, binari e tunnel e due fiumi. Ciò che si trova esattamente su questa linea - che sia un sepolcro sconosciuto, un precipizio da lasciarci la pelle, la Pietà di Michelangelo, la gabbia delle tigri allo zoo, la Biblioteca nazionale, un giardino zen, o il tetto più alto di Roma - deve venire attraversato. La O diventa così un cerchio magico che si anima di presenze antiche e moderne. Accanto a Rilke, Borges e Leopardi troviamo seminaristi scettici e suore anarchiche, poliziotte sospettose e carabinieri incantevoli, receptionist ignare e segretari filosofi, geometri appassionati e operai noir: tutta una città inattesa perché colta alla sprovvista...