
"Queste sono storie ispirate a delle esistenze comuni, da cui trarre spunti per rivelare ed esporre una straordinarietà altrimenti difficile da cogliere. Se vogliamo che ciò che all'apparenza ci è familiare lo diventi davvero, dobbiamo per prima cosa rendercelo estraneo. Si tratta di un compito difficile e la piena riuscita è quanto meno incerta. Tuttavia è questo l'obiettivo che noi, lo scrittore di queste quarantaquattro lettere e i suoi lettori, ci prefiggiamo per la nostra avventura. Ma perché proprio quarantaquattro? Sospetto che la maggior parte dei lettori si porrà questa domanda. Sento di dover loro una spiegazione. Adam Mickiewicz, il più grande poeta romantico polacco, inventò un personaggio misterioso, un portavoce della Libertà e suo rappresentante, o vicereggente sulla Terra, il cui nome è Quarantaquattro. Grazie ad Adam Mickiewicz il numero quarantaquattro simboleggia lo stupore e la speranza che accompagnano l'arrivo della Libertà. È un numero che annuncia, in modo indiretto e solo agli iniziati, il tema conduttore di queste missive. Lo spettro della libertà aleggia in ciascuna di loro. Anche quando si trattano temi del tutto diversi. Anche quando la sua presenza, come per ogni spettro degno di questo nome, appare invisibile." (Zygmunt Bauman)
Che cosa è un partito e a cosa serve, oggi? In tutto l'Occidente soffiano venti di protesta e disaffezione nei suoi confronti. "Il cahiers de doléances" è molto lungo. I partiti non interpretano più le opinioni dei cittadini, pensano solo ai loro interessi, sono corrotti inefficienti e incapaci, sono ferri vecchi ereditati da un passato lontano, morto e sepolto, creano solo disordine e divisione. Non sono accuse nuove. Risuonano più o meno dalla loro nascita. I partiti hanno sempre creato una sorta di ansia sociale. Perché dividevano il corpo sociale, creavano passioni spesso incontenibili e portavano a conflitti rovinosi. Insomma, i partiti erano e sono tuttora considerati all'origine di tutti i mali. Eppure non c'è scampo: senza partiti non c'è democrazia. Se vogliamo un sistema pluralista e democratico dobbiamo "tenerci" dei partiti. Questo libro sostiene che i partiti non solo rimangono strumenti ineludibili per l'organizzazione del consenso e la scelta dei rappresentanti, ma sono oggi più "forti" di un tempo. Sono in ritirata sul territorio dove hanno perso quasi ovunque iscritti e chiuso sedi; al contempo, però, hanno accentrato e verticalizzato le loro risorse nelle strutture centrali nazionali e nelle assemblee rappresentative. Oggi dispongono, nei quartieri generali e nei gruppi parlamentari e consiliari, di una quantità di personale, strutture e finanziamenti molto superiore al passato...
Dalla sua invenzione a caratteri mobili alla metà del Quattrocento, la stampa rimase complessivamente libera solo per alcuni decenni. Presto la rapidissima diffusione della Riforma protestante spinse le autorità ecclesiastiche a sperimentare forme stabili di controllo. La censura cattolica in pieno Cinquecento ebbe pesanti conseguenze sulla cultura, soprattutto italiana, in particolare sullo sviluppo del pensiero scientifico, sulla letteratura e sulla diffusione della lettura in volgare. Nel Seicento furono i vari Stati assoluti a intensificare la loro azione, mentre la maggiore laicizzazione della società suscitò importanti trasformazioni. Il pubblico dei lettori fu sempre meno disposto a seguire le prescrizioni grazie anche a un fervido mercato clandestino e mise sempre più a dura prova la capacità di proibire, sino a quando, negli ultimi decenni del Settecento, la libertà di opinione e di espressione divenne uno dei principi cardine della civiltà contemporanea.
Può capitare di arrivare a Parigi, Rue de Fleurus 27, accompagnati da un misterioso romanzo di inizio Novecento. O di spostarsi da Castellammare di Stabia a Tokyo, passando per la Meseta spagnola, innamorati persi di Roland Barthes e di un ragazzo giapponese. Può capitare anche di dormire in un hotel di Singapore, all'ultimo piano di un grattacielo e di essere svegliati da una voce lontana, che forse viene fuori da un libro, forse dalla vita. Quando si sfiorano, i libri e i viaggi fanno cortocircuito; e con un romanzo in valigia, qualunque itinerario diventa singolare e sorprendente. Alcuni tra i più noti scrittori italiani, da Antonio Tabucchi a Dacia Maraini, da Andrea Camilleri a Melania G. Mazzucco, da Raffaele La Capria a Giuseppe Culicchia, da Carmen Covito a Emanuele Trevi, raccontano i propri viaggi: fughe, avventure impreviste, pellegrinaggi e sogni da fermi, intessuti di parole e gesti in un appassionato dialogo a distanza con gli autori e i libri più amati. In diciannove conversazioni fitte di piogge tropicali, ballerine cambogiane, valigie colme di libri, tiri di boxe fuori tempo massimo, Paolo Di Paolo crea una geografia del viaggio in forma di racconto o di mappa delle emozioni. Con uno scritto di Pietro Citati
In Italia i ricchi sono non soltanto molto più ricchi dei poveri ma anche, in generale, figli di ricchi. Le disuguaglianze si ereditano, come le opportunità, che troppo spesso sono distribuite per nascita piuttosto che per merito. Per la maggioranza dei giovani italiani la "scalata" sociale ed economica è impossibile e ampie distanze la separeranno sempre dal ristretto gruppo dei "più fortunati". Per ridare mobilità economica e sociale all'Italia, per intraprendere una battaglia di modernizzazione, per fare in modo che le "scalate" tornino a essere possibili, occorre agire su quelle manifestazioni della disuguaglianza nei redditi e nelle ricchezze che oltre a essere inaccettabili sono ostacoli alla vera eguaglianza delle opportunità. Come è accaduto in altre epoche storiche, potrebbe essere che partendo dalla disuguaglianza si vada molto lontano. Forse più lontano di dove si può andare parlando in modo ossessivo e a ore alterne di austerità e di crescita.
Protagonisti del Medioevo come sant'Agostino, Carlo Martello, Averroè, san Francesco d'Assisi e santa Chiara, Giotto, Marco Polo, Dante, Giovanna d'Arco, Cristoforo Colombo. Ma anche figure chiave dell'immaginario collettivo e popolare come re Artù, il mago Merlino, Robin Hood, Satana. Sono 112 le storie di uomini e donne del Medioevo raccontate in queste pagine lungo dieci secoli di storia, dall'affermazione del cristianesimo in Occidente fino alla scoperta del Nuovo Mondo. Storie di vita vera che smentiscono la vecchia concezione di un Medioevo immobile e oscuro e lo ridisegnano come un lungo periodo creativo e dinamico. Ma anche storie immaginarie perché in una società il fantastico e l'illusorio sono sicuramente tanto importanti quanto le condizioni reali di vita e di pensiero. Un viaggio appassionante tra storie e immagini straordinarie, al fianco del più noto medievista al mondo.
Recenti sventure rinfocolano antichi mali italiani. Sudditi congeniti cercano padrone e lo servono con una gran paura d'essere liberi: pensano poco o niente; moralmente sordi, rifuggono dalla serietà tragica, né sopportano l'arte, intenti a tristi farse; l'anarcoide ipocrisia conformistica maschera un socievole cannibalismo. L'esito è miseria cronica.
Il Pd è finito due volte fuorigioco. La prima volta perché ha rifiutato di accettare che una leadership forte è indispensabile per vincere. Ed è il miglior vaccino contro la degenerazione del partito personale. Ma la seconda, e più dura, sconfitta l'ha subita al proprio interno dove il virus della personalizzazione si è diffuso nella sua variabile più letale: quella del microvoto e dei micronotabili. Intenti a combattere una battaglia di retroguardia contro il fantasma del leader, i Democratici sono rimasti impigliati nel ginepraio delle correnti. Cacciandosi in una strettoia dalla quale non sarà facile uscire.
Tre generali, tre vite dedicate al combattimento, dieci chiavi per il successo. Alessandro, un astro senza paragoni; Annibale, l'eroe delle cause perdute e delle battaglie perfette; Cesare, il più grande dei comandanti del mondo antico. Tre generali prodigio in campo militare, tre giocatori d'azzardo. Affrontarono imperi: nemici con eserciti molto più grandi dei loro; nemici che avevano il comando strategico del mare; e nemici che avevano il vantaggio di giocare in casa. Eppure rischiarono tutto per la vittoria. La ragione principale del loro successo stava in ciò che li accomunava: l'ambizione, l'intuito, l'attitudine al comando, l'adattabilità, l'abilità logistica, la strategia, l'uso del terrore, l'opportunismo. Ultima, dalla loro, la buona sorte. Tutte le guerre che combatterono seguivano lo stesso schema. Tutte cominciavano con una combinazione di attacco e difesa, cui seguiva una grande vittoria in una battaglia campale. L'ultimo passo sarebbe dovuto essere quello di cogliere i frutti con un accordo di pace per il mondo del dopoguerra ma nessuno dei tre vi riuscì. Cambiano le tattiche, cambiano le armi, ma nel corso dei secoli la guerra di per sé non muta. Capire in cosa riuscirono o dove fallirono questi tre grandi, ma non perfetti comandanti può essere utile a chiunque desideri sviluppare una strategia o debba dimostrare una capacità di leadership. "L'arte del comando" è una rara combinazione di perfetta cultura classica e consigli sapienti.
Un'antica casa medioevale ormai degradata, un vasto cortile rinascimentale. È qui che il 16 ottobre del 1943 i nazisti arrestano più di trenta ebrei, un terzo dei suoi abitanti, tra i più poveri della Comunità. Sono per lo più vecchi, donne e bambini. Altri quattordici saranno catturati nei mesi successivi. Questa è la storia degli abitanti della Casa e dei nove mesi segnati per gli ebrei romani da oltre duemila deportazioni. Sono presi per strada, nel quartiere del vecchio ghetto da cui non si sono allontanati, nelle stesse case in cui sono tornati, nei negozi, perfino al bar. Li arrestano soprattutto i fascisti, le bande autonome dipendenti direttamente da Kappler mosse dall'avidità della taglia, guidate dalle delazioni delle spie. Tutto può accadere: sono l'avidità e la crudeltà la norma della spietata caccia all'uomo. Quando le spie indicano gli ebrei alle bande, un carrozzone si avvicina per far salire gli arrestati, liberarne alcuni, mandarne altri a morte, a seconda della convenienza e del capriccio. L'arbitrio era re nella Roma di quei mesi. Intorno, il caos più tremendo, nessuna forma di organizzazione, il vuoto, i bombardamenti, la fame, i rastrellamenti, le fosse Ardeatine. Il quartiere è il teatro di questa caccia infinita, un teatro che attira come una calamita i suoi abitanti e i cacciatori, che conoscono le loro prede e sanno come e dove trovarle.