
È stata l''invenzione della città' la grande innovazione che ha avviato la pratica di addomesticamento del potere. Al riparo delle sue mura, nello 'spazio protetto' da cui sono state tenute fuori le forze del caos, è stato possibile cominciare a porre sotto controllo le potenze distruttive con cui si era espressa fino ad allora la natura selvaggia del dominio. E immaginare un modello di ordine a dimensione umana. I due miti fondativi, di Medusa e di Perseo, da un lato, e delle Sirene e di Ulisse, di cui si occupa questo libro, dall'altro, raccontavano appunto questo passaggio dal 'numinoso' (e dal 'mostruoso') all''umano': questa sorta di trasformazione del carattere 'demoniaco' del potere, da entità selvaggia e incontrollata a strumento assoggettato a un qualche progetto 'civile'. Che accadrà ora, nel momento in cui la solidità dei 'luoghi' sembra vacillare e sciogliersi sotto la spinta travolgente dei 'flussi' finanziari, e quelle linee di confine farsi incerte e permeabili, esposte alle minacce dei primordiali 'demoni del potere'?
Il plurilinguismo è un fenomeno tanto antico quanto la torre di Babele, diffuso in Europa e fuori d'Europa. Affrontare il tema pone da subito anche una riflessione sul suo significato. È infatti un termine dal significato apparentemente trasparente data l'evidenza del rinvio a "più lingue". Ma della parola esistono numerosi contesti d'uso e impieghi in discipline assai diverse tra loro che ne rendono complessa una definizione soddisfacente. Il plurilinguismo può riguardare una persona o una società, una regione, uno stato, un testo, anche letterario, redatto in più lingue. Quando si richiamano "più lingue" non è detto che ci si limiti a "lingua" intesa come lingua ufficiale di uno stato o lingua ufficiale regionale; si può intendere, invece, nei suoi più diversi significati fino a comprendere i registri, i sottocodici. Alla base della descrizione e dell'analisi della fenomenologia del plurilinguismo vi è una concezione non monolitica della lingua e dei rapporti tra i parlanti e la lingua. Se ne ricava che la problematica del plurilinguismo è ampia e articolata e che il termine si addice a un ventaglio di situazioni e prospettive diverse, che possono riguardare non solo lingue ufficiali ma anche dialetti, con la possibilità di estendersi alle variazioni di una stessa lingua. Carla Marcato muove da questa pluralità semantica del fenomeno per una indagine a tutto campo sul bi- e plurilinguismo individuale e iI bi- e plurilinguismo collettivo.
Non esiste una filosofia medievale, ma, come in ogni altra età della storia, nel medioevo esistono filosofie differenti che si confrontano, a volte aspramente". In questo volume, la pluralità dei contesti storici e degli interessi teorici della riflessione del mondo cristiano medievale, il progressivo definirsi degli interessi disciplinari e dei settori della riflessione culturale, privilegiando l'assenza di una gerarchia di importanza tra gli autori e i problemi considerati. La trattazione è interamente contenuta nel testo privo di note e permette una lettura senza interruzioni, godibile pur nell'approfondimento dell'informazione specialistica.
Aumenta il profitto di pochi e si riduce il reddito di molti. Il dogma qual è? Che il profitto non si tocca, è sacro, così come è diventato sacro lo strapotere bancario e speculativo. Non c'è quasi più bisogno di contese elettorali. È qui la lezione amara. È qui che l'"europeismo" d'accatto perde la maschera.
Molti si sono convinti che il nostro welfare è un lusso, che mantenendo certe conquiste sociali abbiamo "vissuto al di sopra dei nostri mezzi", e che è ora di ridimensionarci. Ma siamo sicuri che sia l'unica alternativa possibile? Siamo davvero sicuri che l'Europa è in declino perché statalista e assistenziale? Chi lo ha detto che lo Stato sociale deve essere smantellato?
Le radicali trasformazioni dello scenario socio-economico mondiale fra il XX e il XXI secolo stanno avendo un impatto profondissimo sui fenomeni e sulle forme della politica. Conseguenza di queste dinamiche è la necessità di ricondurre alla loro storicità e al contesto attuale i concetti classici di Stato, partito, movimento, gruppo di pressione, opinione pubblica, partecipazione. Il libro rivisita sociologicamente tali categorie richiamandone i fondamenti originari. Si apre quindi con l'approfondimento di due concetti fondamentali: quello di politica e quello di potere. Il secondo capitolo è dedicato alle forme di "concentrazione del potere politico": le organizzazioni extra statali e pre-statali, lo Stato modernamente inteso, i tipi di regime (democratici e non democratici), le odierne tendenze post-statali. Il terzo capovolge l'ottica e ricostruisce i processi e il milieu del rapporto tra l'individuo e la politica: la socializzazione politica, la partecipazione, le ideologie e la cultura politica, l'opinione pubblica e la comunicazione. Il quarto si occupa degli attori collettivi che fanno da ponte tra la società civile e il cuore del sistema politico: i gruppi di pressione, i movimenti sociali, i partiti, le élite. Nell' ultimo capitolo si esaminano le spinte più recenti che riguardano il modello di governo (con il passaggio dal government alla governance), la burocrazia pubblica e gli scenari politici ipotizzabili per il XXI secolo.
Sia in Italia, sia in Francia, Silvio Berlusconi e Nicolas Sarkozy sono spesso stati percepiti come espressione di uno stesso fenomeno di degenerazione della politica, come espressione di politiche populiste e plebiscitarie che si nutrono delle nuove forme di comunicazione per incrinare i saldi principi della democrazia, i suoi meccanismi di contenimento ed equilibrio dei poteri e per realizzare nuove forme di concentrazione del potere. In entrambi i paesi una parte consistente della classe politica e del ceto intellettuale ha cercato di innalzare un fuoco di sbarramento nei confronti di questi due strani animali politico-mediatici, considerandoli del tutto estranei alla buona politica e pericolosi per la democrazia. La sovrabbondanza di discorsi polemici ha messo in ombra altre riflessioni, che, da diverse prospettive, hanno consentito di cogliere le ragioni più profonde del successo di queste due figure. Sofia Ventura analizza le narrazioni e le storie raccontate dai due leader per far conoscere loro stessi, la loro idea della politica, del presente e del futuro; indica quali sono le somiglianze tra i due ma al tempo stesso sottolinea le importanti differenze e più in generale affronta i temi della leadership nelle democrazie contemporanee, dell'uso sistematico e consapevole del raccontare storie (storytelling) come forma del marketing politico, del rapporto tra media e politica e della conseguente affermazione di una politica spettacolarizzata.
L'America sembra essere un paese occidentale al pari di quelli europei. Da molti anni è considerato il paese leader di un gruppo unito da valori, scelte, costumi, ordinamenti. È come un'Europa più grande, più ricca, qualche anno più avanti per le tecnologie e con alcune ovvie differenze culturali, non superiori a quelle che si trovano tra un paese e l'altro d'Europa. Non è così. Sotto un'ingannevole somiglianza superficiale, l'America è un paese profondamente diverso da qualunque paese europeo. La ragione principale riguarda quello che ancora oggi è il principio di identità americano: "Che cosa ci rende americani?" si domanda la voce del filmato didattico ufficiale relativo alla cittadinanza americana e la risposta è: "Un documento di 4 pagine scritto più di 200 anni fa, la Costituzione: un documento che definisce la struttura del governo degli Stati Uniti. Sono i principi della nostra Costituzione che ci uniscono come nazione". Principi cardine dai quali molto deriva: dal principio di cittadinanza non basato sull'identità etnica come in Europa, ma sull'adesione a un credo ideologico-politico, a quello di uguaglianza, basta sulle pari opportunità e dunque su una rigorosa meritocrazia, dalla donazione intesa come restituzione alla società, e dunque come obbligo morale piuttosto che come atto liberale di generosità, al perché della straordinaria gravità della menzogna.
All'aeroporto di Kabul grandi cartelloni colorati, in lingua inglese, danno il benvenuto 'nella terra degli uomini coraggiosi'. Forse è l'unica iscrizione autentica, voluta dalle autorità afgane, in mezzo ai riti della sicurezza imposti dagli occidentali dentro quell'edificio. È un avvertimento più che una garanzia, il proclama che lì non abita gente docile. La tradizione ricorda che questo paese da secoli è l'orgoglioso e turbolento 'cimitero degli imperi', o meglio degli eserciti imperiali. Dopo oltre trenta anni di macerie l'Afghanistan è un mondo dissociato tra aquiloni e kalashnikov, tra giardini segreti curati con amore e attentati brutali, continui, tra vendette tribali e nevrosi del mondo digitale. Per la burocrazia internazionale qui sei afgani uccisi possono valere come due pecore. Nel carcere di Kandahar i prigionieri si sono cuciti da soli le labbra per protestare contro le guardie corrotte. Qui lo stesso commando americano che ha catturato Bin Laden, l'élite del primo esercito al mondo, ha perso parte dei suoi uomini in un attacco dei talebani malnutriti e malvestiti. Ma nelle valli del Badakhshan altri integralisti non hanno mai sfiorato sessanta nuove scuole femminili. A Kabul un libraio analfabeta ha salvato libri introvabili, e oggi un giovanissimo profugo afgano studia in Europa i robot applicati alle neuroscienze. Queste pagine raccontano senza pregiudizi storie di vita autentiche e inattese, ambientate in un paese che avremmo voluto conoscere da tempo.
"Il Diavolo, essendo venuto a prenderla per condurla al sabba, le dette un unguento nerastro col quale si strofinò la schiena, il ventre e lo stomaco. Poi, rivestitasi, uscì dalla porta e fu immediatamente sollevata in aria a grande velocità...": è la confessione rilasciata da una vedova condannata a morte per stregoneria e satanismo nel 1617. D'altronde chi non confesserebbe tutto ciò che la commissione giudicante vuole sentire, pur di porre fine all'agonia della tortura? Psicosi, disagio sociale, superstizione: nell'Europa di età moderna divampa il terrore delle streghe. Accusate di praticare malefici e di adorare il diavolo, bruciano sul rogo almeno in 45 mila donne. Ma molte di più sono quelle processate e torturate da tribunali religiosi e civili. Perché questa mattanza? Chi erano le accusate? Chi gli accusatori?