
Crisi finanziarie, riscaldamento globale, razzismo, criminalità e terrorismo. Guerre. Come si può essere ottimisti oggi? Eppure ci sono almeno centocinquantatré buone ragioni per esserlo.
John Brockman, l’editore dell’influente forum scientifico The Edge, ha chiesto a illustri fisici e biologi, scrittori, filosofi e artisti di rispondere a una domanda semplice e immediata: «Su cosa sei ottimista e perché?». Soffermandosi sui temi più svariati – l’educazione, la medicina, la psicologia, l’astronomia e persino la fine del mondo – 153 ragioni per essere ottimisti è un caleidoscopio di riflessioni sulla natura umana e sulla sua capacità di cambiare e migliorarsi.
Brian Greene, Jared Diamond, Richard Dawkins, Gino Segrè, Lisa Randall e tanti altri rispondono alla provocatoria domanda di Brockman e illustrano la loro visione ottimistica del mondo. Idee illuminanti scuotono il nichilismo che soffoca i nostri giorni e offrono nuove prospettive alla percezione del futuro dell’umanità.
Tra il giovane pittore, attento studioso dell’arte italiana, e l’insoddisfatto vizioso che cerca consolazione nell’alcol e nella droga è racchiusa la mirabile parentesi della ricerca solitaria, unica e rigorosissima di Amedeo Modigliani.
Il suo ideale artistico nasce e prende forma nella Livorno di fine Ottocento, alla scuola dei macchiaioli, sotto lo sguardo di Giovanni Fattori. Impara a penetrare la struttura intima delle cose, e da qui si rivolge al passato, custodito a Firenze, a Napoli, a Venezia: Masaccio, Tino di Camaino, Carpaccio, Tiziano... Dai viaggi, dal confronto con l’arte italiana prorompe la volontà di dedicarsi a un’«opera nuova», dal confronto con gli altri pittori la rivelazione della grande arte del nuovo secolo che sta nascendo in quegli anni a Parigi.
Oggi Modigliani è uno degli artisti più amati dal pubblico, dai giovani, da tutti coloro che si mettono in coda per vedere le mostre. Il suo catalogo raccoglie l’opera di uno dei maggiori artisti che l’Italia abbia avuto. I nudi sono forme severe su cui il colore accende la vita di un nuovo sistema pittorico che ha scosso la raffigurazione nel Novecento.
Ha inventato il ritratto moderno, inquieto e interrogativo, ha rappresentato poeti e cameriere, bambini e mercanti, mendicanti e donne. Lo ha fatto in una maniera unica, con una visione indipendente che Beatrice Buscaroli ricostruisce con uno sguardo critico innovativo, che scrosta dalla vita e dal lavoro di Amedeo Modigliani le leggende e i cliché nati il giorno stesso della sua morte. Rigorosa nel ricreare l’ambiente italiano e parigino a cavallo tra Ottocento e Novecento, aperta e acuta nella lettura dei gesti della tecnica artistica, la voce dell’autrice diventa trascinante nel racconto biografico, nel restituire l’intensità con cui Amedeo Modigliani visse, dipinse, scolpì.
Beatrice Buscaroli insegna Storia dell’arte alla facoltà di Conservazione dei beni culturali presso l’Università degli Studi di Bologna-Ravenna. Nel 2009 ha curato il Padiglione Italia alla 53a Biennale d’Arte di Venezia. Tra le pubblicazioni ricordiamo: Max Klinger (Ferrara Arte, 1996), Pinacoteca nazionale, Bologna (Il Sole 24 Ore – Electa, 2005), I colori nelle mani (Marietti 1820, 2009).
Nel secentenario della morte di Giotto, dal 27 aprile 1937 gli Uffizi ospitarono la Mostra giottesca, la prima retrospettiva dedicata alla pittura italiana delle origini. L’esposizione, in cui erano presentate oltre trecento opere del maestro toscano, dei pre cursori e dei seguaci, sancì il ruolo di Giotto come pater dell’«arte nostra». L’evento fu anche terreno di confronto, e scontro, tra il rigore scientifico dell’intelligencija critica dell’epoca – da Ojetti a Carena, da Offner a Salmi, da Michelucci a Longhi – che si interrogava sul valore della pittura giottesca e l’intento propagandistico dei gerarchi fascisti di nazionalizzare lo spirito della mostra. Testimonianze, lettere e cronache, insieme alle immagini delle opere e le preziose foto d’epoca, ci raccontano la genesi del progetto, le ingerenze governative, le fasi dell’allestimento e l’intenso dibattito critico che ne seguì.
A distanza di settant’anni, Alessio Monciatti sottrae la Giottesca alla dimensione acritica cui era stata relegata e rivendica il ruolo decisivo da essa ricoperto nella storia della critica d’arte, e nel contempo nella storia culturale, sociale e degli allestimenti museali.
Allarme! Sono i tempi della «grande penuria » energetica! Il petrolio sta per finire. Come sarà la vita senza petrolio? Che cosa rimpiazzerà l’oro nero nei paesi che, come l’Italia, dipendono quasi totalmente dagli idrocarburi?
Serge Enderlin ha attraversato il pianeta – dai campi di mais dell’Iowa alla Cina continentale, passando per il Canada, l’Europa e il Golfo Persico – alla scoperta delle possibili alternative eco-friendly all’uso del petrolio. Ha intervistato produttori di energia in ogni settore, ha registrato i dati più recenti, ha descritto gli effetti collaterali sull’ambiente, ha posto le domande più fastidiose: davvero conviene produrre etanolo dal mais? Esistono i giacimenti fantasma del Polo Nord? Ha senso investire nel nucleare? E perché proprio gli Emirati Arabi sono al primo posto nella ricerca di energia alternativa al petrolio?
Black Out è un reportage che, con precisio - ne e tagliente ironia, frantuma miti e mirag - gi sul futuro dell’energia e mostra i profondi – spesso decisivi – condizionamenti degli interessi politici e delle lobby economiche.
Questo libro è nato da un incontro tra uomini divisi in tutto: nascita, formazione, valori. Da un lato Pino Arlacchi, uno dei massimi esperti mondiali del fenomeno mafia, dall’altro Antonino Calderone, mafioso di spicco della «famiglia» di Catania e poi grande pentito. In un rifugio messo a disposizione dalla polizia, Calderone ha deciso di ricordare. E raccontare.
Quando uscì nel 1992 Gli uomini del disonore ebbe un grande successo. Faceva conoscere le gerarchie di Cosa Nostra, le sue lotte intestine, le trame diaboliche dei suoi capi, la sua storia tormentata. La storia di un mondo in cui tutti sono nello stesso tempo amici e nemici di tutti, professano lealtà e sono pronti all’inganno più subdolo, progettano congiure e imboscate, tradiscono e uccidono senza rimorsi. Era la prima volta che la mafia veniva descritta dal suo interno, la prima volta che veniva descritta la vita quotidiana dell’uomo d’onore, le sue amicizie, gli odi, gli affetti di un’esistenza dominata dalla paura di essere uccisi e dalla necessità di ammazzare.
Il libro viene oggi ripubblicato con una nuova postfazione di Pino Arlacchi. Lo studioso, tra gli artefici della legislazione antimafia italiana degli anni ottanta, autore del progetto esecutivo della Dia, ripercorre passo dopo passo la sfida a Cosa Nostra, condotta in prima persona insieme a Chinnici, Falcone e Borsellino: dal tempo degli omicidi di La Torre e Dalla Chiesa alle confessioni di Buscetta, dagli anni della strategia stragista a oggi. Oggi, che la mafia non è stata ancora sconfitta. Oggi, che la battaglia è ancora aperta.
Palermo, 1204. Berardo, arcivescovo di Bari, si aggira nei vicoli in compagnia di Federico, un ragazzino cresciuto per strada, amico di arabi ed ebrei, ed erede del Regno di Sicilia. Incaricato dal papa di educarlo come un re cristiano, Berardo partecipa al sogno di Federico di riportare la sua terra all'antica grandezza, facendone il punto d'incontro di filosofi e scienziati di tutto il Mediterraneo. È al suo fianco quando i principi di Germania gli offrono la corona che fu di Carlo Magno, accendendo in lui il desiderio di rendere il Sacro Romano Impero forte e unito come la Roma dei Cesari. Tollerante e carismatico, colto e ambizioso, lungimirante e sanguigno: l'uomo conosciuto come Stupor Mundi rivive in tutto il suo fascino e le sue contraddizioni.
L’obiettivo di sradicare la povertà è per la prima volta concretamente alla nostra portata. Eppure un miliardo (un miliardo!) di persone patisce ogni giorno cercando di sopravvivere, e dieci milioni di bambini all’anno muoiono di fame. Gli abitanti del mondo sviluppato sono di fronte a una scelta decisiva: per non voltare le spalle a un quinto della popolazione globale dovranno diventare protagonisti della soluzione.
Oggi la nostra risposta è non solo insufficiente, ma anche moralmente indifendibile. Lo conferma Peter Singer – uno dei cento uomini più influenti della terra secondo Time – in Salvare una vita si può, attraverso argomenti etici, provocazioni intellettuali, esempi illuminanti, dati puntuali e casi emblematici.
Ma Singer non si limita alla critica, propone un cambiamento rivoluzionario e pragmatico nel nostro modo di sentire, pensare e agire per eliminare l’estrema povertà nel mondo. E lo fa con un libro che sa essere contemporaneamente un coraggioso atto d’accusa, un lucido manifesto per una nuova etica solidale e un programma «ragionato» in sette punti – dalle iniziative filantropiche personali all’attivismo sociale, a scelte quotidiane minime – che noi tutti possiamo responsabilmente mettere in pratica senza intaccare il nostro benesse
Sei aprile 1652. Un manipolo di coloni olandesi sbarca sull'estremità più meridionale del continente africano. Questi uomini hanno una missione delicata e precisa: coltivare pianticelle di insalata per rifornire di vitamine gli equipaggi delle navi della Compagnia olandese delle Indie orientali in transito, decimati dallo scorbuto. Nessuna grande ambizione di conquista coloniale, ma passerà poco tempo prima che gruppi di avventurieri voltino le spalle al mare per addentrarsi nelle foreste infestate di animali feroci e mosche tse tse, alla conquista della "Terra promessa". La macchina inesorabile della Storia si è ormai avviata, e il primo capitolo di un'epopea di infamia e redenzione è stato scritto. Convinti dalla fede calvinista di essere il nuovo popolo eletto, i coloni presto rinnegheranno la madrepatria, affronteranno le tribù nere, i cercatori d'oro e di diamanti, e le temibili tuniche rosse della regina Vittoria, fino a macchiarsi di una delle più grandi tragedie del Novecento: l'instaurazione dell'apartheid. Una piccola comunità di quattro milioni di bianchi sottometterà con la forza una popolazione sei volte maggiore di neri, dando vita a un regime razzista che causerà centinaia di migliaia di vittime. A questo orrore riusciranno a porre fine la volontà e il coraggio di veri e propri eroi come Chris Barnard, Helen Lieberman e soprattutto, dopo ventisette anni passati in carcere, un gigante del nostro tempo, Nelson Mandela.
Essere soli è diverso dallo stare da soli o dal sentirsi soli. Il dolore cronico della solitudine è una ferita lacerante che può alterare il nostro equilibrio fisiologico.
È un giogo che trasforma il bisogno insoddisfatto dell’altro in sensazioni, pensieri e comportamenti ostili. La solitudine non è una sensazione ineffabile, è qualcosa di ben radicato nella nostra biologia, che coinvolge il corpo in maniera totale, dalla circolazione del sangue alla trasmissione degli impulsi nervosi. Le immagini del cervello ottenute con le nuove tecniche di neurovisualizzazione mostrano che le sensazioni di emarginazione sociale e il dolore fisico condividono lo stesso meccanismo fisiologico. Ma per comprendere perché la solitudine ci fa soffrire bisogna scoprire il passaggio evolutivo dal gene egoista all’essere sociale. Perché Homo sapiens si è evoluto come specie superiore? John T. Cacioppo trova la soluzione nel «terzo adattamento»: i fattori decisivi del successo riproduttivo dell’uomo si fondano sull’empatia, sulla cooperazione e sui legami sociali. Privarsi dello scambio con gli altri provoca uno strappo nel tessuto genetico che si espande nel nostro essere fino a pervadere le emozioni.
In Solitudine, neuroscienze, genetica e psicologia evoluzionistica convergono, proponendo al lettore le acquisizioni più avanzate della ricerca per la diagnosi e la cura di una delle più diffuse malattie del nostro tempo.
Dopo aver letto questo libro nessuno vorrà essere solo. E non lo sarà.
"Il metodo della scienza è razionale: è il migliore che abbiamo. Perciò è razionale accettare i suoi risultati; ma non nel senso di confidare ciecamente in essi: non sappiamo mai in anticipo dove potremmo essere piantati in asso". Il Poscritto rappresenta lo sviluppo compiuto dalla filosofia di Popper.