
Il libro ricostruisce la presenza e il ruolo del Movimento dei Cristiano Sociali, attivo dal 1993 al 2017, nella vita politico-istituzionale e culturale-religiosa italiana. I padri del movimento, Ermanno Gorrieri e Pierre Carniti, con il contributo di personalità come Carlo Alfredo Moro e Pietro Scoppola, intesero offrire uno sbocco politico nuovo a una presenza sociale e civile di credenti prevalentemente impegnati in organizzazioni come la Cisl, le Acli, l'Azione Cattolica, l'Agesci, Confcooperative e nel mondo del volontariato. Dopo la scelta di campo per i Progressisti, alla vigilia delle elezioni del 1994, contro l'idea di un centro cattolico equidistante tra i due schieramenti, i Cristiano Sociali hanno partecipato da protagonisti all'esperienza dell'Ulivo e hanno contribuito alla costruzione dei Democratici di Sinistra, come formazione politica unitaria e plurale della sinistra italiana. In Parlamento, nelle amministrazioni locali e nella società hanno svolto un importante ruolo sui temi della pace, del lavoro, delle politiche sociali, della sussidiarietà, dello sviluppo del Terzo settore, della famiglia, dei diritti civili, della libertà religiosa e della laicità. Hanno dato, infine, un contributo significativo alla fondazione e al consolidamento del Partito Democratico, da loro sempre pensato come casa comune dei riformisti, nella quale fare fruttare ricchezza di culture e di storia, di risorse umane, di competenze e di sensibilità. Conseguito lo scopo dell'unità dei riformisti, è maturata la decisione di sciogliere il movimento politico organizzato, per proseguire - fino al 2017 - come associazione di cultura politica.
Chi non ricorda lo stupore e l’incanto dei risvegli dell’infanzia, quando cadeva la neve? Ma anche da adulti continuiamo a rivivere quella magia, ogni volta che la bianca signora dell’inverno fa la sua comparsa. Di là dalla fiaba natalizia moderna, la neve si è trasformata nei secoli, così che il «crudo verno» degli antichi non è più associato al freddo, alla paura e alla fame, ma, oggi, al tempo libero e allo sport. La neve ha prestato il suo candore alle donne cantate dai poeti; ha sollecitato la sensibilità degli artisti, da Brueghel, con i suoi pattinatori sui canali gelati, ai vellutati paesaggi degli impressionisti, alle raffinate stampe giapponesi; al cinema è un infallibile dispositivo classico del thriller; in molti romanzi e racconti una presenza chiave: si pensi a Zanna Bianca, alla Montagna magica, alla Regina delle nevi, o a Frankenstein, in cui una abnorme creatura si aggira sul pack polare e sui ghiacciai del Monte Bianco. La ritroviamo nella ricerca scientifica, nelle imprese degli esploratori polari, nelle guerre (da Annibale a Napoleone, fino alla nostra «guerra bianca»), nella diffusione degli sci, nella nascita dell’alpinismo e del turismo di montagna. Una storia emozionante, che si nutre della stessa esperienza dell’autore e che comincia con un microscopico fiocco esagonale per giungere alle sfide metafisiche che le vette più famose lanciano agli scalatori degli 8.000 himalayani.
Indispensabile nella vita contemporanea, strumento di svago e di lavoro, simbolo di libertà: la bicicletta ha 150 anni e non li dimostra. Ci ha accompagnato dentro la prima modernità industriale, ha cambiato lo stile di vita di uomini e donne. Una marcia vincente ma non priva di ostacoli: ai suoi inizi essa infatti parve un attentato alla pudicizia femminile, una minaccia alla dignità dei sacerdoti cui ne fu proibito l'utilizzo, persino un incentivo alla criminalità, dando luogo a dibattiti accaniti e grotteschi. Una storia straordinaria, che attraversa tutte le vicende del Novecento, dalle guerre alla Resistenza, alla ricostruzione che s'incarnò nei trionfi di Coppi e Bartali, per giungere ai giorni nostri che vedono ormai nella bicicletta il mezzo d'elezione della nuova sensibilità ambientalista.
Cogliendo un passaggio inquieto fra le sopravvivenze di una tradizione sgretolata e i sintomi di un futuro da decifrare, Gli italiani si colloca in un filone illustre nella storia della fotografia, presidiato dal celebre Gli americani di Robert Frank. Da una transizione per molti aspetti enigmatica affiorano le immagini vive di un repertorio antropologico non più libresco: cerimonie pubbliche, rapporti tra generi e generazioni, cibo, abbigliamento, tempo libero, pervasività e scadimento della cultura religiosa. Italiani fino a ieri inascoltati, che hanno magari voce nei tweet di Salvini e che qui trovano incarnazione e sembianze – con il controcanto di testi illuminanti – mentre mangiano in trattorie fuori mano, si svagano la domenica negli outlet, si riuniscono per i matrimoni e i funerali, invocano in modi poco ortodossi la benevolenza dei santi protettori. Un viaggio nel paese profondo, che è cambiato ma non è ancora stato capito.
Si può trovare una cura per la disuguaglianza che non sia peggio della malattia? Da quando gli esseri umani hanno iniziato a coltivare la terra, ad allevare bestiame e a trasmettere i loro beni ai figli, si è realizzata una ripartizione squilibrata delle risorse: in altri termini, la concentrazione del reddito ha proceduto di pari passo con la civilizzazione. Nel corso di migliaia di anni, solo quattro «forze» - come i cavalieri dell'apocalisse - si sono mostrate efficaci nel ridurre la disuguaglianza: le grandi guerre, il fallimento degli stati, le rivoluzioni e le epidemie. Tutti eventi traumatici. Oggi la violenza che ha limitato la disuguaglianza nel passato sembra essere diminuita, ma che ne è delle prospettive per un futuro più equo? Le politiche attuate negli ultimi cinquant'anni per combattere il fenomeno non hanno dato risultati concreti: al contrario, le disparità di reddito sono aumentate quasi ovunque nei paesi occidentali. Un certo grado di disuguaglianza, che la stabilità e l'economia di mercato comportano, è forse il prezzo da pagare per vivere pacificamente?
A esplorare l'intreccio incandescente fra religione e violenza ci conduce in queste pagine una guida d'eccezione. Ecco le guerre di Dio, la violenza che reca il marchio sacrale: presente in molti luoghi dell'Antico Testamento, dal conflitto fra tribù alla guerra santa, quasi scompare nei Vangeli, alla luce del dirompente messaggio di Cristo. Poi è la volta del fondamentalismo, «la lettera che uccide», un fenomeno che oggi riguarda soprattutto l'islam, ma che si inscrive anche nella tradizione ebraico-cristiana. Infine, tocchiamo il tema, vivo e lacerante ai nostri giorni, del rapporto con lo straniero: un incontro che può generare esclusione e rigetto, come emerge in vari passi biblici nazionalistici o etnocentrici, ma che può diventare anche dialogo, aprendosi all'universalismo della salvezza e all'uguaglianza di tutti gli esseri umani.
La lingua che parliamo dice molto di noi e del modo in cui stiamo nel mondo. È uno strumento di formazione non solo individuale e collettiva, ma anche, in senso ampio, civile. In questa conversazione con Giuseppe Antonelli, Luca Serianni torna su alcuni nuclei centrali della sua attività di grammatico e di storico della lingua: la norma e l'uso, l'insegnamento scolastico e universitario, l'italiano della poesia e del melodramma. È un libro dal tono affabile, ricco di aneddoti, che offre nuovi e originali spunti di riflessione. Davvero quella dei ragazzi di oggi è la «generazione venti parole»? È ancora utile studiare le lingue classiche? Usare il dialetto è un bene o un male? La grammatica si va impoverendo? E quanto conterà, per la lingua del futuro, la rivoluzione digitale? Un dialogo appassionato sull'italiano, la sua storia e il suo presente: la sua importanza per la vita della nostra comunità e delle nostre istituzioni.
A forza di reset-spegni-riaccendi nella nostra realtà high-tech l'errore ha perduto il suo valore conoscitivo, mandando in soffitta uno dei modi di dire più comuni che ci ha accompagnato per generazioni, l'altrimenti saggio "sbagliando s'impara". L'errore ci sgomenta, non può riguardarci: soprattutto in ambito medico tendiamo a considerarlo troppo spesso inaccettabile e scandaloso. Ma la nostra storia genetica ci ricorda come le specie sopravvivano adattandosi all'ambiente a partire da errori "casuali", talvolta fatali ma spesso utili e risolutivi. Nel mondo al tempo dell'Artificial Intelligence, l'anomalia inevitabile dell'imperfezione è ancora necessaria per avanzare nel cammino della conoscenza.
Forte, fortezza, casamatta, rocca, bastione, cittadella: il paesaggio della penisola è ricco d'innumerevoli strutture difensive sopravvissute a secolari, talvolta millenarie, fasi di riadattamento e riutilizzo. In esse cogliamo il sedimento tutto italiano di architettura e storia militare, ma anche di scienza, arte, cultura e società. Dall'Orlando furioso al Deserto dei Tartari, tanti luoghi del nostro immaginario evocano queste fortificazioni. L'itinerario che ci propongono queste pagine spazia da costruzioni molto antiche (Castel Sant'Angelo) e medievali (San Leo, Castello Sforzesco) a fortezze spagnole (Castel dell'Ovo a Napoli), contro i pirati (Trapani e Ustica in Sicilia), alpine (Fenestrelle), risorgimentali (Gaeta, Peschiera), fino a quelle più recenti del Novecento.
«Rimozione». Così nel 1986, con la pignoleria del canonista Giuseppe Dossetti qualificava pubblicamente ciò che era accaduto a Bologna all'inizio del 1968, quando una successione episcopale già scritta - da quattro mesi Antonio Poma era coadiutore con diritto di successione del cardinale arcivescovo Giacomo Lercaro - conobbe un'accelerazione violenta, che segnò il destino del postconcilio su scala universale, il ruolo delle chiese locali nella ricezione del Vaticano II, il clima della chiesa italiana. Un dossier inedito di carte private, gli archivi della Cia e del Quirinale, documenti politici ed ecclesiastici scoperchiano i contorni di quella vicenda: e alla fine resta l'obbedienza di un uomo demolito dal potere e reso libero dalla verità.

