Il volume presenta la raccolta degli Atti del VII corso residenziale del Centro Studi di Spiritualità di Milano, tenutosi nel luglio 2008 a Gazzada (VA). Nella visione classica occidentale dei cicli della vita vengono riconosciute abitualmente quattro fasi: l'infanzia, la giovinezza, la maturità e la vecchiaia. Le varie epoche storiche, però, hanno generalmente privilegiato un'età e una certa periodizzazione della vita umana. Così è accaduto ad esempio che il XVII secolo ha privilegiato la giovinezza, il XIX secolo l'infanzia e il XX secolo l'adolescenza. Oggi ci troviamo di fronte a un problema nuovo: queste categorie non sono più così rigide. Pertanto, si avverte l'opportunità di tornare a riflettere sul tema, privilegiando l'ottica della relazione tra le diverse età nell'arco della biografia individuale, che risulta obiettivamente più interessante e urgente che non quella delle relazioni sociali tra le generazioni, preferita invece dalla riflessione del nostro tempo. A tale scopo sono qui raccolte le riflessioni sul tema: filosofica (Virgilio Melchiorre), biblica (Patrizio Rota Scalabrini), antropologico-morale (Giuseppe Angelini) e spirituale (Giuseppe Como).
Il volume propone cinque meditazioni sull'educare cristiano alla scuola della parola di Dio. Ne sortisce un modo di intendere l'educare che non ha come compito quello di "dominare" e "asservire" le coscienze dei minori quanto piuttosto di aiutarli a sottrarsi a ogni dominio e asservimento. Nella affidabile persuasione che l'educazione è volta essenzialmente ad abilitare la coscienza del singolo alla personale maturità del proprio dialogo quotidiano con il solo che meriti di essere chiamato "Maestro".
Il volume presenta e traduce la Pratica della Regola di san Benedetto di Claude Martin. Oltre a illustrare il modo di compiere gli esercizi che scandiscono la vita in comune, per l'istruzione dei novizi, il testo doveva rappresentare "come la teoria", per la "perfezione della vita religiosa" secondo la tradizione benedettina. Il libro, apparso nel 1674, ebbe grande successo e fu tradotto anche in Italia ove divenne il manuale della Congregazione di Santa Giustina. Lo si ripropone alla lettura fidando che se ne vorrà penetrare il nesso di esperienza e teoria: vi soggiace e la chiede per la corretta comprensione. La forma del libro è quella di un manuale dell'età cartesiana, ma l'esperienza spirituale dell'autore, quella di chi sapeva di avere mente e cuore, li aveva in sé unificati. Invitando a coltivare il desiderio di virtù cristiana, nel di-sincanto sui vizi possibili, fondava sulla devozione - di cui la presenza di Dio coltivata è l'anima - la riuscita felice dell'esistenza.
Il presente saggio è frutto della ricerca dottorale dell'A. Il tema indagato è quello della spiritualità laicale. La ricerca si muove quindi a partire dalla questione della spiritualità, ritenuta fondamentale per favorire nei laici una piena consapevolezza della propria vocazione e per formare ultimamente laici non solo generosamente impegnati, ma anche cristianamente maturi. A fronte delle numerose, e a volte contrastanti, pubblicazioni al riguardo si è ritenuto opportuno affrontare le domande di fondo: "cos'è spiritualità?"; "quale spiritualità riguarda i fedeli laici?". L'indagine si svolge interpellando il Vaticano II, il concilio che per primo ha dedicato attenzione alla figura laicale, che di essa si è interessato soprattutto per stimolare una maggior vita spirituale, che ha costituito contemporaneamente una sintesi della teologia precedente e suggerito sviluppi nuovi per la riflessione successiva.
In un contesto di prassi medica altamente tecnologica è molto viva la discussione sull'opportunità e il senso delle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, impropriamente dette Testamento biologico. Tali Dichiarazioni mettono in rilievo l'importanza dell'autonomia del paziente, anche in condizione di presunta irreversibile incapacità decisionale. Sotto quale profilo questa autonomia può essere un diritto insindacabile? Il dibattito rimanda ad alcune delle grandi questioni della bioetica - "che cosa significa parlare di proporzione delle cure?", "quale è il significato della alimentazione e idratazione artificiale?" , le quali sollecitano un chiarimento di carattere epistemologico "quale è il senso della tecnica nella pratica della medicina?", "quali sono i rapporti e le differenze tra etica e diritto?". L'impegno a rispondere a tali interrogativi sollecita il confronto con la riflessione antropologica fondamentale, la quale è chiamata ad affrontare la questione radicale del rapporto fra salute e salvezza.
Il presente testo costituisce il quinto titolo della collana "Forum ATI", a cura dell'Associazione Teologica Italiana. In esso ci si occupa degli interrogativi che ruotano intorno alla questione dell'identità umana e alla sua relazione con quanto la circonda. Tale "questione" assume oggi in particolare un peso notevole in rapporto all'ostentato dominio della scienza e della tecnica, che intendono costituirsi come paradigma unico e universale nel farsi dell'umano, proprio della post-modernità. In questo contesto i diversi saperi si sentono impegnati a pronunciarsi autorevolmente intorno alla questione seducente dell'identità umana e tra questi non manca di farlo la teologia con uno stile di confronto-dialogo con quanti intendono dire l'umano, che si traduce nella molteplicità delle esperienze.
Ascoltare/restituire "La voce della Sapienza" è il programma soggiacente all'intera ricerca biblico-teologica di Franco Festorazzi. Il volume così intitolato comprende sette suoi saggi più significativi della sua ricerca biblica (tra il 1967 e il 1981). Attraverso la loro lettura si ripercorre la feconda riscoperta della tradizione legata ai sapienti, messa in atto sulla scìa di un antico apprezzamento ecclesiale, come pure della tendenza più recentemente inaugurata da G. von Rad. Il rap-porto tra sapienza storia della salvezza, sapienza ed esperienza; i diversi modelli salvifici, la sapienza in Gen 1-3; una speciale attenzione al Qohelet, ricercatore di Dio, alla dialettica tra ragione-fede, nonché all'umano nell'intero Antico Testamento: ecco i temi cari ad un biblista e pastore che ha intuito una feconda linea di tendenza destinata a portare ancora molto frutto.
L'anno B del ciclo triennale del lezionario festivo privilegia il vangelo di Marco, il più breve dei quattro. La brevità del secondo vangelo è da riferire alla scarsità delle parole; gli insegnamenti di Gesù sono riferiti con parsimonia; egli si manifesta soprattutto attraverso i gesti. Si manifesta, ma anche si nasconde; dagli studiosi il vangelo è associato al "segreto messianico": con grande insistenza Gesù raccomanda a coloro che sono spettatori dei suoi gesti sorprendenti di tacere; così anche con i propri discepoli, specie con i tre che portò con sé sul mon-te e che furono testimoni della sua trasfigurazione. Per favorire il segreto - così pare - Gesù mostra una trasparente fretta, che gli impedisce di indulgere al desiderio di tutti di trattenerlo. Fin dalla prima giornata del ministero pubblico, a Cafarnao, emerge una tensione tra Gesù che fugge e la folla che, complici i discepoli, cerca di trattenerlo. Appunto questo è il registro di fondo che segna le stesse omelie proposte per quest'anno; esse sollecitano ad affrettare il cammino verso un altrove, che sempre da capo pare sfuggire.
La questione del prete è tornata alla ribalta nella vita della Chiesa come questione cruciale. La drammatica diminuzione del numero di ministri ordinati, soprattutto in Europa, pone la do-manda sul futuro della Chiesa. Anzi impone di immaginare la Chiesa di domani non certo senza il ministero, ma con una figura del prete dentro un'immagine diversa di Chiesa. Perché l'"immaginazione" della presenza della Chiesa tra le case degli uomini non potrà passare che attraverso il ripensamento della figura teologale, pastorale e spirituale del prete. La prospettiva proposta dal presente volu-me è semplice: l'immagine teologale del ministero come servizio alla fede è la verità del suo esercizio pastorale e del suo vissuto spirituale. Verità del ministero e disposizione credente della libertà del prete s'appartengono reciprocamente. L'esercizio pastorale e il vissuto spirituale del ministero ordinato non mettono in pratica una verità saputa a prescindere dalla decisione personale di consegnarsi al Signore nel servizio alla fede dei fratelli.
Posta sotto i riflettori dell'intelligenza e della critica, la pratica religiosa deve inesorabilmente manifestarsi come modesto vettore di socializzazione, con vaghe opportunità consolatorie, incline però alle radicalizzazioni del fanatismo superstizioso e del dogmatismo intollerante? Se la nostra coscienza si lasciasse pazientemente sorprendere dalle congiunture più straordinarie e feriali del vivere - nelle quali l'uomo nasce e muore, genera e lavora, crea e fallisce, ama e soffre - forse scoprirebbe la singolare custodia che la religione offre alla libertà. Proprio in quelle congiunture la libertà cerca le ragioni della propria speranza e le riceve in dono dai suoi legami: da quelli che l'assicurano al senso della vita a Quello che la rassicura della preziosità di sé, accendendo gli indizi di una sua provenienza e di un suo destino non di questo mondo.