
"Un mattino di settembre presi il sacco e uscii di casa senza voltarmi indietro. La mia meta stava a sud, un sud così perfettamente astronomico che sarebbe bastata la bussola a raggiungerlo. Era la punta meridionale dell'Istria, un promontorio magnifico sui mari ruggenti di Bora, regina dei venti d'inverno, e di Maestrale, che è il più glorioso dei venti d'estate. Una scogliera talmente ideale che è stata battezzata 'Capo Promontore' (Premantura in lingua croata). Un luogo che tutti i lupi di mare sanno riconoscere traversando l'Adriatico." Sette giorni per arrivare da Trieste a Promontore raccontati ai giovani lettori letteralmente passo dopo passo da un camminatore d'eccezione: Paolo Rumiz. Una narrazione che apre finestre su molti temi: le frontiere da attraversare, i confini che cambiano, la guerra dei Balcani, gli animali selvatici che si incontrano, l'orientamento con le stelle, le mappe. Ma soprattutto una riflessione sull'importanza di camminare: esercizio che abbiamo dimenticato, sostituendo sempre più spesso i viaggi virtuali a quelli reali. Una guida precisa da seguire, una lettura che diventa occasione di approfondimento e un testo che può ispirare altri viaggi e altri itinerari. Età di lettura: da 11 anni
1881, Gheel, anche conosciuto come "il paese dei matti". Teresa Senzasogni non è pazza, ma come tale è stata registrata per poter godere, come è uso in quel villaggio fiammingo, dell'ospitalità della famiglia Vanheim. Un giorno avrà una dote e sposerà il suo Icarus, che le racconta le ingiustizie del mondo. Ma poi arriva un nuovo ospite, un vagabondo rosso di capelli, schivo, rude, gli occhi accesi da una febbre sconosciuta, e Teresa sembra riconoscere in lui un destino incompiuto: diventerà un pittore - lei lo sa, lei lo sente -, troverà nei colori una strada universale. Quando la "profezia" si avvera sono passati una decina d'anni e molto è accaduto, a Teresa e a Vincent van Gogh. Teresa scrive al caro signor Van Gogh perché si ricordi, perché la aiuti a mettere ordine nel disordine, speranza nella disperazione, amore nel disamore e colore nel grigio. Lui, in verità, è l'unico vero amore di tutta la sua vita. E come tutti gli amori è pieno di luce e di futuro. Il romanzo di Giovanni Montanaro è una lunga letterache si trasforma in una storia di anime in gabbia, di sentimenti che vogliono lasciare il segno e di un bisogno di libertà grande quanto l'immaginazione che lo contiene
Qualcuno l'ha paragonata a un campo di battaglia. È la maternità delle donne che lavorano e vorrebbero continuare a farlo senza subire stress e umiliazioni anche quando scelgono di mettere al mondo un bambino. Invece, in Italia come in nessun altro paese europeo, lavoro e maternità rischiano di diventare parole inconciliabili. Molte che avevano un rapporto di lavoro fisso, tornando in ufficio o in fabbrica, vengono messe nell'angolo e a volte mobbizzate, per spingerle a dimettersi. Almeno una giovane mamma su cinque lascia il posto e in molti casi non lo ritroverà. È ancora peggio fra le precarie, le ragazze dei contratti a termine o a progetto, che per non essere mandate via nascondono il pancione come una colpa e spesso rinunciano alla maternità perché non possono contare su uno stipendio stabile né su un posto all'asilo nido, spesso irraggiungibile. Chiara Valentini racconta per la prima volta nel suo complesso questa realtà dura e preoccupante, dando la parola da una parte all'altra d'Italia a manager e donne delle pulizie, a pubblicitarie e a operatrici dei call center. Ma anche fra le mamme lavoratrici qualcosa si muove. Dai siti, dai blog e da nuove associazioni e movimenti chiedono rispetto e diritti, compreso quello della maternità universale. E cominciano a portare in tribunale aziende e amministrazioni pubbliche che le discriminano perché madri. Prefazione di Susanna Camusso.
"Puoi prendere l'Oscillococcinum mentre tolgo lo Skifidol dal termometro wireless? Lo trovi sulla piesse tra le Winx e God of War." "...cosa?" "L'abbiamo immaginato come una specie di guida turistica raccontata da chi in quel mondo ci sta dentro già da un po' (ma non necessariamente ha capito del tutto come funziona). L'abbiamo scritto pensando a genitori come noi imperfetti, sprovveduti e disorientati. Ci abbiamo messo dentro i nostri figli, le nostre vite, i loro eroi e le nostre complicazioni, nella convinzione che tutti i figli, le vite, gli eroi e complicazioni, finiscano per assomigliarsi". Un collettivo di scrittori, da Alessandro Baricco a Stefano Benni e Andrea Camilleri, da Cristiano Cavina a Lella Costa e Fabio Geda, e poi Ali Smith, Elena Varvello, Dario Voltolini, Sandro Veronesi e molti altri. Save the parents è una collana di libri che potrebbero sembrare manuali e invece sono storie.
Consultate questo libro e scoprite la collaudata efficacia di quelle che chiameremo "Storie per quando è troppo tardi". L'idea di fondo è semplice: il vostro bambino vuole la storia? Dategliela. Ma corta. Lui vince e voi non perdete. Tutti contenti. "L'abbiamo immaginato come una specie di guida turistica raccontata da chi in quel mondo ci sta dentro già da un po' (ma non necessariamente ha capito del tutto come funziona). L'abbiamo scritto pensando a genitori come noi imperfetti, sprovveduti e disorientati. Ci abbiamo messo dentro i nostri figli, le nostre vite, i loro eroi e le nostre complicazioni, nella convinzione che tutti i figli, le vite, gli eroi e complicazioni, finiscano per assomigliarsi": un collettivo di scrittori, da Alessandro Baricco a Stefano Benni e Andrea Camilleri, da Cristiano Cavina a Lella Costa e Fabio Geda, e poi Ali Smith, Elena Varvello, Dario Voltolini, Sandro Veronesi e molti altri. Save the parents è una collana di libri che potrebbero sembrare manuali e invece sono storie.
Il "romanzo" di Giorgio Bocca. La memoria spavalda, insolente, appassionata di un "provinciale" che ha attraversato settant'anni di vita italiana. Un provinciale che, in quanto personaggio guida di questa autobiografia, balza fuori continuamente. Emerge con il tratto burbero della disciplina sabauda, scivola con severa curiosità sul Paese che cambia, si staglia come il vero protagonista della storia sociale italiana: è lui, il provinciale che va alla conquista del mondo, protetto dalla certezza borghese, sospettoso e al contempo permeabile al nuovo. Consapevole di sé e della sua formazione, Bocca ci restituisce un cammino che penetra nel tessuto connettivo del nostro Paese, sommando personaggi minori e personaggi maggiori, il rumore del mondo e il chiacchiericcio intellettuale. La Topolino degli anni cinquanta e dei primi anni sessanta sembra aprire una immaginaria pista che arriva sino a noi, per un giornalismo "on the road" che è sempre stato un tratto forte del lavoro di Giorgio Bocca. Dal "cumenda" Angelo Rizzoli al "cavaliere" Berlusconi, da Enrico Mattei "onesto e corruttore" al generale Dalla Chiesa tre settimane prima della morte, i ritratti si animano, memorabili, tolstojanamente protagonisti di quella "marcia inesorabile degli eventi" che è la Storia
Matilde ha dodici anni. Non sopporta i guanti spaiati e compie piccoli, bizzarri rituali per addomesticare la realtà, per darle un ordine. È un dicembre torinese, pieno di neve e di ombre. Pochi giorni prima di Natale, il padre di Matilde, il magistrato Giovanni Corrias, è chiamato a indagare sul caso di un bambino morto in circostanze misteriose. Mentre avvia i primi accertamenti e formula le prime ipotesi sua moglie viene investita da un'auto, ed è come se la sorte disegnasse una sua geometrica contemporaneità. Al colpo durissimo il magistrato risponde facendo leva sul senso del dovere e della professione, aggrappandosi alle indagini in corso. Violaine, una giovane poliziotta laureata in psicologia, lo aiuta a ricostruire la sequenza dei fatti. Matilde, intanto, osserva gli adulti e il loro dibattersi alle prese con la fragilità dell'esistenza. Con ostinata tenerezza si domanda in che maniera curare il dolore del padre e delle sorelle, nella convinzione che spetti a lei tentare di aggiustare quello che si è improvvisamente rotto, e alla geometria oscura della morte se ne sovrappone un'altra, luminosa e impalpabile
Come mangiare da re senza una goccia di sangue blu nelle vene? Ci aiutano le 520 ricette di Nino Bergese, lo storico chef del ristorante "La Santa" nei carrugi del centro storico di Genova, cuoco d'elezione dell'aristocrazia e dell'alta borghesia italiane del Novecento. Ce n'è per tutti i gusti: salse, antipasti, primi, minestre, carni, pesci, crostacei, molluschi, farce, chenell uova, crêpes, soufflés, verdure, contorni, insalate, pasticceria e dessert. In variazioni su temi classici, ricerche raffinate di sapori, cibi nuovi e vini a Per imparare a cucinare piatti principeschi dall'esperienza diretta di un grande maestro della cucina italiana, "il cuoco dei re, il re dei cuochi" Nino Bergese
"Tibbe si alzò e aprì la porta della cucina. Ebbe un soprassalto. Non era Fluff. Era una ragazza, la ragazza dell'albero, che ora stava rovistando nella sua spazzatura. Poteva essere entrata in un'unica maniera: attraverso la finestra dell'abbaino. Appena lo sentì arrivare, si voltò. Una grande lisca di pesce le pendeva dal muso, anzi dalla bocca, si corresse Tibbe immediatamente." La misteriosa signorina Minùs fa le fusa, ama dormire in uno scatolone e adora le aringhe. Non c'è da stupirsi, poiché si tratta in realtà di una gatta che ha leccato una sostanza tossica e si è trasformata in ragazza. Per il timido giornalista Tibbe, sull'orlo del licenziamento, lei costituisce in ogni caso la salvezza. Infatti riesce a farlo diventare un reporter di grido rifornendolo quotidianamente di notizie fresche raccolte dai gatti sui tetti. Ma quando, sempre grazie a Minùs, Tibbe viene a sapere anche di loschi intrallazzi, si trova di fronte a un dilemma: potrà parlare di qualcosa di cui solo dei gatti sono stati testimoni? Età di lettura: da 8 anni
Un uomo entra in un supermercato all'interno di un grande centro commerciale di una città francese, ruba una lattina di birra e viene bloccato da quattro addetti alla sicurezza che lo trascinano nel magazzino e lo ammazzano di botte. Questo scarno fatto di cronaca è raccontato da Mauvignier in un lungo racconto, una sola frase per una mezz'ora in cui finisce insensatamente una vita. Teso quasi allo spasimo nel resoconto minuzioso di una morte assurda, il flusso di parole raduna impercettibilmente tutti i temi cari a Mauvignier. E torna così il suo sguardo purissimo su un universo di "umili" che la scrittura rigorosissima accoglie senza una briciola di retorica, senza un'ombra di furbizia. Raro, oggi, nel trionfo dei format narrativi nei quali la realtà diventa un reality, uno stile così impeccabilmente morale, una prosa così pudica e vera