
"La geometria, secondo me, può servire a tutti. Anche a Nuvola, il cagnolino che si era perduto e che ora è mio. Infatti, certe volte, lui prova e riprova a entrare nella cuccia con l'osso in bocca, per andarselo a rosicchiare in santa pace, ma non ce la fa perché la porticina è troppo stretta. Non gli viene in mente di girare un po' la testa per mettere l'osso in diagonale! Perché in diagonale ci entrerebbe." Basta seguire il giovane protagonista e il suo nuovo amico a quattro zampe che rette, punti, angoli, figure geometriche, perimetri diventano del tutto comprensibili e la geometria appassionante come il migliore dei romanzi. Età di lettura: da 8 anni.
"La fotografia è stata per me una grande passione, breve ma intensa; la Leica, il mio salvagente in una stagione di disillusione politica. Era la fine degli anni cinquanta, non esisteva scollamento, allora, tra pubblico e privato: i dubbi, le contraddizioni, le domande senza risposta su quel che restava del sogno comunista segnarono la nostra generazione. In me, poco più che trentenne, il segno fu tanto profondo da spingermi a lasciare non soltanto la redazione di "Vie Nuove" (il settimanale del Pci per il quale scrivevo dopo l'esperienza all'"Unità") ma addirittura il giornalismo, nella convinzione che continuare a praticarlo avrebbe voluto dire tradire le mie idee e trasformarmi da militante comunista nel suo opposto. Preferii partire alla volta di Berlino e trasformarmi in fotografo giramondo. Per cinque anni non feci altro che viaggiare spiando i volti delle persone nei paesi più lontani. Poi i tempi cambiarono, e con essi, un po' alla volta, anche le mie decisioni."
Più di dieci anni fa nelle "Orme del sacro" Umberto Galimberti esplorava la religiosità in Occidente. Da allora la riflessione di Galimberti sul sacro e sulla sua crisi si è approfondita, mentre molte cose cambiavano nel panorama religioso e intellettuale, prima fra tutte l'elezione di Joseph Ratzinger a papa dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II. In questo nuovo libro, che riprende solo in alcune parti il testo precedente, Galimberti mira a definire compiutamente la sua visione del cristianesimo, a cui riconosce il merito di aver dato vita e forma all'Occidente, ma che a questo Occidente ha anche strappato il cuore autenticamente religioso. Il cristianesimo è per Galimberti la religione dal cielo vuoto, la religione che ha desacralizzato il sacro, perché ha assegnato tutto il bene a Dio e tutto il male a Satana. Ha preferito la razionalità della filosofia greca con cui ha costruito la sua teologia al comandamento dell'amore che è l'essenza del messaggio evangelico. Per contare ancora qualcosa nel nostro mondo dominato dalla tecnica, questo cristianesimo ormai del tutto esangue e desacralizzato si è ridotto a un'agenzia etica, che si pronuncia su aborto, fine vita, scuola pubblica e privata, e si è fatto "evento diurno, lasciando la notte indifferenziata del sacro alla solitudine dei singoli, (...) che oggi, senza protezione religiosa, devono vedersela da soli con l'abisso della propria follia, che il sacro sapeva rappresentare e la ritualità religiosa placare".
È capodanno e Napoli carica le batterie per la pirotecnica finale. In una stanza giocano a tombola in due, fratello e sorella, ma apparecchiano per quattro. E le presenze arrivano, da un oltremare del tempo.
Una giovane coppia. Estate. Davanti, un weekend senza bambino. Una festa da amici. Lui flirta con un'altra, bevono molto. A casa si seducono. C'è un senso di sfida e meccanicità. Si spiano. Domenica, è giorno fatto. Arriva una telefonata: il bambino è stato ricoverato in ospedale, è svenuto e i nonni sono con lui. La città torrida è bloccata da una maratona. Inizia la loro corsa faticosa, storta, infinita. Il vecchio cane malato viene lasciato a casa. "Domenica" è una storia scavata nella contemporaneità che racconta i suoi personaggi, braccandoli là dove covano vitalità e paura, rabbia e intelligenza, passando dall'uno all'altra, in un'allucinata presa diretta. Come Hitchcock ben sapeva, la suspense più forte è quella che scaturisce dalla vita di coppia.
Alice adora mangiare cioccolata e dormire fino a tardi la domenica mattina. Ha ventinove anni, un marito e un figlio in arrivo. Ed è sfacciatamente felice, pur avendo le stesse preoccupazioni di tutti. Per lei l'amore ha il profumo di lavanda, la pianta che ha fatto crescere davanti a casa. La vita è semplice e meravigliosa, per Alice. C'è solo un problema: tutto ciò è successo dieci anni fa. Alice è inciampata durante una lezione di aerobica, è caduta e ha battuto la testa. Un incidente di nessun conto se non fosse che, quando ha ripreso conoscenza dopo pochi minuti, ha scoperto di essersi dimenticata in un lampo di un'intera fase della sua esistenza. In realtà, ha trentanove anni. Ha mille impegni ed è fissata con la linea e l'organizzazione, lei che non aveva mai posseduto neppure un'agenda. Ovviamente non è più incinta, e chi diavolo sono quei tre mini-marziani che la chiamano mamma? È fredda e distaccata, sua sorella non le rivolge quasi più la parola e, quel che è peggio, sta per divorziare. Cosa è successo? Ora che Alice ha l'occasione di vedersi sotto una nuova luce, non si piace più. Come fare per ritrovare la ragazza spensierata di un tempo? Man mano che i ricordi emergono dal passato come bolle di sapone colorate, salterà fuori che dimenticare è la cosa più memorabile che sia mai successa ad Alice. E che forse, ogni tanto, per rimetterci in carreggiata e riscoprire ciò che di bello abbiamo perso per strada, abbiamo tutti bisogno di una piccola botta in testa...
Di nuovo sulle sue montagne ma anche a Tripoli e a Beirut, Jabbour Douaihy narra in questo romanzo la storia di Nizam, nato in una famiglia sunnita di Tripoli, seconda città del Libano, e allevato in un paesino di villeggiatura montana, Haoura, da un'abbiente famiglia maronita che gli darà il proprio nome e la propria religione. Ventenne, a Beirut, frequenta la gioventù rivoluzionaria sessantottina. È qui che lo sorprende lo scoppio della guerra civile. Ed è qui che affronta la sua duplice appartenenza, musulmana e cristiana, di cui lui non si è mai crucciato ma che nessuno, nelle due comunità, ha mai accettato. Nell'epilogo, tragico e al contempo demenziale, Nizam diventa metafora di un paese diviso dalla follia identitaria dei suoi abitanti. Il tema dell'identità, delineato con originalità ed emozione, i personaggi, lo stile narrativo fluido e trasparente, ingentilito da descrizioni della natura molto poetiche, visionario nella follia e nella solitudine del protagonista, fanno di "San Giorgio guardava altrove" un romanzo intenso e attuale che descrive il dramma di un uomo nato musulmano, cresciuto cristiano, e che da adulto non sa chi è, in un paese dove questa libertà non esiste.
Quali possono essere i frutti dell'immaginazione filosofica nel mondo globalizzato, meticcio e inquieto? Per scoprirlo questo volume saggia in dodici capitoli molteplici percorsi di ricerca, problematiche ed esperienze. Nel ripercorrere idealmente gli snodi fondamentali della propria ricerca, Salvatore Veca fa emergere dalla varietà delle questioni affrontate, come filo conduttore, il passaggio dalla meditazione sull'incertezza alla base delle domande di teoria all'idea dell'incompletezza delle risposte cui le congetture filosofiche possono giungere. La riflessione spazia così in temi e ambiti di natura variegata, passando dalle ragioni della scarsità di scrittura aforismatica in filosofia al pensiero di uno dei massimi filosofi della seconda metà del Novecento, quale è Bernard Williams, a una rilettura dell'eredità del pensiero marxiano e delle certezze dell'ideologia marxista, sino al gioco dei perché fatto con i bambini che costituisce un'introduzione al piacere dell'indagine. Veca si sofferma poi sul ruolo della cultura, concepita in una prospettiva illuministica e democratica, e indica alcuni potenziali modelli di libertà intellettuale e di rigore scientifico. A tenere assieme le varie tessere del discorso è la concezione che Veca ha della ricerca filosofica, dell'azione politica, della giustizia e del ruolo che l'intellettuale può svolgere nella continua metamorfosi della società contemporanea, travolta da radicali mutamenti nel panorama sociale e politico.
Che sia giunto il momento di cambiare qualcosa, nel mondo in preda alla crisi globale, lo pensano davvero in molti. Che sia il caso di fare qualcosa per limitare tutti quei poteri dominanti, finanziari e politici, che ci hanno portato alla rovina sta diventando un sentimento condiviso. Con questo intenso pamphlet, Hardt e Negri entrano nel merito della questione: non si tratta più, infatti, di protestare, come hanno fatto in questi anni i movimenti di piazza, ma di costruire, facendo emergere principi e pratiche che possano tirarci fuori dall'impasse. Proprio i movimenti hanno messo in evidenza quelli che potrebbero essere i primi principi "costituenti" di un nuovo sistema. In primo luogo, il rifiuto della rappresentanza politica e la costruzione, in sua vece, di nuovi schemi di partecipazione democratica; poi la valorizzazione del "comune", come sfera separata sia da quella privata sia da quella pubblica, statale; ma anche la ridefinizione di nuovi significati per il termine "libertà". Questi nuovi principi derivano da una lunga elaborazione teorica e sono sempre più messi in pratica a vari livelli in tutto il mondo. L'obiettivo è adesso creare un potere costituente che organizzi queste relazioni rendendole durevoli, promuovendo innovazioni future e rimanendo aperto ai desideri della moltitudine. I movimenti hanno dichiarato una nuova indipendenza e a portarla avanti dovrà essere un potere costituente. Questo libro ci dice come.
Mai uguale a se stessa, in continua evoluzione urbanistica e sociale, Barcellona, tra le metropoli più vivaci del mondo, possiede un’energia che è difficile riscontrare altrove. Dalle Ramblas (per Federico García Lorca “l’unica strada al mondo che vorrei non finisse mai”) al Camp Nou, dove va in scena il tiki-taka dei Blaugrana, dal villaggio olimpico al Barri Gòtic, dal lungomare alle architetture di Gaudí e Foster, Barcellona ha diversi volti tutti da conoscere e una vita notturna che molte capitali possono solo invidiare. Otto linee della metropolitana, oltre a un efficiente sistema di tram, autobus e taxi, rendono il capoluogo della Catalogna facile e accessibile per vacanze di un fine settimana o più giorni.
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