
Questo libro è l'occasione per ripercorrere alcuni dei capitoli più intensi e decisivi della storia contemporanea, partendo dalle proteste degli anni Sessanta e Settanta, passando per la caduta del muro di Berlino e il crollo delle ideologie, per approdare agli scenari successivi all'11 settembre, quando Hitchens attaccò i terroristi islamici. Nemico giurato di ogni fondamentalismo religioso, Hitchens ha attraversato gli ultimi quarant'anni di storia delle idee a passo di carica, disseminando il suo percorso di critiche feroci a tutti gli ismi sopravvissuti all'èra delle ideologie, ma anche di saggi sul rapporto tra potere e religione, e sull'importanza fondamentale della critica e del dissenso. In questo memoir, che si affianca alle più celebri e classiche autobiografie anglosassoni, Hitchens si scopre non solo saggista, ma anche narratore di razza. Tra aneddoti e ritratti al vetriolo di celebri personalità del mondo politico e culturale, da Henry Kissinger a Madre Teresa, da Martin Amis a Noam Chomsky, l'autore riversa in questo libro una quantità di materiali, idee, storie personali e collettive che si incontra, forse, soltanto nei grandi romanzieri dell'Ottocento.
Cos'è il carcere? La forma architettonica del male. Il carcere è un muro, e "il muro è il più spaventoso strumento di violenza esistente. Non si è mai evoluto, perché è nato già perfetto". Tutti i giorni, all'ora d'aria, puoi arrivare a toccarlo col naso "per guardarlo così da vicino da non vederlo più. E il muro non è fatto per agire sul tuo corpo; se non lo tocchi tu, lui non ti tocca. Non è una cosa che fa male, è un'idea che fa male". Sandro Bonvissuto ha un'attitudine da speleologo dell'esistenza. Che parli della pena di vivere in galera, della scoperta di quella cosa gigantesca che è l'altro da sé, o di un bambino che impara a correre il rischio di cadere, i suoi pensieri si mescolano sempre a percezioni scandagliate, felicità assaporate, umiliazioni patite, declinazioni del sentimento dell'esistere restituite con la naturalezza e la potenza dell'acqua che scava in profondità. Così, la felicità frastornante che dà l'amicizia può sprigionarsi da tre semplici lettere ("Aveva detto 'noi'. E mi sembrò fosse la prima volta che risuonasse quel pronome nell'aria, riferito anche a me. Noi, detto così, ti faceva essere addirittura la metà di una cosa plurale"). L'infanzia che non conosce la dittatura del tempo ("lo sanno tutti che bambini e orologi sono due cose incompatibili"), che è insofferente agli spazi chiusi ("perché l'infanzia non ha case, l'infanzia ha strade"), è "davvero l'unico momento nel quale siamo stati un altro".
Rassul, da poco tornato dall'Unione Sovietica, dove ha studiato e conosciuto le opere di Dostoevskij, vuole aiutare la sua ragazza: decide perciò di uccidere la vecchia usuraia che costringe Sophia a prostituirsi. Ma quando sta per abbassare l'ascia sulla testa della vecchia è folgorato da un'improvvisa consapevolezza: sta replicando le gesta di Raskòl'nikov, il protagonista di "Delitto e castigo". Preso dal panico, si allontana dal cadavere e si dà alla fuga in una città resa allucinata e surreale dai tormenti della coscienza. Ma da chi sta fuggendo Rassul? La polizia sembra indifferente a risolvere un omicidio di cui, tra l'altro, è sparito il cadavere; mentre le autorità religiose, che finita la guerra con i sovietici stanno trasformando il paese in una teocrazia, arrivano al punto di giustificare il crimine. Ben presto Rassul si rende conto che lui è l'unico a cercare un castigo per il suo delitto, l'unico, cioè, a sottostare a una qualche legge, a conservare la memoria di un'etica in un paese in cui ogni legge, ogni etica, è sospesa, mistificata, violata. Una consapevolezza che nasce anche dalla lettura dei romanzi, e primi fra tutti quelli del "maledetto" Dostoevskij. Sarà proprio questa unicità di Rassul a dare scandalo, ad attirare addosso al giovane il risentimento della comunità fino a farne una sorta di capro espiatorio collettivo.
In quarantatre anni di servizio militare Fabio Mini è venuto a contatto diretto con tutti gli apparati di sicurezza del mondo. Ha avuto il Mediterraneo come area di responsabilità quando è stato capo di stato maggiore della Nato del sud Europa, ha percorso i luoghi della sicurezza cinese e del suo "mediterraneo", ha comandato un corpo internazionale di pace nei Balcani. Avrebbe potuto raccontare il Mediterraneo con un memoriale, oppure con un saggio storico-politico. Si sarebbe forse compiaciuto nel ricordare il passato ma non sarebbe stato stimolato a capire il futuro. In questo libro ha utilizzato perciò la propria esperienza per scoprire qualcosa che chi scrive di geopolitica in genere trascura: l'influenza della guerra, dei mezzi della guerra, della storia della guerra sulle vicende dei popoli e delle terre in cui vivono. La scoperta è banale e sorprendente al tempo stesso: il Mediterraneo non è un mare e non ha una frontiera liquida che si può espandere a piacimento. È un insieme di terre, popoli e culture diverse impregnati di sentimenti e atti di guerra. Basta guardarsi intorno per vedere i segni indelebili delle guerre, da quelle puniche a quella post-nucleare. E sorprendente perché unendo l'ottica militare a quella socio-politica si scoprono le ragioni delle infinite guerre mediterranee e i possibili sviluppi di quelle a cui stiamo assistendo.
In un capolavoro del neorealismo, "Riso amaro" di Giuseppe De Santis, oltre a Silvana Mangano in hot pants compare una strana mondina nera. Il suo nome è Isabella Marincola, ma in Somalia si farà chiamare Timira. Donna appassionata e libera, nata nel 1925 a Mogadiscio, è una figura nascosta e leggendaria, uno scrigno di storie intrecciate, tra Europa e Africa, che questo libro per la prima volta disseppellisce. Timira è un "romanzo meticcio" che mescola memoria, documenti di archivio e invenzione narrativa. Scritto da un cantastorie italiano dal nome cinese, insieme a un'attrice italosomala ottantacinquenne e a un esule somalo con quattro lauree e due cittadinanze. Per interrogare, attraverso l'epopea del passato, un tempo che ci vede naufraghi, sulla sponda di un approdo in fiamme. Questo tempo dove ci salveremo insieme, o non si salverà nessuno.

