
Frans de Waal, etologo e primatologo di fama internazionale, ha scelto qui di approfondire il tema straordinariamente affascinante della vita emotiva degli animali. Il libro inizia con la morte di Mama, la scimpanzé legata da una profonda amicizia al biologo Jan van Hoof. Quando Mama era in punto di morte, van Hoof ha deciso di congedarsi da lei con un ultimo abbraccio, a cui Mama ha risposto con un sorriso. Questa e altre vicende simili formano il nucleo della tesi dell’autore: gli esseri umani non sono l’unica specie capace di esprimere amore, odio, paura, vergogna, disgusto ed empatia.
De Waal sottolinea la continuità esistente tra noi e le altre specie, proponendo un’interpretazione radicale per cui le emozioni sarebbero come i nostri organi: gli esseri umani non hanno nessun organo in più rispetto agli altri animali, e lo stesso vale per le emozioni. L’invito è ad aprire il cuore e la mente, a notare le moltissime connessioni esistenti tra la nostra e le altre specie e a cambiare il modo di vedere il mondo che abbiamo intorno.
È tempo di tracciare un bilancio critico delle dinamiche migratorie che hanno investito l’Italia negli ultimi anni, riconducibili ai conflitti in Libia e in Siria, e dei discorsi pubblici costruiti attorno alle stesse.
Ha veramente senso parlare di esodi epocali e di invasioni? Se i flussi migratori sono rappresentati in termini di minaccia alla sicurezza, stiamo parlando della sicurezza di chi? E in che termini costruire un senso di sicurezza per alcuni determina spazi di insicurezza per altri?
Saldando insieme rapporti di forza e sistemi di rappresentazione, si costruisce una storia sociale delle migrazioni via mare verso l’Italia capace di collocare queste ultime entro uno scenario storico-politico ampio ed entro specifiche regolamentazioni giuridiche della frontiera. Da questa prospettiva, diviene possibile ripensare tanto il tema dell’accoglienza di migranti e rifugiati quanto il senso dell’azione umanitaria e del diritto d’asilo.
Di feti un tempo non si parlava, l’argomento era scomodo, perfino respingente. Nel giro di qualche decennio tutto è cambiato.
I feti sono oggi un argomento di moda, hanno acquisito uno status iconico, compaiono su riviste, ispirano gadget e sono diventati creature di fantasia su cui proiettiamo le nostre emozioni. Che cosa ha provocato questo atteggiamento nuovo nei loro confronti? La questione viene affrontata da tre punti di vista. Si esaminano i progressi sociali, tecnologici e scientifici, e l’impatto di questi nelle società occidentali: dagli anni Sessanta al nuovo millennio le idee su gravidanza e maternità sono mutate radicalmente. Viene poi adottata una prospettiva più scientifica per analizzare come i feti crescono, si sviluppano e si comportano. Infine si indagano altre culture, poco toccate dalle moderne tecnologie, in cui donne incinte e bambini muoiono in continuazione e il feto non ha alcun valore.
Autostima, vergogna, grandiosità: i temi più attuali nel dibattito sul narcisismo.
L'autore:
Fabio Madeddu è professore ordinario di Psicologia clinica presso il dipartimento di Psicologia dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove dirige la Scuola di specializzazione in Psicologia del ciclo di vita. Ha pubblicato, fra gli altri, con Raffaello Cortina: La diagnosi strutturale di personalità secondo il modello di Kernberg (con E. Preti, 2012); Giovane adulto (con M. Lancini, 2014); I mille volti di Narciso. Fragilità e arroganza tra normalità e patologia (2020).
Per una psocoanalisi che fa spazio a parole come piacere, sogno, creatività, crescita.
Gli autori:
Giuseppe Civitarese, psichiatra e psicoanalista, è membro della SPI e dell’International Psychoanalytic Association. Ha pubblicato, tra gli altri saggi: L'intima stanza. Teoria e tecnica del campo analitico (Borla 2008); L'ipocondria e il dubbio. L'approccio psicoanalitico (Franco Angeli 2011); La violenza delle emozioni (Raffaello Cortina 2011); Psicoanalisi in giallo (con A. Ferro, M. Collovà, G. Foresti, F. Mazzacane, E. Molinari, P. Politi, Raffaello Cortina 2011); Sensi e l'inconscio (Borla 2014); Il campo analitico e le sue trasformazioni (con A. Ferro, Raffaello Cortina 2015); Un invito alla psicoanalisi, sempre con Antonino Ferro (Carocci 2018), come Vitalità e gioco in psicoanalisi (Raffaello Cortina 2020).
Antonino Ferro, full member dell’International Psychoanalytic Association, è stato presidente della Società psicoanalitica italiana (SPI). Tra i suoi saggi pubblicati in Italia ricordiamo: La tecnica nella psicoanalisi infantile. Il bambino e l'analista: dalla relazione al campo emotivo (Raffaello Cortina 1996); La psicoanalisi come letteratura e terapia (Raffaello Cortina 1999); Prima altrove chi (Borla 2000); Tecnica e creatività (Raffaello Cortina 2006); Evitare le emozioni, vivere le emozioni (Raffaello Cortina 2007); La terra di nessuno fra psichiatria e psicoterapia. Terapia bipersonale nella clinica psichiatrica, con Simone Vender (Bollati Boringhieri 2010); Le viscere della mente (Raffaello Cortina 2014); Pensieri di uno psicoanalista irriverente
La filosofia pone domande, ma porre domande non è la cosa più importante, bisogna porre quelle giuste al momento giusto per avere risposte significative e corrette. La filosofia è un'impresa costruttiva in cui l'analisi delle domande aperte è il terreno preparatorio per il design di risposte soddisfacenti. La filosofia è necessaria per ripensare ciò che si può definire progetto umano. E la filosofia evolve come evolve l'umanità. Oggi l'indagine filosofica non può prescindere dalle tecnologie digitali che influenzano e formattano la nostra comprensione del mondo e la nostra relazione con esso. È in corso una rivoluzione, ma il discorso filosofico potrebbe non prendervi parte a meno di riavviare il sistema, proprio come si fa con un computer. Nell'era "onlife" la filosofia è necessaria per dare senso ai cambiamenti radicali prodotti dalla rivoluzione dell'infosfera, ma occorre che sia davvero buona filosofia per affrontare le grandi difficoltà che abbiamo davanti.
La condizione di straniero è destinata a diffondersi. Ma la mobilità che ci piace celebrare si scontra con le frontiere che gli Stati-nazione erigono contro i “migranti”, trattati più come nemici che come ospiti. Spinti a compensare l’ostilità dei loro governi, molti cittadini si sono trovati costretti a fare qualcosa: accogliere, sfamare o trasportare viaggiatori in difficoltà. Hanno così ridestato un’antica tradizione antropologica che sembrava sopita: l’ospitalità. Questo modo di entrare in politica aprendo la porta di casa rivela però i suoi limiti. Ogni sistemazione è una goccia d’acqua nell’oceano del peregrinare globale e la benevolenza alla base di questi gesti non può fungere da salvacondotto permanente.
Che cosa hanno in comune La notte di Elie Wiesel, le fotografi e dell’Album Auschwitz, Notte e nebbia di Alain Resnais? La tragedia della Shoah, naturalmente.
Ma per quanto scandaloso possa sembrare, non solo. Ognuna di queste opere porta all’estremo i limiti del nostro vedere e ci spiega che certe immagini funzionano solo in virtù di ciò che non si vede, del loro fuoricampo e del vuoto che riescono a rendere percepibile. Il confronto con l’estremo continua a interrogare il nostro modo di relazionarci alle immagini che provano a raccontarlo e sfida il nostro sguardo a esercitarsi oltre i suoi limiti. Tocca alla teoria dell’immagine ricostruire il terreno per un ritorno alla morale e alla politica delle immagini, in grado di difendere la “causa dell’invisibile” e ripensarne la radice attraverso ciò che ci è dato vedere.
Le due conferenze inedite riunite in questo libro danno testimonianza della parola pubblica del più celebre antropologo francese e ci consentono di valutare il posto che il pensiero di Montaigne occupa nel percorso intellettuale di Lévi-Strauss, offrendo una visione nuova dell’opera dell’antropologo.
Nel 1937 Lévi-Strauss è a Parigi e dà una conferenza stupefacente: collocandosi sotto l’egida di Montaigne, proclama il carattere rivoluzionario dell’antropologia. Ma questa conferenza è importante anche per un altro motivo: attesta l’esistenza, finora sconosciuta, di un momento diffusionista nella riflessione del grande antropologo.
Nel 1992, in uno dei suoi ultimi interventi pubblici, Lévi-Strauss torna a parlare della sua ammirazione per Montaigne e ci lascia intravvedere l’aspetto che, ai suoi occhi, connette Montaigne a Rousseau.
L'autrice propone un metodo integrato per la cura dei disturbi gravi di personalità e dei disturbi narcisistici, ponendo l'accento sulla disregolazione affettiva che è alla base dei vari tratti disfunzionali e dei sintomi corporei di queste patologie. Ogni capitolo presenta un caso particolare illustrato dall'inizio alla fine del trattamento e mostra in dettaglio come lavorare con gli specifici problemi e sintomi che sorgono in questi pazienti e che attaccano il corpo, dalla bulimia all'autolesionismo, dalla diffusione di identità sessuale alla reazione psicosomatica. Si propone innanzitutto una revisione dell'eziopatogenesi dei disturbi di personalità, illustrando come alla base delle dinamiche patologiche vi siano traumi interpersonali a partire dai primi anni di vita. Il corpo riceve ampia attenzione nel trattamento, nelle sue complesse interazioni di corpo-mente-cervello, ed è visto come il principale tramite dello sviluppo relazionale disfunzionale.