
Ritoccare, cesellare, correggere il DNAlettera per lettera. È possibile farlo contemporaneamente in decine di siti prescelti, o in un unico punto, senza lasciare traccia. La nuova tecnica che sta cambiando il volto della biologia è gentile e potente. Maneggevole e a buon mercato, precisa come un laser. Consente di modificare a piacimento gli organismi viventi prendendo attentamente la mira. Trasformerà la medicina, l'agricoltura, il mondo come lo conosciamo? Entusiasmo e timori si rincorrono, e questo è il primo libro capace di spiegare la rivoluzione che stiamo vivendo. Benvenuti nell'era di "CRISPR". In origine era un sistema inventato dai batteri per difendersi dai virus, ed è studiando i microbi che l'abbiamo scoperto, quasi per caso. Dietro al nome oscuro si nasconde un processo biologico sorprendentemente semplice. La creatività dei ricercatori lo ha trasformato in uno strumento al nostro servizio. È l'equivalente del comando «trova e sostituisci» di un programma di videoscrittura, per eliminare i refusi dal libro della vita. Per questo si chiama «editing del genoma». La tecnologia non è ancora così efficiente da poter realizzare tutti i desideri, e qualche sfida potrebbe non essere mai alla nostra portata, come spiega Anna Meldolesi in questo libro. Ma se terrà fede anche solo a una piccola parte delle promesse, l'editing genomico renderà possibile un'infinità di esperimenti, regalandoci conoscenze, farmaci, prodotti capaci di migliorare la qualità della vita. I problemi sollevati da "CRISPR", tuttavia, non sono una questione da poco. Quando sapremo cambiare i geni a piacimento, come faremo a impedire che questa tecnica cada nelle mani sbagliate? I primi esperimenti su embrioni umani sono già stati effettuati e il dibattito è appena iniziato. Esiste il pericolo che vengano progettati «bambini su misura»? Sarebbe un sogno o un incubo se l'uomo creasse l'uomo?
Il fatto religioso ha sempre opposto una resistenza specifica agli innumerevoli tentativi di «spiegarlo» sino in fondo. Per la sua difficile prensilità, sembra ammettere soltanto approssimazioni parziali, inevitabilmente asintotiche, come testimoniano le discipline votate a individuarne l'origine, a ricostruirne la dinamica storica, a rintracciarne la funzione sociale, a esaminarne con strumenti comparatistici le epifanie cultuali, a indagarne i moventi psichici, a elaborarne il senso filosofico, teologico, antropologico. Il fascio di «luce quanto più possibile policroma» che Gerardus van der Leeuw getta invece sulla religione respinge in un cono d'ombra i modi consueti di interpretarla. Ad attrarlo sono l'oggetto e il soggetto dell'esperienza religiosa, e la relazione tra loro, perché ciò «che la scienza delle religioni chiama oggetto della religione, è in realtà il soggetto della religione stessa». Se «l'uomo religioso desidera una vita più ricca, più profonda, più estesa», ossia «augura a se stesso potenza», van der Leeuw cerca di comprendere quanto avviene nell'esperienza vissuta allo sprigionarsi di quella diversa potenza, che suscita stupore e fa approdare alla fede. Da fenomenologo percorre il varco tra il «caos informe del mondo storico» e la «struttura della figurazione» in cui si inscrivono sacrificio, mito, preghiera, tabù, sacro, rivelazione. Tutte forme che manifestano un'eccedenza rispetto ad altre espressioni umane: «l'uomo vi partecipa, vi agisce, tutto intero».
Un bambino in età prescolare fa in media 75 domande all'ora. È un vulcano di curiosità, di tentativi ed errori, di invenzione di mondi alternativi, di "facciamo finta che" e di mille cose ancora. E ogni bambino lo è in modo diverso e peculiare, un modo tutto suo. A fronte di questa esuberante diversità, propria di tutti i bambini, la nostra società ha sempre di più prodotto una pletora di rigide "ricette" per educare nel modo "giusto" i nostri figli, proponendo "metodi" infallibili per farne adulti di "successo". Prendersi cura dei bambini è naturalmente importantissimo, ma non dovrebbe essere inteso come un compito il cui scopo sia quello di produrre un particolare tipo di individuo; piuttosto, significa lasciare che quei piccoli esseri confusionari, imprevedibili e tanto diversi dai genitori siano liberi di svilupparsi secondo le loro caratteristiche. È la differenza che c'è tra un falegname e un giardiniere, sostiene Gopnik, in una felice metafora continuamente richiamata nelle pagine di questo libro. Un falegname è mosso da uno scopo, assembla il legno, lo taglia e lo modella in modo da raggiungere la forma necessaria a soddisfare una funzione precisa. Il suo è a tutti gli effetti un "mestiere". Un giardiniere invece si confronta con la natura propria delle piante con cui si relaziona; il suo compito è quello di creare attorno a loro l'ambiente migliore perché queste si sviluppino al meglio seguendo le proprie caratteristiche. Questo libro è un appello perché il mondo veda sempre più genitori-giardinieri e sempre meno genitori-falegnami.
"Se poteste tornare indietro nel tempo, decidereste ancora di diventare madri?". Questa domanda, posta dalla giovane sociologa israeliana Orna Donath a un certo numero di donne ebree israeliane, ha ricevuto in ventitré casi come risposta un "no" deciso. E si è rotto un tabù, quello della donna "naturalmente" protesa ad essere madre. Con gli strumenti della sociologia, Donath ha allora intervistato in profondità queste donne (e molte altre in seguito) e ha riportato le loro risposte, analizzandole in dettaglio e mettendole in contesto, in questo libro.
Negli ultimi 100 anni l'interpretazione dell'universo ha subito una rivoluzione radicale. Nel 1914 pensavamo ancora che la nostra galassia, la Via Lattea, costituisse l'intero universo. Unico, immobile e circoscritto. Sono stati il trionfo della teoria della relatività generale, una rinnovata ricerca cosmologica e la fisica moderna a spostare completamente la comprensione dello spazio e del tempo. Oggi vediamo l'universo come un luogo dinamico, in espansione a velocità costante, composto perlopiù da particelle - materia ed energia oscura - misteriose e invisibili. Abbiamo scoperto che la parte visibile, quella che compone le stelle, i pianeti e i nostri corpi, costituisce'appena il 4 per cento della totale materia esistente, abbiamo avuto conferma dell'esistenza di pianeti intorno ad altre stelle, lontani milioni di anni luce - i cosiddetti esopianeti - simili alla Terra e in grado, forse, di ospitare una vita analoga a quella terrestre. Ci interroghiamo finalmente sull'esistenza di altri universi e molto altro... Nella sempre più complessa, anche se recente, storia del cosmo Priyamvada Natarajan ci conduce attraverso alcuni dei temi cosmologici più sconcertanti messi sul piatto dalla fisica nei primi anni del XXI secolo: la formazione e la crescita dei buchi neri, gli aloni di materia oscura, l'accelerazione dell'espansione dell'universo, l'eco del Big Bang, le conseguenze della scoperta della radiazione cosmica di fondo, fino all'ultima frontiera, la ricerca di altri mondi... Solo la scienza, in continua evoluzione e con la sua ambizione, può restituire il senso del nostro meraviglioso, misterioso universo.
Migranti e relitti si inabissano ogni giorno nei nostri mari, con una progressione da ecatombe. I «naufraghi dello sviluppo» di cui Serge Latouche parlava ventisei anni fa, quando uscì la prima edizione del libro, divenuto un classico della decrescita, adesso hanno i volti degli oltre quindicimila esseri umani già risucchiati in cimiteri d'acqua. Non accade spesso che espressioni metaforiche - il naufragio, gli approdi dei sopravvissuti - si inverino tragicamente, sacrificando il possibile che racchiudevano alla realtà peggiore. Un esito tuttavia non imprevisto, quantomeno da parte di Latouche, che nel momento in cui l'Occidente presagiva i trionfi dell'incipiente globalizzazione consegnava a queste pagine un'analisi senza scampo della logica produttivistica e delle sue conseguenze nefaste, e al contempo si congedava dai miti messianici del terzomondismo. Ciascuna osservazione di allora conserva una «terribile attualità» ed è traducibile alla lettera nelle parole-chiave degli odierni obiettori di crescita, se si sostituiscono sviluppo con crescita e doposviluppo con decrescita. Spinti ai margini di tutto dalla tracotanza della modernità, i «naufraghi» raccolgono i Quarti Mondi degli esclusi dei Paesi ricchi e di quelli meno avanzati, e le minoranze autoctone a rischio di deculturazione. La loro forma di resistenza è affidata per intero alla «nebulosa dell'informale», ossia a pratiche economiche atipiche che generano reciprocità in quanto fatti sociali totali, secondo criteri estranei alle categorie del dinamismo industriale. Dai loro fragili laboratori di decrescita non nascono infatti né un capitalismo scalzo né uno sviluppo alternativo, ma prende vita quell'alternativa allo sviluppo che forse sarà in grado di scongiurare la catastrofe.
Da un punto di vista rigorosamente laico, Salvador Giner non esita a riconoscere la perdurante esigenza del sacro e la sua valenza evolutiva: Homo sapiens è da sempre anche Homo religiosus. Giner ritiene la necessità di adorazione universalmente umana, indipendentemente dall'oggetto d'elezione, la divinità, una celebrity o un'entità mondana come la nazione. Non entra nel contenzioso tra chi sostiene la natura solo culturale del fatto religioso e chi ne indaga le basi neurali. Gli sembra più promettente una posizione terza, che pur accettando le risultanze neuroscientifiche si concentri sulle determinanti socioculturali dei contenuti di fede.
La prima battaglia documentabile deve essere avvenuta attorno al 1350 a.C. e riguarda un certo Abdi-Heba, piccolo monarca di una località che gli egizi chiamano Urushalim, sulle colline oltre il deserto al di là del Mar Rosso; il re probabilmente viene circondato da qualche popolo cananeo e chiede aiuto al faraone, implorando: "Sono come una nave nel mezzo del mare!". È la prima volta che viene scritto, ma la sindrome da accerchiamento si ripeterà ancora e ancora, molte volte nel corso dei secoli, sulle colline di Yerushalàim, Jerusalem, Al Quds "la santa". La prima conquista documentata della città è quella di re Davide, mille anni prima dell'era volgare, e da lì in poi non passerà secolo, spesso neppure decennio, senza che qualcuno abbia combattuto attorno alle mura della città. Verrà Hazael, re di Aram, Sennacherib l'assiro e Nabucodònosor il babilonese; verrà Tolomeo, poi Antioco, i maccabei e Ircano; verranno i parti e Erode, Tito e poi Adriano; verrà il califfo Umar, poi gli abbasidi e a seguire i fatimidi; verranno i selgiuchidi e i crociati, Saladino e Federico II, i damasceni, i mongoli e i mamelucchi; verranno gli ottomani e poi gli inglesi del generale Allenby con i primi carri armati; fino a giungere ai giorni nostri e agli scontri sanguinosi tra israeliani e palestinesi. Sullo sfondo di tutto ciò c'è la città che il salmista chiama "città della pace", il simbolo sfortunato di troppi interessi e di infinite contese, la città "d'oro, di rame e di luce" cantata in una celebre canzone.
In mezzo alla carneficina della Grande Guerra, il 3 aprile 1917 Lenin arrivò alla stazione di Pietrogrado, da semisconosciuto. Alcuni mesi più tardi era "l'uomo più amato e più odiato del mondo" e diresse la prima rivoluzione comunista. In pochi anni - sappiamo - la situzione mutò radicalmente. Questo libro ci racconta, in presa diretta, come avvenne il mutamento, e lo fa con la voce di un uomo che ci aveva creduto profondamente e che in seguito si era opposto fieramente al disastro stalinista.
Un tardo pomeriggio d'inverno nello stato di New York, George Clare torna a casa e trova la moglie assassinata e la figlia di tre anni sola - da quante ore? - in camera sua. Da poco ha accettato un posto di insegnante di Storia dell'arte in un college locale, e si è trasferito con la famiglia in una fattoria che le voci di paese vogliono «stregata»: pochi anni prima, è stata al centro di un altro fatto di sangue, la morte di una coppia di agricoltori, che ha lasciato tre figli adolescenti. George diventa subito il sospettato numero uno, e mentre i suoi genitori tentano di salvarlo dalle accuse, e lo sceriffo cerca prove di colpevolezza, la cittadina opta per un intervento soprannaturale, che sembra confermato da strane apparizioni di oggetti, gelide folate di vento. I tre ragazzi orfani si ritrovano presto invischiati nel mistero, visto che l'omicidio è avvenuto in quella che era la loro vecchia casa d'infanzia. In questo noir ricco di riferimenti artistici e filosofici, seguiamo la storia di due famiglie, l'intreccio delle loro vite, il ritratto complesso di un matrimonio, e uno studio delle ferite che segnano un'intera comunità.