
I papi del XX secolo formano una serie continua di personaggi di rara grandezza, anche semplicemente sotto il profilo umano. Nel corso del secolo appena trascorso, la Chiesa ha rinnovato profondamente la propria cultura, ha portato a termine una riforma della liturgia di rara profondità, ha riscoperto la sua più autentica funzione missionaria e si è data le strutture in grado di affrontare le sfide del XXI secolo. Ma soprattutto ha riscoperto che la Chiesa la edificano i santi e non i convegni di pastorale: i papi del XX secolo sono o saranno tutti proclamati santi.
"Le vite dei santi hanno sempre un certo fascino e chi vi si avvicina non rimane mai deluso. Queste pagine, però, hanno qualcosa in più: nel racconto delle loro vite l'autore ci fa riflettere non soltanto su come ogni chiamata ha avuto delle ripercussioni nella società del proprio tempo, ma anche come l'esempio del santo è attuale anche per noi. Con l'acutezza e la precisione del professore di matematica, Joseph Grifone mette in relazione la fede del santo con un aspetto del mondo che viviamo: fede e ragione in Tommaso d'Aquino, fede e impegno nella società minacciata dal relativismo in Tommaso Moro, fede e cultura in Edith Stein, scienza e fede in Jerome Léjeune. Ciò che sorprende, leggendo queste pagine avvincenti, è il carattere attuale, contemporaneo direi, della figura di questi santi e del loro esempio. Nelle loro problematiche, nella fedeltà alla loro vocazione, possiamo scoprire i nostri problemi, le nostre sfide, i nostri compiti" (card. Robert Sarah).
Pubblicato in Francia nell'Anno della Fede, questo libro di Joseph Grifone è in piena continuità con l'esortazione apostolica "Gaudate et esultate" di Papa Francesco, nella quale si ricorda a tutti i cristiani la chiamata alla santità.
Lo smartphone è ormai un regalo quasi scontato alla prima Comunione. Pochi però si chiedono se sia una buona idea mettere nelle mani di un bambino di 9 o 10 anni uno strumento così potente. Eppure, scegliere l'età giusta per dare a un ragazzo un cellulare è una decisione importante, perché spalanca le porte di un nuovo mondo, ricco e complesso, destinato a occupare una parte significativa della vita di chi lo utilizza. Con questa guida breve ma documentata l'autrice invita ogni genitore, insegnante, educatore a valutare attentamente i motivi per cui varrebbe la pena aspettare a regalare uno smartphone più a lungo di quel che il mercato, la moda e «gli altri» tendono a farci credere. Non si tratta di demonizzare uno strumento dalle straordinarie potenzialità, ma semplicemente di usarlo al meglio. I nostri figli, e anche noi.
Alla riscoperta di Pirandello al di là degli schemi, delle forzature, dei pregiudizi di tanta critica letteraria, Fighera demolisce lo stereotipo a cui vennero ridotti il suo pensiero e la sua opera e contro cui si scagliò lo stesso Pirandello nell’articolo «Abbasso al pirandellismo!», andando incontro al drammaturgo proprio a partire dalla sua vita privata, dalle numerose lettere (alla famiglia, alla moglie Antonietta Portulano, all’attrice Marta Abba, ai figli, in particolare a Lietta) e dalle ultime testimonianze del nipote Pierluigi. Risponde poi a diverse domande e curiosità: tra le altre, che fine hanno fatto davvero le sue ceneri dopo il funerale? Ma anche: perché gli è stato attribuito il Premio Nobel? Quale discorso pronunciò alla cerimonia? Che rapporto aveva con il più celebrato scrittore della sua epoca, ovvero D’Annunzio? Sotto esame è l’intera produzione di Pirandello, il cui leit motiv è la ricerca dell’autenticità dell’io e della verità: che cosa può davvero riaccendere l’uomo, far sì che l’io viva pienamente e non semplicemente esista «come i molluschi, le farfalle, i ragni»? Esistono delle verità nell’àmbito religioso, politico e artistico? In queste pagine alcune risposte che compaiono nella vastissima produzione pirandelliana.
Nell'era dell'attesa ossessiva di un "like" che esalti l'ego, era nella quale l'"io" sembra neanche più intravedere il "tu", tutto diventa pressoché irrilevante se non viene confermato dallo "share", dalla certificazione di essere stati riconosciuti, osannati, acclamati... Ma è questo il vero successo? L'uomo lo raggiunge davvero se, inseguendolo e cercando la propria autocelebrazione, dimentica l'"altro da sé"? Paola Versari, con la sua esperienza di psicoterapeuta, quasi avesse in mano un pennello da artista, dipinge l'attuale, imperante cultura narcisistica, la quale, identificando il successo nella triade "celebrità-potere-denaro", finisce per costituire una mera illusione, un insidioso auto-inganno, piuttosto che il veicolo per il raggiungimento di un'autentica realizzazione esistenziale. Il pensiero del grande psichiatra austriaco V. E. Frankl - sopravvissuto ai campi di concentramento e che è stato capace di trovare un successo esistenziale nei luoghi di dolore - fa da traino a questo testo e aiuta a comprendere come solo dedicando la propria vita a un compito e all'incontro con l'altro sia possibile pervenire al successo autentico. Una tale consapevolezza, il riconoscere e il vivere il vero successo, aiutano a ribaltarne il senso comune. È unicamente il successo autentico che apre alla vita vera, a quella che appaga pienamente e regala attimi di felicità ineludibili, pregni di un significato che non conosce inganno.
Questo libro nasce dall’esperienza di dialogo con fidanzati in preparazione prossima o remota al matrimonio e con coppie già sposate. Si tratta di un percorso disegnato per rileggere le caratteristiche essenziali del matrimonio dalla prospettiva del paradosso, per provocare al dialogo sia all’interno sia all’esterno della coppia, e sfuggire, così, all’idealismo e all’omologazione. Paradosso, infatti, significa contrario alla doxa, cioè all’opinione comune. E l’amore, il più universale dei desideri umani, per essenza è anche il più unico e personale, quindi irriducibile. Il libro mira, in tal modo, a favorire la creazione di reti di famiglie, capaci di riflessività relazionale.
Di tutta la grande famiglia dei "fratelli riformati", gli anglicani, si sa, sono quelli che più si avvicinano ai cattolici; ciò è dovuto al noto senso di moderazione degli inglesi, che hanno saputo trovare un buon compromesso tra gli estremi. Il mirabile equilibrio fu raggiunto da una sovrana straordinaria, tollerante e di larghe vedute, che seppe contrastare il fanatismo religioso della sorella (Maria la sanguinaria) riuscendo a creare una fede che fosse veramente nazionale. Elisabetta I è la regina più amata della storia. Fu lei a saper capire il suo popolo come nessun altro; fu grazie a lei che l'Inghilterra si affermò come potenza mondiale; fu intorno a lei che i suoi sudditi si strinsero come un solo uomo nel momento del pericolo. Lei la regina adorata dal popolo e celebrata dai poeti: lei Gloriana, la Regina Vergine.
Tutto ciò è romantico e commovente; peccato che sia profondamente falso. Il regime elisabettiano fu, di fatto, un sistema totalitario tra i più amari della storia e il mito di Gloriana fu sapientemente costruito, pezzo dopo pezzo, da una minoranza al governo che fece carte false per conservare il potere. Sotto Elisabetta il popolo si vide perseguitato, impoverito, oppresso come mai prima. Quanto alla tanto decantata "vicinanza" degli anglicani al cattolicesimo, essa scaturì dal duplice desiderio di gettare fumo negli occhi dei sudditi e formare una gerarchia di agenti governativi travestiti da ecclesiastici. L'evoluzione-involuzione degli inglesi ebbe un prezzo inestimabile quanto a vite umane (molte delle quali immolate sul patibolo per alto tradimento). Le pagine si susseguono incalzanti e vanno a mostrare che, come nel Mercante di Venezia shakespeariano, lo scrigno d'oro contiene soltanto un teschio.
In tutto il mondo si sta diffondendo la storia di questa ragazza, che è tra i Giovani Testimoni del Sinodo dei Vescovi 2018. Molti giovani e meno giovani si rivolgono a lei nella preghiera, per chiederle favori, per invocare la sua protezione. In tanti luoghi si possono trovare piccole immaginette con una sua fotografia sorridente e sempre più persone parlano di questa ragazza che un giorno e per sempre decise di legare il suo aratro a una stella. E con la sfacciataggine propria della sua età, scelse la stella che si trovava più in alto. Montse (Maria Montserrat Grases García, 1941-1959) è stata dichiarata venerabile con decreto della Congregazione delle Cause dei Santi del 26 aprile 2016.
«Sappi che per me vivrai e sarai mia in eterno, ti proteggerò nel mio cuore come unica colomba mia», dice Gesù a madre Maria Celeste Crostarosa, al secolo Giulia Marcella Santa (Napoli 1696 - Foggia 1755), che fin dall'infanzia ha il dono di ascoltare interiormente la sua voce. Divenuta monaca carmelitana, poi visitandina, le rivela infatti, anche con visioni, che sull'esempio della sua Passione desidera che fondi un Ordine con Regole e abiti propri, alla cui guida del ramo monastico femminile sceglie lei, e per quello maschile, missionario, don Alfonso Maria de Liguori. Ma ascoltare la volontà del Redentore e farla adempiere anche fra uomini e donne di Dio non è facile per una monaca del suo tempo; inizia così la passione di Maria Celeste per realizzare l'Opera che il Signore le ha affidato - la fondazione dell'Ordine delle monache Redentoriste e della Congregazione dei padri Redentoristi -, tra calunnie, discredito, invidie, carcerazioni e buio dell'anima, fino al rifiuto del suo padre spirituale e all'espulsione dal monastero che l'aveva creduta. «Attraverso queste pagine», annota mons. Vincenzo Pelvi nella Prefazione, «comprendiamo che gli occhi di Maria Celeste non si sono mai spenti, il suo carisma fa fiorire l'umano e lo apre alla gioia dell'amore crocifisso, fondendo insieme sensibilità e immaginazione, corporeità e interiorità, finito e infinito». Madre Celeste è stata proclamata beata nel 2016 - molto tardi rispetto a don Alfonso, canonizzato già nel 1839 -, ma il suo esempio e il suo insegnamento restano ancora tutti da scoprire.
Il recupero dei legami tra la teologia morale e il Vangelo è uno dei principali compiti segnalati dal Concilio Vaticano II, all’interno di quel generale rinnovamento biblico-patristico che domanda ai teologi, e soprattutto ai moralisti, di considerare la Scrittura come fonte eminente delle loro indagini. Questo libro recepisce pienamente la raccomandazione conciliare e la sviluppa nei suoi esiti radicali con una tessitura argomentativa e dottrinale di rara efficacia, sollecita delle esigenze più alte maturate nella comunità ecclesiale. L’autore procede infatti a un vero e proprio rovesciamento del metodo e delle prospettive invalsi nei tradizionali manuali di teologia morale, caratterizzati da un eccesso di razionalismo individualistico che privilegia le teorie della norma e dell’obbligo, per ricollocare al centro della riflessione sull’agire la legge evangelica e le virtù teologali, con il corredo di quelle etiche: un guadagno decisivo per l’orientamento della prassi cristiana, insidiata dal relativismo dei valori e dall’indifferenza nelle scelte.
Il libro è strutturato in tre parti. Dopo aver delineato nozione e ambito della teologia morale, Pinckaers ne studia i rapporti con le scienze dell’uomo per soffermarsi poi sulla dimensione cristiana così come si presenta nell’insegnamento di san Paolo, nel commento di sant’Agostino al Discorso della montagna, in san Tommaso e nel dibattito attuale. Nella seconda parte viene esposta la storia della teologia morale dal punto di vista della sistematizzazione che essa ha ricevuto nell’età dei Padri, presso gli scolastici del XIII secolo, con il nominalismo, nella manualistica post-tridentina di contro all’etica protestante, infine nell’epoca contemporanea. La parte terza esamina le controverse questioni della libertà e della legge, che, se rettamente intese quali originarie potenze spirituali della creatura ragionevole (libertà di qualità e legge naturale), consentono di deporre ogni presunto loro conflitto e di riconoscere nella morale, sull’esempio dei Padri e dei grandi teologi scolastici, il cammino attraverso cui l’uomo attinge l’integrale realizzazione di sé, quella felicità che è il grande tema rimosso dai moralisti dell’età moderna e contemporanea.