È solo quando suona alla porta della suocera, alla quale intende confidare la sua pena e i suoi sospetti - sospetti che nella vita di suo marito ci sia un'altra donna, pena per il poco amore che quel marito le dimostra arrivando al punto di chiederle di "amarlo di meno" - che Ilonka capisce. Judit, la domestica che la accoglie in casa, indossa un nastro identico a quello che ha trovato nel portafoglio di suo marito e al nastro è appeso un suo ritratto. Judit è la donna che Péter aveva amato molti anni prima, ora le chiede ancora di diventare sua moglie. Ma il secondo matrimonio gli rivelerà, sui veri sentimenti di Judit, qualcosa che non aveva mai sospettato. Un intreccio di passioni e menzogne, di tradimenti e di crudeltà.
Robert Halliday è uno scrittore di biografie a pagamento che si trova, per un concorso di circostanze, ad affrontare un nemico particolarmente insidioso. Si tratta di un Emirato del Golfo, noto solo con il suo soprannome - il Principe - che, dal fondo di una miniera inaccessibile, progetta di compiere attentati devastanti sfruttando armi chimiche come il gas nervino. Comparso per la prima volta nel 1981, questo romanzo rispondeva alla necessità dell'autore di dar vita a vicende di puro intrattenimento, che dalla realtà più concreta si trasformassero in voli della più adrenalinica fantasia.
Una raccolta, iniziata dallo stesso Chatwin a pochi mesi dalla morte, di alcuni brani dispersi della sua opera, che valgono come altrettante tappe di una sola avventura, di tutta una vita intesa come "un viaggio da fare a piedi". Al seguito di Indira Gandhi o in visita da Ernst Jünger, alla ricerca dello yeti o nei quartieri poveri di Marsiglia, a cena con Diana Vreeland o con Werner Herzog nel Ghana o con un geomante cinese a Hong Kong: Chatwin è sempre in viaggio e osserva ogni esperienza con lo sguardo penetrante di chi, a partire da qualsiasi cosa, vuole andare più lontano possibile.
Fra la partenza e l'arrivo in un viaggio per mare da Palermo a Napoli, il 26 marzo 1938, si perdono le tracce del trentunenne fisico siciliano Ettore Majorana, definito da Fermi un genio della statura di Galileo e di Newton. Suicidio, come gli inquirenti dell'epoca vogliono lasciar credere, o volontaria fuga dal mondo e, soprattutto, dai terribili sviluppi che una mente così acuta e geniale può aver letto nel futuro della scienza, prossima alla messa a punto della bomba atomica? Su questo interrogativo Sciascia costruisce uno dei suoi romanzi più intensi per la finezza dell'analisi e dell'immedesimazione in moventi non detti, come nella logica e nell'etica segreta di Majorana.
Fra il settembre 1917 e l'aprile del 1918, Kafka soggiorna a Zürau, un borgo della campagna boema, ospite della sorella Ottla. Il diradarsi della presenza umana che sperimenta in questa situazione, suscita in lui un sentimento di lieve euforia, facendogli apparire quel periodo di tregua come il migliore della sua vita. Mette insieme una sequenza di fogli, ciascuno dei quali contiene un solo frammento numerato, dove ogni ridondanza, ogni accidentalità, ogni insistenza è abolita. Alcuni frammenti sono narrativi, altri consistono in singole immagini, altri ancora sono parabole. Ogni frase presenta un carattere di massima generalità e, al tempo stesso, sembra emergere da un vasto deposito di materia oscura.
Chiunque abbia visto qualche film del terrore con al centro una costruzione abitata da sinistre presenze si sarà trovato a chiedersi almeno una volta perché le vittime di turno non optino, prima che sia troppo tardi, per la soluzione più semplice - e cioè non escano dalla stessa porta dalla quale sono entrati, allontanandosi senza voltarsi indietro. A tale domanda, meno oziosa di quanto potrebbe parere, questo romanzo fornisce una risposta. Non è infatti la fragile e indifesa Eleanor Vance a scegliere la Casa, prolungando l'esperimento paranormale in cui l'ha coinvolta l'inquietante professor Montague. È la Casa - con le sue torrette buie, le sue porte che sembrano aprirsi da sole - a scegliere, per sempre, Eleanor Vance.
Joseph Timar ha lasciato La Rochelle pieno di entusiasmo e spavalderia e quando ha fatto il suo ingresso al Central, l'unico albergo di Libreville, mentre il boy gli serviva un whisky nel caffè dalle pareti adorne di maschere africane, si è sentito un vero colono. Poi c'è stata la prima notte, piena di fruscii, di rumori indefinibili, tutto un brulicare di animali sconosciuti. Al risveglio l'ha vista sulla porta, che esaminava il suo corpo di adolescente con uno sguardo carico di una sensualità intenerita, quasi materna. Da quella mattina è diventato l'amante di Adèle, la proprietaria del Central.
Elias Canetti soggiornò per un certo periodo a Marrakech, nel 1954. Il grande lavoro su "Massa e potere" era giunto a un momento di stasi e lo scrittore sentiva il bisogno di nuove voci, di voci incomprensibili, come quelle che lo avvolsero nella splendida città marocchina. Vagando per i suk, per le strette vie, per i mercati e le piazze, fra cammelli, mendicanti, donne velate, cantastorie, farabutti, ciechi e commercianti, Canetti capta forme e suoni: "gli altri, la gente che ha sempre vissuto là e che non capivo, erano per me come me stesso".
Una serie di racconti brevi dedicati a sentimenti umani "essenziali" che, disposti in ordine alfabetico, compongono una sorta di dizionario. I primi racconti, da "amore" a "famiglia", uscirono sul "Corriere della sera" fra il 1971 e il 1972. Una seconda serie fu pubblicata fra il 1973 e il 1980 e nel 1984 i due Sillabari furono riuniti in un unico volume. Quei racconti controcorrente, frutto di una fulminante riduzione agli elementi primi della realtà, appaiono nitidi, assoluti, chiusi in una nervosa e brusca perfezione, capaci di evocare un intero mondo perduto. Come ha scritto Cesare Garboli, Parise "distilla la pietra filosofale del raccontare. Ma non racconta, fa qualcosa di più. Invoglia a pensare che il mondo sia raccontabile".
Mosca, 20 settembre 1968. Nell'esclusiva clinica riservata ai quadri del Cremlino nascono due gemelli: il primo muore quasi subito, il secondo, Rubén, si rivela affetto da paresi cerebrale. Dopo un anno Rubén viene separato dalla madre e rinchiuso negli speciali orfanotrofi, veri e propri Gulag in cui vengono isolati quelli come lui. Quando agli inizi degli anni Novanta riuscirà a fuggire dall'ospizio per anziani in cui era stato rinchiuso in attesa della fine, Rubén incontrerà la madre e comincerà a raccontare la sua storia. Un libro che, se è cronaca di un'infanzia e di un'adolescenza trascorse in un sistema feroce, è anche una voce che trasforma l'orrore in narrazione e uno sguardo che trasfigura quello stesso orrore in immagini.