
Siamo entrati in una nuova era del dibattito pubblico caratterizzata da una crescente «disintermediazione» della politica, una proliferazione delle opportunità comunicative e una distribuzione del potere e della visibilità supportate anche dalla diffusione di internet. Il dibattito pubblico è quindi sempre più frutto di una sorta di collage nel quale confluiscono voci e posizioni autorevoli e ufficiali, voci dell'opposizione, voci minoritarie che chiedono rappresentanza, voci di cittadini scoraggiati o indispettiti, voci di troll di professione che cercano di aumentare il volume del rumore. È in questo scenario che vediamo emergere fenomeni come l'inciviltà, la disinformazione e la polarizzazione che sembrano rendere il clima sociale e politico più tossico. Gli autori mostrano, però, come si tratti di «sintomi» della trasformazione del dibattito pubblico e non di «cause» che ne determinano il deterioramento e come il dibattito pubblico sia ancora vivo e abbia un futuro, seppure con tratti profondamente diversi da quelli del passato.
Mistero e sospetto: questi i due sostantivi che normalmente associamo alla Massoneria. La segretezza, i rituali stravaganti e occulti, il coinvolgimento in trame e complotti, non hanno fatto che rafforzare questo giudizio o pregiudizio, specialmente nel nostro paese. Eppure, fratelli massoni furono uomini come Winston Churchill e Walt Disney, Wolfgang Amadeus Mozart e Benjamin Franklin, Rudyard Kipling e 'Buffalo Bill' Cody. Fondata a Londra nel 1717, la Massoneria mostrò immediatamente la propria influenza pervasiva, tanto da diffondersi in tutto il mondo in solo due decenni. Così, se con George Washington divenne il credo della nuova nazione americana, furono le reti massoniche a tenere insieme l'Impero britannico. Se con Napoleone divenne uno strumento dell'autoritarismo, con la Restaurazione funzionò da copertura per le cospirazioni rivoluzionarie del Risorgimento. Ai rituali e alle formule di affiliazione della Massoneria si ispirarono, fino a copiarli, tanto i mormoni quanto la mafia siciliana. La Chiesa cattolica ne ha temuto l'influenza al punto di scomunicare gli aderenti già dal 1738 e la temettero anche Hitler, Franco e Mussolini che considerarono le logge uno strumento di diffusione del pacifismo e del giudaismo internazionale. In questo libro, John Dickie ricostruisce con una prosa avvincente il lato oscuro della modernità.
Siamo sempre più consapevoli che ogni paesaggio armonioso, vivibile, è una forma di equilibrio tra natura e cultura, tra ciò che è dato e ciò che è opera dell'uomo, e che quindi il paesaggio che troviamo bello può diventare un modello per quel giusto rapporto tra naturale e artificiale che avvertiamo come ogni giorno più necessario, perché messo continuamente in pericolo. Come lavorare al mantenimento di questo difficile equilibrio? Innanzi tutto riflettendo sulla nozione di paesaggio, sulle categorie con le quali lo pensiamo e lo interpretiamo. In secondo luogo, rivisitando alcuni snodi storici fondamentali attraverso i quali si è formata l'idea moderna del paesaggio. Infine, mostrando in atto la compresenza di natura e storia attraverso la descrizione di alcuni luoghi paesaggistici esemplari, ad esempio nelle Puglie e nel Lazio. Perché ogni bel paesaggio italiano è un contesto stratificato, nel quale si legge il risultato di un rapporto non sempre facile, ma talvolta straordinariamente felice, dell'interazione dell'uomo con la natura in cui si è trovato a vivere.
Viviamo in una situazione paradossale. La scienza dei nostri giorni nasce - sotto vari profili - come bene pubblico, ma finisce con l'essere privatizzata. Questo meccanismo di privatizzazione della conoscenza produce diseguaglianza sociale e contribuisce ad una distribuzione disomogenea dei redditi e dei patrimoni che sta minando le fondamenta degli stati e la convivenza sociale. Salute umana, cambiamento climatico, governo dei dati: sono queste le sfide cruciali per la prossima generazione. Non è possibile affrontarle senza smettere di trasformare la scienza in un bene privato. Occorre invece creare infrastrutture pubbliche ad alta densità di conoscenza, sintesi ideale del modello dell'infrastruttura di ricerca e di un nuovo tipo di impresa pubblica.
Gli studi sul contributo che la Chiesa ha dato alla diffusione dell'italiano sono numerosi; non sono molte, tuttavia, le indagini sull'uso che dell'italiano è stato fatto dagli inizi del Novecento a oggi. Nonostante alcune ricerche importanti sulla traduzione della liturgia dopo il Concilio Vaticano II, sulla diffusione dell'italiano nel mondo attraverso la religione o sulla lingua dei pontefici, sono rimasti estranei all'attenzione degli storici della lingua sia le vie seguite dalla Chiesa nel XX secolo e nei primi anni del XXI per tenere viva la comunicazione con credenti e non credenti, sia il contributo che le recenti innovazioni hanno dato alla lingua italiana. L'idea del volume nasce, dunque, dall'intenzione di avviare nuove ricerche e riflessioni sui tanti modi in cui la Chiesa cattolica è riuscita a mantenere vivo il suo ruolo di messaggera dell'italiano.
Che cos'è il male oggi? In che modo si può dire che le sue manifestazioni, le sue spinte, le sue modalità di aggredire il tessuto del mondo e delle persone che lo abitano si siano modificate? Zygmunt Bauman, uno dei più grandi pensatori viventi, già nel 1989, con "Modernità e olocausto", aveva riletto le atrocità del Terzo Reich sovvertendo l'opinione comune che si fosse trattato di un "incidente" della Storia e dimostrando che invece la "società dei giardinieri" illuministi (bene attenti a estirpare le "erbacce") aveva raggiunto con l'olocausto il suo risultato più esemplare. In questo libro Bauman compie un ulteriore decisivo passo avanti nell'identificazione del "male" ai giorni nostri. E lo fa con una ricognizione delle tesi fallaci che si erano affermate nel Novecento (dalla "personalità autoritaria" di Adorno alla "banalità del male" di Hannah Arendt) per mostrare poi, in un corpo a corpo con le opere di Jonathan Littell e di Günther Anders, che la presa di distanza dagli esiti dei nostri atti distruttivi (resa non solo possibile, ma obbligata, dalle mirabilia tecnologiche e dalla costrizione "diversamente morale" a non sprecare armi la cui produzione ha richiesto quantità esorbitanti di denaro) contribuisce a erodere la nostra sensibilità già gravemente indebolita, malcerta, afona.
Affrontando le questioni scomode, le lotte sociali, l’alfabetizzazione degli adulti, le miserie del progresso, che hanno accompagnato la sua riflessione e la sua vita, in questi ultimi scritti Freire chiama in giudizio le contraddizioni e le ipocrisie che minano da secoli il colosso del benessere dei pochi. Lo fa, però, senza mai abbandonare la prospettiva pedagogica, e senza mai smettere di ricordarci che siamo soggetti e non oggetti della Storia: perché la constatazione dell’oppressione non si traduca in rassegnazione, ma diventi progetto di una realtà diversa.
«L'agente di pubblica sicurezza Antonio Annarumma muore con la testa fracassata da una sbarra di ferro». Gli anni di piombo si aprono nel 1969 con un morto durante una manifestazione a Milano, e proseguono con le stragi nere di piazza Fontana, di Brescia e dell'Italicus, con lo stillicidio degli agguati delle Brigate rosse e degli altri gruppi terroristici di estrema sinistra fino alla morte di Aldo Moro e degli agenti della sua scorta. Ma quello tra il 1969 e il 1979 fu anche il decennio delle grandi riforme con l'istituzione delle Regioni, lo Statuto dei lavoratori, l'introduzione del divorzio, il nuovo diritto di famiglia, la regolamentazione dell'aborto, la maggiore età ai diciottenni. E furono anche anni di gravi crisi economiche, soprattutto legate al petrolio e alle oscillazioni valutarie. Dopo il precedente volume sugli anni Ottanta, questa nuova serie dei diari inediti di Giulio Andreotti, curati dai figli Serena e Stefano, documenta in presa diretta un'epoca ancora viva nella memoria di milioni di italiani; e la prosa disincantata e partecipe dell'uomo che per quasi metà di quel decennio è stato presidente del Consiglio ci restituisce con accuratezza, vivacità e ironia lo spirito del tempo. Un racconto rivelatore e ricco di retroscena di un capitolo cruciale e controverso della storia italiana. Introduzione di Bruno Vespa.
Il suicidio è un viaggio senza ritorno che tarpa le ali alla speranza. Quanti lo compiono sono prigionieri di pensieri e sentimenti che li consumano e travolgono, sospingendoli alla scelta fatale. Con frequenza chi chiude il sipario non lascia trapelare le sue intenzioni e porta con sé nella tomba le proprie ragioni per rinunciare a lottare. non si muore mai soli: si trascina con sé un po' della vita dei propri cari e si lascia con loro un po' della propria morte. Chi resta è tormentato da tanti "ma" e "se" che accompagnano il cammino tortuoso e travagliato del cordoglio e della lenta rinascita. L'autore ritrae fotografie dei paesaggi interiori di chi ha scelto di morire e dei superstiti, cogliendo frammenti toccanti degli abissi e dei misteri della natura umana.
Tradizionalmente corpus di documenti o sito fisico per la loro conservazione, l'archivio si è evoluto nel corso dei secoli avvalendosi dei continui progressi tecnologici, fino a comprendere una straordinaria molteplicità di piattaforme di visualizzazione per riprodurre il passato, catturare il presente e mappare la nostra presenza: opere d'arte, installazioni, musei, social media. Considerando l'archivio sostanzialmente come un laboratorio di memoria, Gabriella Giannachi ripercorre in queste pagine densissime la storia di pratiche di archiviazione di varia origine, giungendo fino ai più sofisticati archivi digitali di oggi e prendendo in esame una incredibile quantità di emblematici casi studio. Spaziando tra arte, archeologia, antropologia, studi postcoloniali, sottolinea l'importanza dell'archiviazione partecipativa, cita Andy Warhol e Ant Farm, analizza l'estetica dei database e la trasmissione del sapere attraverso il corpo nella performance e nella bioarte, mostrando come l'archivio si sia trasformato in uno strumento globale di produzione, conservazione e circolazione della conoscenza.
Solo ora, raccolti insieme nella loro integralità, i nove libri che formano il progetto Homo sacer acquistano il loro vero significato. Il fitto gioco dei rimandi interni, la ripresa incessante e lo svolgimento dei temi di volta in volta enunciati disegnano un'architettura imponente, articolata in quattro sezioni. Nella prima viene tracciato il programma di una messa in questione dell'intera tradizione politica dell'Occidente alla luce del concetto di nuda vita o di vita sacra (Il potere sovrano e la nuda vita, 1995). Nella seconda sezione questo programma viene svolto attraverso una serie di indagini genealogiche: (Iustitium. Stato di eccezione, 2003; Stasis. La guerra civile come paradigma politico, 2015; Horkos. Il sacramento del linguaggio, 2008; Oikonomia. Il Regno e la Gloria, 2007; Opus Dei. Archeologia dell'ufficio, 2012). La terza sezione sottopone l'etica alla prova di Auschwitz (Auschwitz. L'archivio e il testimone, 1998). La quarta sezione, infine, elabora i concetti essenziali per ripensare da capo l'intera storia della filosofia: forma-di-vita, uso, inoperosità, modo, potere destituente (Altissima povertà, 2011; L'uso dei corpi, 2014). L'archeologia del pensiero politico e filosofico occidentale sviluppata nel progetto Homo sacer non si limita, infatti, semplicemente a criticare e correggere alcuni concetti o alcune istituzioni; si tratta, piuttosto, di revocare in questione il luogo e la stessa struttura originaria della politica e dell'ontologia, per portare alla luce l'arcanum imperii che ne costituisce il fondamento e che era rimasto, in esse, insieme pienamente esposto e tenacemente nascosto. In questa edizione definitiva sono stati restituiti i titoli del progetto originale e sono state inserite le integrazioni - come la lunga nota sul concetto di guerra - e le correzioni volute dall'autore.
Le famiglie omogenitoriali possono comporsi in modi differenti, non tutti riconosciuti dal sistema giuridico italiano. Al variare delle geometrie familiari contemporanee, il coordinarsi degli aspetti tecnici, affettivi, corporei, legali, economici ed etici implicati nel "fare famiglia" diventa più complesso e, per qualcuno, anche perturbante, poiché la famiglia non coincide con l'immagine di un uomo e di una donna cisgender, sposati, monogami, eterosessuali e fertili. Il volume presenta la genitorialità, lo sviluppo psicologico e la qualità delle relazioni genitori-figlie/ figli nelle differenti forme che le famiglie omogenitoriali possono assumere, in particolare quelle che hanno fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita e alla gestazione per altri. Scritto alla luce delle più recenti evidenze empiriche e dei modelli teorici più attuali nell'ambito della psicologia familiare, evolutiva e dinamico-clinica, questo libro costituisce un riferimento essenziale per le studentesse e gli studenti dei corsi di laurea in psicologia, nonché per tutte le professioniste e i professionisti impegnati nel lavoro con le famiglie, omogenitoriali e non.