
"Non sono mai esploso di gioia, ma ho visto i miei tifosi pazzi di felicità. Non sono mai rimasto a bocca aperta, ma li ho visti emozionarsi. Non mi sono mai messo le mani nei capelli, ma li ho visti disperarsi. Non ho mai avuto un sorriso stampato sul volto, ma li ho visti divertirsi tanto. Eppure dentro, in silenzio, a modo mio, quello che hanno vissuto apertamente loro l'ho vissuto anch'io." Autentico filosofo del calcio, uomo di Sport senza compromessi e senza mezze misure, allenatore amato ovunque abbia importato le sue idee, fondatore di Zemanlandia, la terra promessa del gol, Zdenek Zeman è un'autentica figura di culto. In cinquant'anni di carriera ha diviso ma soprattutto unito, fatto discutere tifosi e addetti ai lavori, versare i proverbiali fiumi d'inchiostro però mai, prima d'oggi, si era raccontato con la sua viva voce. Mai aveva spiegato il suo calcio e illustrato i suoi metodi di allenamento così in dettaglio, mai aveva parlato in modo così intimo della sua vita fuori dal campo. Lo fa in queste pagine che sono esattamente come lui: profonde, piene di intuizioni folgoranti, divertenti e sincere nel raccontare se stesso e tutto ciò che ha visto e costruito nel mondo del pallone. Dai primi gradoni nel Foggia dei miracoli alla Lazio di Signori, Nesta e di un Nedved scoperto prima di tutti; dalla Roma di un giovanissimo Totti (il "ragazzino", come lo chiamava il presidente Sensi) al quale Zeman affida le chiavi della squadra e la fascia da capitano, alle battaglie per un calcio lontano dalle farmacie e dagli uffici finanziari, dal doping reale e amministrativo; dal Pescara dei tre gioielli Immobile, Insigne e Verratti ("Ciruzzo", "Lorenzolo" e "Marcolino", futuri campioni d'Europa) a oggi. Fra autobiografia e manifesto, "La bellezza non ha prezzo" regala pagine traboccanti di un amore straordinario per il gioco del calcio e per tutto ciò che di più bello può caratterizzarlo: la passione dei tifosi, lo spirito di squadra, la cura dei talenti. È la storia di un uomo - e di un allenatore visionario - che ha sempre anteposto i suoi ideali all'imperativo di vincere.
Artemisia, signora di Alicarnasso, fu a capo della flotta caria che affrontò gli Ateniesi a Salamina; di lei Erodoto narra le gesta compiute sotto le insegne di Serse, il Re dei Re. Condusse le navi piú veloci che la flotta persiana potesse vantare dopo quelle dei Sidoni. Fu al fianco del re achemenide quale preziosa e scaltra alleata. I suoi consigli furono spesso decisivi: convinse Serse a desistere dall'intento di proseguire nella disperata conquista dell'Ellade. Secondo una leggenda, morí, per un amore non corrisposto, gettandosi dalla rupe di Leucade. Madre, sovrana, pirata, moglie e capitana di mare, Artemisia passerà alla storia come traditrice delle idealità greche per avere messo le proprie indiscutibili capacità navali al servizio dell'impero persiano. Questa è la prima biografia di Artemisia, che dal Re dei Persiani Dario ebbe in dono la potestà sull'isola di Cos e sull'arcipelago limitrofo, donde muoveva la propria implacabile attività corsara. Assistendo alla disfatta della sua flotta, ma ammirando il coraggio e la destrezza della sua condottiera in battaglia, Serse affermerà, con somma, quanto trita sprezzatura maschilista: « gli uomini mi son diventati donne e le donne uomini».
Guerra e shock energetico. Cambiamento climatico. Squilibri demografici e pressioni migratorie. Ricatti alimentari. Non è facile distinguere fra crisi vere e false Apocalissi annunciate da profeti interessati a gettarci nel terrore. Siamo entrati in un'era segnata dalla scarsità. Ci sentiamo assediati da ogni sorta di penuria. Mancano l'energia e spesso anche l'acqua. Alimenti essenziali costano più cari. Troppe aziende lamentano di non trovare lavoratori. Sullo sfondo c'è la decrescita della popolazione, che non risparmia la Cina. Con l'inflazione e il rialzo dei tassi diventa più rara e costosa la moneta. Quanto è reale, quanto è «fisica», oggettiva e palpabile, la scarsità in ciascuno di questi aspetti? Quanto è invece fabbricata, artefatta, il risultato di comportamenti e scelte politiche sbagliati? È irreversibile? O invece è un fenomeno temporaneo da cui usciremo come guarimmo da altre crisi? Il trauma, cominciato con la pandemia e aggravato dalla guerra in Ucraina, sarà solo l'inizio di una fase storica segnata da ristrettezze, sacrifici, razionamenti e tagli su tutto? Dalla profezia errata sulla fine dello sviluppo che fu l'ossessione degli anni Settanta, dovrebbe essersi insinuato fra noi un dubbio: che vedere dietro l'angolo l'Apocalisse imminente sia un tratto di civiltà decadenti. In Europa diverse opinioni pubbliche chiedono sempre più Stato. Gli aiuti erogati durante la pandemia sono un antipasto rispetto a tutto quel che viene richiesto ai governi per proteggerci dalle avversità. Uno Stato-mamma troppo invadente addormenta i riflessi vitali e non è efficiente, sono state proprio le scelte dei governi negli anni passati ad aver fabbricato questo disastro. L'Italia è il paese occidentale più vulnerabile alla tentazione statalista, per il suo debito pubblico già eccessivo; perché ha una burocrazia invadente e inetta; perché una parte della sua popolazione ha introiettato l'assistenzialismo come orizzonte di vita. I passaggi d'epoca, le grandi rotture storiche, si capiscono guardando a un triangolo fondamentale: energia, moneta, tecnologia (che include le armi). L'America domina ancora quel triangolo strategico. L'Europa arranca in ritardo. Ha le idee confuse, invischiate in dogmi e tabù. Ha più velleità che ambizioni. Ha il disarmo facile. E con il disarmo arriva la sottomissione. Il lungo inverno all'insegna di tante scarsità è anche inverno della ragione. Lo supereremo se attingiamo alle qualità del nostro modello, non se ammiriamo chi ci odia. Il lungo inverno può preludere a una stagione di creatività, in cui troveremo risposte innovative ai nostri problemi energetici ed economici.
Come mai i linguaggi digitali hanno un così grande appeal nei giovani? È solo per i contenuti, per le opportunità che offrono? Non è forse la struttura stessa della comunicazione che vi si realizza a essere efficace? E tale struttura ha qualche cosa da dire all'azione pastorale?La questione da tempo interroga la missione evangelizzatrice della Chiesa. La situazione non è mutata nel tempo della pandemia, anzi le pratiche digitali sono state protagoniste in tutti i campi, con un notevole incremento per quanto riguarda i servizi religiosi.Il laboratorio teologico-pastorale da cui è nato questo libro rappresenta il tentativo di approfondire alcune dinamiche di fondo della comunicazione multimediale, per parlare di fede nello spazio digitale in modo adeguato a essere compreso dai giovani.
La memoria umana, si sa, è labile e la realtà complessa: dopo una pandemia globale, la malattia e la morte vicine, un nuovo clima di guerra, reale e mediatica, che si è instaurato, cosa può significare ancora essere resilienti? Sergio Astori torna a parlare di Resilienza ora che il mondo è cambiato, che la comunicazione è cambiata e questa parola tanto estesa è entrata anche nel linguaggio politico. L'autore fa leva sulle parole che hanno segnato questo cammino, dalla presa di coscienza della vulnerabilità umana alle ferite che ne sono derivate per passare alla cura e alla riparazione. La scommessa della resilienza è quella di cogliere segnali di fiducia, speranza e capacità realizzativa e allora un'attenta rilettura del passato, della sfida, del cambiamento, può segnare, anche nelle parole, il futuro. La testimonianza di Speranza Scappucci, direttore d'orchestra e prima donna a dirigere un'opera al teatro alla Scala di Milano, scrive un nuovo capitolo della resilienza tra cultura, impegno e uguaglianza. Con una conversazione con Speranza Scappucci.
L'invasione russa dell'Ucraina è il momento di frattura dell'ordine internazionale scaturito dalla fine della Guerra fredda. Il conflitto innescato da Vladimir Putin nel cuore dell'Europa accelera un mutamento che sconvolge il mondo in cui viviamo, fa emergere in maniera brutale come sul pianeta vi siano quattro grandi attori, le cui caratteristiche e capacità sono a tal punto superiori rispetto al resto della comunità internazionale da poter rispolverare, come propone Maurizio Molinari, la definizione di imperi, reali o potenziali. Russia, Unione europea, Stati Uniti e Cina popolare: una partita fra vecchie e nuove grandi potenze, ognuna con un'identità, una genesi storica, degli interessi e un orizzonte assai peculiare, ingaggiate in una sfida per la leadership globale che non ha più connotati solo economici e diplomatici, ma anche militari. Maurizio Molinari, da sempre attento osservatore della politica internazionale e profondo conoscitore delle dinamiche in atto, ci aiuta a capire quali esiti può avere questo confronto, spiegandoci, anche con lo strumento delle mappe, la portata dei mutamenti a cui stiamo assistendo e la minaccia che incombe sulla sicurezza di tutti noi, europei in primis. Con un focus sul ruolo dell'Italia sul nuovo scacchiere del Mediterraneo allargato che va delineandosi. Perché il conflitto in Ucraina non costituisce solo il ritorno della guerra nel Vecchio Continente, ma offre una rappresentazione drammatica della sfida tra democrazie e autocrazie, che solo una attenta analisi come quella offerta in queste pagine può permetterci di comprendere a pieno. Nella consapevolezza che quelli a venire saranno anni difficili e di tensione crescente, per far fronte a una minaccia che tutti, leader e opinioni pubbliche, hanno il dovere di comprendere per poter poi disinnescare. Con le mappe che spiegano il mondo che verrà.
La guerra in Ucraina e la rimilitarizzazione dei rapporti tra le potenze hanno rimesso al centro dell'attenzione il tema della sicurezza. Ma già dall'inizio del XXI secolo preoccupazioni analoghe erano state sollevate dagli attacchi dell'11 settembre 2001 e dalla conseguente guerra globale al terrore, poi dalla tempesta economica del 2007-2009, subito dopo dall'offensiva terroristica dell'Isis e infine dalla pandemia di Covid-19. Questo crescente senso di insicurezza basterebbe già a rivelare le tensioni che attraversano l'attuale contesto internazionale. Ma la sua intensità non si comprende se si dimentica che, nei quindici anni precedenti, l'Occidente si era convinto di essere avviato verso un futuro opposto, incarnato nel grande progetto del Nuovo Ordine Liberale. Oggetto del libro è il rapporto tra questa promessa liberale di sicurezza e la "frustrazione securitaria" subentrata una volta che la promessa si è rivelata irrealizzabile.
Un panorama completo delle nozioni e delle problematiche inerenti al rischio di suicidio e alla sua prevenzione, secondo i riferimenti e i pareri condivisi dalla letteratura internazionale. Gli esempi, le argomentazioni e le indicazioni che leggerete sono il frutto di ricerche approfondite, ma soprattutto del confronto clinico con il fenomeno suicidario in tutta la sua complessità: i dati ricavati dalla letteratura sono certamente fondamentali, ma nella maggior parte dei casi non abbiamo a disposizione terapie standardizzate, algoritmi decisionali o dati strumentali che permettano al clinico un processo di analisi condiviso. Obiettivo di questo volume è incoraggiare una riflessione e un dialogo tra professionisti per arrivare, anche con il supporto di una documentazione clinica, a una visione del fenomeno suicidario che contrasti valutazioni improprie e riduzionistiche.
Sulle rive dell'Ofanto, nel Mezzogiorno italiano, un secolo e mezzo fa si svolse una grande sfida. Da una parte c'era il brigante, Carmine Crocco. Pastore, militare, bandito di professione, divenne il capobanda più famoso nelle campagne meridionali dopo il 1860. Alla guida del brigantaggio filoborbonico, sperimentò forme di guerriglia che avranno fortuna nel XX secolo, anticipandone gli aspetti politici e una organizzazione criminale su larga scala. Dall'altra parte, il generale, Emilio Pallavicini di Priola, aristocratico sabaudo, militare esperto in operazioni speciali e al comando di reparti schierati nella campagna contro il brigantaggio. L'ufficiale era parte dell'antica aristocrazia di spada e interpretò la conclusione di un processo secolare, in cui i ruoli militari passavano definitivamente ai professionisti della guerra. Nel primo decennio dell'Italia unita furono questi due uomini, lontanissimi per origine e formazione, i protagonisti più conosciuti della guerra per il Mezzogiorno. Carmine Pinto racconta le loro 'vite parallele' e, attraverso queste, gli episodi, i luoghi, le battaglie e le leggende, la guerra tra il primo esercito nazionale e l'ultimo dell'antico regime, fino allo scontro finale e al sorprendente epilogo delle loro esistenze.
Il palcoscenico come dimora. Napoli come fede e, insieme, eresia. Un mestiere e una città che si somigliano: perché sono seconda pelle, difficile da dismettere. Peppe Barra, straordinario interprete e cantante che continua a sperimentare e a sorprendere, si lascia interrogare senza filtri da una firma del giornalismo d'inchiesta. Così la conversazione con Conchita Sannino non è solo un viaggio appassionante e ironico con un mattatore amato da De André a Fellini. Ma si fa subito storia collettiva e 'indagine' sulla propria terra, e sul Sud, in uno snodo cruciale del Paese. Un dialogo sincero e, a tratti, toccante. L'infanzia nella magica Procida. La Napoli devastata dalla guerra. I sogni da bambino prodigio. Fino alla 'rivoluzione' di Gatta Cenerentola, al sodalizio artistico con sua madre Concetta, alla carriera da solista che rinnova una grande cultura teatrale. Ma è la metropoli meridiana, l'altra protagonista. Che non sembra imparare dalle proprie cadute. Che soffre, delude, si rialza. E torna a splendere come capitale dell'immaginario.
"Piero, tienilo tu. Ho deciso di smettere. Se dovessi ricominciare, me lo dovrai restituire." Non ne ebbe il tempo. Conservo gelosamente quell'accendino e mi assicuro che risponda al giro della rotella con quella scintilla di fuoco, di forza, di intelligenza, di determinazione, che ricorda gli occhi del mio amico Giovanni. Nel trentennale della strage di Capaci, Pietro Grasso racconta ai ragazzi Giovanni Falcone, la loro amicizia e le tante battaglie vissute accanto al giudice simbolo della lotta alla mafia. Età di lettura: da 12 anni.
L'elicottero Ingenuity sorvola il deserto rosso di Marte, il robot Perseverance accantona pietre che nel 2030 un altro robot porterà sulla Terra. Il programma Artemis per la prima volta nel 2025 farà camminare una donna sulla Luna. La prossima Stazione spaziale girerà intorno alla Luna e si progettano alberghi esclusivi in orbite terrestri e lunari. Tre miliardari - Jeff Bezos, Elon Musk, Richard Branson - hanno in lista di attesa centinaia di aspiranti turisti spaziali pronti a imbarcarsi sulle loro astronavi. A mezzo secolo dall'ultimo sbarco sulla Luna (1972), incomincia la seconda era spaziale. Il panorama geopolitico è irriconoscibile: non più due superpotenze in guerra fredda ma tre con la Cina che sta per diventare la prima. Non più il libero mercato americano contrapposto allo statalismo sovietico ma, in Russia e in Cina, un ibrido dei due, mentre negli Stati Uniti l'astronautica a fini scientifici cede il posto a quella commerciale. In un mondo abitato da otto miliardi di persone, l'uno per cento della popolazione possiede metà della ricchezza globale: è lì il serbatoio del turismo extraterrestre. Piero Bianucci racconta in queste pagine la grande avventura dell'uomo nello spazio dall'astronomia degli antichi alle scommesse di un futuro sempre più vicino.