
Non è forse vero che soffriamo per amore, che le nostre storie finiscono, che i legami si logorano e che più spesso di quanto vorremmo ammettere ci ritroviamo con il cuore in frantumi e gli occhi pieni di lacrime? E non capita con una certa frequenza di dovere o volere interrompere una relazione amorosa che ci rende tristi e insoddisfatti senza tuttavia riuscire a farlo? Perché non si può semplicemente accettare il cambiamento, l'inevitabile fine, e provare a dire «addio»? Questo libro cerca di rispondere analizzando i congedi amorosi attraverso quarantanove frammenti tratti dalla letteratura, dalla filosofia, dal cinema e dalla storia, percorrendo contro mano la strada già magistralmente esplorata da Roland Barthes nei "Frammenti di un discorso amoroso". È un tentativo per guardare dentro le scatole nere di quegli aerei che sembravano progettati per portarci in paradiso e invece si sono schiantati contro un muro qualsiasi, ai piedi del quale osserviamo i resti di ciò che eravamo quando credevamo di essere tutt'uno con un'altra persona.
Nel luglio 2014, mentre l'epidemia di ebola che ha colpito Liberia, Guinea e Sierra Leone preoccupa il mondo intero, Patrick Sawyer, un avvocato liberiano che sa di aver contratto il virus, atterra a Lagos, in Nigeria. Lì, con l'unico scopo di contagiare quante più persone possibile, riesce, mentendo e corrompendo medici e infermieri, a esportare il morbo in uno dei paesi più popolosi dell'Africa. Così, quello che all'inizio si configurava come un rischio grave ma controllabile, assume le sembianze di una tragedia potenzialmente devastante: diventa un "cigno nero" assoluto, un evento imprevisto e imprevedibile, capace di stravolgere nel profondo la realtà. Nella nostra vita non possiamo fare a meno di confrontarci con l'ignoto, tanto più oggi, visto il disordine che sembra dominare il mondo: dagli attentati terroristici alle crisi economiche, dalle catastrofi naturali ai venti di guerra, siamo circondati da potenziali "cigni neri" che minacciano la nostra stabilità, e ciò accade non solo a livello economico e politico, ma anche nel nostro microcosmo personale, per decisioni che riguardano la carriera o l'organizzazione delle prossime vacanze. Non possiamo pensare di poter controllare ogni singola variabile, e spesso percepiamo di essere in balìa del caso.
Oltre a perseguire le finalità caritatevoli che le hanno caratterizzate sin dalle origini, le fondazioni svolgono oggi altri ruoli: promuovono la filantropia, sperimentano politiche e favoriscono la collaborazione tra attori diversi. Di origine privata o pubblica, sono state riscoperte perché particolarmente adatte ad affrontare problemi tipici delle società contemporanee. Da quelle civili a quelle bancarie, nel volume si spiega cosa sono e come nascono le fondazioni, si forniscono dati sul settore in Italia, si chiariscono i ruoli di istituzioni - né stato né mercato - utili a sostenere l'innovazione nel sistema di welfare.
Quale eredità hanno lasciato i fondatori del Centro milanese di terapia della famiglia? Il primo insegnamento di Boscolo e Cecchin è stato l’infedeltà, intesa come irriverenza nei confronti del dogma. È per questo che gli autori dei saggi qui raccolti partono dal solco dei maestri ma guardano all’innovazione. Il secondo insegnamento, conforme al primo, è la ricerca attiva. Se è vero che la persona, con la sua complessità sempre in divenire, non può essere ridotta a un insieme di sintomi, si deve superare il concetto statico di “guarigione”, uscire dalle pareti e dalle regole del setting e insistere sulla cura del paziente intrapresa con partecipazione.
Attraverso l’esposizione di riflessioni teoriche e nuove pratiche cliniche, in queste pagine prende forma il lavoro compiuto dagli eredi del Milan Approach in contesti di grande attualità: richieste di asilo, violenza domestica, psicologia dell’emergenza, situazioni di affido, conflitti familiari e della coppia.
I CURATORI
Pietro Barbetta è l’attuale direttore del Centro milanese di terapia della famiglia e insegna Teorie psicodinamiche all’Università degli Studi di Bergamo. Nelle nostre edizioni ha pubblicato Anoressia e isteria (2005) e Complessità e psicoterapia (2019).
Umberta Telfener è responsabile delle relazioni internazionali presso il Centro milanese di terapia della famiglia e vicepresidente dell’European Family Therapy Association – Training Institute Chamber (EFTA-TIC). Nelle nostre edizioni ha pubblicato Apprendere i contesti (2011) e curato Complessità e psicoterapia (con P. Barbetta, 2019).
«Per quasi due anni di spedizione, la nostra routine mattutina è stata scandita da alcuni rituali. Dopo la colazione, lavoravamo qualche ora e poi uscivamo ad esplorare i dintorni. In Baja, questo significava spesso gonfiare il kayak e spingersi tra le foreste di mangrovie oppure al largo di qualche baia. Un giorno fummo così fortunati da essere circondati da un branco di delfini, molti dei quali cuccioli, che presero a giocarci attorno. Altre volte, a farci visita erano enormi tartarughe olivastre che, al nostro primo accenno di meraviglia, si immergevano velocemente per ricomparire svariati metri più in là. Una mattina decisi di oltrepassare il punto in cui la baia dove avevamo dormito si apriva sul mare aperto, prima che l’alta marea chiudesse il passaggio. Il sentiero era disseminato di conchiglie, nidi di uccelli marini abbandonati, una carcassa di coyote, un paio di mandibole e tutto quel che restava del processo di sfilettatura delle catture quotidiane dei pescatori. Tra queste, un numero indescrivibile di piccolissime teste di squalo martello smerlato. Ne raccolsi una con il rispetto di chi sa che potrebbe essere l’unica volta in cui si trova al cospetto di una creatura tanto antica e misteriosa». Una naturalista percorre il Nord e il Sud America raccontando, giorno per giorno, un viaggio on the road attraverso gli ecosistemi più affascinanti e minacciati della Terra. Bracconaggio, deforestazione, inquinamento, cambiamento climatico, diffusione di specie aliene. Ma anche luoghi straordinari, specie animali e vegetali che resistono e comunità che combattono perché il proprio territorio venga preservato.
Con una scrittura singolarmente limpida, in Quel ragazzo di via Solferino, Gaspare Barbiellini Amidei si presenta come cronista partecipe di decenni e momenti importanti per l'Italia, dagli anni Settanta ai giorni nostri, e anche come protagonista di alcuni incontri notevoli con Montale, Pasolini, Borges, Montanelli, Biagi, e altri. Con l'esperienza ormai smaliziata di uno sguardo critico e partecipe sulla realtà, sfilano davanti alla memoria fatti e testimoni importanti, dalla strage di Piazza Fontana, all'assassinio di Walter Tobagi, al clima difficile e alle strumentalizzazioni degli anni di piombo, alla P2, ai referendum sul divorzio, sulla procreazione assistita. Incontriamo le riflessioni dedicate alla religiosità e alla fede, e all'ateismo nella modernità, o al senso di continuità e trascendenza che la nostra società sembra aver perduto, e ai temi dell'immigrazione, del volontariato, del terrorismo e del problema climatico, alle responsabilità della politica e del campo economico e finanziario, al ruolo degli intellettuali, dell'informazione, dei media nel riferire e nel servire la verità, "riga dopo riga". Direttore e vicedirettore di importanti quotidiani italiani, intellettuale cattolico, giornalista innamorato del suo mestiere e acuto conoscitore dei meccanismi della comunicazione, della politica, del potere e dell'economia, l'autore offre ai suoi lettori un "diario intimo", che concilia il ricordo e la storia personale, la riflessione etico-morale e la passione per l'informazione, e che diviene spesso una vera e propria lezione di giornalismo, diretta ai giovani.
Che cosa hanno in comune gli ultimi samurai giapponesi e i burocrati della nostra pubblica amministrazione? Quali armi utilizzano i moderni samurai per bloccare le riforme? E perché la resistenza che oppongono è la vera ragione per cui è tanto difficile riformare, aprire i mercati alla concorrenza, evitare la corruzione? In questo libro l'economista Francesco Giavazzi e il giornalista Giorgio Barbieri individuano nella burocrazia, che da mercati bloccati ottiene potere e rendite, la corporazione che maggiormente si oppone al cambiamento del Paese.
Un manuale per diventare editori, per divertirsi e imparare da soli o con gli amici, con i genitori o con gli insegnanti. Illustra passo per passo le tecniche per produrre libri di ogni tipo, dal libro fisarmonica al mini-libro, dal libro valigia al libro d'artista, senza dimenticare il "libro-libro". Età di lettura: da 8 anni.
Come il "com-passo" permette di tracciare un segno preciso se la punta rimane fissa al centro, così questo libro indica una serie di percorsi che conducono la persona a una autentica centratura. In questo modo ogni processo formativo può essere centrato nella realtà più vera e profonda della persona e tracciare "con-passo" sicuro sentieri di crescita e trasformazione. Il testo, infatti, nasce "sul campo" dall'esperienza formativa dell'autrice con l'intento di offrire itinerari di carattere psicologico- spirituale a coloro che, a vario titolo e in vari contesti, hanno compiti di formazione e accompagnamento della persona. Il libro propone una progressiva guarigione da ogni forma di schizofrenia, di separazione tra la testa e le emozioni, tra la materia e lo spirito, tra il corpo e l'anima. La ricca esperienza dell'autrice aiuta a integrare i saperi psicologici con aspetti di ricerca spirituale: è questa l'originalità del testo pervaso di concretezza e di semplicità.
La parola razza è tornata di moda. Ma siamo sicuri di sapere cosa significhi esattamente? E quanto dipendono dai nostri geni i rapporti fra persone di cultura diversa e le disuguaglianze sociali? Questo libro, attraverso un percorso storico-critico di grande fascino, ripercorre le tappe del dibattito sulle basi biologiche della diversità umana, dai primi tentativi di classificazione razziale fino ai moderni studi sul DNA. Ci racconta come la genetica sia riuscita a ricostruire le fasi più remote del cammino dell'umanità, dalle nostre origini africane alla colonizzazione dei cinque continenti, e come queste conoscenze smentiscano l'idea ottocentesca che l'umanità sia frammentata in gruppi biologicamente distinti, quei gruppi che in altre specie si chiamano razze.
Non bisognerebbe affrontare le sfide del Ventunesimo secolo con l'armamentario concettuale e ideologico del Settecento, ma succede. La convivenza fra persone di provenienze diverse, portatrici di diverse esperienze, stili di vita e convinzioni, pone problemi complessi. Per una curiosa reazione, molti invocano soluzioni illusoriamente semplici - fili spinati, muri, quote di immigrati, fogli di via - rispolverando vecchissime teorie sull'insanabile differenza razziale fra popoli del nord e del sud. Questo testo cerca, al contrario, di stimolare qualche ragionamento. Prima di tutto, sulle responsabilità di molti scienziati nel fornire giustificazioni di comodo per lo schiavismo e il colonialismo; e poi su quanto le teorie della razza, che pure hanno generato sofferenze e conflitti enormi e reali, si siano rivelate irrealistiche, incoerenti e incapaci di farci comprendere la natura delle nostre differenze. "Gli africani siamo noi" racconta anche un po' delle cose che abbiamo capito da quando la biologia ha abbandonato il paradigma razziale: parla di come nel nostro genoma restino tracce di lontane migrazioni preistoriche; e anche di come forme umane diverse, forse specie umane diverse, si siano succedute e abbiano coesistito, finché sessantamila anni fa i nostri antenati, partendo dall'Africa, si sono diffusi su tutto il pianeta.

