
Se pochi intellettuali hanno influito in misura così decisiva nella cultura del Novecento quanto Jean-Paul Sartre, oggi il filosofo francese, per una sorta di vendetta dell'indifferenza, appare messo indebitamente ai margini dal pensiero dominante. Tanto più criticamente suggestivo è per questo il ritratto inedito che ne propone Massimo Recalcati. Al centro il rapporto tra libertà e destino, necessità e contingenza, invenzione e ripetizione, costituzione e personalizzazione. E soprattutto un'idea d'infanzia concepita non tanto come tappa evolutiva o residuo archeologico, quanto piuttosto come presenza inassimilabile che l'esistenza ha il compito di riprendere incessantemente. In tale processo il confronto con Freud e Lacan diventa decisivo: come liberare il desiderio da quel miraggio di totalizzazione compiuta che Sartre definisce «desiderio di essere»? come consegnarlo a una mancanza capace di essere davvero generativa? La filosofia di Sartre è scomparsa dal nostro orizzonte culturale. Con questo libro Massimo Recalcati propone un "ritorno a Sartre". Non tanto rileggendone l'opera alla luce della psicoanalisi, ma mostrando quanto potrebbe essere utile per la psicoanalisi contemporanea non dimenticare la lezione sartriana.
"I classici sono libri senza tempo, raccontano la gioia e il dolore, sono l'immagine di noi stessi: sono il frumento, il nostro pane quotidiano... Il mistero della letteratura è il mistero della vita". La necessità dei classici per comprendere il nostro tempo. La felicità della lettura. La riscoperta di un Canone diverso: sono solo alcuni dei temi toccati da questa intensa conversazione (da Omero a Dante, da Pasternak a Fenoglio) tra Giampiero Neri, decano e "maestro in ombra" della poesia italiana, e un discepolo più giovane che da lui ha appreso l'Abc della scrittura.
Ritorno al diritto significa recupero della ineludibile relazione che vincola il diritto alla società e alla storia. Fin dalla rivoluzione francese, infatti, siamo stati soggetti alla mitizzazion del legislatore: l'affidamento nelle sue mani del monopolio della creazione giuridica ha innaturalmente sacrificato il diritto, riducendolo a voce autoritaria del potere politico. È solo durante il Novecento, il secolo post-moderno, che ha inizio il processo di affrancamento dalla stretta soffocante di un principio di legalità quale espressione dell'imperante assolutismo giuridico e si afferma la libertà da quelle pesanti mitologie che in Italia e in tutta l'Europa continentale hanno plagiato la coscienza collettiva con la connivenza della maggior parte dei giuristi.
Il Sud è la strada di casa e il calore materno delle origini. Tornare a sud dà frutti quando si avvera e dà fiori quando non si avvera. I primi a volte sono dolci e a volte amari, i secondi si nutrono di nostalgia. Al Sud si va in vacanza o si rientra a casa, è l'aria aperta e i frutti appesi, la vita della natura e nella calura. Se il Nord guida il mondo, il Sud lo sorregge; è il suolo della vita, è il luogo della nascita, è la credenza dei ricordi. C'è sud nei tre quarti del pianeta e nei tre quarti del nostro Paese; il Sud esporta umanità. Anche ora che il Sud sprofonda e i ragazzi fuggono, c'è una forza di gravità o di attrazione che spinge verso sud anche chi non è nato a sud; c'è sempre un famigliare, un'origine, un ricordo, un richiamo che ti porta a scendere. Questo libro - che nasce dalla riscrittura e ampliamento di due precedenti opere, "Il segreto del viandante" e "Sud. Un viaggio civile e sentimentale" - è scandito in tre tempi, il passato, il presente e il ritorno a casa, e in tre toni, curioso, divertente e malinconico, più un ragionamento finale sui sentimenti per dedurre la geo-filosofia del Sud, il pensiero del ritorno. Il viaggio scorre attraverso le contrade del Meridione, i suoi punti cruciali, i suoi luoghi d'ombra e di luce. E per compagna di viaggio, madre e matrigna, la nostalgia, che muta l'amaro in amore di ciò che si è perduto.
La nostra società è dominata da una "intemperanza frenetica", quell'inarrestabile tendenza che si manifesta nell'economia moderna attraverso l'individualismo, l'eliminazione di ogni freno inibitore e la soddisfazione di ogni passione disordinata. In questo modo si sono creati pessimi modelli di business e politiche economiche che ci hanno condotto, di crisi in crisi e all'inverno demografico. Questo libro, che unisce considerazioni di ordine teologico, filosofico, giuridico e sociologico, offre l'unica soluzione possibile: la costituzione di una "società organica" e gerarchica, orientata verso il bene comune, che si sviluppi naturalmente e spontaneamente senza l'imposizione di modelli da parte di un pianificatore centrale.
Non fu solo un sogno. Fu la visione lucida e profetica di un gruppo di politici e di intellettuali che colsero l'urgenza di un nuovo inizio mentre ancora imperversava la carneficina della Seconda guerra mondiale. Proporre oggi questa raccolta significa tornare lì dove tutto è cominciato, rileggere le parole di chi lanciò la sfida rivoluzionaria degli Stati Uniti d'Europa per rispondere alla tragedia generata dai nazionalismi, dalla logica di dominio, dalla guerra. Ora che il progetto europeo non sembra più capace di accendere l'immaginazione politica, e quasi nessuna forma di entusiasmo, prima di constatarne l'irreparabile fallimento, è importante tornare alle origini. È determinante rileggere le parole scritte e pronunciate da alcuni dei principali protagonisti. Ritrovare le idee, le ambizioni, le visioni di chi si è battuto per costruire un mondo finalmente libero dal desiderio egemonico di sopraffazione. Gli scritti e i discorsi raccolti in questo libro, che coprono un arco temporale che va dal 1944 al 1957, sono qui riproposti non solo e non tanto per il loro valore archeologico ma per la forza che sanno restituire a un progetto politico che oggi forse più che mai ha raggiunto il suo minimo storico in termini di capacità di coinvolgimento e d'identificazione dei cittadini. Non stiamo parlando dell'ambizione di un gruppo di anime belle: in queste pagine c'è l'antidoto a un mondo altrimenti condannato a distruggere quei valori fondanti della civiltà occidentale che sono la libertà e l'uguaglianza. Un mondo che purtroppo vediamo terribilmente sempre più vicino. Contributi di: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Edgardo Monroe, Winston Churchill, Luigi Einaudi, Alcide De Gasperi, Robert Schuman, Konrad Adenauer. Prefazione di Ferruccio De Bortoli.
Una storia importante alle spalle, il trasferimento a Milano, il lavoro tanto desiderato in una delle radio più seguite d'Italia: quello che dovrebbe essere un punto di arrivo per Frank si rivela in realtà una battuta d'arresto. Avverte, confusamente, che qualcosa non va, che gli obiettivi raggiunti non lo definiscono, anzi lo fanno sentire ancora più smarrito. Qual è allora la sua strada? Per capirlo decide d'impulso di ripercorrere il cammino che è diventato il simbolo stesso di chi cerca la propria autenticità: lo Stampede Trail in Alaska, su cui Chris McCandless, indimenticabile protagonista di "Into the Wild", si allontanò dalla società rifiutando le lusinghe di un futuro dorato ma estraneo. Attrezzatura tecnica, spray antiorso, viveri e molte domande: solo questo vorrebbe portare con sé Frank, per attraversare il fiume Teklanika, ultimo confine fra la civiltà e le terre selvagge, e raggiungere il famoso bus 142. Ma il bello di un viaggio è che ti porta sempre dove non ti aspetti. Così la sua spedizione, che doveva essere in solitaria, si rivela densa di incontri con avventurieri, studenti, un compagno fidato e, finalmente, con se stesso. In questo libro, corredato di foto, Frank racconta la sua avventura e il suo omaggio: fra ghiacci e imprevisti, non trova risposte, ma il proprio ruolo sì. È un underdog, quelli su cui nessuno scommette, sempre in gioco e pronto a ripartire, perché è lì, lontano da tutti, che le cose migliori accadono.
Nella più completa tranquillità di una stanza d’albergo in riva al mare, dove sta smaltendo le fatiche della tappa conclusa da poco, il campione precipita nel gorgo delle allucinazioni e del panico. Al doping non c’è rimedio facile. Come vincere questa battaglia? Trionfare grazie al doping può costare moltissimo. L’atleta lo capirà!
Piero Dorfles appartiene a una generazione che è cresciuta e si è formata prima dell'avvento dei computer. Per certi versi è un dinosauro, anche se non è certo un passatista, o un oppositore del progresso. Tuttavia osserva come il declino del valore della cultura, che trova un terreno fertile nell'espansione delle nuove tecnologie, ha avuto un'enorme influenza sui processi della comunicazione e dell'istruzione, oltre che sulla nostra identità e sui rapporti personali.
Prendendo spunto dal cinema, dalla televisione e dai fumetti, Piero Dorfles ci aiuta a capire come le contraddizioni della modernità rischiano di impoverire la nostra vita interiore e il nostro ruolo sociale. Quello che propone Il ritorno del dinosauro - illustrandoci dall'interno il funzionamento delle istituzioni del nostro paese - è una prospettiva in cui la cultura può rappresentare un antidoto all'involuzione in corso. Perché in un contesto in rapidissima mutazione, solo la cultura - ovvero saper progettare il futuro senza perdere il contatto con le nostre radici - può aiutarci a compiere scelte consapevoli e dare un senso e una direzione alla nostra esperienza.
Non è vero che la mafia è quella che si vede in tv, e che i corrotti e i criminali sono una malattia della nostra società. Qui, in Italia, la corruzione e la mafia sembrano essere costitutive del potere, a parte poche eccezioni (la Costituente, Mani pulite, il maxiprocesso a Cosa nostra). Ricordate il "Principe" di Machiavelli? In politica qualsiasi mezzo è lecito. C'è un braccio armato (anche le stragi sono utili alla politica del Principe), ci sono i volti impresentabili di Riina, Provenzano, Lo Piccolo, e poi c'è la borghesia mafiosa e presentabile che frequenta i salotti buoni e riesce a piazzare i suoi uomini in Parlamento. Ma il potere è lo stesso, la mano è la stessa. II libro è questo: racconta il fuori scena del potere, quello che non si vede e non è mai stato raccontato ma che decide, fa politica e piega le leggi ai propri interessi. Ci avviamo verso una democrazia mafiosa? Gli italiani possono reagire, è già successo.
Quante guerre ci sono nel mondo e di quante siamo a conoscenza? Perché di alcune si parla quotidianamente e di altre - troppe - poco o nulla? Qual è la situazione dei bambini nei teatri di guerra? Quale il rapporto dei giornalisti e dei mass media con i conflitti e la loro narrazione? Queste sono solo alcune delle domande che, avvalendosi della collaborazione di quattordici esperti, la Caritas Italiana pone in questo nuovo rapporto sui conflitti dimenticati. Anche quest'anno i contributi sono diversi per stile, modalità di analisi e contenuto, ma tutti insieme ci restituiscono un ritratto della situazione internazionale che è stata ben sintetizzata da papa Francesco con l'espressione "guerra mondiale a pezzi". Gli autori rispondono poi ad altri quesiti: la guerra è davvero inevitabile? La pace globale è inarrivabile? Quale sarà il nuovo terreno di scontro nel prossimo futuro? Che rapporto c'è fra guerre e ambiente? Si può parlare di più e meglio dei conflitti in corso? Le istituzioni sovranazionali possono fare di più? Caritas Italiana confeziona un volume fondamentale per capire la società globale in cui siamo immersi e, grazie ai numerosi riferimenti sitografici e bibliografici, fornisce strumenti per approfondire questi argomenti e spunti di riflessione per diventare cittadini globali più consapevoli.
Una galleria di ritratti in parte nuova, ispirata a un principio antico, enunciato dallo stesso Pericoli: «una biografia diversa da quella ufficiale, una sintesi visiva, una sorta di faccia-riassunto» – un volto che «somiglia, certo, al volto vero, ma che è ancora più vero perché ne racconta la storia».
«Un famoso critico d’arte del secolo scorso aveva elaborato un metodo per attribuire i quadri. Credeva che la personalità di un pittore si rivelasse soprattutto nei piccoli particolari fisici che sfuggono alla sua coscienza. Botticelli o Giorgione o Raffaello o Michelangelo dipingevano le orecchie, le sopracciglia e il dito mignolo del piede in modi completamente diversi tra loro. Esiste l’orecchio secondo Botticelli o secondo Giorgione o secondo Raffaello. Credo che si possa riconoscere un vero Tullio Pericoli dai piccoli particolari».
PIETRO CITATI

