
Se la rivelazione di Dio si compie nell'incarnazione, il mistero di Dio e il mistero dell'uomo saranno per sempre intrecciati. In questo intreccio emergono, nel Vangelo di Luca, tre grandi temi (il battesimo, il dono e il perdono), su cui si confrontano i due autori, ciascuno attraverso il suo specifico campo di ricerca. La lettura dello psicanalista trova i fondamenti di un'antropologia che non si chiude nell'autoreferenzialità del Sé e si spalanca al mistero dell'altro e dell'Altro. Il teologo propone una visione dell'identità del credente e del popolo di Dio offerta attraverso i lembi di quella ferita che la Rivelazione cristiana provoca nella apparente regolarità dell'esistenza umana.
Gianni Kaufman, analista junghiano, vive e lavora a Milano. È socio ordinario del Centro Italiano di Psicologia Analitica con funzioni di seconda analisi e di supervisione.
È docente della Scuola di Specializzazione in Psicoterapia e del Corso per Psicologi Analisti del Cipa, nonché membro del Consiglio dei Docenti del Cipa, Per dodici anni giudice onorario presso il Tribunale per i Minorenni di Milano, è stato redattore della rivista La Pratica Analitica. Oltre alla pubblicazione di numerosi articoli, ha curato il libro Fra Cristo e il Si. Saggi su Psicologia Analitica e Cristianesimo (2009) e ha collaborato ai volumi collettanei La coppia, incontri e scontri. Percorsi e conflitti nella relazione d'amore (2016) e Metafore del Si (2017).
Roberto Maier, sacerdote milanese, è docente di Teologia all'Università Cattolica del Sacro Cuore e al Centro Studi di Spiritualità della Facolt~t Teologica dell'Italia Settentrionale. Il suo lavoro di ricerca si colloca al confine tra la teologia fondamentale e altre discipline umanistiche. Oltre a diversi contributi in opere collettanee, ha pubblicato The Game of Sophia. Economy Ecology and Human Dwelling (2016) e Il turbante azzurro (2016). Ha curato la traduzione di J-L. Nancy, La custodia del senso. Necessità e resistenza della poesia (2018). Di prossima pubblicazione è Il fondo delle parole.
Poesia ed esperienza spirituale (2019).
Batti un colpo è un'autobiografia, il racconto di una storia di vita e di musica, dal suono fortemente evocativo; l'autore e protagonista è Gianni Dall'Aglio, batterista storico di Adriano Celentano e di Lucio Battisti, fondatore del gruppo beat "I Ribelli". Il leggendario Clan raccontato dietro le quinte, i concerti nell'Italia splendida di quegli anni, il Cantagiro con i suoi personaggi storici, le luci e le ombre del boom discografico. Dall'esperienza artistica con Battisti e Mina del '72, racconti, aneddoti, che da soli valgono il tempo di essere ricordati. La grande amicizia tra Gianni e Adriano è un asse portante del libro, cinquant'anni di collaborazione artistica e umana. Il libro inizia nel momento di maggior drammaticità della vita di Gianni e di sua moglie Orietta. Poche ore prima di entrare in sala operatoria per donarle un rene, lui rivive tuttala sua esistenza. L'uomo e il musicista si alternano nel raccontare momenti di vita. Il coraggio e la paura si intrecciano nei sentimenti alla ricerca di un dialogo con il padre, con la propria interiorità, connessa da sempre alla sua esistenza.
Le emozioni sono fondamentali perché fanno pulsare, giorno dopo giorno, la nostra vita. E possono condizionare in positivo o in negativo il nostro umore, le nostre relazioni con gli altri e, in fondo, la nostra stessa felicità. Allora, che fare? Prima: conoscerle. Secondo: imparare a gestirle. Questo, in sintesi, quanto questo libro propone. Perché, attraverso una corretta conoscenza delle emozioni e una loro consapevole e matura gestione, potremo vivere in armonia con noi stessi e con gli altri. Il taglio adottato nell'affrontare l'argomento è quello non solo scientifico, ma aperto a un orizzonte più ampio: quello della persona nella sua globalità, comprensivo dell'aspetto morale e spirituale. Si tratta di una guida semplice e concreta, in grado di far luce sul mondo delle emozioni con due finalità primarie: conoscere le emozioni e imparare a gestirle. Alla fine di ogni capitolo, le sezioni Strumenti di lavoro e Qualche interrogativo-verifica per te aiutano a percorrere e verificare il cammino fatto, ampliando anche il campo di riflessione ad altri ambiti, per esempio quello biblico.
"Non è più possibile muovere una critica alla società dei consumi senza fare riferimento alle analisi di Jean Baudrillard [...]. È quasi impossibile non riprendere alcune delle sue formule, tanto pregnanti sono le sue intuizioni e forte la seduzione del suo stile letterario. Lo smontaggio della macchina pubblicitaria, la messa in luce della sua onnipresenza manipolatoria e ossessiva sono stupefacenti. La pubblicità ha un ruolo centrale nella costruzione di una società dello spettacolo, anticamera della società del simulacro. I primi cinque libri del nostro autore, un vero e proprio smontaggio della società della crescita, potrebbero, a una prima lettura, essere perfino presi per il pentateuco della decrescita."
Questo volume si propone di offrire un’analisi del pensiero di Bauman, dalla fase della postmodernità alla teorizzazione della società liquida. Bauman è comparabile solo a Max Weber per l’originalità e l’impatto sociale del suo lavoro: l’uno apre il discorso sulla modernità agli inizi del Novecento, con la fondamentale analisi delle religioni e del loro impatto socio-economico, mentre l’altro chiuda il secolo, col tentativo di salvaguardare quanto di sostenibile resti ancora del “tempo nuovo”, benché in una condizione liquefatta.
Carlo Bordoni, sociologo e giornalista, scrive per il Corriere della Sera e la Lettura. Ha insegnato nelle Università di Firenze, Napoli, Pisa e all’Accademia di Belle Arti di Carrara, di cui è stato direttore dal 1990 al 2003
Dal mattino del 6 agosto 1945 il mondo sa che una guerra nucleare è possibile. Chiunque è in grado di immaginare come verrebbe combattuta, e anche con quale verosimile esito. Ma dopo gli eventi del 1989, e più ancora del 2001, al terrore di bombardieri strategici e missili intercontinentali se ne è sostituito un altro, più paralizzante ancora: l'idea che qualcuno, in un posto e in un momento qualsiasi, possa fare qualcosa. A capire chi sia davvero in condizione di fare che cosa è dedicata questa indagine di Langewiesche, che parte dal cuore incandescente dell'esplosione su Hiroshima, attraversa le città segrete dell'ex Unione Sovietica, dove sono tuttora custodite (non sempre il verbo è appropriato) migliaia di testate e tonnellate di uranio, esplora le strade del contrabbando anche nucleare che segnano le montagne del Caucaso, per approdare a due luoghi diversi, ma ugualmente inquietanti: il lago proibito che fornisce di acqua potabile Rawalpindi, dove negli anni Settanta A.Q. Khan - lo scienziato che trafugò i segreti nucleari dell'Occidente, consentendo al Pakistan, alla Corea del Nord e all'Iran di armarsi - era libero di andare in barca a vela, e lo studio di Francoforte dove un oscuro ricercatore americano, Mark Hibbs, elabora tutte le informazioni sul nucleare disponibili, per poi riversarle in articoli riservati a pochissimi specialisti e ai servizi di informazione di ogni paese.
Un professore precario racconta la scuola italiana in presa diretta nei mesi più difficili della sua storia. Un quadro impietoso dove ci si indigna, ma si ride anche con un retrogusto amaro. Infernali collegi dei docenti, le risse alle nomine, il nonnismo tra docenti, il bullismo tra studenti, il razzismo serpeggiante, e infine la disorganizzazione. Un caos che aumenta con l'avvento di riforme scolastiche continue e di una burocrazia che non sembra avere misericordia della formazione scolastica di un paese, dunque del suo futuro. Cosimo Argentina spiega i motivi che animano l'agitazione della scuola italiana in questi mesi con una prosa affilata e l'urgenza di un pamphlet tra invettiva e narrazione. Per dirla con Sandro Veronesi: "Abbracciare una volta per tutte l'idea di complessità contenuta in tutto quello che si studia, per contrastare la pochezza che ispira questa sventurata stagione civile".
Ha scommesso su se stessa grazie a una grande fede in Dio. È stata tra gli ultimi fino all’ultimo dei suoi giorni. Lo ha fatto sporcandosi le mani, andando a vivere lì dove c’era bisogno di una parola di conforto, di un sostegno e della parola del Signore. Madre Assunta Marchetti, beata, è la cofondatrice delle Suore missionarie di San Carlo Borromeo – Scalabriniane. Qui il racconto, scritto in prima persona, della sua vita eroica. Dalla vocazione all’incontro con Monsignor Giovanni Battista Scalabrini, fino al viaggio dall’Italia al Brasile e alle scene che le si presentavano davanti nelle fazendas, luoghi della povertà e dello sfruttamento. Mai sconfortata, si è sempre rimboccata le maniche per cercare di aiutare gli orfani, i migranti, chi aveva bisogno. È un esempio quantomai attuale di una religiosa che ha vissuto il mondo delle migrazioni dell’Ottocento ma che è un modello per le missionarie di oggi. È un esempio per chi si occupa di politiche migratorie e di chi vive quotidianamente il dialogo interculturale. Religiosa dalle molte virtù, non amava parlare di sé, ma trascorreva le sue giornate aiutando gli altri. Servizievole, umile, semplice, povera. I bambini degli orfanotrofi la adoravano. Così come i tanti migranti – all’epoca italiani – che in Brasile le chiedevano aiuto. In sostanza, faceva battere i cuori di speranza. Un po’ come quel cuore che fece tornare a battere nel 1994. Era di un uomo. Un brasiliano. Una suora scalabriniana ha chiesto l’intercessione di Madre Assunta per farlo guarire. E così fu. Il cuore di Eraclide Teixeira Filho tornò a battere e il suo corpo recuperò ogni funzione, senza alcun danno fisico. Nel 2014 Papa Francesco la dichiara Beata.
Se la devozione a santa Rita, la santa delle cause impossibili, ha raggiunto distanze infinite, lo si deve alla beata Maria Teresa Fasce: una donna di slanci e ideali, eppure prudente, con uno spiccato senso della giustizia divina, prima che umana. Forte, temperante, innamorata di Cristo. Una beata che ha trascorso la propria esistenza a imitazione di una Madre. Cascia com'è oggi - con il santuario, le opere di carità, la spiritualità senza rughe - non sarebbe esistita senza Maria Teresa Fasce. Il perché lo scoprirete immergendovi nella lettura di un testo agevole, affidabile per l'approfondita ricerca storica, anche inedita. Il volume è diviso in due parti: nella prima si descrive la vita della Beata; nella seconda si approfondiscono gli aspetti principali della sua spiritualità anche attraverso testimonianze di chi l'ha conosciuta e brani tratti dalle sue lettere.
In questa riflessione affascinante - che non disdegna di soffermarsi anche sulle scelte radicali del monachesimo in tutte le religioni - lo psichiatra Vittorino Andreoli ci avverte che il silenzio è l'unica azione rivoluzionaria che può riportare equilibrio al nostro vivere. L'uomo è l'unico tra i viventi ad avere la peculiarità di "guardarsi dentro". E in questa sua capacità di "introspezione" giunge alla consapevolezza di essere lo straordinario frammento di una gigantesca realtà che sconfina nell'infinito. Si rende conto non solo di essere fragile, ma di essere «un frammento di polvere fragile». In tempi di ipertrofia dell'informazione e di spreco delle parole, «il silenzio parla, proprio perché non dice, e se in esso non si conosce tutta la verità, tuttavia si giunge alla certezza che la verità esiste». Solitudine e silenzio sono dunque necessari per un'igiene della psiche, per un'ecologia dello spirito, per nutrire una relazione feconda con se stessi, ritrovando così, nei rapporti con gli altri, quell'armonia spesso compromessa da aggressività e violenza, abusi e nevrosi. Andreoli denuncia il delirio delle metropoli contemporanee, mettendo in guardia dai danni dell'eccessiva mondanità, dell'ipocrisia delle relazioni, dell'iper-connessione virtuale. Ecco allora l'assoluta necessità di ritrovare una dimensione contemplativa della vita per riacciuffare il senso delle nostre esistenze e per dare spazio «a quel monaco che si nasconde nel profondo di ciascuno di noi, al suo bisogno di solitudine e di mistero, perché una vita pienamente umana non può fare a meno dell'invisibile».
"Beati gli idioti" è la rilettura del romanzo "L'idiota" di Dostoevskij attraverso una lente teologica: il cosiddetto Discorso della montagna riportato nei Vangeli. Il libro si compone di tre parti: un serrato confronto con i principali interpreti di Dostoevskij sull'identità profonda del principe Myskin, protagonista del romanzo; una lettura "teatrale" del testo proiettato in una dimensione scenica, passato al setaccio delle otto beatitudini evangeliche; una conclusione sul valore estetico ed etico dell'idiozia. Si parte dall'antica tradizione ascetica e spirituale dei "folli in Cristo", che si ritrova ovunque nella letteratura russa e nella tradizione ortodossa, viandanti e pellegrini alla sequela del Cristo oltraggiato e vilipeso, posti in relazione sistematica con le beatitudini evangeliche, quindi con le singole figure dei "Beati" prese in esame nel celebre Discorso della montagna. Assumendo questa prospettiva, il principe Myskin diviene il prototipo del cristiano in cammino, né Cristo né il diavolo, ma colui che, pur nella fragilità umoristica delle sue esperienze, "ci sta provando": l'avventura di un povero cristiano.
Hanno inventato il 'beat', sono stati, assieme a Bob Dylan, i padri del rock, hanno scritto alcune delle canzoni più belle e famose del secolo scorso, hanno contribuito a rendere 'visibili' i giovani, hanno stabilito nuove regole d'abbigliamento e di vita, hanno fatto crescere i capelli a un'intera generazione, hanno cambiato alcune regole della nostra vita e molto, molto altro ancora. Il tutto con una dozzina di album, tutti passati alla storia, e in meno di dieci anni, tra il 1962 e il 1970. Un decennio rivoluzionario sotto molti punti di vista, così com'erano rivoluzionari i Beatles. Rivoluzionari erano il loro modo di stare in scena, il loro abbigliamento, i loro atteggiamenti privati e pubblici, la loro ricerca sonora, il modo di comporre, di usare lo studio di registrazione, di proporsi in pubblico, di sparire dalle scene, e la lista potrebbe continuare a lungo. La musica pop, tutta la musica pop, ha un enorme debito verso i Beatles. Non soltanto le band e gli autori che hanno deliberatamente preso spunto dalla loro lezione, ma anche chi, per contrasto, l'ha rifiutata, perché entrambi, i 'favorevoli' e i 'contrari', hanno dovuto fare i conti con gli straordinari cambiamenti, le radicali innovazioni, le incredibili invenzioni dei quattro di Liverpool. Innovazioni che hanno cambiato in maniera radicale il volto della musica popolare, l'hanno trasformata, aperta, liberata, portandola a essere arte.