
Dal 1980 il periodico Parola Spirito e Vita si è affermato come strumento di lettura spirituale della Bibbia. Ogni sei mesi un numero monografico di Parola Spirito e Vita conduce all'incontro con le Scritture, non solo come libro di riferimento per i fedeli, ma come parola viva capace di portare l'uomo contemporaneo alla scoperta di Dio: un appuntamento di riflessione essenziale per gruppi biblici, comunità, operatori pastorali e per tutti coloro che aspirano a una conoscenza più intima e profonda della Parola.
L'introduzione di Ida Soldini
Il dato di fatto storico che il dialogo ebraico-cristiano è germogliato su suolo ebraico – fra la fine dell’800 e l’inizio della seconda guerra mondiale – passa quasi inosservato, tanto è evidente. Per un cristiano è come assistere da una posizione privilegiata – proprio per grazia – ad una straordinaria lotta. Essa è combattuta in un medesimo tempo sia come quella di Giacobbe con la misteriosa Presenza, sia come quella del giovane Davide contro il gigante pagano Golia. E le ferite più profonde vengono inferte ad Israele dalla prima delle due!
I suoi frutti più alti mettono in discussione proprio il confine fra il ‘dentro’ e il ‘fuori’, fra l’antagonista divino e l’antagonista pagano: possiamo prendere a testimoni Franz Rosenzweig, che sulla soglia del battesimo, a seguito di una profonda meditazione del vangelo di Giovanni, decise di restare ebreo; ed Edith Stein, che da una posizione totalmente atea riconobbe Cristo e contemporaneamente la propria inalienabile appartenenza al popolo ebraico. All’inizio del XX secolo, sullo sfondo dell’immane tragedia che fu in Europa la prima guerra mondiale, entrambi scoprirono per vie diverse ma con identica profondità quanto il cristianesimo interpellasse la loro identità ebraica.
Con la semplicità e l’acutezza che contraddistinguono il suo pensiero, il papa riconosce: “Solo dopo la seconda guerra mondiale [noi cristiani] abbiamo cominciato davvero a capire che anche l’interpretazione ebraica [della Scrittura] possiede una sua specifica missione teologica nel tempo ‘dopo Cristo’ ” .
E nel 1950 fu Hans Urs von Balthasar il primo a raccogliere questa sfida, prendendo come interlocutore di quello che genialmente chiamò un ‘solitario colloquio’ uno dei giganti del pensiero ebraico del ‘900, Martin Buber, grande amico di Franz Rosenzweig, il quale era prematuramente morto di SLA già nel 1929.
L’ipotesi di Balthasar parte dalla costatazione che
“in nessun altro luogo si estende un tale deserto di più interminato, incalcolabile silenzio [che non qui,] dove si può documentare che Hegel abbia rinvenuto la dialettica storica e la dialogica: nel luogo in cui l’unico, prescelto popolo di Dio, il centro della storia, si rapporta a se stesso nei termini di antico e nuovo Patto.”
E seguendo Buber per tutti i meandri del pensiero moderno e contemporaneo, come anche per quelli meno battuti della teologia ebraica della storia e della mistica chassidica e cabalistica, giunge fino a discutere questa sua conclusione:
“L’alternativa non sembra risolvibile: o Dio basta eternamente a se stesso, e allora della tragedia della creazione non può importargli nulla, ma perciò stesso essa perde tutta la sua serietà; o questa tragedia è invece di una serietà assoluta, e in essa Dio è impegnato a fianco del mondo, il suo dolore non gli è indifferente, perché qualcosa in Lui, la sua Schekinà, ne soffre. […]
Noi in realtà inclineremmo a dire che su questo punto Buber oltrepassa, nell’unica forma a lui possibile, i limiti dell’antico Patto, e contrae un debito con la croce di Cristo: il mistero più profondo dell’antico Patto, il dolore del Servo di Dio, ha certamente nozione del mistero della vicarietà, ma nulla lascia intendere che questo stesso dolore sia divino.
Per lasciare che rifulga il segreto dell’ultima solidarietà di Dio con la sua creazione, e senza poterlo interpretare nel senso di un’incarnazione, non resta altra possibilità che servirsi della terminologia del panteismo cabalistico, anche se si finisce apparentemente per contraddire il principio della ‘Urdistanz’, la distanza originaria.
Ma cos’è la Schekinà, cosa la testimoniata, e la fa degna di fede? È forse possibile, pur continuando a muoverci nell’obbedienza alla parola di Dio, infrangere in un punto diverso da quello stabilito da Dio stesso il limite fra Dio e la creatura, in quello cioè dell’unione ipostatica delle due nature in Cristo? Non dobbiamo forse intendere proprio da questo punto di vista quanto è detto sullo Spirito di Dio che si rattrista e geme, come indica anche tutto il contesto del capitolo 8 della lettera ai Romani?
Noi cristiani dobbiamo ammettere che con il fatto fondamentale di Cristo l’Urdistanz vetero-testamentaria è stata oltrepassata in modo decisivo. Che Dio abbia in Cristo voluto assumere il dolore del mondo, nella sua natura umana, dimostra che un tale dolore non Gli è indifferente, e che Egli ne è toccato e commosso nella sua stessa natura divina. Non possiamo affermare contemporaneamente che Dio sia intimamente coinvolto nella tragedia del mondo, e che questa gli sia totalmente indifferente. Se non intendendo la trascendenza di Dio come talmente alta, e di una tale grandezza, che gli sia possibile intraprendere una simile compagnia in modo totalmente libero.”
Il papa sposa ed amplia la prospettiva inaugurata da Balthasar, affermando con “Heinrich Schlier nel suo commento alla lettera ai Galati: «La Torà del Messia Gesù è in effetti una ‘interpretazione’ della legge mosaica […] una ‘interpetazione’ mediante la croce del Messia Gesù.»”
E nella valorizzazione dell’intepretazione che l’ebreo Gesù propone alla vicenda ebraica dal suo interno, interpretazione riconosciuta come autorevole dal rabbino Jacob Neusner e per questo da lui discussa, si situano anche le ricerche degli autori appartenenti alla Comunità Cattolica d’Integrazione che qui vengono proposte in versione italiana.
Desiderando dare seguito al dialogo fra il papa e il rabbino cominciato nel primo volume dell’opera che Joseph Ratzinger ha dedicato alla figura di Gesù di Nazaret, dove tutto il capitolo in cui viene discusso il discorso della montagna è una serratissima, dotta e pia disputa fra i due , ci propongono di considerare anche altri punti nei quali il dialogo diventa vivace, in particolare un’esegesi delle parole e della dottrina di Gesù in cui si rilevano una profusione di riferimenti e di citazioni testuali dei Profeti, del Deuteronomio, del Pentateuco, e un’attenzione a situarle nel loro contesto storico tale da permettere di riconoscervi presenti le tracce degli insegnamenti rabbinici contemporanei a Gesù, documentati in seguito nel Talmud.
Gli autori della Comunità d’Integrazione ci propongono anche di considerare i limiti della lettura che Jacob Neusner fa del Nuovo Testamento, perché ad esempio non considera che il vangelo di Matteo, ed esclude, propedeuticamente ma anche pregiudizialmente, il vangelo di Giovanni e gli altri scritti che pur testimoniano di Gesù.
Non è piccolo perciò il merito di quest’opera che si propone di facilitare e rendere più spedito un dialogo dal quale ci aspettiamo ancora molte sorprese, perché fin dalle sue origini, totalmente umane, attraverso i suoi sviluppi lungo l’ultimo secolo e infine in questa su ultima e autorevolissima ripresa si può intravedre il sigillo della mano divina che conduce la storia.
Introdotto da un discorso di papa Benedetto XVI, il volume consta di due parti. Nella prima, riccamente illustrata con fotografie, mappe e immagini d’arte, vengono presentati la vita, le opere e il messaggio dell’apostolo Paolo. Riproduzioni di preziose miniature arricchiscono invece la seconda parte dell’opera che comprende gli Atti degli Apostoli, le Lettere di San Paolo e dei testi introduttivi per comprendere meglio le letture. Il volume, realizzato in occasione della celebrazione dell’Anno Paolino, rappresenta un’opera di pregio, con una preziosa rilegatura arricchita da fregi e rilievi, con il taglio oro delle pagine e una elegante confezione.
Alleanza, tempo, notte, fuoco, acqua, banchetto, festa, pellegrinaggio, tempio, appartenenza: le categorie di un itinerario biblico che racconta l'incontro vivo tra Dio e l'uomo.
Le beatitudini sono formule sintetiche, che bene si prestano a trasmettere il grandioso messaggio teologico con cui Gesù annuncia la gioia piena e completa che l’intervento di Dio nella storia porta con sé. Adoperate dal Maestro in numerose occasioni, le beatitudini si sono impresse nella memoria degli apostoli, i quali le hanno ripetute dopo la Pasqua di risurrezione come sintesi della «buona notizia» del Cristo e le hanno raccolte come primo annuncio del Vangelo stesso. Sono sorprendenti le categorie di persone qualificate come «beate», perché le situazioni che sembrano ostacolare la felicità sono proposte come vie per conseguirla. Eppure non sono queste il fattore determinante. Decisive sono, piuttosto, le motivazioni, che evidenziano l’opera divina a favore dell’umanità: il Signore dell’universo interviene per consolare e saziare, dare la terra in eredità, trattare con misericordia, mostrare il proprio volto e accogliere gli uomini nell’intimità della propria famiglia. Superando una lettura moralistica, questo studio letterario e teologico delle beatitudini privilegia un’interpretazione kerygmatica, che valorizza anzitutto l’annuncio di ciò che fa Dio. Per questo Gesù si congratula con i destinatari, rivelando loro che «possono» vivere quegli atteggiamenti fondamentali in forza dell’opera divina e ripetendo con insistenza: «Beati voi!».
Informazioni sull'autore
Claudio Doglio (1959), presbitero diocesano, laureato in Lettere classiche, ha conseguito la Licenza in Scienze bibliche e il Dottorato in Teologia biblica. è docente di Sacra Scrittura presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale nelle sedi di Genova e Milano. Condirettore e redattore della rivista «Parole di Vita», ha pubblicato diversi articoli e studi biblici, in particolare sull’apocalittica: «Il primogenito dei morti. La risurrezione di Cristo e dei cristiani nell’Apocalisse di Giovanni» (Bologna 2005); «I salmi del pellegrino» (Milano 2007); «Introduzione alla Bibbia» (Brescia 2010).
Il testo è pensato come una serie di 31 brevi meditazioni a partire da versetti biblici, scelti seguendo l’ordine dei libri dalla Genesi all’Apocalisse.
Si tratta sempre di meditazioni a carattere spirituale e non esegetico, per accompagnare la meditazione lungo l’arco di un mese.
I nuclei tematici sono: Eucaristia come umile presenza di Dio tra noi, come dono di Amore, come nutrimento, come comunione e carità fraterna, come viatico, come Dio in noi e noi in Dio (vita interiore), come pregustazione del cielo.
L’Eucaristia è iL sacramento della presenza reale di Cristo in mezzo al popolo di Dio in cammino verso il compimento della storia di salvezza. E' il pane dell’uomo pellegrino, “viator”; è il sostegno necessario per affrontare la fatica della strada, spesso accidentata, piena di insidie e di ostacoli imprevisti.
(L’autrice)
Punti forti
La fama dell’autrice. Un mese con l’Eucaristia attraverso una serie di 31 agili e brevi lectio su alcuni versetti scritturistici. Evento che consiglia l’uscita: XXV Congresso Eucaristico ad Ancona a settembre 2011.
Destinatari
Diretto al larghissimo pubblico, poiché la collana, secondo quanto indicato negli Orientamenti pastorali dei vescovi italiani, vuole valorizzare la pratica della lectio divina sia a livello personale che comunitario.
Autrice
Anna Maria Cànopi è abbadessa dell’abbazia benedettina “Mater Ecclesiae” sull’isola di San Giulio (Novara). Già conosciuta e apprezzata per la sua collaborazione all’edizione della Bibbia Cei e alle edizioni ufficiali del Messale e dei Lezionari liturgici, è voce autorevole nell’ambito della spiritualità biblica, liturgica e monastica. Numerose le sue pubblicazioni di ampio respiro ecclesiale. Con Paoline Editoriale Libri ha pubblicato molti testi, fra i quali recentemente: La Grande Settimana (20072), La santa Messa (2008), oltre ai sedici volumetti di lectio divina nella collana Coltivare la Parola.
Gli scritti religiosi di Newton sono databili tra il 1660 e il 1680. Tenuti nascosti per secoli, ora tornano finalmente alla luce. Considerati come opera senile, se non minore, il reale motivo di tale colpevole dimenticanza è certamente il fatto "sconcertante" che Newton assegnasse alle Scritture un valore conoscitivo non dissimile da quello scientifico e che applicasse in questa lettura dell'Apocalisse e dei libri profetici lo stesso metodo deduttivo che ha trionfato nella sua opera fondamentale, i Principia Mathematica. Le Scritture diventano così strumento di dimostrazione e di conoscenza razionale delle verità ultime. Trascritta direttamente dai manoscritti originali, corredata da un'ampia introduzione e dal testo inglese a fronte, quest'opera si propone come un importante contributo alla conoscenza del grande Newton.
"Ogni traduzione è un'interpretazione, come lo è già la comune lettura. Chi legge è vincolato alla fissità del testo - non può cambiarlo: ne viene interrogato, ma al tempo stesso lo interroga.
Questa singolare circolarità rende diverso chi legge e insieme diversifica il testo, ne moltiplica i sensi".
Bastino queste parole di Salvatore Natoli per introdurre alla versione del Qohelet di Amos Luzzatto: il libro della Bibbia più discusso da teologi e filosofi, perché tocca i dilemmi dell'esistenza umana, mostra qui un altro suo volto, femminile. Chi era Qohelet? Perché il suo nome porta una desinenza femminile?
"Perché Qohelet, almeno 'quel' Qohelet che parla, è proprio donna", spiega Luzzatto: "una donna sapiente, forse un'allieva del re Salomone, che gli fa da portavoce in vecchiaia".
La nuova traduzione del Qohelet qui presentata è una riflessione ebraica sui suoi enigmi: gioventù e vecchiaia, vita e morte, divenire ed eternità. Un libro sapienziale, appunto, perché ha per oggetto la ricerca (capire la realtà), l'utilità (scienza pratica), la rettitudine (il giusto fare) e la verità (scienza, fede, etica).
Una lettura biblica che insieme offre elementi per un pensiero ebraico al banco di prova di problematiche etiche e anche scientifiche.
L'autrice ripercorre le principali linee di riflessione della teologia femminista degli ultimi vent'anni: spaziando dall'esegesi biblica alla teologia sistematica e alla storia, esplora la questione di Dio al femminile, il Gesù incontrato dalle donne, lo Spirito della preghiera, le donne nella chiesa.
Questo importante libro sostiene una verità fondamentale e cioè che i quattro Vangeli sono basati sulla testimonianza oculare di coloro che personalmente conobbero Gesù. Il celebre studioso di Nuovo Testamento, Richard Bauckam, sfida l'affermazione secondo cui il resoconto della vita di Gesù cominciò a diffondersi come "tradizione di una comunità anonima", affermando invece che esso fu trasmesso "nel nome" dei testimoni oculari. Per sostenere questo punto controverso, Bauckham pone l'enfasi su evidenze letterarie interne, l'uso di nomi propri della Palestina del primo secolo, e sui recenti sviluppi nella comprensione della tradizione orale. Gesù e i testimoni oculari prende in considerazione anche le ricche risorse dei moderni studi sulla memoria, in particolar modo in psicologia cognitiva, rifiutando le conclusioni dei critici e richiamando gli studiosi di Nuovo Testamento ad attuare un taglio netto con questa lunga e dominante tradizione. Alla fine Bauckham sfida il lettore a metter fine alla classica divisione tra il "Gesù storico" e il "Gesù della fede", proponendo invece il "Gesù della testimonianza" così come è presentato dai Vangeli. La presente opera è innovativa e sarà apprezzata da studiosi, studenti e da chiunque voglia comprendere le origini dei Vangeli.
Este libro tiene como fin redescubrir el acontecimiento narrado en el Evangelio, volver a encontrarnos con Dios. Para ello, salimos al paso de Jesucristo, el Hijo de Dios hecho hombre, que nos ayuda a conocer al Padre, a descubrir su grandeza y su infinito amor. Para conocer a Jesucristo es necesario meditar el Evangelio.
Se presenta primero una breve biografía de Juan, para comprender mejor su obra. Luego se recorre el texto evangélico, para contemplar cuanto nos narra y saborear las enseñanzas de Jesús, tal como el Discípulo amado las recuerda al final de su vida.
Antonio García-Moreno es Canónigo Lectoral de la Archidiócesis de Mérida-Badajoz. Licenciado en Derecho Civil por la Universidad de Sevilla, doctor en Teología bíblica por la Pontificia Universidad Gregoriana y licenciado en Ciencias Bíblicas por el Pontificio Instituto Bíblico de Roma. Desde hace más de cuarenta años imparte clases en el Seminario de Mérida-Badajoz, y en la Facultad de Teología de la Universidad de Navarra.
Además de numerosos trabajos, ha publicado: El Cuarto Evangelio. Aspectos teológicos; Jesús el Nazareno, el Rey de los judíos. Estudios de cristología joánica, y Temas teológicos del Evangelio de San Juan.

