
Da tempo la ricerca storico-religiosa e antropologica ci ha insegnato che la mitologia non è prerogativa del mondo greco, e soprattutto che il "mito" - quale forma del pensiero espressa mediante la figura e il racconto - è, almeno in certi casi emblematici, l'unica maniera possibile per rappresentare quanto vi è di enigmatico nel rapporto dell'uomo con ciò che sta al fondo dell'esperienza, con Dio. Vi sono però culture religiose, come quelle di tipo monoteistico a cominciare dal giudaismo, che sono refrattarie al pensare mediante il mito perché ciò è giudicato incompatibile non solo con la loro visione di Dio, ma anche e soprattutto con il ruolo in essa svolto dalla morale. Il mito tuttavia si può scorgere nella preistoria del testo biblico, e talvolta riconoscere come materiale inerte riciclato in un lavoro redazionale che comunque ha provveduto a neutralizzare o a snaturare il significato originario in vista di finalità diverse. Un esempio interessante di questo lavoro demitizzante della Bibbia è fornito proprio dal racconto del giardino di 'Eden - con i suoi protagonisti, Dio, Adamo ed Eva, e i suoi eventi, il peccato e la cacciata - alla cui indagine è dedicato questo libro.
In una prosa vivace e accattivante Michael Coogan ripercorre la lunga storia dei dieci comandamenti cercando di spiegare per quali vie siano diventati il decalogo. La Bibbia ebraica tramanda versioni diverse del decalogo: perché furono necessarie? come si giunse a stabilire quale fosse la più autorevole? Nell'agile saggio di Coogan si approfondisce il significato che i dieci comandamenti poterono avere per lettori dei tempi biblici, e si fa osservare come la loro forma non sia mai stata fissa e perché non sempre siano stati osservati rigorosamente. Oggi è evidente che non tutti i valori sanciti dal decalogo sono difendibili, non ad esempio la proprietà di schiavi né la donna come possesso dell'uomo. Quale funzione continuare a riconoscere ai dieci comandamenti?
La Sindone di Torino, il famoso lenzuolo di lino che secondo la tradizione ha avvolto il corpo flagellato di Gesù Cristo, rimane un affascinante mistero. Nonostante molti credano che si tratti di un clamoroso falso medievale, resta un oggetto misterioso e pieno di significato che affascina gli uomini di ogni tempo e si presta al confronto con la scienza in tutte le sue branche. Questo libro è un'indagine sui più recenti e importanti risultati della ricerca sulla Sindone: la nuova datazione di un campione del Santo Lenzuolo, ottenuta attraverso l'uso dei raggi X, ha mostrato che dovrebbe avere 2.000 anni e ha anche indicato una possibile nuova ipotesi per ricostruirne la storia nascosta prima del suo arrivo in Europa.
La vicenda di Lazzaro è nota.
Morto da quattro giorni, è riportato in vita da Gesù poco prima della sua ultima, decisiva, salita a Gerusalemme. Ma davvero conosciamo tutto di questo episodio narrato nel Vangelo? Perché, a pensarci bene, dietro al racconto di Giovanni si stagliano vari interrogativi: chi erano gli amici di Gesù? Cosa vogliono dire parole come "morte spirituale" e "vita eterna"? È possibile cambiare vita? La Bibbia dice il vero? Con la profondità che l'ha reso celebre negli Stati Uniti, James Martin, da buon gesuita, immerge il lettore nella scena descritta dalla Scrittura: il luogo, le parole, i personaggi coinvolti e i significati reconditi del più celebre e impressionante miracolo che Cristo abbia mai compiuto. Passando dalle diverse interpretazioni esegetiche alle reinterpretazioni artistiche, letterarie e cinematografiche del personaggio Lazzaro, Martin ci consegna al confronto esistenziale con noi stessi davanti a quella tomba: siamo disposti a correre il rischio della vita eterna? Perché se Lazzaro è tornato in vita, anche la nostra morte non sarà per sempre.
Il volume guida il lettore in un percorso attraverso la storia e la produzione letteraria di Israele dal I millennio a.C. al II secolo d.C., per ricostruire le circostanze sociali, politiche e culturali in cui hanno avuto origine i testi poi riuniti nelle Scritture ebraiche e cristiane. La nascita dei libri biblici si colloca fin dall'inizio entro un più vasto campo di tradizioni e interpretazioni: essi si sono costituiti e sono stati accolti dalle rispettive comunità come esito della ricezione di tradizioni orali e di scritti precedenti, ripresi, riformulati e commentati. Il "canone", che ci si presenta oggi nella sua forma rigidamente definita, è risultato di un processo di selezione e del confronto continuo con una letteratura più ampia, ricca e varia per forma e profilo teologico. Il principio alla base di questa ricognizione storico-critica è che la Bibbia ebraica e quella cristiana non possono essere adeguatamente comprese l'una senza l'altra, perché condividono un processo di formazione unitario. Ripercorrerlo significa gettare una luce nuova sulle relazioni secolari tra ebraismo e cristianesimo e sulla loro storia che è anche, fin dalle origini, storia dell'interpretazione della Bibbia.
Sono qui raccolte le ventisette lettere che Pietro Rossano scrisse al "rabbino di Asti" Paolo De Benedetti nell'arco di un ventennio (1968-1988). Traspare l'esperienza di un'amicizia autentica tra due intellettuali di alto calibro, che condividono impressioni, letture e pareri. Si trovano tracce del contesto storico e delle vicende culturali di quegli anni, specialmente di ambito editoriale: De Benedetti ha lavorato in Bompiani, Garzanti e Morcelliana, mentre Rossano è stato direttore editoriale di una collana di Utet e poi di un'altra di Rusconi. è proprio come direttore editoriale e curatore di libri che lo ricorda De Benedetti, in una testimonianza riproposta nel libro. Ma è la sapienza la cifra più sintetica per parlare di questo rapporto: quella della Bibbia, da entrambi studiata e amata, del giudaismo, della filologia che dice cura e passione per la Parola e le parole, del dialogo, unica strada per incontrare se stessi e la pace.
Le lettere di Paolo sono i testi più antichi del Nuovo Testamento, così antichi che al momento della loro redazione il cristianesimo non esiste ancora. Ci raccontano di giudei e greci che credono che Gesù di Nazareth, un predicatore galileo morto crocifisso, sia il Messia. La loro non è la fede generica in un dio amorevole che ricompenserà i suoi devoti: il Regno di Dio è il risultato dell'imminente scontro apocalittico in cui Cristo sconfiggerà le forze del male, e il vangelo deve essere annunciato alle nazioni affinché si schierino dalla parte giusta. Se il quadro generale è chiaro, assai meno lo sono i dettagli: Paolo non ha elaborato una teologia coerente e sistematica, né ha fondato un'organizzazione gerarchica dei credenti; l'annuncio del vangelo ha dato vita a una ekklêsia, ma non c'è ancora una chiesa. Questo libro tenta di ricostruire quello che nei testi si trova solo in forma frammentaria e implicita, un "manuale di istruzioni" per prepararsi all'apocalisse: come si fa a vivere in un mondo condannato alla distruzione? come vanno riconfigurati i rapporti sociali? che cosa è lecito e che cosa è proibito? In altre parole: che cosa significa rivestirsi di Cristo e diventare uomini nuovi?
Si può prendere il Vangelo di Giovanni alla lettera? «Si può e senza recare la minima offesa alla nostra ragione e alla nostra indagine seria del fatto storico, perché Giovanni era un semita e i semiti hanno il dono di una memoria tenacissima, Giovanni era un analfabeta el'analfabeta non è distratto dalla scrittura e vive dell'ascolto, Giovanni era vecchissimo e la vecchiaia fa ritrovare i ricordi dell'infanzia e della gioventù, ma soprattutto, Giovanni nell'atto di scrivere era mosso, assediato dallo Spirito Santo il quale era padronissimo di fargli ricordare tutto». Giuseppe Sandri dall'età di 43 anni fino alla morte visse come pellegrino itinerante per annunciare il regno di Dio. Negli ultimi tre anni, dal 1982 al 1984 qualcuno registrò nascostamente alcune sue conversazioni che poi furono trascritte. In questo libro sono stati raccolti e ordinati alcuni brani di quelle conversazioni che riguardano il Vangelo di san Giovanni. Di tanto in tanto sono stati aggiunti, come ulteriore contributo, alcuni passi tratti da pubblicazioni curate da Sandri (Lettere da Stibbio, Epistole e Vangeli dei giorni festivi, Lettere di san Paolo) e altri presi da suoi appunti inediti.
La Sapienza di Dio è rivelata nell'Antico come nel Nuovo Testamento.
È impossibile conoscerla e apprezzarla se queste due parti della Bibbia sono mantenute separate. Il Nuovo Testamento cita l'Antico a volte approvandolo, altre volte omettendone particolari, altre ancora presentandolo come anticipazione tipologica di realtà neotestamentarie.
Molti cristiani non hanno una grande considerazione dell'Antico Testamento. Altri trovano problematico l'uso che di questo fa il Nuovo Testamento.
David Gooding offre in questo volume un manuale di interpretazione delle Scritture in cui è sottolineata l'importanza del rapporto tra i due Testamenti, al fine di favorire il tentativo di comprenderli, interpretarli ed esporli.
Un gioco per conoscere i numeri contenuti nella Bibbia. Un gioco perfetto per il tempo libero in famiglia, durante le ore di catechismo o durante le attività dell’oratorio.
Lo scopo del gioco è arrivare alla fine del percorso accumulando più carte BENEDIZIONE possibile; non vince quindi chi arriva per primo alla meta.
Quattro percorsi biblici diversi: Abramo (GENESI), Mosè (ESODO), Pietro (VANGELO) e Maria (APOCALISSE), per arrivare a Gesù, la meta della vita cristiana, su un tabellone puzzle da comporre prima di cominciare a giocare.
La scatola contiene anche tre tipi diversi di carte: DOMANDA sui numeri nella Bibbia, SFIDA contenenti piccole operazioni divertenti, BENEDIZIONE con vantaggi che aiutano ad arrivare alla fine del precorso. Vince chi alla fine ha raccolto il maggior numero di carte benedizione.
Fino al V secolo, i Padri latini utilizzavano instrumenta per indicare l'insieme delle Scritture o loro parti: le consideravano mezzi con cui Dio si fa conoscere e tramite cui l'uomo può accogliere la proposta salvifica divina. Essi erano consapevoli della distanza linguistica e culturale che si frappone tra quegli scritti e i loro nuovi destinatari e, comunque, nutrivano il desiderio di coglierne il messaggio al fine di corrispondere alla volontà divina. Perciò, fin dall'inizio elaborarono metodologie in parallelo, in dialogo o in autonomia rispetto ai grandi interpreti ebrei o non cristiani. Tale impegno è proseguito nel tempo contribuendo a rendere l'ermeneutica una disciplina autonoma. La collana si inserisce in questo solco e offre preziosi strumenti per comprendere le Scritture di Israele e della Chiesa antica. Illustra le metodologie più aggiornate e adeguate per interpretare in modo corretto i testi biblici secondo il loro corpo di appartenenza. Gli autori, docenti del Pontificio Istituto Biblico e della Pontificia Università Gregoriana, sono tra i più qualificati esponenti dell'esegesi biblica in campo cattolico.
Nel corso del tempo si è considerata la giustificazione per la sola fede come il nucleo della teologia di Paolo. Antonio Pitta, uno dei massimi paolinisti, rimette al centro un tema che percorre tutte le lettere paoline: la speranza. Ne segue il nascere e il plasmarsi, dai primi scritti (1 Tessalonicesi) fino al testamento postumo (2 Timoteo). L'analisi per ordine cronologico permette di cogliere il passaggio dal Dio della speranza a Cristo nostra speranza, fino alla speranza nella vita eterna; dalla parusia di Cristo (lettere autografe) alla sua epifania (lettere pastorali). Non dove si andrà, ma con chi si sarà, oltre la morte, è l'essenza della speranza: essere «in Cristo» per essere sempre «con il Signore». Mai riportata negli elenchi delle virtù, come invece l'amore e la fede, la speranza è evento, dono e condizione. In tale dinamica si conferma l'importanza dello Spirito: esso è la fonte della giustificazione sperata. Il volume si chiude riflettendo su quali conseguenze trarre dalla centralità della speranza nel pensiero e nella mistica di Paolo e come possa contribuire a una moderna teologia della speranza.

