«Questi Memoirs di Thomas Jones sono il primo esteso resoconto che si conosca della vita d'un artista inglese a Roma nella seconda metà del decimottavo secolo. È uno dei più informativi e divertenti racconti di viaggiatori che si possan leggere, perché, a differenza della maggior parte di tali opere, dà poco spazio alla visita dei monumenti e molto alle personali vicende, ai contatti sociali, alle dicerie. Dà ragguagli di come, con chi, e con quale soddisfazione e insoddisfazione abbia alloggiato e mangiato, e riferisce particolari che a noi sembrano privi d'interesse, ma, stimolato dall'ambiente straniero, riesce diarista vivo e pittoresco, lui che dopo tutto era un mediocre pittore di paesaggio, trovato dai contemporanei "freddo come porcellana" e "così così", contraffattore, nella tarda età, delle maniere del Wilson e dello Zuccarelli. Dell'Urbe, ad esempio, non ti mostra tanto le glorie quanto quella vita d'ogni giorno che aveva molti aspetti meschini, per non dire sordidi. Le vicende del soggiorno napoletano sono pure varie e spassose, ma il racconto finale che chiude le memorie, e riguarda il viaggio di ritorno in Inghilterra su una nave svedese con ciurma finlandese, è un impareggiabile diario d'una penosa e incompetente navigazione che durò tre mesi, dal 6 agosto al 3 novembre 1783, ed è un esempio, estremo ma tutt'altro che insolito, di come fossero lente ed esasperanti le comunicazioni tra Inghilterra e Italia ancora alla fine del Settecento: una lettura che riempirà di soddisfazione e delizia i moderni, che coi più recenti aviogetti posson coprire la distanza tra Roma e Londra in men di due ore». Presentazione di Mariastella Margozzi. Introduzione di Mario Praz.
«La storia della libertà statunitense e dell'impero edificato, e costantemente ridefinito, per proteggere questa libertà è una storia complessa e per nulla univoca, entro la quale sono coesistiti processi diversi e apparentemente non complementari: espansione democratica e rimozione violenta delle popolazioni native; imperialismo conquistatore e utopie modernizzatrici; sostegno all'autodeterminazione e razzismo; impegno per la preservazione della pace in Europa e interventi destabilizzanti in varie parti del mondo, America Latina su tutte.» Mario Del Pero racconta la storia degli Stati Uniti e dei suoi rapporti con il resto del mondo: dall'Indipendenza sino alla presidenza di Obama e all'elezione di Donald Trump.
«L'ascesa degli Stati Uniti a grande e unica potenza del sistema internazionale è avvenuta sfruttando (e consolidando) una rete d'interdipendenze, create anche e soprattutto dagli Usa, che hanno poi finito per costringere gli stessi Stati Uniti, limitandone la libertà d'azione e riducendone in una qualche misura la sovranità»: ma cosa ha portato le tredici colonie nord-americane della Gran Bretagna a trasformarsi col tempo nella potenza egemone che conosciamo oggi?
Mario Del Pero racconta questa storia attraverso tre grandi fasi: la costruzione di un impero continentale mossa dall'ambizione di realizzare un unico Stato dalla costa atlantica a quella pacifica; l'affermazione, a cavallo tra Otto e Novecento, di un impero tra gli imperi; infine l'irresistibile ascesa dell'impero globale, interprete di una politica di potenza che dal secondo dopoguerra in avanti proietta nel mondo l'egemonia statunitense e fa degli Usa il garante degli equilibri geopolitici mondiali. Una iperpotenza unica per la sua superiorità assoluta e relativa, ma anche vulnerabile e spesso isolata. Capace, con l'elezione di Barack Obama – come sottolinea questa nuova edizione – di risollevarsi e rilanciare una volta ancora la propria immagine, ma non più in grado di imporre le proprie posizioni al resto del mondo.
Questo volume disegna un ponte tra l’antico regime e la modernità: il lungo Ottocento, il periodo tra le rivoluzioni (americana e francese) e la prima guerra mondiale. È il luogo di formazione delle nostre idee e del nostro mondo, di cui però non va nascosto il carattere antico, in cui vanno riconosciute tutte le incrostazioni di una storia secolare. La scintilla dell’industrializzazione genera soggetti sociali nuovi, anche se al centro della scena rimangono protagonisti che poco hanno a che fare con essa: aristocratici, proprietari fondiari, professionisti, contadini, artigiani. Si affermano le idee di libertà, democrazia, diritti individuali, ma persistono imperi antichi e se ne formano di nuovi. Nel momento in cui l’eguaglianza viene posta a fondamento della vita collettiva, viene con altrettanta forza giustificata l’ineguaglianza, a tutela delle gerarchie che regolano il funzionamento della società. Prospettive diverse, in apparenza incompatibili, si sovrappongono formando un mix complesso che tocca ancora al nostro tempo sciogliere.