
Da tempo immemore ci si chiede chi sono gli italiani: ha cominciato Dante con la ‘serva Italia’; poi d’Azeglio con gli ‘italiani da fare’; gli ‘italiani nuovi’ fascisti o gli ‘italiani brava gente’. E allora quando diciamo: «Prima gli italiani!», cosa significa? Come si traduce in un paese dai confini incerti, diviso tra nord e sud, est e ovest, città e campagna? Un paese che fa fatica a usare la propria madrelingua, che racconta a sé stesso una storia composta di micromemorie di parte. Un paese in cui i momenti più divisivi della vita pubblica sono proprio le feste nazionali. Attingendo a piene mani dalla storia e fornendo molti dati significativi, Francesco Filippi ci invita a riflettere su una delle frasi che abbiamo sentito ripetere infinite volte e come una ovvietà: «Prima gli italiani!». Sì, ma che vuol dire?
La parola latina religio è solitamente tradotta in italiano con ‘religione’: ma si può davvero parlare di ‘religione’ nell’antica Roma? Che origine avevano gli dèi? Per quali ragioni, con quali intenti e in che modi ci si rivolgeva loro? Ha senso parlare di ‘fede’ nel contesto di una religione politeistica? Ancora: che impatto ebbe la conquista romana del Mediterraneo sui culti delle comunità sconfitte? Perché Roma non tentò di imporre sistematicamente i propri riti attraverso il suo enorme impero? E davvero l’avanzata del cristianesimo si deve spiegare con l’eclissi di una moribonda religione ‘pagana’? Un’ampia esplorazione ci condurrà da Roma fino agli angoli più remoti dell’impero, dall’Eufrate al Vallo di Adriano, dalle splendide città del Nord Africa ai grandi santuari della Gallia transalpina, in un percorso alla scoperta di uno degli aspetti meno conosciuti del mondo romano.
Questo studio interdisciplinare esamina come la retata nazista degli ebrei a Roma il 16 ottobre 1943, dagli arresti alla deportazione del 18 ottobre, sia stata rappresentata nella letteratura italiana. Attraverso il rapporto triangolare tra storia, memoria e letteratura Mara Josi mostra come 16 ottobre 1943 di Giacomo Debenedetti (1944), La Storia di Elsa Morante (1974), La parola ebreo di Rosetta Loy (1997) e Portico d’Ottavia 13 di Anna Foa (2013) abbiano operato a livello personale e collettivo: in altre parole, sul lettore e sulla società. Dal dicembre 1944, i testi letterari su questo evento hanno facilitato la comprensione e la commemorazione a livello nazionale e internazionale. Sono stati portatori di consapevolezza storica e canali di memoria; non solo risultati della rievocazione, ma anche ingredienti attivi nel processo di formazione della memoria culturale.
L'Impero romano non è mai caduto. Tutti gli imperi della storia si sono presentati come eredi degli antichi romani: l'Impero romano d'Oriente; il Sacro Romano Impero di Carlo Magno; Mosca, la terza Roma. E poi l'Impero napoleonico e quello britannico. I regimi fascista e nazista. L'impero americano e quello virtuale di Mark Zuckerberg, grande ammiratore di Augusto: il primo uomo a guidare una comunità multietnica di persone che non si conoscevano tra loro ma condividevano lingua, immagini, divinità, cultura. Roma vive. In tutto il mondo le parole della politica vengono dal latino: popolo, re, Senato, Repubblica, pace, legge, giustizia. Kaiser e Zar derivano da Cesare. I romani hanno dato i nomi ai giorni e ai mesi. Hanno ispirato poeti e artisti in ogni tempo, da Dante a Hollywood. Hanno dettato le regole della guerra, dell'architettura, del diritto che vigono ancora oggi. Hanno affrontato questioni che sono le stesse della nostra quotidianità, il razzismo e l'integrazione, la schiavitù e la cittadinanza: si poteva diventare romani senza badare al colore della pelle, al dio che si pregava, al posto da cui si veniva. A noi italiani in particolare i romani hanno dato le strade, la lingua, lo stile, l'orgoglio, e il primo embrione di nazione. E se l'Occidente è cristiano, è perché Roma diventò cristiana. Attraverso un racconto pieno di dettagli e curiosità, alla portata del lettore colto ma anche di quello semplicemente curioso, Aldo Cazzullo ricostruisce il mito di Roma, partendo dai personaggi e dalle storie e arrivando alle idee e ai segni. A cominciare da quello che è stato il simbolo di tutti gli imperi del mondo, da Roma all'America: l'aquila.
Al centro dello straordinario fermento del Rinascimento spiccava una figura particolare, strana e affascinante: il mago. Instabile miscuglio di scienziato, bibliofilo, ingegnere, favolista e truffatore, il mago sfidò la fisica e la chimica moderne, lavorando su tutto, dai codici segreti alle macchine d’assedio, ai trucchi di magia. Il più famoso di tutti è stato senza dubbio il dottor Faust, sul quale è costruita la leggenda letteraria del patto con il diavolo cui hanno contribuito scrittori e poeti straordinari come Marlowe, Goethe, Turgenev e Thomas Mann. Il Faust storico, tuttavia, è stato qualcosa di molto diverso: certamente un mago, ma un mago colto e pienamente inserito nelle correnti accademiche e nella vita pubblica del Rinascimento. E non era certo l’unico. Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Giovanni Tritemio e Heinrich Cornelius Agrippa sono tutti personaggi affascinanti, strettamente legati a monarchi, artisti e soldati e sono fondamentali per spiegare perché il Rinascimento è stato un periodo di innovazione così irrequieto. Tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo questi uomini eruditi hanno dato vita a dibattiti sulla magia lecita e illecita, sul divino e sul diabolico e sulla natura dei maghi ‘buoni’ e ‘cattivi’. Hanno trasformato nel tempo la magia in un’arte complessa. Con questo libro Anthony Grafton ci fa rivivere un mondo straordinario in cui magia, religione e scienza erano sapientemente intrecciate.
Nella civiltà delle poleis, ogni generazione mandava soldati a combattere e morire; ogni generazione era testimone di devastazioni e saccheggi. Insomma, la guerra per i Greci faceva parte della ‘normalità’ della vita. È naturale, dunque, che fosse una presenza forte del discorso pubblico, ma anche dell’immaginario, delle espressioni artistiche e del sistema di valori. Ma che rapporto avevano con la guerra gli antichi Greci? Come vivevano questa ‘normalità’? Esistevano voci che si schieravano contro questa pratica, invocando altre vie di superamento dei conflitti? Il libro - facendo tesoro della storiografia ma anche delle voci altissime della letteratura, dall’epica alla tragedia - ricostruisce i tanti aspetti della guerra: dalla sua dimensione pratica e quotidiana alle tecniche militari, dal modo di guardare al nemico al peso degli imperialismi.
Venezia, non a caso chiamata ‘la Regina dell’Adriatico’, prevale sul mare dalle origini fino agli ultimi anni del Settecento, quando ormai le potenze oceaniche avevano relegato la sua flotta a un ruolo marginale. Nei secoli, le imprese navali delle galee e dei vascelli con il vessillo di San Marco registrano parecchie vittorie, qualche sconfitta e persino l’invenzione di uno scontro mai avvenuto. Attraverso la ricostruzione di dieci tra le più importanti battaglie, questo libro offre un affresco ricchissimo non solo di storia politica e militare ma anche di storia sociale e materiale. I marinai del leone alato sono stati tra i primi a utilizzare le artiglierie navali, a organizzare la guerra anfibia, a compiere azioni di commando. Sono più volte riusciti a sbaragliare le navi di un avversario dotato di risorse incomparabilmente più vaste, come l’impero ottomano, grazie alle loro doti marinaresche e alla superiorità delle artiglierie. Pagina dopo pagina, seguiamo sei secoli di imprese navali, di marinai, di coraggio, di fortuna, di sacrifici, di galee e di galeotti, di cannoni e artiglieri.
David Forgacs, uno dei più originali e innovativi studiosi dell’Italia contemporanea, esamina dodici casi di violenza che si sono consumati nel nostro paese e nelle sue colonie tra il 1859 e il 2018. Il risultato è un libro che cambia il modo di pensare non solo alla violenza ma anche alla storia italiana dell’ultimo secolo e mezzo. Dalle battaglie del Risorgimento alle decimazioni della prima guerra mondiale, dallo squadrismo fascista allo stragismo di Stato o mafioso, dalla repressione armata delle proteste al terrorismo nero e rosso, la storia dell’Italia contemporanea è scandita da una serie di atti di violenza. Sono messaggi scritti con il sangue delle vittime con l’intento di comunicare il potere attraverso l’atto violento.
Perché, mentre si preparava a imbarcarsi per la guerra, Crasso avrebbe fatto meglio ad ascoltare il grido di un venditore di fichi? E perché le donne romane erano tenute a baciare sulla bocca tutti i loro parenti maschi la prima volta che li incontravano nell'arco della giornata? Perché intorno alla casa in cui era nato un bambino si aggiravano nella notte tre figure armate di scopa, pestello e scure? Sono alcune delle domande cui rispondono le storie bizzarre raccolte in questo libro: una galleria vertiginosa di situazioni e personaggi, di regole e consuetudini, di miti e credenze, nella quale ogni racconto è arricchito da illustrazioni originali che lo commentano con leggerezza e sapiente ironia. Per scoprire come anche un mondo che crediamo di conoscere da sempre possa presentarsi ai nostri occhi in una luce nuova, spesso sorprendente, diversa da quella in cui siamo abituati a vederlo, ma in ogni caso non meno affascinante.
Spesso si considera la scienza il regno della certezza e della verità. Invece, il dubbio e l’errore sono fondamentali per il progresso del sapere in ogni settore. In questo libro troveremo storie affascinanti di chimica, biologia, medicina e soprattutto di fisica, dal punto di vista di chi sbaglia. Scoprire che anche i grandi della scienza hanno sbagliato sarà una iniezione di ottimismo. Non si tollera, non si riconosce, non si perdona, ma non si può evitare. È l’errore, prezioso compagno di quel meraviglioso errare che è la vita. Un viaggio sorprendente tra memorabili incidenti di percorso della scienza: sbagliare non solo è umano ma spesso è anche molto utile!
Il rabbino capo di Roma e un ebreo che ha assunto posizioni critiche su Israele in guerra si confrontano sulla tragedia in corso e sulle divisioni dell’ebraismo contemporaneo. Affrontano temi di cruciale attualità: le sofferenze di tutte le popolazioni coinvolte nel conflitto, il sionismo religioso, il nuovo antisemitismo, il rapporto difficile con la Chiesa cattolica, la sospetta ammirazione delle destre nazionaliste per Israele, il divorzio degli ebrei dalla sinistra, i rapporti fra la diaspora e lo Stato ebraico, la piaga del fanatismo. I giudizi restano distanti anche sulle polemiche che hanno agitato le Comunità ebraiche italiane dopo la pubblicazione di un appello contro la pulizia etnica sottoscritto da una minoranza di dissidenti. L’ebraismo è al tempo stesso una religione, una cultura e una nazione, ma in che misura questi aspetti possono coesistere senza entrare in conflitto? Ebrei in guerra ha dunque molteplici significati; perché se è vero che Israele chiama gli ebrei a essere coinvolti nella sua guerra, altrettanto vero è che il dissenso interno dà luogo a lacerazioni profonde. Un libro che si cimenta con le domande che tutti si pongono. Perché la vicenda millenaria degli ebrei resta centrale nel nuovo tempo di guerra, e dunque ci riguarda da vicino. Il rabbino capo di Roma e un intellettuale ebreo dissidente si confrontano sulle divisioni che la guerra sta provocando all’interno del mondo ebraico e sul destino dello Stato di Israele.
A partire dal 7 ottobre 2023, un crescendo di lutti ha investito Israele e l’intera Palestina. Alle violenze efferate di quel giorno si è aggiunta la dura cattività degli ostaggi, morti e vivi oggetto di trattative e scambi. Contro il diluvio di bombe israeliane riversatosi sulla Striscia di Gaza si sono sollevate l’opinione pubblica mondiale e le organizzazioni internazionali. Si sono riproposti temi antichi: i limiti di una ‘guerra giusta’, il valore dei ‘diritti umani’, le basi dell’ordine internazionale. Nelle piazze, nei cortei dell’Occidente, nei fulminei messaggi dei social, l’ostilità verso Israele coinvolge le ragioni del sionismo e dello stato ebraico. Insieme allo spettro dell’antisemitismo sono così riapparsi i mostri di un passato che si immaginava superato. Sono risuonati i concetti di colonialismo e di apartheid, di nazismo, di genocidio e di pulizia etnica, slogan schiacciati sul presente, gridati senza consapevolezza del loro spessore storico, branditi come stigma morale, come arma ideologica. Senza conoscenza del tempo e della storia, le piazze e le accademie in realtà muovono l’Occidente contro se stesso, identificandolo con il ciclo secolare dell’appropriazione coloniale, fino a travolgere la difesa dei diritti e la democrazia liberale, che di quell’Occidente sono pilastri principali.

