
Una vicenda palpitante, generosa
di tinte mediterranee, ricca di eros ed
emblematica dell’Italia del dopoguerra.
—la Repubblica
Nel settembre del 1945 Edda Ciano, figlia prediletta di Mussolini e vedova del ministro degli Esteri fascista Galeazzo Ciano, viene mandata in confino a Lipari. Edda era stata una donna intelligente e irrequieta, figura di rilievo anche politico durante il fascismo nonostante la propria natura ribelle: beveva, fumava, portava i pantaloni e accettava i tradimenti del marito, ricambiandoli; quando giunge sull’isola è fiaccata dal dolore, dalla solitudine e dalla malattia. Qui incontra l’ospitalità prima e l’interesse poi del giovane capo del Pci locale: Leonida Bongiorno, partigiano ed erede di una solida tradizione antifascista. La loro storia è quella di un incontro che sembra impossibile e che pure li legherà per sempre. Marcello Sorgi ricostruisce con finezza un’inedita pagina di storia capace di rappresentare i contrasti ideologici e il desiderio di pacificazione di un’Italia che cerca di dimenticare la guerra. Attraverso le lettere, le numerose testimonianze e le fotografie che ritraggono Edda con gli occhi innamorati di Leonida, Edda Ciano e il comunista racconta una passione che brucia ogni convenzione e che cambierà profondamente la vita di entrambi.
Per Zaccheo, quell’uomo sotto la pianta, che non aveva mai
visto, è stata un’improvvisa, un’imprevista presenza che gli
ha detto una novità su se stesso, una novità come promessa.
L’io rinasce in un incontro è il quinto volume della serie “L’Equipe”, in cui si riproducono le lezioni e i dialoghi di don Giussani con i responsabili degli universitari di Comunione e Liberazione. Nel 1986 si verificò il disastro della centrale nucleare di Chernobyl. Giussani riprese l’immagine dell’accaduto in una memorabile diagnosi sulla situazione: “È come se i giovani di oggi fossero tutti stati investiti dalle radiazioni di Chernobyl: l’organismo, strutturalmente, è come prima, ma dinamicamente non è più lo stesso. Vi è come un plagio fisiologico operato dalla mentalità dominante”, la cui conseguenza è una debolezza di coscienza e una profonda fragilità affettiva. Dove la persona si può ritrovare? La persona ritrova se stessa imbattendosi in una presenza che sprigiona un’attrattiva, che provoca e “sconvolge per una corrispondenza alla vita secondo la totalità delle sue dimensioni”. Le incalzanti pagine del libro dispiegano il significato di questa risposta.
“Immigrati o rifugiati,
poco importa.
Oggi in Italia è più
semplice parlare
di clandestini e
rimandarli tutti indietro.”
Sayed ha vent’anni. A undici è dovuto scappare dall’Afghanistan, lasciando la madre e la propria casa, per sfuggire a chi lo voleva costringere a combattere con i talebani. È arrivato in Italia dopo nove anni di viaggio, tra stenti e periodi di prigionia, trattato in modo disumano. Quella di Sayed è solo una delle tante storie raccolte da Laura Boldrini nella sua lunga esperienza in prima linea. Cosa spinge migliaia di persone a cercare di raggiungere le coste italiane sfidando ogni pericolo? Che cosa sappiamo veramente di loro? Dobbiamo averne paura? È giusto respingerli, come il governo italiano ha deciso di fare dal maggio 2009? Oggi nel dibattito pubblico si tende a considerare tutti i migranti allo stesso modo, mettendoli indistintamente in un unico grande calderone e presentandoli come minaccia alla sicurezza. Anche i rifugiati, da vittime di regimi e conflitti, finiscono per rappresentare un pericolo. Un grande equivoco che mina i principi di solidarietà e di diritto radicati da sempre nella società italiana. Dalle parole di Laura Boldrini emerge una realtà invisibile all’opinione pubblica. L’autrice, che negli anni ha affrontato con passione e coraggio alcune tra le principali crisi umanitarie _ dal Kosovo, all’Afghanistan, dal Sudan all’Iraq _ racconta la propria esperienza, maturata nell’incontro costante con il dolore di chi è costretto a scappare. Ma descrive anche l’Italia della solidarietà, spesso oscurata dai mezzi d’informazione: dagli uomini che mettono a rischio la propria vita per salvare in mare i naufraghi partiti dalle coste africane, alle tante persone che nel rapporto quotidiano con immigrati e rifugiati realizzano un’integrazione vera e spontanea, gettando le basi per la società italiana del futuro.
cinesi comunisti sono
diventati capitalisti migliori
di noi. Per questo il loro
modello di sviluppo può
salvare la nostra economia
e, forse, riformare
la nostra democrazia.
La coppia democrazia-capitalismo è in crisi, vittima di una depressione che non è solo finanziaria. Trionfa invece il capi-comunismo visto che mentre la nostra economia va in pezzi, la Cina cresce a ritmi vertiginosi. Più 9 per cento del Pil nel 2009 e un piano di investimenti grandioso: strade, scuole, ospedali, ferrovie, colossali impianti per la produzione di energie rinnovabili. Si può ancora dire che il comunismo è stato sconfitto dalla storia? O è tempo di cominciare a guardare alla società con occhi un po’ più a mandorla? Per esempio, le misure anticrisi attuate dai nostri governi sono servite ad arricchire gli stessi speculatori responsabili del collasso, mentre l’intervento statale cinese ha permesso di limitare i danni e ricominciare a crescere. La nostra vita politica è scossa da continui scandali e violazioni del diritto, mentre in Cina stanno nascendo nuove forme di partecipazione, pur all’interno del partito unico. E tra i grattacieli di Shanghai e Pechino si avverte uno slancio verso la modernità che il vecchio Occidente non riesce più nemmeno a immaginare. Da Margaret Thatcher a Berlusconi, da Wall Street al Cile di Pinochet, passando sempre per Pechino, questo libro racconta una deriva che abbagliandoci con la promessa del benessere ci sta privando della libertà. E grazie a esempi e testimonianze di imprenditori, studiosi, giornalisti, attivisti dei diritti umani spiega invece come la Cina sta lavorando per migliorarsi. Un modello da imitare? Almeno una lezione da apprendere: il nostro capitalismo si salverà solo se sapremo cambiare radicalmente i capitalisti. E il nostro sistema di vita è destinato al tracollo, se non impareremo a guardare con occhi più aperti quella che continuiamo a chiamare “democrazia”.
Un regista leggendario,
due attrici innamorate e gelose,
il meraviglioso scenario delle Eolie.
Uno scandalo e un caso politico
che arriveranno fino in usa.
“Mr Rossellini,
ho visto i suoi film e li ho apprezzati moltissimo.
Se ha bisogno di un’attrice svedese, che parla molto bene
l’inglese, che non ha dimenticato il tedesco, non riesce a farsi
capire molto bene in francese e in italiano sa dire soltanto
“ti amo”, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei.”
Ingrid Bergman
Nella primavera del 1948 un incendio distrugge la sede romana della Minerva film, mandando in fumo chilometri di pellicola. Miracolosamente si salva dal fuoco una lettera, indirizzata a Roberto Rossellini. Recapitata il 7 maggio, il giorno prima del suo compleanno, è firmata da Ingrid Bergman, che, folgorata dai lavori del regista, vorrebbe recitare con lui. Rossellini, all’apice del successo, sta progettando un nuovo film ambientato alle Eolie con Anna Magnani, con la quale vive una relazione appassionata e burrascosa. Lusingato, avvia in gran segreto le trattative con l’attrice svedese. Non immagina che di lì a poco tra di loro esploderà un’attrazione tanto travolgente da far scoppiare un grande scandalo nell’Italia e nell’America allora ancora molto puritane, e un caso politico internazionale, che approderà fino al Senato Usa. Quando Anna scopre di essere stata tradita — come artista e come donna — medita la vendetta: il film alle Eolie si farà, con o senza di lui. Negli stessi mesi, su due isole vicine, Stromboli e Vulcano, due troupe realizzano due film praticamente identici, in un clima reso infuocato dai pettegolezzi. Marcello Sorgi racconta con grande maestria una storia che intreccia dramma e commedia, facendo rivivere i protagonisti in tutto il loro carisma, ma anche nella loro grande umanità: Rossellini bugiardo e intrappolato in un orgoglioso maschilismo; la Bergman ossessionata dall’idea di essere una brava moglie; la Magnani lunatica e dispoticamente capricciosa. Sullo sfondo, compassati nobiluomini siciliani, cronisti senza scrupoli, grandi intellettuali e umili attori improvvisati. E il mondo brillante e pieno di fermento della Roma del dopoguerra, così mirabilmente ritratta dal neorealismo rosselliniano, ansiosa di superare il recente passato per ricominciare a vivere.
“Dopo Il metodo antistronzi sono stato inondato
da “storie di stronzi” da tutto il mondo… E mi sono
reso conto che i capi erano le figure centrali nella
maggior parte di quelle storie.
- Robert I. Sutton
Se almeno una volta nella vita avete avuto un
capo stronzo, questo libro è dedicato a voi:
per non essere mai più vittime passive e
- se anche voi aspirate a diventare capi -
per non somigliare a lui.
“Quando cerchiamo (o sogniamo) un bravo
capo, non vogliamo soltanto qualcuno che
non sia uno stronzo patentato: vogliamo
una persona perbene, e che sappia fare
molte cose.”
Robert I. Sutton
La maggior parte di noi ha un capo, oppure è un capo, o entrambe le cose. E siccome è sul lavoro che trascorriamo una buona fetta del nostro tempo, costruire dei rapporti civili e improntati al rispetto e alla collaborazione tra capi e sottoposti è essenziale per una vita serena e ricca di soddisfazioni. Dopo lo straordinario successo del Metodo antistronzi, Robert Sutton ha deciso di concentrarsi sulla forma di stronzaggine più subdola e letale, quella che va a braccetto con l’esercizio dell’autorità: è più facile essere un bastardo matricolato, quando si occupa la scrivania più grande. L’arsenale del cattivo capo è praticamente inesauribile, dalle forme più sottili e crudeli di mobbing alla pura idiozia: nessuno vorrebbe avere un superiore come quel produttore di Hollywood che licenziava un assistente alla settimana perché “odiava essere guardato negli occhi”, o come il presidente di quello studio legale per cui “contava solo il guadagno, e al diavolo tutto il resto”. Per fortuna Sutton cita anche le eccezioni, come quella dirigente che si incaricò in prima persona di trovare un nuovo impiego ai dipendenti che era stata costretta a licenziare, e si sforzò di farli lavorare fino all’ultimo giorno in un’atmosfera di fiducia e rispetto reciproco. Come riconoscere se il nostro capo è uno stronzo occasionale o uno stronzo patentato e, se necessario, come neutralizzarlo con successo? E se siamo noi a dover gestire un gruppo di lavoro, come riuscire a imitare i capi migliori, e a promuovere il bene dell’azienda e dei colleghi, oltre che il nostro? Testa di capo non è un arido manuale di management, e non pretende di fornire una formula magica per trasformare il luogo di lavoro in un paradiso: in queste pagine scopriremo che un buon capo è testardo ma non troppo, ha la mente aperte ma le idee ben chiare, è una persona decisa ma sa tenere sotto controllo la rabbia, temperandola con l’empatia. Sa quando è ora di ringraziare e di chiedere scusa, ma anche quando è necessario fare il “lavoro sporco” e liberarsi delle mele marce. Non esiste una ricetta infallibile per trasformarsi nel boss migliore del mondo: Sutton ci insegna piuttosto che buoni capi si diventa, con la dedizione e la tenacia, lasciandosi ispirare dai migliori e imparando dagli errori dei peggiori. Essere il capo significa assumersi la responsabilità non solo del rendimento dei sottoposti, ma anche e soprattutto del loro benessere psicofisico: e i due fattori sono correlati, perché un dipendente felice è un dipendente più produttivo. Sotto la guida di persone corrette, preparate e intelligenti, ciascuno di noi può dare il massimo, dentro e fuori dall’ufficio: e vivere meglio.
“Una cosa è la «religione ufficiale» di una persona.
Un’altra è la religione del cuore,
che ognuno porta dentro di sé.”
L’appassionato credo del «teologo ribelle»
che per tutta una vita ha combattuto
il dogmatismo religioso con la più autentica
delle fedi: l’umanità.
“Verso la fede cieca, e verso l’amore cieco, ho nutrito e nutro sospetti fin dai tempi in cui studiavo a Roma.” Questa diffidenza nei confronti di ogni assolutismo ha sempre guidato Hans Küng, il più critico tra i teologi cattolici, il rivoluzionario che ha detto sì alla pillola e no all’infallibilità papale. È possibile oggi, si chiede, credere in una religione? Oppure la complessità del mondo contemporaneo ci spinge sempre più verso un’etica globale, condivisa e condivisibile da tutti? Per illustrare le sue risposte a queste domande universali, Hans Küng ripercorre i momenti fondamentali della propria esistenza. Dai dubbi del periodo universitario ai dissidi con le gerarchie ecclesiastiche negli anni Settanta, dall’impegno volto a favorire il dialogo interconfessionale al conferimento nel 2008 della medaglia d’oro Otto Hahn per la pace, le tappe di questo itinerario esemplare toccano alcuni tra i temi caldi della nostra epoca: il multiculturalismo, la natura contraddittoria della libertà, la delicata relazione tra morale e ricerca scientifica, la necessità di superare i limiti angusti dell’intolleranza religiosa. Questo libro racconta l’avventura affascinante di una ricerca personale instancabile e coraggiosa. Scagliandosi contro il nichilismo di troppi pensatori moderni, Küng accompagna il lettore in una straordinaria ascesa spirituale, alla ricerca di una nuova prospettiva fondata sull’amore, la consapevolezza di sé e il rispetto del diverso. Un autentico inno alla gioia capace di rivolgersi a tutti, anche a chi non crede: perché sia il valore dell’uomo, e non il dogma, a guidare finalmente la nostra storia.
Marion, segretaria dell'Istituto di medicina legale di Parigi, è la scomoda testimone di quello che potrebbe essere un delitto politico. Per proteggerla, la polizia la nasconde a Mont-Saint-Michel, e lì, mentre aiuta il frate bibliotecario, Marion scopre il misterioso diario di un investigatore inglese, Jeremy Matheson, inviato in Egitto nel 1928. Jeremy deve fare luce su una serie di atroci delitti: alcuni ragazzini dei sobborghi più poveri del Cairo sono stati strangolati da una creatura dalla forza smisurata. Per la popolazione si tratta di uno spirito maligno. Ma Jeremy ha ben altri sospetti. Mentre sprofonda nella lettura, Marion comincia a chiedersi come ha fatto il diario a finire nella biblioteca di Mont-Saint-Michel. Forse un monaco è coinvolto in quel mistero? O forse e la stessa vicenda di Marion a essere legata a quell'antico enigma?
Questo volume ci accompagna in un viaggio attraverso
l’architettura spontanea che riflette la vita e la cultura
quotidiana dei popoli del mondo: una piccola guida
visuale con informazioni, schede tecniche, schemi
e fotografie per conoscere meglio un tema di grande
attualità nel dibattito sulla sostenibilità ambientale.
Architettura senza architetti è un viaggio attraverso l’architettura spontanea di tutto il mondo: dai fienili della Pennsylvania alle ger mongole, dai sassi di Matera alle chiese lignee d’Europa. Questo straordinario atlante illustrato documenta i tentativi dell’uomo di rispondere alle primordiali esigenze di riparo sfruttando le risorse con un impatto più lieve sull’ambiente. Tende e caverne, palafitte, case a corte, capanne di tronchi e torri di fango testimoniano la varietà dell’edilizia popolare di ogni paese e la ricca storia culturale degli stili architettonici spontanei. Di fronte ai problemi che minacciano in modo sempre più pericoloso l’esistenza stessa del nostro pianeta, è arrivato il momento di attrezzarsi per lo sviluppo di un’architettura sostenibile. Attraverso un ricco apparato iconografico, questo volume illustra un’interessante raccolta di esempi di strutture pensate e progettate “a misura d’uomo” e sottolinea l’importanza di una questione fondamentale per la nostra epoca.
In certi momenti questi mafiosi mi sembrano gli unici
esseri razionali in un mondo popolato da folli.
Anche Sciascia sosteneva che in Sicilia si nascondono
i cartesiani peggiori.
Giovanni Falcone
Francesco Di Carlo, uomo d’onore e boss di Altofonte, è stato arrestato nel 1985, in Inghilterra. In Italia è tornato dopo undici anni di prigione, da collaboratore: ha aspettato che il proprio debito con la giustizia fosse quasi saldato prima di prendere la decisione, così che nessuno potesse accusarlo di parlare solo per ottenere uno sconto di pena. Confidente di Riina e Provenzano, vicino a Bernardo Brusca e Michele Greco, è stato il punto di contatto della Cupola con il bel mondo, la politica e i Servizi segreti. In questi anni da collaboratore ha testimoniato in numerosi processi, gettando nuova luce su tutti i livelli dell’organizzazione e fornendo spesso particolari sconcertanti: non solo gli omicidi, le estorsioni e le stragi, ma i contatti con gli imprenditori e la trattativa con le istituzioni. Senza paura di dare la propria versione anche su argomenti scottanti: i rapporti tra Berlusconi, Dell’Utri e Mangano, quelli tra Andreotti e i cugini Salvo, la strage di Bologna e quella di Ustica. Enrico Bellavia ha raccolto il racconto diretto della sua vita al limite, per regalarci un ritratto di Cosa Nostra inedito e in molti punti inquietante.