
La tradizione cristiana ha molto da offrire alla convivenza sociale e democratica: basti pensare all’esempio delle virtù, queste predisposizioni ad agire bene che sono il frutto di un’educazione. Thomasset si concentra qui su cinque di esse, combinando teoria e pratica: giustizia, solidarietà, compassione, ospitalità, speranza.
«Per una migliore comprensione di alcune virtù sociali, ne illustrerò il radicamento nella tradizione cristiana, specie nella parola di Dio. Il cristianesimo può alimentare dall’interno questi atteggiamenti, che sono fondamentali per il funzionamento della società» (Alain Thomasset).
Descrizione
Da qualche decennio, specialmente nel mondo anglosassone, è stata riscoperta l’importanza dei comportamenti virtuosi. Ce lo diciamo sempre: non esiste convivenza democratica senza spirito di dialogo e senza cura del bene comune, non esiste giustizia senza desiderio di tutela e rispetto della dignità di ciascuno. Le virtù – queste predisposizioni ad agire bene che sono il frutto di un’educazione – contribuiscono a plasmare il nostro modo di essere e di vivere, e perciò di decidere.
La tradizione cristiana ha molto da offrire alla costruzione di un “vivere insieme” inteso in senso (pro)positivo, e non tanto come elenco di una serie di divieti.
Le virtù sociali studiate qui, con l’aiuto di esempi concreti e valorizzando il loro radicamento nella Scrittura, non fanno altro che manifestare alcuni volti particolari della carità. Sono le virtù del Regno, da vivere fin da oggi: la giustizia, che orienta tutta la vita sociale; la solidarietà, che riprende un concetto importante delle nostre società laiche; la compassione e l’ospitalità, presenti ovunque nella Bibbia, non appena sono in questione i poveri o gli stranieri; la speranza, che oggi appare come uno degli atteggiamenti più necessari in una società in preda alla disillusione e minacciata dalla disperazione.
Thomasset, combinando abilmente dottrina ed esperienza, dimensione teorica e dimensione pratica, riesce bene a dare corpo e sostanza a una materia che, di primo acchito, potrebbe sembrare astratta.
Il percorso di questo saggio è scandito da riflessioni personalissime, espresse con vigore e precisione, in modo fresco e anche provocatorio. Classificate in ordine alfabetico, quasi a dare forma a un lessico essenziale, le 57 voci spaziano da «Accettare» fino a «Volto». Sono pagine profonde, scritte in origine da un parroco ad alcuni dei suoi fedeli per rispondere alle più varie circostanze, e suggeriscono a ogni lettore uno sguardo cristiano sul significato della vita. Ma indicano anche un itinerario spirituale, invitando a meditare sul senso dell'esistenza umana e sul contributo che una vita cristiana autentica può dare tanto alla chiesa quanto alla società che abitiamo. In definitiva, Woimbée propone di discernere i criteri di uno stile cristiano, a partire da quel centro che è Cristo, invogliando ad annunciare - per dirlo con le parole del profeta Isaia - «ai prigionieri la liberazione e agli afflitti la gioia».
Gerald O'Collins assume la persona e l'opera salvifica di Cristo come chiave per organizzare i temi che comunemente vengono trattati dalle teologie della religione. Il gesuita australiano, inforcando la lente della cristologia, in questo suo ultimo libro esamina questioni che, proprio perché decisive, non devono passare in secondo piano: l'importanza della teologia della croce per pensare gli "altri"; l'impatto del sacerdozio di Cristo sugli uomini e le donne di tutti i luoghi e di tutti i tempi; l'efficacia di una preghiera per gli "altri", ispirata dall'amore; la natura della fede, disponibile per questi "altri" non-cristiani. Per O'Collins una cristologia delle religioni così impostata produce una visione allargata del potere salvifico di Cristo per tutti i popoli del mondo. In più, aiuta a sbloccare l'attuale fase di stallo che frena la teologia delle religioni, incanalandola su promettenti direttrici di ricerca e contribuendo a dare nuova linfa al pensiero su soggetti religiosi "altri" da noi.
Catherine Aubin esplora le malattie dell'anima che diffondono confusione nel corpo e nella mente. Ci accompagna anzitutto a prenderne coscienza, a individuarle con precisione, a dare loro un nome: arroganza e orgoglio, avidità, ingordigia, collera, lussuria, tristezza e scoraggiamento, invidia, accidia e disgusto di sé. Sono alterazioni che disorientano lo slancio interiore della persona o addirittura ne imprigionano il soffio, il dinamismo. Sono erbacce che impediscono ai semi buoni di spuntare che soffocano la crescita. Come estirparle? Questo libro propone di distinguere i sintomi di queste malattie spirituali per tentare di uscire dell'accecamento e divenire quindi uomini e donne che amano, persone radicate nella carità. Riferendosi sempre alla grande tradizione della Chiesa, ma mettendo in campo un approccio rinnovato, Aubin ci invita a discernere più distintamente i moti dello Spirito nel nostro quotidiano. Così da rimetterci in cammino, con gioia: per avanzare verso noi stessi e verso il Signore presente in noi.
Nell’evento del Natale diventa sperimentabile che siamo dinanzi non a un “cosa” ma a un “chi”, cioè a persone concrete: la fede cristiana è una relazione viva con quel Dio che a Natale mostra il suo volto di uomo.
Il cardinal Koch ci guida ad accostare il Natale assumendo la prospettiva dei suoi attori principali. Ci sollecita così a non essere spettatori e nemmeno semplici comparse, ma a vivere in prima persona l’evento narrato, nella sua attualità, e a passare per così dire all’azione.
Un libro che ripercorre i racconti dell’infanzia partendo dai protagonisti di quel grandioso affresco di vita. E invita lettori e lettrici ad entrare loro stessi nell’evento, prendendovi parte come persone di questo nostro presente.
n questo libro Bruno Forte riflette sul dono della fede, per farne conoscere la forza e la dolcezza a tutti, in particolare ai giovani che hanno la vita davanti a sé e possono darle il senso e il sapore che la rendono meravigliosa.
«Cerco, il dono va chiesto, cercato, a volte invocato partendo da situazioni di dolore e di sconforto: non è però un premio, dato solo a chi lo meriti, ma un’offerta d’amore che Dio fa a chi gli apra con fiducia il cuore».
La proposta è scandita in due parti: nella prima sono raccolte Otto lettere ai cercatori di Dio; nella seconda l’Autore risponde alle Otto domande che più spesso gli sono state rivolte sul tema. Senza alcuna pretesa di spiegare tutto, egli intende porre interrogativi che contano ed offrire piste che aiutino a pensare. Si tratta di questioni vere e profonde, che emergono quando ci si mette in reciproco ascolto, pronti a lasciarsi sfidare e provocare dalla libertà, dai dubbi e dai sogni degli altri, che – specialmente nei giovani – sono sempre più grandi dei corti orizzonti dei calcoli e delle paure, che tante volte dominano gli adulti.
Per la nostra generazione, a differenza delle precedenti, la “questione di Dio” non si pone affatto: come domanda rilevante per la vita, sembra sparita dall’orizzonte. Cifra del nostro tempo è diventata, piuttosto, l’indifferenza religiosa.
Ebbene: la teologia e la pratica ecclesiale hanno recepito il cambiamento radicale nella questione di Dio – anzi, il suo smantellamento? Lo rispecchiano in maniera adeguata? Ora che ci siamo lasciati alle spalle persino l’ateismo di protesta, che significato assume il fenomeno dell’indifferenza religiosa per la riflessione sulla fede e la ricostruzione responsabile dei contenuti della fede? Quali richieste devono soddisfare, in un ambiente (post)secolare, l’annuncio del vangelo e la pastorale della chiesa? Quali tradizionali presupposti teologici e antropologici della tematica relativa a Dio, ieri considerati ovvi, devono oggi essere ripensati e se necessario corretti?
Una questione irta di sfide, scandagliate con competenza e acume da venti fra teologi, filosofi e sociologi della religione appartenenti alle migliori università di lingua tedesca. Ne deriva una panoramica completa e molto ben costruita, oltre che di grande attualità, su una domanda che è di sempre.
Una introduzione coinvolgente a un tema classico della spiritualità: la pratica della preghiera contemplativa e del silenzio interiore. Laird ci libera dalle solite distrazioni e ci conduce a raggiungere quella terra spaziosa dove Dio ci sta aspettando. Ci svela, anzi: «La terra del silenzio sei tu!».
Scrivendo con grande chiarezza e profondità, l’autore esamina i metodi e le “scuole” di preghiera contemplativa, di ieri e di oggi. Esplora il ruolo che hanno, nella vita spirituale, sia il respiro, sia la postura fisica, sia la consapevolezza. Svela come, alla luce della tradizione contemplativa cristiana, silenzio e meditazione possano offrire un rimedio a molti dilemmi contemporanei e alle nostre lotte interiori.
Nella terra del silenzio nasce da una vita di studio, dalla pratica pastorale e dall’esperienza personale di Laird: grande maestro di vita interiore, egli mette in contatto diretto con le fonti, fornisce suggerimenti, racconta aneddoti, porta esempi reali. E, così facendo, offre nuovi spunti e ispirazioni al lettore non specializzato che, sentendosi attratto dal mondo della preghiera silenziosa, cerca una guida nella contemplazione cristiana.
Com'è nata l'ideologia transumanista? Come si è passati dall'intenzione di migliorare le condizioni della vita umana al fantasticare su una natura umana radicalmente potenziata? Quella rappresentata dal transumanesimo è un'utopia realizzabile? Quali sono le sue basi intellettuali? Quali i pericoli insiti nell'impresa? Come riabilitare l'umanesimo oggi? Tre specialisti - un medico, un filosofo e un teologo - affrontano il tema da diverse prospettive, per rispondere alle domande poste oggi da questa tendenza sociale e culturale tanto decisiva quanto affascinante. Dopo aver contestualizzato il transumanesimo e avere decrittato i suoi fondamenti intellettuali, Folscheid, Lécu e de Malherbe sviluppano una proposta critica, che non manca però di sottolineare gli spunti positivi. Un'opera accessibile per conoscere e comprendere finalmente il transumanesimo, tema scottante di indubbia attualità che esige un saggio discernimento. Il transumanesimo chiama in causa la ragione filosofica, la ragione politica e la ragione teologica. Riconquistare ognuno di questi livelli aiuta a distinguere tra un uso buono e uno cattivo del "desiderio dell'uomo di superare l'uomo".
Il libro del Levitico è dedicato al culto comunitario di Israele. Perché, prima ancora di essere un'etica, la religione è una celebrazione. Si tratta di un libro misterioso, poco letto, a prima vista difficile, in cui Mosè dopo aver appreso le leggi di Dio codifica nei minimi dettagli riti, sacrifici, parole e gesti di supplica o di offerta. Più che un semplice repertorio di norme da osservare (che sembrano elencate apposta per sconcertare e urtare il lettore del XXI secolo, più che edificarlo), il Levitico offre tuttavia una profonda riflessione teologica sulla liturgia. La manifestazione ieratica del divino davanti al popolo di Dio riunito in assemblea è brillantemente analizzata in questo commentario di Vogels. L'esegeta guida il lettore attraverso le sottigliezze di un libro che è parte indivisibile dalla Torah - anzi, il suo libro centrale, quello in cui troviamo l'affermazione: «Ama il prossimo tuo come te stesso» (Lv 19,18). Dietro tutte le complessità, le precauzioni, gli avvertimenti, che sono deliberatamente presentati in maniera ridondante al fine di raddoppiarne la solennità, nel Levitico viene annunciata la rivelazione che divamperà nel vangelo: Dio si lascia avvicinare dall'uomo, fino a farsi toccare. Una rilettura potente di alcune pagine fondamentali dell'Antico Testamento, pagine nelle quali Dio incontra coloro che egli ha scelto e che l'hanno scelto. «Il Levitico, un libro a prima vista poco attraente, "dona solo a chi ha già": a chi ha un certo gusto per la celebrazione liturgica e un desiderio di santità. Nulla di nuovo: uno che non ha il minimo interesse per lo sport non apprezzerebbe mai una partita della Nazionale o il Giro d'Italia» Walter Vogels.