DESCRIZIONE: L’amore del prossimo, per il prossimo. Comando, regola o precetto o norma, di origine divina o umana, esso ha una valenza universale, derivata dalla fede oppure da un’esigenza di uguaglianza e giustizia universalistica che nasce comunque e sempre dalla considerazione della persona umana – che mi sta vicina, che mi sta lontana – come specchio o altra forma di me stesso e quindi soggetto e oggetto di uguali diritti e doveri; una convinzione che ha una lunghissima storia, continuamente lacerata dai processi di inclusione/esclusione, ma rimasta continuamente viva, aperta, sempre pronta a richiedere la consapevolezza e l’impegno di tutti e in ogni angolo della terra.
Una convinzione che, come ricorda Paolo De Benedetti, riconosce oggi quattro tipi di prossimo: se stesso; l’altro; tutto il creato; Dio. Dunque questo prossimo porta le mie stesse sembianze, oppure è tutto il creato, dal sasso alla nuvola, con esso dobbiamo imparare o re-imparare a convivere in pace, in quel rapporto di berakà, di benedizione (o di francescana laudatio) che conduce alla custodia (non al dominio) e al rispetto dell’intero universo. E poi c’è Dio, nei cui confronti si gioca quel difficile e misterioso rapporto di “immagine e somiglianza”, da cui può derivare il comando dell’amore, ma non la capacità degli esseri umani di essere sempre all’altezza di questo amore, gli uni con gli altri.
SAGGI DI : Paolo Branca - Paolo De Benedetti - Pelio Fronzaroli - Marco Grazioli - Amos Luzzatto - Salvatore Natoli - Gianfranco Ravasi - Yann Redalié - Maria Teresa Spagnoletti - Piero Stefani.
DESCRIZIONE: Questo libro è una pietra miliare nella moderna ricerca ebraica sul Nuovo Testamento e nella descrizione ebraica di Gesù di Nazaret. È decisamente superiore, con il suo argomentare stringente, alle pur non poche pubblicazioni apparse negli ultimi anni sul tema «Gesù ebreo». Flusser riporta quello che era diventato un «Gesù storico» astratto, inaccessibile, nella dimensione della storia reale, gli restituisce un volto storico concreto. E fa questo come ebreo: per lui Gesù è innanzitutto una figura della storia dell’ebraismo. Con ciò Flusser rende d’altra parte un servizio decisivo anche ai cristiani: mostra loro che la salvezza in cui essi credono non è solo il «messaggio» relativo a un avvenimento fuori dalla storia, cui non è possibile accedere. La verità cristiana dipende da questa verità storica e deve prenderne atto se non vuole ridursi a pia autosuggestione. Flusser rende un servizio anche al dialogo tra cristiani ed ebrei in quanto questo non deve essere soltanto un dialogo tra convinzioni diverse, ma può e deve procedere anche in una seria ricerca comune sul materiale storico. Un fine del dialogo deve essere anche trovare la verità storica su Gesù di Nazaret: soltanto questa può costituire un punto di partenza solido alla fede cristiana in Gesù il Cristo.
(dalla Prefazione di Martin Cunz)
COMMENTO: La riedizione del più importante libro ebreo su Gesù.
L'uscita in traduzione italiana del classico sul "pensiero dialogico" di Bernhard Casper assume un significato particolare, quello della legittimazione teoretica di un nuovo paradigma del pensiero emerso dal secolo che è alle nostre spalle. Se c'è un'eredità che il Novecento ci ha consegnato e che non è stata ancora del tutto meditata è quella del "pensiero dialogico". Casper ha inteso proporre non una storia compiuta di questo orientamento teorico, ma piuttosto risalire alla genesi, ricostruire gli inizi del "pensiero dialogico" segnati dal timbro fondativo di Rosenzweig, Ebner e Buber. Ciò che accomuna tutti i dialogici è il loro radicale anti-idealismo. La concretezza dell'uomo, di ogni singolo nel suo nucleo di sacra irriducibilità, va sempre e comunque salvaguardata dall'aggressione del pensiero sistematico e insieme ad essa va salvata l'autenticità della Rivelazione nella sua peculiare dimensione verbale. Casper si muove con puntualità e finezza interpretative, cercando di penetrare progressivamente nel progetto dei tre grandi pensatori: essi sono da collocarsi nella filosofia dialogica che non solo non elude il tema della "relazione delle relazioni", ovvero il rapporto con il Tu assoluto, ma ne fa il cuore della loro proposta teorica. Tra i tre filosofi spetta, a suo dire, senza alcun dubbio a Rosenzweig una posizione di preminenza teoretica giacché egli fu fin dall'inizio lo spirito più universale e la sua opera appare filosoficamente compiuta.
Nel XII secolo, quando la situazione politica interna a Bisanzio va consolidandosi e l’alleanza tra Chiesa e Impero diventa una sorta di «asse di ferro», si consuma la vicenda della condanna per bogomilismo – un’eresia dualista diffusasi a partire dal X secolo – di una serie di personaggi, per lo più monaci, tra cui spicca Costantino Crisomallo. L’analisi dei suoi Discorsi dimostra che egli è lontanissimo dalla teologia bogomila ed è invece l’esponente di quello che si può chiamare un «elitarismo della perfezione», fortemente spiritualistico e come tale non conciliabile con le istanze di controllo istituzionale perseguito dalla politica imperiale in accordo con il magistero ecclesiastico. La vicenda di Crisomallo si inserisce nella storia della posterità monastica di un grande mistico, Simeone il Nuovo Teologo (949-1022), ma il suo processo va letto in connessione con le strategie politiche dell’Impero e del Patriarcato di quell’epoca che, pur non essendo esplicitamente antimonastiche, avevano come obiettivo la normazione e il controllo di fenomeni monastici carismatici e spiritualistici di grande prestigio e portatori di istanze autonome, e che tenacemente si sottraevano all’accentramento istituzionale e burocratico avviato da Alessio Comneno e consolidato dalla gerarchia ecclesiastica lungo tutto il XII secolo. L’accusa, falsa, di bogomilismo mossa al Crisomallo non fu che la maschera con la quale le istituzioni della Chiesa ortodossa intesero colpire e sottomettere le correnti spiritualistiche che tentarono di opporsi alla centralizzazione del governo ecclesiastico e politico del mondo bizantino.
Pensiero e spiritualità convivono nelle poesie di Franca Grisoni, voce inconfondibile nel campo della poesia, nota e studiata anche a livello internazionale. Scrivendo nel suo dialetto originario, fin dalle prime liriche l’autrice di Sirmione si staglia sul panorama nazionale, in lingua e in dialetto, al maschile e al femminile. Il suo dialetto è sermo humilis, nel quale umile e sublime coincidono. Lette di seguito, le varie raccolte appaiono un moderno Canzoniere in vita e in morte dell’amato. Ed è, s’intende, la storia di una creatura e la storia di un’anima in cerca. Si propone qui la raccolta di tutte le sue opere, che riproduce fedelmente le prime edizioni (alcune delle quali erano ormai impossibili da reperire), e si pubblica per la prima volta la raccolta inedita Fiat, un poemetto stilnovista con il suo intreccio mistico e amoroso, come annota Pietro Gibellini nella Prefazione: versi ispirati e quasi sussurrati da «un alito che si fa parola, si fa verbo, sia pur con la minuscola, così come la poesia diventa la forma di una segreta preghiera».
In questo numero: Martinelli P., "Adrienne von Speyr e la mistica cristiana" Servais J., "Una mistica imperniata sulla Rivelazione giovannea. Adrienne von Speyr" - Ouellet M., "Adrienne von Speyr e il Sabato Santo della teologia" Krenski Th., "Stefano o Gezabele 'Mistica oggettiva' di Adrienne von Speyr". Note e rassegne: Anelli A., "Heidegger e la teologia. L'inafferrabilità dell'essere e l'inesorabilità del tempo" - Prandi C., "Roberto Ardigò e Achille Sacchi. Positivismo e religione a Mantova tra XIX e XX secolo" Striet M., "Jürgen Habermas e la religione" - Ghia F., "Hans Küng e la conquistata libertà del cristiano. Note sulla sua autobiografia" - Colombi G., "Uno Sturzo sorprendente. La 'Tetralogia cristiana'. Il ciclo della creazione"
L’Islam nel Novecento ha conosciuto un’intensa attività interpretativa sul Corano, non inferiore a quella “medievale”. Ciò per la ragione che, nell’età contemporanea, i musulmani si sono dovuti scontrare e confrontare con la civiltà e la cultura europee, apportatrici della modernità. Come reazione ad essa e per spianare la strada alla riforma e al rinnovamento, il Corano deve essere inteso come un testo della prassi. La parte più originale dell’esegesi musulmana contemporanea, a parte quella più tradizionalista e conservatrice o quella più strettamente filosofica, cerca di scoprire la dimensione pratica del Corano, la sua capacità di modificare la struttura della realtà e di rivoluzionare i rapporti umani. Il Corano è la base per un rovesciamento della stessa epistemologia religiosa onde porre al centro dell’esperienza del sacro un Dio teleologico, un Dio che è il fine dell’agire umano.
La svolta verso la prassi dell’esegesi coranica nel Ventesimo secolo, che è l’approccio alternativo all’esegesi classica e “orientalistica”, è stata resa possibile dalla scoperta della “testualità” del Corano, dalla scoperta che esso possiede tutte le caratteristiche testuali, semiotiche o di significato proprie di un’opera letteraria o di un saggio scientifico, per cui può essere sottoposto a una indagine letteraria, sociologica, storica, filosofica, che ne faccia emergere non solo la purezza compositiva, la valenza di documento storico, la pregnanza del messaggio rivelato, ma anche con la portata teoretica del contenuto, il suo essere strumento di trasformazione storica.
Nuovi orizzonti, nuovi strumenti di indagine e di ricerca si vanno aprendo e precisando. Questo libro vuole essere soprattutto una finestra spalancata sul futuro.
Due esperienze della relazione tra l’uomo e il divino. Questi sono Edipo e Giobbe, assunti qui come modelli dell’esistenza. Da un lato il mito greco, nel quale si racconta l’enigma del rapporto tra l’uomo e il suo destino. Il male è causato involontariamente, questa è la colpa di Edipo: è una contraddizione, che contrassegna per i Greci il finito. Dall’altro lato, la disputa tra il giusto, Giobbe, e il suo Dio: «Perché proprio a me, innocente, capitano queste disgrazie?». Una domanda che diventa tensione della fede e ne mostra la natura paradossale: Giobbe «ama Dio, senza nulla in cambio».
Una colpa involontaria, una sofferenza incolpevole: due modelli distanti non solo culturalmente, ma ancora prima logicamente. È la differenza tra tragedia e mistero, tra un mondo in cui il destino decide e una storia in cui un Dio salva. La cultura dell’Occidente può essere vista come un instabile convivere di questi due modelli di elaborazione del dolore. Sono orizzonti di senso che, nonostante il venire meno delle memorie di cui è intessuta una tradizione culturale, persistono anche nell’oggi quando l’uomo si trova di fronte alle situazioni limite.