
Scritto nel 1932, "Il mondo nuovo" è un romanzo dall'inesausta forza profetica ambientato in un immaginario stato totalitario del futuro, nel quale ogni aspetto della vita viene pianificato in nome del razionalismo produttivistico e tutto è sacrificabile a un malinteso mito del progresso. I cittadini di questa società non sono oppressi da fame, guerra, malattie e possono accedere liberamente a ogni piacere materiale. In cambio del benessere fisico, però, devono rinunciare a ogni emozione, a ogni sentimento, a ogni manifestazione della propria individualità. Al romanzo seguono la prefazione all'edizione 1946 del "Mondo nuovo" e la raccolta di saggi "Ritorno al mondo nuovo" (1958), nelle quali Huxley tornò a esaminare le proprie intuizioni alla luce degli avvenimenti dei decenni centrali del Novecento.
Mentre la pallida luce dell'alba si diffondeva sulla Manica, un corpo d'invasione composto da centotrentamila unità si apprestava a sbarcare sulle coste della Normandia. Era il 6 giugno 1944, il D-Day, "il giorno più lungo", che avrebbe cambiato il corso della seconda guerra mondiale e della storia del Novecento. "È suonata l'ora per la quale siamo nati" proclamava il "New York Times", l'ora che lasciava intravedere l'inizio della fine della Germania nazista. Ma per i soldati stivati nei mezzi da sbarco, paralizzati dal freddo e dalla paura, che a migliaia sarebbero caduti sulle spiagge presto divenute celebri di Omaha e Utah, l'assalto alla Fortezza Europa era solo all'inizio. Sarebbe trascorso un altro anno prima che nella Berlino circondata dall'Armata rossa il cadavere di Hitler bruciasse in uno squallido cortile. Un anno di combattimenti atroci, di battaglie epocali e di luoghi destinati a rimanere per sempre nella memoria e nella coscienza dell'Occidente: il porto di Cherbourg, la valle del Rodano, i boschi delle Ardenne, le lanche del Reno, la foresta di Hürtgen. La strada verso il cuore del Terzo Reich sarebbe stata ancora lunga e lastricata di incomprensioni, dissidi strategici, rivalità personali oltreché di innumerevoli vite spezzate. Un lungo cammino che avrebbe confermato, ancora una volta, che la guerra non è mai lineare, ma è un'impresa caotica, disordinata, fatta di errori e di slanci, di successi e di rovesci.
Dongo, 27 aprile 1945, è una mattina livida e piovosa, quando Mussolini e i gerarchi in fuga vengono fermati dai partigiani della 52' brigata Garibaldi, sulla litoranea del lago di Como. Nella lunga autocolonna che accompagna il Duce e gli epigoni del fascismo di Salò viene trovata un'ingente quantità di beni preziosi, banconote di ogni taglio, oro, gioielli, titoli di Stato, valuta straniera, in gran parte provenienti dai fondi segreti dei ministeri della Repubblica sociale. Un ricco bottino che da quel giorno tutti conosceranno come il "tesoro di Dongo". Chi si è impossessato di quell'oro, destinato alle autorità del nuovo Stato italiano? Chi lo ha trasferito alla federazione comunista di Como? Chi se n'è impadronito in seguito? E chi ha fatto scomparire il "capitano Neri" e la partigiana "Gianna", combattenti garibaldini che ne avevano compilato l'inventario? Nella primavera del 1957 ha finalmente inizio, presso la Corte d'assise di Padova, il processo che dovrebbe fare luce su questi interrogativi. Un procedimento che suscita tante attese, ma che viene rinviato dopo quarantatré udienze per il suicidio di un giudice popolare e che non verrà mai più ripreso, perché "scomodo". Dalle carte disponibili emergono infatti con chiarezza le responsabilità politiche degli eventi che si sono consumati in quei lontani giorni del 1945.
Henry Kissinger non ha resistito e ha voluto regalarci una linea guida, un nuovo modo per capire ed osservare quello che accade a livello internazionale e lo fa con Ordine mondiale, un compendio storico politico del grande diplomatico che mette insieme storia, geografia, politica e passione. A 91 anni lo stratega di relazioni mondiali ha un punto di vista più lucido che mai e sorprende come riesca a spiegare nelle pagine di questo incredibile saggio i problemi del mondo moderno. Il suo punto di vista è occidentale, questo è certo, ma rilegge gli avvenimenti moderni, guardando il passato, quello che è accaduto e che si riflette sull’oggi. Le guerre di religione, l’avanzata della Cina, il declino americano e le guerre di religione si incastrano in un unico casellario di pedine in cui l’equilibrio mondiale è, appunto, tutto da definire. Kissinger allora aspira ad un nuovo equilibrio delle potenze e ad una sorta di governance globale a cui si possa far riferimento. Così sembra invece di viaggiare ad occhi bendati e le nazioni sbandano, prive della conoscenza del proprio passato, essenziale invece per Kissinger per guardare con la lente d’ingrandimento il presente. Tutto si ripresenta e i fenomeni storici ritornano: il Medio Oriente sembra vivere la guerra dei Trent’anni che visse l’Europa mentre la Russia di oggi sembra l’Europa di secoli fa, alla ricerca di espansione e di nuovi territori e culture da conquistare. Gli stati però sembrano molto dipendenti uno dall’altro, forse troppo, e questo crea solo minore capacità decisionale e maggior caos. L’appello alla comunità internazionale che spesso sentiamo nominare per Kissinger è negativo perché svela quanto in realtà essa sia assolutamente indefinita. Colpevole sembra essere la globalizzazione selvaggia, senza limiti, senza regole che hanno appunto reso un Paese dipendente dall’altro. La politica estera è allo sbando e allora bisogna cercare di raggiungere un nuovo equilibrio. Ordine mondiale lo traccia e convince il lettore con stratagemmi e dinamiche internazionali.
"Io non combatto per la mia patria, combatto per mia madre, per rivedere il suo viso." A settant'anni dalla Liberazione, queste parole del diario partigiano inedito di Angelo Del Boca gettano nuova luce sulla storia, il dramma e le ragioni dei molti giovani nati tra le due guerre che, ricattati e mandati allo sbaraglio dalla Repubblica sociale, scelsero la montagna come estremo gesto di fedeltà ai più profondi valori umani e affettivi, contro la retorica fascista del credere-obbedire-combattere, gli orrori della guerra civile e la barbarie dell'occupazione tedesca. Aspirante scrittore che affonda lo sguardo in sé stesso e in ciò che lo circonda, il diciannovenne Del Boca annota scrupolosamente ogni fase delle peripezie del giovane alpino rimpatriato nell'estate del 1944 dall'addestramento militare in Germania nelle file della divisione Monterosa, schierata nell'appennino ligure-emiliano come forza antiguerriglia: la scelta della libertà e la fuga, l'impatto traumatico con la diffidenza e il disprezzo del capo di una formazione garibaldina, l'arrivo a Bobbio (Piacenza) e l'inserimento nella 7a brigata alpini Aosta del comandante Italo. Il diario parla di marce, pioggia, neve, fame, freddo, sonno, paura, vergogna, e di nostalgia di casa, di ricordi d'infanzia, di foto, occhi e sorrisi di ragazze che accendono la fantasia e il desiderio, di qualche bacio rubato, di una irresistibile e pervasiva sete di amore e normalità.
Angelo Del Boca è nato a Novara il 23 maggio del 1925. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, Del Boca fu costretto ad arruolarsi e spedito in Germania per un corso di addestramento. Ritornato in Italia nell’estate del 1944, decide di disertare e di unirsi alla resistenza. Durante il periodo in cui militò nei partigiani, conobbe Maria Teresa Maestri, una crocerossina dei partigiani che nel 1947 sarebbe divenuta sua moglie. In seguito alla Liberazione Del Boca si è dedicato alla scrittura, pubblicando la raccolta di racconti “Dentro mi è nato l’uomo”. Contemporaneamente lavora come giornalista, divenendo in breve Redattore Capo, a Novara, del settimanale socialista Il Lavoratore. Dopo questa prima esperienza giornalistica passa alla redazione de La Gazzetta del Popolo, dove lavora come inviato speciale, e poi a Il Giorno. Nel 1981, quando sulla scena politica italiana irruppe la figura di Bettino Craxi, Del Boca decise di lasciare la redazione de Il Giorno e anche il partito socialista. Del Boca è autore di numerosi volumi, molti dei quali raccontano e denunciano le atrocità perpetuate dal fascismo durante il processo di colonizzazione in Africa. Fu il primo a raccontare le azioni del fascismo in Libia e in Etiopia, dove le truppe italiane ricorsero a bombardamenti aerei su centri abitati, all'impiego di armi chimiche e alla creazione di campi di concentramento. A causa delle sue affermazioni è stato molto contestato dalla parte conservatrice della stampa e dalle associazioni dei reduci di guerra. Angelo Del Boca attualmente vive a Torino, dove dirige la rivista di storia contemporanea I sentieri della ricerca.
Il libro che avete tra le mani è davvero prezioso: non solo perché è un libro, e non solo perché ne contiene molti altri, ma soprattutto perché racchiude le ultime pagine scritte da Carlo Fruttero, sinora inedite. Per lui, come per ogni lettore vero, i grandi libri di ogni tempo stanno vicini, in un continuo dialogo: "non c'è nessun criterio, vanno sistemati così, come viene viene. È questo il loro bello" dice con il suo sorriso sornione in un dialogo immaginario con Fabio Fazio, insieme al quale aveva concepito questo progetto, "è la mania delle classifiche a rovinare sempre tutto". Così Fruttero raccoglie, per se stesso e per noi, i libri che più ha amato, dall'Iliade fino a Pinocchio, da Madame Bovary a Don Camillo, da Shakespeare a Calvino: e ce li racconta attraverso "schede" fulminanti per acume e ironia, spiegandoci senza mai salire in cattedra quanto un buon libro sia sempre "contemporaneo del futuro". Una galleria di "ritratti di romanzi" e di scrittori, da percorrere con passione e profondo divertimento, con lo stupore di chi può attraversare la biblioteca di uno straordinario narratore. Se Fruttero ci parla di sé attraverso i "suoi" libri, le pagine dell'Introduzione e il Backstage della figlia Maria Carla ci raccontano con infinito affetto un uomo che, come scrive Ernesto Ferrero, "di leggere, di scoprire autori nuovi, di incantarsi, di sorprendersi, non si è mai stancato".
Una felicità indicibile. Un luogo pieno d'amore e di gioia. Una luce bianchissima, forte come un milione di soli, che dona un meraviglioso senso di pace. Questo libro contiene una raccolta di testimonianze di persone che hanno "visto" l'aldilà e dopo sono tornate in vita per raccontarlo. Il radiologo oncologico Jeffrey Long presenta i risultati della prima ricerca scientifica sulle esperienze di pre-morte, basata su migliaia di testimoni di tutte le età, le provenienze geografiche e le appartenenze religiose. Condivide con i lettori i resoconti e soprattutto le somiglianze tra queste storie, tanto impressionanti quanto rivelatorie. Coincidenze di cui la medicina non è in grado di rendere conto e che secondo Long possono avere una sola spiegazione possibile: queste persone sono sopravvissute alla morte e hanno viaggiato verso un'altra dimensione.
Non tutti hanno la capacità immediata di comprendere fino in fondo i segreti della montagna. Vedono le cime come blocchi turriti, pilastri di roccia scabri e senza valore, ammassi di pietre inutili sorti qua e là per capriccio del tempo. Basta, però, alzare lo sguardo ed essere sovrastati dall'imponenza del mare verticale, con i suoi milioni di granelli di sabbia, per sentire nascere lo stupore. Lo stupore che genera domande. Le domande che generano misteri: chi ci sarà lassù? Vi abita qualcuno? E, se esiste, come sarà fatto? Nei boschi, tra le rocce, dentro l'alba, sotto le foglie, sulle vette ancora inesplorate. Lì dormono i segreti della montagna. E Mauro Corona ci accompagna ancora una volta a scoprirli, tendendoci la mano, aiutandoci a salire. Ci esorta a giocare con il rimbalzo dell'eco, che vuole sempre l'ultima parola, ad ascoltare la voce del vento, che non sapremo mai da dove nasce. Ci conduce lungo i ruscelli a spiare le ninfe dai lunghi capelli d'acqua, ci indica il sentiero per raggiungere il grande abete bianco - adagiando l'orecchio al tronco, sentiremo il suo cuore battere. La montagna è viva, ha cinque sensi protesi a conoscere il mondo. E come tutti gli esseri speciali ha anche un senso in più: la percezione. Grazie a lei, può scoprire in anticipo le barbare intenzioni dei politici che vogliono ferirla, strizzarla, spremerla fino a distruggerla, pur di incassare moneta sonante.
Per l'uomo di oggi, che non spera più nella salvezza alla fine dei tempi ma ha davanti a sé un tempo senza fine, navigare in mare aperto sembra ormai diventato l'unico modo di vivere. Ma quale rotta seguire, dopo il tramonto di ogni certezza e il declino della tradizione giudaico-cristiana in Occidente, due segni distintivi della nostra epoca? Al termine di un lungo e originale itinerario di riflessione sulla modernità, Salvatore Natoli analizza le varie forme del fare (il lavoro, innanzitutto, ma anche il consumo, il progresso, il rischio) e il loro rapporto con quello che dovrebbe essere il vero obiettivo di ogni essere umano: un buon uso del mondo. Partendo dalla distinzione aristotelica tra "agire" (dare un senso alle proprie azioni) e "fare" (eseguire un compito), l'autore si chiede quanto, nella nostra frenetica attività quotidiana, siamo "agenti", soggetti capaci di realizzarsi in ciò che fanno, e quanto invece siamo "agiti", elementi impersonali di una serie causale e anonima di cui non si vede né l'inizio né la fine. Per essere titolari della propria vita, e quindi davvero liberi, non basta infatti conformarsi a ciò che l'organizzazione sociale richiede, ma occorre istituire un rapporto autentico con il proprio desiderio, con la propria corporeità e con gli altri. Così, nella società delle abilità, della tecnica e del saper fare, si ripropone in tutta la sua urgenza la questione delle virtù, intese come "abilità a esistere", in grado di darci stabilità e consistenza.
Debellare l'ansia e il panico è possibile. Ma a una condizione. Dobbiamo essere pronti a mettere da parte pregiudizi, idee radicate, romanticismi e irrazionalismi, prepararci a fare una vera e propria rivoluzione copernicana. Perché le cose non sono come sembrano. Lucio Della Seta, psicoterapeuta tra i più noti del nostro Paese, ha sviluppato in anni di professione e di studio una sua teoria sull'ansia e sul panico. Dopo averli provati sulla propria pelle e averli osservati su moltissimi pazienti, ha compreso la loro natura, la loro causa, la loro cura. Che cos'è che ci immobilizza prima di un incontro, prima di uscire di casa, o al mattino senza alcun motivo apparente? Cos'è quello slogan che ci rimbalza nella testa e ci ripete "così come sono io non vado bene"? Cos'è quel terrore allucinante che ci coglie dentro a un cinema, su un aereo, in una piazza, che ci fa sentire come un bambino al parco che non trova più la mamma? Perché ci batte il cuore all'impazzata, ci si blocca lo stomaco e ci sembra di soffocare? Perché a noi sì e ad altri no? Come non far crescere dei figli ansiosi? Come guarire? Con un linguaggio colloquiale, Lucio Della Seta accompagna il lettore in questa scoperta, fino al punto di renderci capaci di liberarci da questa terribile, inutile, sofferenza.