
"Non sappiamo che cosa ci sta accadendo, ed è precisamente questo che ci sta accadendo." La celebre frase di José Ortega y Gasset, posta da Edgar Morin a epigrafe di questo pamphlet, vale a maggior ragione per il nostro tempo. La nostra miopia nella comprensione del presente dipende da una crisi del pensiero? O da una sorta di sonnambulismo generalizzato? In questo nuovo saggio, il grande filosofo francese sottolinea la necessità di trovare una bussola per orientarsi nell'oceano dell'incertezza in cui siamo dispersi. Una bussola che ci aiuti a comprendere la storia che stiamo vivendo, dalla marea di estrema destra dilagante in Europa alla crisi economica, fino al degrado ambientale del nostro pianeta. Grazie alle riflessioni del filosofo planetario, incalzati dalle sue domande possiamo tentare di comprendere come il mondo si sta trasformando e accogliere la sfida senza precedenti che siamo chiamati ad affrontare. Dunque... svegliamoci!
Che cos'è un oggetto? La risposta consueta, quella del senso comune (anche quella di molta filosofia che pretende d'essere realista), è che un oggetto è qualcosa che "sta là fuori", indipendentemente dal modo in cui lo conosciamo e - eventualmente - lo nominiamo. In questo libro, un classico della filosofia della scienza (uscito in prima edizione nel 1986), Giuliano Toraldo di Francia, a partire da una magistrale analisi dell'ontologia delle sfuggenti entità subatomiche, propone un modo meno semplicistico di rispondere a questa domanda fondamentale: è il caso di parlare, più che di oggetti, della procedura tecnico-scientifica della "oggettuazione", attraverso la quale si arriva a individuare in qualcosa un determinato oggetto. In questo processo occupa un ruolo fondamentale il linguaggio. Ci interessano i fatti, non le parole, tutti ripetono; ma come si individua un "fatto" se non ne determiniamo la natura attraverso una serie di azioni, pratiche e linguistiche, che lo individuano, appunto, come un fatto? In questo modo il caso delle entità subatomiche non è più un caso eccezionale; al contrario, diventa il modello per intendere tutti gli oggetti, anche quelli dell'esperienza comune. Il libro è impreziosito da una prefazione di Maria Luisa Dalla Chiara, logica, filosofa della scienza, studiosa della logica quantistica, che ha a lungo collaborato con Giuliano Toraldo Di Francia.
Quali sono i fattori che nel corso dei secoli hanno favorito la diffusione della pedofilia nel clero? Perché la Chiesa non ha voluto o potuto fronteggiare lo scandalo degli abusi sessuali? Come sono cambiati il giudizio e la percezione di questi reati? Domande complesse a cui si dà risposta con una storia della violenza subita o commessa, talvolta in forma esplicita, più spesso in modo insidioso, attraverso rapporti di intimità fatti di confidenze, prossimità, condivisioni. Le strategie messe in atto per tenere in segreto i crimini o per punire i criminali, per tutelare la Chiesa o le vittime degli abusi, per denunciare i fatti anche a costo di ingigantirli, o minimizzarli anche a costo di insabbiarli, sono indagate tenendo insieme norma e prassi, enunciati e pratiche, precetti e comportamenti, reati e peccati. Episodi e casi concreti del passato e del presente, ricostruiti con rigore interpretativo e con un'attenta analisi dei documenti, aiutano così a far luce sull'evoluzione storica dei crimini sessuali del clero.
L’impatto dell’esicasmo ortodosso con l’Occidente deriva soprattutto dalla diaspora di molti intellettuali in fuga dall’Est europeo. Oggi, esso convive per varie vie con la religiosità occidentale e si misura con essa, in modo simile a come accade, ad esempio, per la diaspora tibetana; ma con, in più, la consonanza di un’impronta cristica tanto antica quanto persistente.
Il debito che Gilles Deleuze ha maturato nei confronti di Kant è probabilmente ben più significativo di quanto lo stesso Deleuze non ammetta, tanto che è forse possibile reinterpretare la filosofia dell'autore di Differenza e ripetizione come una peculiare riedizione del kantismo. In particolare, le quattro lezioni del pensatore francese qui presentate sono incentrate sul concetto di tempo, in un serrato confronto tra il Kant della Critica della ragion pura e quello della Critica del giudizio, ma anche con la dottrina di Cartesio, con le concezioni filosofiche di Hölderlin e di altre grandi figure della tradizione filosofico-letteraria. Prefazione di Rocco Ronchi, postfazione di Damiano Cantone.
Frate milanese esperto di stregoneria, Francesco Maria Guaccio pubblicò nel 1608 il Compendium maleficarum, un trattato riguardante "le azioni più nefande e nocive all'uomo" e "i rimedi atti a evitarle". Il grande successo dell'opera e le nubi della Guerra dei Trent'anni indussero il frate a pubblicare, in versione ampliata, una nuova edizione del trattato nel 1626, qui riproposta dopo anni di assenza in libreria. Articolata in tre parti suddivise in sezioni teoriche e casi documentati, il Compendio delle stregonerie descrive nel dettaglio tutte le fasi del patto diabolico e del sabba, utilizzando come fonti gli scritti di studiosi come l'Inquisitore Nicolas Rémy, Michele Psello e Martin Delrio.
Il volume indaga le diverse ramificazioni della categoria "statua di culto" nel panorama urbano e religioso di Roma. Si prendono in esame la fisionomia, il vocabolario di riferimento, i contesti e l'uso dei simulacra deorum lungo un ampio arco cronologico, dall'età regia a quella tardoantica, cogliendo così le dinamiche manifeste nel rito, nell'immaginario collettivo e nella memoria. L'intento di questa ricognizione nasce dalla necessità di un'analisi generale delle pratiche cultuali relative alla designazione e alla fruizione dei simulacri: mancava infatti un'opera che li prendesse in esame nella loro globalità. Lo studio della costruzione meditata di tali icone offre quindi una visione inedita e complessiva di una particolare forma di interazione con divinità immaginate, parafrasando Tacito, alla stregua di ospiti all'interno dei rispettivi simulacri. Immagini che, come in un gioco di matrioske, erano a loro volta alloggiate tra le pareti degli edifici templari, in un caleidoscopio di riferimenti visuali tanto complesso quanto affascinante.
Simone Weil rintraccia nella religiosità autentica - che è spiritualità concreta, vissuta e praticata - quella logica paradossale in grado di destabilizzare ogni forma di potere umano e di contrastare la sua tendenza a occupare il centro della realtà. Weil attua così un processo decostruttivo di una soggettività ipertrofica, attaccandone le forme di autoinganno di cui individua i falsi idoli e risalendo al significato del suo peccato d'origine. In questo processo resta la possibilità, inadempiuta e in attesa, del suo autentico legame con il soprannaturale. Ne risulta una comprensione diversa della storia della soggettività e quindi delle sue potenzialità: un percorso alternativo di rigenerazione, per un'altra storia che non cessa di confluire, intrecciandosi, nella prima. Weil scava dunque nel racconto delle vicende dell'io, per far emergere l'altrimenti che vi è contenuto e che riguarda il significato sacro dell'essere umano nel suo rapporto con il bene.
Lo sport rappresenta un potente veicolo formativo, capace di incidere sugli stili di vita e sulle modalità di pensiero delle persone. Affinché la lezione dello sport sia realmente positiva, è però necessario che tale ruolo educativo sia riconosciuto e incoraggiato. Se ciò non avviene, la pratica sportiva continua a veicolare valori, ma corre il serio rischio di favorire il diffondersi di quelli negativi. Vincere diventa così l'unica cosa che conta e questo apre la strada a tutta una serie di pratiche e comportamenti palesemente antisportivi, doping in primis. Il volume, dedicato al rapporto tra sport, valori e inclusione sociale, vuole contribuire alla promozione di una rinnovata cultura sportiva. A tal fine si propone di mettere al servizio di associazioni, scuole e istituzioni sportive le competenze necessarie a fare della pratica sportiva una reale occasione di crescita umana e civile.