IL LIBRO
All’alba di un 17 ottobre, al chilometro 17 di una strada che conduce a un aeroporto austriaco, un taxi esce di strada e precipita in un burrone. I due passeggeri, un uomo e una giovane donna, entrambi di nazionalità albanese, muoiono sul colpo. Il tassista, sopravvissuto, non riesce a spiegarsi le cause dell’incidente: l’unico particolare che ricorda (o crede di ricordare) è di aver notato qualcosa nello specchietto retrovisore, ma non è in grado di precisare cosa fosse, né di dire chi fossero i due passeggeri, dove andassero e perché, tutto essendo in loro indecifrabile.
Dalle indagini emerge che le vittime erano amanti. Il caso, dapprima archiviato come «incidente atipico», viene riesaminato dai servizi segreti serbi e albanesi, che però non approdano a nulla. Si è trattato davvero di un incidente, oppure di un omicidio a sfondo sentimentale o di un assassinio politico? Sovrapponendo la dimensione affettiva a quella storica e politica, la narrazione lascia aperto fino all’ultimo il dubbio sulla soluzione del mistero. Ciò che Ismail Kadaré, al di là dei fatti, esplora in queste pagine è una storia d’amore, una storia con molte derive. Al punto da indurre il lettore a chiedersi se l’amore esiste veramente o è solo un’illusione, una maschera...
UN BRANO
"Quando gli fu chiesto per l’ennesima volta che cosa avesse visto di preciso, il tassista non seppe rispondere. Gli interventi del medico, che aveva raccomandato di non stancare il paziente, non dissuasero il giudice dal continuare. Quale spettacolo si era offerto ai suoi occhi nello specchietto retrovisore interno... in altri termini, che cosa era successo sul sedile posteriore del taxi di così strano da farlo distrarre? Una lite tra i due passeggeri? O forse effusioni e carezze particolarmente spinte?
Il ferito fece cenno di no con la testa: nulla di tutto ciò.
E allora? quasi gli urlò l’altro. Perché hai perso la testa? Che diavolo hai visto?
Il medico stava per intervenire di nuovo quando il paziente, sempre in un tono strascicato, cominciò a raccontare. Alla fine del suo discorso, che era sembrato interminabile, il giudice e il medico si scambiarono uno sguardo perplesso. Secondo il ferito, i due passeggeri sul sedile posteriore del taxi... avevano solo... solo... cercato in tutti i modi di... baciarsi!"
L'AUTORE
Ismail Kadaré, nato nel 1936, poeta, saggista e romanziere, è il più grande autore albanese contemporaneo e uno dei più noti scrittori europei. Nel 2005 è stato il primo vincitore del Man Booker International Prize per la sua opera, spesso pervasa da un fantastico «assurdo» che evoca la solitudine disperante degli eroi di Kafka.
IL LIBRO
Il volume raccoglie diversi articoli che Federico Zeri pubblicò sul quotidiano La Stampa tra il 1990 e il 1998, con l'aggiunta di quattro lezioni sostanzialmente inedite. La «memoria» del titolo fa riferimento a persone ed eventi che il grande storico dell'arte ebbe modo di conoscere da vicino nel corso di un’esistenza ricca di incontri (e scontri), di curiosità e passioni. Città, istituzioni e ambienti offrono lo spunto per divagazioni anche bizzarre, in ogni caso espressione di una cultura onnivora, senza pregiudizi e preclusioni. Lo «sguardo» è invece quello dello Zeri critico d’arte, lettore acutissimo di quadri e sculture, recensore di mostre, polemista vivace, osservatore (e non di rado censore) di musei e fondazioni.
Accanto a pagine su Tiziano, Veronese e Caravaggio si trovano escursioni severe o divertite intorno a restauri, oggetti, atteggiamenti e dimore di ogni tempo e luogo, dove, per esempio, mobili, abiti e gastronomia sono spie importantissime per «leggere» il gusto e i sapori di un'epoca. La memoria e lo sguardo di un occhio così attento esprimono al meglio la curiosità di un'intelligenza febbrile nelle pagine dedicate all'agonia e alla fine di Roma antica, che sono un monumento di sapienza e di sintesi, oppure in quelle conclusive sulla città e l'arte, pronunciate pochi giorni prima della scomparsa, che si possono considerare una sorta di testamento intellettuale: un viaggio ricco di suggestioni lungo gli interessi e gli itinerari di una vita.
L'AUTORE
Federico Zeri (1921-1998) è unanimemente considerato uno dei più grandi storici dell’arte italiani. Autore di decine di fondamentali saggi, in edizione TEA sono apparsi Il cannocchiale del critico (1993) e Due dipinti, la filologia e un nome. Il maestro delle Tavole Barberini (1995).
IL LIBRO
In quel posto incredibile che si chiama Stati Uniti esistono, fra le mille stranezze, due piccole città: si trovano in Colorado e una si chiama Hope, l’altra, a pochi chilometri di distanza, si chiama Despair. «Speranza» e «disperazione»: due opposti che non sembrano creare alcun problema a Jack Reacher, in fondo lui vuole soltanto un caffè prima di rimettersi in viaggio. A Despair, però, nessuno vuole stranieri tra i piedi e Reacher si ritrova prima in cella, poi espulso.
Per vederci chiaro, per capire che cosa nasconda di così oscuro e minaccioso quel piccolo paese nel nulla, Reacher ha bisogno di un alleato. Lo trova in una poliziotta di Hope, Vaughan, una donna tanto bella quanto determinata che, come lui, vuole scoprire la verità. E, forse, riuscire così a dare un senso al dolore che la attanaglia... Jack Reacher non ha legami, non ha una casa, non ha particolari speranze ma non è nemmeno disperato, non ha un passato e del futuro non si preoccupa mai. Ha però una debolezza, forse l’unica che può permettersi... Ma l’amore è un lusso, per chi non ha niente da perdere.
I GIUDIZI
"Colossale. Travolgente. Stupendo."
The New York Times
"Il duro ma umanissimo Jack Reacher è uno dei personaggi più affascinanti tra quelli in circolazione."
Stephen King
"Reacher è uno di quei protagonisti che suscitano l'ammirazione degli uomini e la passione delle donne."
Daily Express
UN BRANO
"Reacher lasciò la strada granulosa di Despair e si incamminò su una distesa di sabbia crostosa verso una roccia piatta grande quanto un’automobile. Vi salì, si stese con le mani dietro la testa e guardò il cielo. Era azzurro chiaro, ornato di nubi alte, lunghe e soffici, forse vecchie scie di vapore degli aerei notturni che andavano da costa a costa. In passato, quando fumava, si sarebbe forse acceso una sigaretta per passare il tempo, ma non fumava più. Fumare comportava portarsi dietro almeno un pacchetto e una confezione di fiammiferi, e Reacher aveva smesso da un pezzo di portarsi dietro le cose di cui non aveva bisogno. In tasca non aveva niente tranne un po’ di contanti, un passaporto scaduto, un bancomat e uno spazzolino pieghevole. Non aveva nemmeno qualcosa che lo attendesse, da nessuna parte. Nessun box in affitto, nulla di affidato agli amici. Possedeva le cose che aveva in tasca, gli abiti che indossava e le scarpe che calzava. Quello era tutto e gli bastava: tutto il necessario, nulla di inutile".
L'AUTORE
Lee Child è nato a Coventry, in Inghilterra, nel 1954. Dopo aver lavorato per vent’anni come autore di programmi televisivi, nel 1997 ha deciso di dedicarsi alla narrativa: il suo primo libro Zona pericolosa è stato salutato da un notevole successo di pubblico e critica, e lo stesso è accaduto per gli altri romanzi d’azione incentrati sulla figura di Jack Reacher, personaggio definito dal suo autore come «un vero duro, un ex militare addestrato a pensare e ad agire con assoluta rapidità e determinazione, ma anche dotato di un profondo senso dell’onore e della giustizia». Lee Child vive negli Stati Uniti dal 1998.
"Tutta la filosofia occidentale è, in senso effettivo, filosofia greca; ed è vano soffermarsi sul pensiero filosofico se si recidono i legami che ci uniscono ai grandi pensatori del passato… Una narrazione della storia della filosofia può procedere in due modi. La storia può essere puramente espositiva, e indicare che cosa ha detto il tale e come è stato influenzato il tal altro. Oppure l’esposizione può essere integrata, entro certi limiti, da un discorso critico, per mostrare in che modo si sia sviluppata la discussione filosofica. Qui è stato adottato il secondo metodo. Va aggiunto che ciò non deve portare il lettore a credere che un pensatore possa essere liquidato soltanto perché è stato constatato che le sue teorie sono manchevoli. Kant disse una volta che aveva paura non tanto di essere confutato quanto di essere frainteso. Dobbiamo tentare di capire che cosa i filosofi cercano di dire, prima di metterli da parte. Ma bisogna confessare, al tempo stesso, che lo sforzo appare talvolta sproporzionato al risultato che si consegue. In definitiva, è un problema di giudizio che ciascuno deve risolvere da sé...
Il nostro fine è stato quello di fornire un panorama di alcune delle principali questioni che i filosofi hanno discusso. Se, scorrendo queste pagine, il lettore si sentirà spinto a studiare l’argomento più di quanto avrebbe fatto altrimenti, lo scopo principale del libro sarà stato raggiunto."
Dalla Prefazione dell'autore
Diciotto anni dopo ignoriamo chi azionò il telecomando della strage di via D’Amelio, in cui vennero macellati Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta. Oggi sappiamo soltanto che Cosa Nostra partecipò alla preparazione dell’attentato e che Borsellino non fu ucciso per il fallimento della trattativa condotta dai carabinieri con Riina attraverso la mediazione di Vito Ciancimino. La minuziosa rilettura d’ingialliti verbali, le dichiarazioni di antichi testimoni, l’incrociarsi di vecchie e nuove verità aprono uno scenario rabbrividente. Sullo sfondo campeggia inquietante il Ros dei carabinieri: a che gioco giocava? Assodato che fu Provenzano a consegnare Riina, quali garanti dal gennaio ’93 hanno protetto la latitanza di «zu Binnu», non a caso arrestato dalla polizia?
Un filo rosso lega via D’Amelio a Capaci. Falcone e Borsellino puntavano su Milano, da oltre vent’anni vera capitale della mafia. All’interno dei suoi insospettabili salotti i boss avevano trovato i complici ideali per riciclare e moltiplicare le centinaia di miliardi guadagnati con il traffico internazionale degli stupefacenti. L’appoggio di banchieri, imprenditori, finanzieri aveva consentito alle «famiglie» siciliane di trasformarsi in un impero economico capace di condizionare la vita del Paese: molti, dunque, volevano stoppare i due magistrati palermitani. Nei suoi cinquantasette giorni di corsa contro la morte Borsellino aveva capito il complesso meccanismo di quattrini e di complicità nel quale persino Riina e Provenzano agivano spesso da pupi, anziché da pupari. Ma lo Stato, nel cui nome Paolo sfidava il Male, fece ben poco per proteggerlo. Questo libro vi racconta come e perché.
L’espressione «divulgazione chimica» ha spesso avuto il sapore di un ossimoro, anche se «divulgazione» e «chimica» non sono termini concettualmente opposti. Con Joe Schwarcz le cose sono cambiate radicalmente, al punto che Roald Hoffmann, premio Nobel per la chimica nel 1981, ha scritto che «la magia di Joe Schwarcz sta nel convincerci che la chimica è divertente e utile». Questo libro spazia con soave leggerezza dalle qualità più curiose dell’acqua ossigenata all’influenza dell’acetone nel corso dei secoli, passando attraverso ritratti non convenzionali di giganti come Lavoisier e Mendeleev (chi ha mai sentito parlare della storia d’amore di quest’ultimo con una sua studentessa?).
L’autore ha la virtù innata di raccontare in modo divertente argomenti non di rado complessi, ma non solo: a una conoscenza profonda della materia unisce la capacità di trasformare un particolare apparentemente trascurabile in un’occasione per andare al di là della chimica ed entrare nella storia (scientifica, biografica, anche economica). Il lettore, insomma, trova qui modo di scoprire, talora mediante un aneddoto, l’utilità di conoscere la chimica per affrontare vari problemi quotidiani riguardanti la salute e i farmaci, i cibi e i pregiudizi che spesso ci accompagnano: per esempio quello secondo cui le cose naturali sono buone mentre i prodotti della chimica sarebbero nocivi.
Nato alla periferia dell’Impero zarista, in una famiglia georgiana povera e tenuta insieme dalla determinazione della madre Keke, Stalin è uno studente dotato ma ribelle. Leader naturale, carismatico seduttore, sogna un futuro da cavaliere e cantore della propria terra, ma segue i consigli materni ed entra in seminario. La sua vera vocazione è però quella del rivoluzionario. Vi si applica con un talento privo di remore morali, rivelandosi capobanda e cospiratore fuori del comune, impegnato in un’attività frenetica di espropri, rapine, omicidi mirati e attentati compiuti per finanziare il nascente partito bolscevico. La svolta dell’ottobre 1917 lo vedrà al fianco di Lenin come uomo d’azione di spietata efficacia, che farà tacere ogni dissenso. Prevarrà poi su Trockij e gli altri avversari interni, portando ai vertici del potere i compagni di lotta degli anni giovanili. Con i sopravvissuti alle terribili «purghe» da lui stesso ordinate, trascorrerà gli ultimi anni in nostalgiche rievocazioni: «Se non ci fosse stato Lenin, sarei rimasto un corista e un seminarista».
In pagine documentatissime, frutto di un decennio di ricerche – durante il quale ha ripercorso i luoghi che videro la giovinezza del futuro «zar rosso», interrogando i discendenti e consultando documenti e diari, finora tenuti segreti, di protagonisti e comprimari –, l’autore disegna un vivido «ritratto del despota da giovane», svelando il mistero che ha avvolto molte vicende relative agli anni di formazione di uno tra i maggiori, e più fascinosamente malvagi, protagonisti del secolo scorso.
«Oggi 5 maggio, alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba. » Con queste parole il Maresciallo Pietro Badoglio telegrafava a Mussolini la fine ufficiale delle ostilità in Etiopia, costate 4350 morti, 9000 feriti e 40 miliardi di lire. Ma la guerra era tutt’altro che finita. Meno di un quarto del territorio etiopico era stato occupato. Almeno centomila soldati dell’esercito di Hailé Selassié restavano in armi. Da quel giorno cominciò una guerra segreta, senza comunicati, nascosta dalla censura, nel corso della quale restarono uccisi dieci volte più soldati che nella guerra ufficiale.
Angelo Del Boca, che è stato il primo storico a dare una lettura molto critica del colonialismo italiano, in questo volume ricostruisce in modo dettagliato le varie fasi della campagna d’Etiopia, che fu il preludio alla pomposa proclamazione dell’Impero. Ma quel conclamato trionfo, che segnò il culmine del favore (e fervore) popolare verso Mussolini, segnò anche l’inizio di una guerra di resistenza locale che tenne impegnate le truppe italiane fino al 1941, anno in cui gli inglesi attaccarono la colonia e misero fine al sogno imperiale fascista. Un sogno breve e, nonostante le atrocità, oggi ben note dopo l’apertura degli archivi di Stato e la pubblicazione di montagne di documenti, persino «innocente». Afferma in proposito l’autore: Graziani fu «processato e condannato, ma non per le stragi in Etiopia e in Libia, ed oggi la sua tomba e il suo museo a Filettino sono meta di pellegrinaggi. Badoglio, poi, è morto di vecchiaia nel suo letto, carico di onori».
Forse non c’è nulla di più interessante e misterioso della coscienza, un concetto che ha avuto una strana storia. Per secoli si è creduto che tutto quello che succedeva nella nostra testa fosse, almeno potenzialmente, cosciente. La coscienza è stata così confusa con la mente, con la psiche, con lo spirito o con l’anima, e tutti questi termini sono stati usati come sinonimi. Poi improvvisamente qualcuno ha scoperto che non tutti i fenomeni psichici sono consci ed è cominciata l’era dell’inconscio, anche se dell’inconscio si sa ancora ben poco. Il vero compito della scienza e del pensiero filosofico è quello di capire che cos’è la coscienza, definendola con precisione e cercando di delinearne le caratteristiche salienti.
Questo saggio, in modo semplice e comprensibile, parla di mente, di emozioni e di coscienza e cerca di mettere a fuoco i rapporti fra queste tre entità e di rintracciarne i legami, senza trascurare l’altro nodo problematico rappresentato dalla razionalità e dal suo rapporto con la coscienza stessa. Dopo un capitolo introduttivo sul cervello e sulla mente in generale, si passa a trattare delle emozioni, e in particolare dell’amore, per poi affrontare il problema della coscienza. L’ultimo capitolo è dedicato a delineare una teoria dell’Io e del suo rapporto con il mondo e con il corpo. Per quanto diverse, tutte queste cose devono per forza passare dalla coscienza per essere dette e, a maggior ragione, scritte. Occorre quindi fare una ricognizione dei luoghi della coscienza per comprendere finalmente chi è che parla quando, usando la prima persona singolare, diciamo Io.
«Voglio essere santo. Voglio salvare anime a milioni. Voglio fare del bene ovunque.» A pronunciare queste parole non è un uomo comune. Non è nemmeno un uomo. È una creatura della notte: il vampiro Lestat. Cristallizzato in un’eterna giovinezza, Lestat è bello come il sole che lo respinge, ma l’oscurità che ha dentro lo tormenta da secoli. La sua brama di redenzione, bontà e amore contrasta con la sua natura di viaggiatore della notte e il suo unico rifugio è la residenza di Blackwood Farm. E proprio qui giunge la bellissima Mona Mayfair, il grande amore del padrone di casa, Quinn, compagno di Lestat.
La ragazza è fuggita dall’ospedale dove era rinchiusa da più di un anno, ed è in fin di vita. Una sola cosa può salvarla, il Battesimo del Sangue. Lestat deve così abbandonare i suoi impossibili sogni di purezza e redenzione per trasformarla in un vampiro. Sulle tracce della fuggitiva giunge a Blackwood anche Rowan Mayfair, per la quale Lestat prova una forte attrazione. Ma l’amore a lui non è concesso... Soprattutto ora, che deve aiutare Mona a fare i conti con la sua nuova, tormentata identità di vampiro e con il terribile segreto che ha quasi rischiato di ucciderla.