
Nell'anno 326, secondo un'antichissima tradizione, Elena, madre di Costantino, scopre a Gerusalemme il legno della Croce. Quel 'legno' può, secondo l'imperatrice, ribadire il passaggio fisico di Cristo sulla terra e rendere più salda la fede della comunità dei cristiani, lacerata da divisioni interne. Per sollevare gli animi e stringere i fedeli attorno alla loro storia comune, Elena fa costruire un'imponente basilica sul Golgota, il 'Martyrium', emblema della passione di Cristo. Ma un luogo non è abbastanza. La basilica non può restare un guscio vuoto, bisogna dotarla di un cuore vivo, una reliquia. I Vangeli, però, lo dicono con chiarezza: non è possibile cercare il corpo di Gesù, i cristiani sono destinati ad adorare un sepolcro vuoto. La Croce, allora, può diventare il miglior surrogato di quel corpo. Quel legno intriso prima dal suo sudore, durante l'ascesa al monte Calvario, e poi dal suo sangue, durante le lunghe ore dell'agonia, può cambiare di segno e da patibolo diventare il fondamento della fede cristiana. L'imperatrice cerca, scava e infine trova: da quel momento la reliquia diviene l'emblema della Gerusalemme cristiana e la protagonista di una complessa serie di vicende, sempre al confine tra storia e leggenda, tra realtà e immaginazione.
La guerra era piombata in casa all'improvviso nell'estate del 1943. Da sud risalgono gli angloamericani, da nord scendono le truppe tedesche: chi risaliva la Penisola portava la fine della guerra, chi calava da nord ne voleva la prosecuzione. Due macchine belliche spietate. I primi crimini di guerra sul territorio italiano li commettono gli americani, che si propongono come amici e liberatori, ma non si fanno scrupolo di passare per le armi i soldati italiani che si sono arresi. Poi toccherà ai tedeschi, e saranno all'altezza della fama di crudeltà conquistata in Polonia e in Unione Sovietica. L'Italia è preda, gli italiani sono predati, in balia degli eserciti stranieri, che siano occupanti o alleati. La morte e risurrezione del fascismo sotto tutela delle baionette di Hitler aggiungono un elemento di incrudelimento alla contrapposizione militare, perché impongono di scegliere, e non sempre si può scegliere. C'è poi un'altra guerra, la vita di tutti i giorni: fame, paura, illusioni, sofferenze e speranze. Nella lotta per la sopravvivenza, la popolazione travolta dagli eventi diventa vittima e carnefice della guerra civile. Venti mesi durissimi: mancava tutto, non solo la libertà che qualcuno negava, qualcun altro sognava, qualcuno cercava di conquistare e qualcun altro ancora intendeva regalare con l'arroganza del vincitore. La libertà sarebbe arrivata col pane e con la pace. E non necessariamente nello stesso ordine.
Il mondo è unico e dobbiamo condividerlo, ma quali sono le nuove pratiche di condivisione per garantire un futuro sostenibile? In queste pagine otto grandi studiosi italiani e stranieri provenienti dalle più diverse discipline - dalle neuroscienze alla linguistica, dalla politologia alla geografia - ragionano su come possiamo rinnovare il nostro modo di vivere insieme. In vista di un obiettivo comune: un mondo sostenibile.
I primi tentativi di far decollare l'archeologia medievale in Italia, nell'arco di tempo che va dalla nascita della nazione al secondo dopoguerra, sono tentativi falliti. Si è definita l'archeologia medievale "uno specialismo mancato". Come mai? Perché mentre nel resto dell'Europa inizia ad affermarsi un'archeologia dedicata al Medioevo, da noi questo non succede? La risposta è piuttosto semplice: mentre nelle altre nazioni fare archeologia medievale significa indagare le proprie origini, da noi il Medioevo è stato a lungo percepito soprattutto come un periodo oscuro, negativo, durante il quale l'Italia venne assoggettata e invasa da vari popoli stranieri. Solo a partire dagli anni Settanta l'archeologia medievale è definitivamente decollata e recentemente, tra scavi e progetti, ha fatto passi da gigante. Città, castelli, torri, chiese, monasteri, manufatti, sepolture e molto altro ancora: "Archeologia dell'Italia medievale" è un manuale, ma anche un saggio rigorosamente documentato e aggiornato, con un ampio apparato di illustrazioni, per dar conto dello stato dell'arte e delle prospettive future di questa disciplina.
Questo libro racconta la storia di libri che c'erano e non ci sono più. I libri perduti non sono libri dimenticati oppure libri pensati dall'autore e mai nati. Sono quelli che l'autore ha scritto, che qualcuno ha visto, magari ha anche letto, e che poi sono stati distrutti o dei quali non si è saputo più niente. Libri scomparsi, ma che sono di certo esistiti. Ogni libro perduto ha la sua storia che non assomiglia alle altre, se non per qualche particolare che stabilisce strane relazioni. Si parte così dalla casa di Firenze di Romano Bilenchi per poi passare all'Inghilterra di Byron e di Sylvia Plath, alla Francia di Hemingway, attraverso la Russia di Gogol' e la frontiera spagnola che Walter Benjamin cerca di superare, dalla Polonia occupata dai nazisti di Bruno Schulz fino al remoto paesino del Canada dove si rifugia Malcolm Lowry. Un lungo viaggio che vale senz'altro la pena di fare, perché magari un giorno, da qualche parte, uno di questi libri che sembra perduto per sempre potrebbe miracolosamente riemergere.
"I musulmani stanno invadendo l'Occidente", "Il Corano è un libro di guerra", "Europa e Islam sono nemici da sempre", "I musulmani ci odiano". Affermazioni che sentiamo ripetere da anni, che rischiano di diventare senso comune. Ma che sono false.
Tucidide - uomo politico ateniese, comandante militare, appaltatore delle miniere d'oro che Atene occupava in Tracia - è stato il principale testimone e narratore della 'grande guerra' che oppose Atene a Sparta (431-404 a.C): un immane conflitto che segnò l'inizio del declino della Grecia classica. Tucidide non amava la democrazia ma seppe convivere col secolare regime democratico, fino al momento in cui, nel 411 a.C, un sanguinoso colpo di Stato portò al potere i suoi amici oligarchi. Cosa accadde allora a Tucidide? Si schierò con l'oligarchia? Dovette eclissarsi al crollo del breve regime oligarchico? Certo è che, proprio con i fatti di quel terribile 411 a.C, la sua Storia - narrazione giorno per giorno della lunga guerra tra Spartani e Ateniesi - si interrompe. Questa coincidenza è il punto di partenza, e forse la chiave, per dipanare la sua vera vicenda biografica, offuscata da una massiccia leggenda che fa di lui o un incompetente mentitore o la vittima di una colossale, inspiegabile ingiustizia, culminata in una improbabile condanna a morte.
"Non sono neanche a metà del guado, mi chiedo, a dispetto della fulgida retorica sul ritorno alla sana vita di campagna, se ne uscirò mai vivo". Il diario sentimentale di un agricoltore alle prese con la vita quotidiana in una valle. Che è senza nome perché è tutte le valli d'Italia.
Non ci si può dichiarare cristiani e prendere parte alle ingiustizie, professare il razzismo, accettare la discriminazione di omosessuali, nomadi, carcerati, migranti. Non ci si può dichiarare cristiani ed essere complici della distruzione e dell'usurpazione dell'ambiente. Non ci si può dichiarare cristiani aderendo solo a parole al nuovo corso di papa Francesco, perpetuando nei fatti l'antico vizio di strumentalizzare Dio senza voler cambiare nulla. Dall'autore del fortunato "Fuori dal tempio", un nuovo manifesto per tutti i cristiani intransigenti.
Roma. Non solo una città, ma nucleo generatore di miti, luogo che fin dall'antichità ha offerto metafore e modelli alle lotte politiche, ai conflitti religiosi, alle scelte culturali. Dal Medioevo a oggi, Andrea Giardina e André Vauchez raccontano la presenza del mito di Roma all'origine delle idee politiche che ancora animano l'attualità. La concezione universalistica dell'impero medievale e del papato, la difesa delle libertà cittadine e dei valori dell'autogoverno, l'immagine trionfante della Rivoluzione francese e la vocazione scenografica del fascismo sono le principali tributarie del mito di Roma, così come lo sono stati tutti quei movimenti che, dalla Riforma protestante ai nazionalismi ottocenteschi e al nazismo, si sono riconosciuti in un'identità 'antiromana'. Fra riabilitazioni e cadute, fra entusiastiche adesioni e drastici rifiuti, il mito di Roma continua a vivere un destino alterno, nelle cui pieghe corre la strada maestra della nostra storia.