
La svolta istituzionale e politica del 1946 rinnovò profondamente l'Italia, nel costume, nella cultura e nel linguaggio. Le città erano piene di cumuli di macerie, ma nella pace ritrovata le speranze prevalevano. In quel bisogno di esprimersi, la lingua comune fu chiamata a rispondere a una pluralità di impieghi e registri prima sconosciuta, e così accadde anche ai dialetti. Parte da questa volontà di nuovo la Storia linguistica dell'Italia repubblicana, che si propone di continuare fino all'oggi la Storia linguistica dell'Italia unita dedicata agli anni dal 1861 al secondo dopoguerra. Il libro racconta il quadro delle condizioni linguistiche e culturali del paese a metà Novecento: un paese contadino segnato da bassa scolarità, analfabetismo, predominio dei dialetti. Individua poi i mutamenti di natura economica, sociale, politica e le luci e le ombre di quel che è avvenuto nel linguaggio: largo uso dell'italiano nel parlare, ma continua disaffezione alla lettura, nuovo ruolo dei dialetti, scarsa consuetudine con le scienze, mediocri livelli di competenza della popolazione adulta, difficoltà della scuola. L'ultimo capitolo, infine, mostra come tutto ciò incida sui modi di adoperare la nostra lingua: sul vocabolario e la grammatica che usiamo, parlando in privato o in pubblico, o scrivendo testi giornalistici, amministrativi e burocratici, letterari o scientifici.
Oltre i rigori del carcere duro, del 41 bis, e spesso grazie a quelli, una batteria di nuovi collaboratori di giustizia è stata pronta a raccontare tutto e il contrario di tutto. Diventando le pedine del gioco grande. Su guesta scacchiera non il falso, ma il vero apparente, il suo doppio e il suo triplo, giocano una partita torbida che ha per posta carriere, guattrini, tanti, ma soprattutto la sopravvivenza di un sistema di potere. Che si fa beffe dell'opinione pubblica e del suo disorientamento. Che fa di Cosa Nostra e delle altre mafie un mostro fiaccato ma mai morente.
La scoperta dei nuovi mondi fu anche la scoperta di uomini mai prima d'allora apparsi nelle grandi storie universali. Il racconto di questo libro, ricco di volti e di storie, si snoda dal Messico alla Cina, passando per le isole Molucche e il Perù, ma anche per le botteghe dei tipografi veneziani e le grandi corti rivali di Spagna e d'Inghilterra. Ci svela così un Rinascimento dagli orizzonti globali, in cui il recupero dell'antichità classica si accompagnò a una disorientante scoperta: le culture con cui gli europei erano entrati in contatto fra Quattro e Cinquecento avevano anch'esse un passato da decifrare. Qual era la storia di popolazioni, come gli indios delle Americhe, di cui gli europei non avevano mai sentito parlare? In che modo spiegare le tracce di tempi lontani di cui non davano conto né la Bibbia, né gli autori greci e latini? Come riconciliare un'improvvisa molteplicità di storie con il crescente senso di unità del globo? Le risposte che furono date a queste domande si misurarono con la difficile sfida della varietà del mondo che segna ancora il nostro presente.
Quando mio babbo mi aveva consegnato il suo mondo, negli anni sessanta, mio babbo mi aveva consegnato un mondo che lui abitava, capiva, e che era mosso da regole che, in larga parte, condivideva, lo invece, che mi muovevo in un mondo dove i tifosi facevano gli autografi ai giocatori, dove i cani si chiamano Ansia, dove c'era chi votava le chiese su TripAdvisor e dove le antiche gelaterie erano state aperte sei mesi fa, e dove le librerie vendevano il vino e i panettoni, e dove di Dante si sapeva che gli piacevan le uova, e dove se c'era un fustino, era salvaspazio, io a mia figlia le stavo consegnando un mondo che non capivo tanto. Questo è un mondo, dicevo, dove io non so bene neanche dove andare a comprare i francobolli, e mi era venuto in mente un antropologo sardo che, qualche anno prima, aveva detto che la sua infanzia, lui era nato alla fine degli anni trenta, era più simile all'infanzia dei bambini dei nuraghi che all'infanzia dei bambini che nascono in Sardegna oggi.
A partire dal 1926, la storia del calcio italiano e quella del regime s'intrecciano in maniera indissolubile: il ras romagnolo Leandro Arpinati diventa il dominus di uno sport che esce dal suo periodo pionieristico e assurge a passione nazionale. Sono stagioni trionfali per il Torino del 'Trio delle meraviglie' e per la Juventus del 'Quinquennio d'oro', per l'Ambrosiana di Meazza e per il Bologna 'che tremare il mondo fa'; sono gli anni della Roma 'testaccina' e della Lazio di Silvio Piola, protagoniste di derby infuocati e determinate a portare il primo scudetto nella capitale. A marcare l'epica del calcio italiano arrivano, sollecitati con forza dalla dittatura, i grandi trionfi degli Azzurri: i titoli mondiali del 1934 e del 1938, e quello olimpico ottenuto nel 1936. Pozzo e Schiavio, Baloncieri e Ferraris IV, Cesarini e Borei diventano in queste pagine personaggi a tutto tondo, e intrecciano i loro destini con quelli di gerarchi, dame, attrici e intellettuali dell'epoca - da D'Annunzio a Malaparte, da Emilio Lussu a Carlo Rosselli. Un affresco che fa rivivere, tra fasti e contraddizioni, il fatale inclinarsi di una società conformista verso il disastro della seconda guerra mondiale.
L'obiettivo del terrorismo jihadista in Africa è quello di istituire un califfato nel continente nero sull'esempio di quanto fatto in Siria e in Iraq dall'lsis. Tra le formazioni protagoniste di questa avanzata, la più sanguinaria ed efferata è la setta nigeriana Boko Haram, che si è macchiata di uno dei più clamorosi misfatti recenti: il rapimento di quasi trecento ragazze a Chibok, un evento che ha scosso e mobilitato l'opinione pubblica mondiale. Ma Boko Haram è solo una parte di un fenomeno globale di cui fanno parte anche i somali di al-Shabaab - collegati con il terrorismo di al-Qaeda - e le molte formazioni del Maghreb responsabili dei recentissimi attacchi in Mali e in Burkina Faso. Ma perché proprio oggi questi eventi drammatici stanno squassando aree che mai prima erano state toccate dall'intolleranza confessionale e dall'odio religioso? La storia e l'analisi delle fonti di finanziamento e di reclutamento dimostrano che l'Africa è uno scenario aperto nel quale si giocano i prossimi equilibri geostrategici del pianeta.
Londra-Parigi, Venezia-Atene, Cagliari-Olbia, Porto-Lisbona, Bergen-Oslo, Nizza-Marsiglia... Attraverso il Brennero e sull'orlo dell'Oceano. Città, mondi e vite che si incontrano sul filo di una ferrovia. Federico Pace riunisce in ciascun capitolo viaggi in treno che si assomigliano, come possono assomigliarsi i fratelli e le sorelle di una stessa famiglia. Qualcosa li tiene insieme, qualcosa di essenziale, eppure sono diversissimi tra loro. Per le geometrie con cui procedono, per le persone che incontrano e quelle che ti fanno incontrare, per i luoghi in cui ti portano e per i pensieri che ti fanno venire in testa. Racconti per tirare il filo di tante storie e riscoprire il viaggio nella sua forma più sublime, antica e modernissima. Perché quando si parte in treno, si parte davvero.
La nascita dell’Euro è stata salutata in tutto il Vecchio Continente come il primo passo verso il superamento dei vecchi stati nazionali e la creazione di un nuovo ordinamento capace di creare pace e prosperità. Non è andata così. Paradossalmente, proprio la creazione di una moneta unica ha finito invece per accentuare le differenze di ordine strutturale esistenti fra i paesi dell’Eurozona. E ciò in seguito a una politica economica di rigida austerità, prevalsa a Bruxelles sotto l’egida della Germania e perseguita anche dopo l’esplosione nel 2008 della Grande Crisi provocata da un turbo capitalismo finanziario e speculativo. Parallelamente a questi fenomeni di declino economico e di degrado sociale sono venuti al pettine i nodi critici di ordine politico. Inoltre l’allargamento delle frontiere della Ue ha dato luogo a un groviglio di contrasti e di tensioni: non esiste una linea di condotta valida e omogenea né di fronte all’emergenza immigrazione, né in materia di politica estera e di sicurezza. Stiamo così assistendo a una crescente disaffezione verso la causa europeista, al ripristino delle frontiere interne, alla reviviscenza di forti istanze identitarie e nazionaliste, all’avanzata di un’estrema destra populista e xenofoba, al ritorno di una profonda cesura politica e normativa dei paesi dell’Est rispetto a quelli dell’Ovest. In pratica, mai come in questo momento è apparso così lampante lo scarso grado di coesione dell’Europa e, per contro, così evidenti e preoccupanti i sintomi di una sua pericolosa disgregazione.
Dalla leggendaria lotta di Guglielmo Tell, un filo sottile lega le terre alte alla tentazione della ribellione. In oltre settecento anni di storia, le 'Alpi libere' hanno avuto seguaci autorevoli e interpreti esemplari. Dagli artigiani eretici che si sacrificarono con Fra Dolcino ai piedi del Monte Rosa, ai partigiani che fermarono i nazifascisti sulle montagne di Cuneo e Belluno, fino ai movimenti contemporanei contro il treno ad alta velocità in Valle di Susa. Questo libro raccoglie le storie dei montanari e degli alpinisti che seppero disubbidire agli ordini, costruendo sulle montagne rifugi di resistenza, avamposti di autonomia e laboratori di innovazione sociale. Come una risorgiva carsica che emerge dalle profondità del tempo, la montagna si ricorda di essere diversa e fa sentire la sua voce fuori dal coro. Una vecchia idea, forse un'utopia, che non ha ceduto al consumismo delle pianure e rinasce di tanto in tanto in forme nuove e dirompenti. In mezzo al conformismo della maggioranza valligiana, si alza il grido di chi rivendica una diversità geografica e culturale, compiacendosi dell'antico vizio montanaro di sentirsi speciali e ospitare i diversi, i ribelli, i resistenti, gli eretici.
Gustavo Zagrebelsky e Francesco Pallante argomentano per il rinnovamento di una democrazia partecipata contro le modifiche della Costituzione di cui si vorrebbero cambiare ben 47 articoli (oltre un terzo del totale) - e contro la legge elettorale. Oltre alle critiche di merito (contraddizioni, errori concettuali, complicazione del sistema), vengono messe in evidenza le forzature procedurali che hanno connotato il percorso di approvazione delle due leggi. Ne emerge un quadro tutt'altro che rassicurante: le nuove regole del gioco politico risultano essere, a giudizio degli autori, sempre più un'imposizione unilaterale basata su rapporti di forza incostituzionali leggi approvate in tutta fretta e al costo di qualunque forzatura. Il libro si chiude offrendo al lettore il confronto, articolo per articolo, del testo della Costituzione vigente con quello che scaturirebbe dalla riforma. Ciò allo scopo di offrire al t cittadino una chiara visione d'insieme del nuovo dettato costituzionale.