Il mondo contemporaneo vede realizzato il più grande abbandono della storia dell'umanità: un "terzo mondo" costretto e abbandonato alla deriva dal "primo mondo". Abbandono è la scelta che un paese e una classe del "terzo mondo" fanno di abbandonare la propria posizione di dipendenza e desolazione per ritrovare la positività del proprio essere, la propria libertà. Abbandono è anche la loro scelta di abbandonare quanti -classi e nazioni, istituzioni internazionali e aziende multinazionali -si sono imposti nella loro vita economica e politica avviluppandoli nei legami della globalizzazione, commerciale e finanziaria, per tornare ad utilizzare in prima persona le proprie risorse e le proprie potenzialità. Abbandono è l'invito rivolto alla sinistra europea ad abbandonare la propria inerenza di nazione e di classe al "primo mondo", in particolare all'Europa, per costruire una relazione non imperialista con la maggioranza del mondo.
Questo volumetto intende uscire dall'idea stereotipata dell'arte africana che vede, con sguardo coloniale, una supposta "africanità" come involucro unificante di un intero continente. Si è cercato piuttosto di introdursi alle molteplici produzioni artistiche antiche, tradizionali e contemporanee che si incontrano nel continente africano per coglierne il diverso divenire, pur nelle costrizioni dell'evento coloniale. Da come l'Occidente ha "visto" l'Africa si passa a come l'Africa ha influenzato l'Occidente, a cui però è sfuggito il contesto delle opere che lo attraevano.
Il termine "romanico" all'inizio del 1800 viene dato per indicare l'attività costruttiva medievale dell'XI e XII secolo. Si intendeva richiamare la sapienza costruttiva dei Romani di fronte alle imponenti cattedrali ottomane realizzate intorno all'anno mille e alla straordinaria armonia costruttiva dei due secoli seguenti; ma, egualmente, "romanico" ci riporta alla vernacolarità e diversità delle lingue romanze e, riferito all'architettura, alla scultura e alla pittura, ci indica la straordinaria creatività e inventiva di due secoli in cui ravvisiamo una comunanza di linguaggio in una versatilità di espressioni. Il periodo che chiamiamo romanico parte dall'epoca degli Ottoni, vede la rinascita delle grandi basiliche sino ai nuovi orizzonti aperti da Sugero per un lato e dal monachesimo cistercense per l'altro. Si tratta del primo grande movimento artistico che ci fa ravvisare l'Europa come un commonwealth estetico che abbraccia la Penisola Iberica, la Penisola Italiana, la Germania, la Svizzera e l'Austria, la Francia, le Isole Britanniche, parte della Scandinavia e dell'Europa orientale. L'antropologia religiosa cristiana, innervata dai movimenti monastici e dalle riforme ecclesiastiche, si esprime nel romanico con una forte tendenza a dare forme visive, realistiche ed espressioniste, al mistero e alla storia sacra, di cui committenti, costruttori e artisti si sentono partecipi.
Yves Coppens è uno dei maestri di una disciplina relativamente giovane, la paleoantropologia, che studia le origini dell'uomo e che dagli anni Sessanta ha compiuto eccezionali passi in avanti grazie a successive, clamorose scoperte. Fra queste forse la più celebre è quella di Lucy, giovane Australopiteco scoperta proprio da Coppens in Etiopia nel 1961. Membro del prestigioso College de France e primo fondatore di una cattedra di Paleoantropologia in Europa, Coppens è oggi ritirato dalla vita accademica per raggiunti limiti di età. Continua però a scrivere e lavorare e ha deciso di raccontare la storia delle origini dell'uomo per suo figlio e di farsi accompagnare da un'artista, Sacha Gépner.
Questo studio si pone questioni antiche, ma non ancora affrontate sulla base delle conoscenze scientifiche moderne. Siamo violenti per natura? La guerra è l'espressione umana della lotta naturale per la sopravvivenza? La presentazione è accessibile e multidisciplinare per rivolgersi a chi s'interessa di problemi socio-culturali in generale e di studi sulla pace in particolare. Le problematiche affrontate riguardano le origini del comportamento umano, la cooperazione, la violenza, la nonviolenza, la soluzione dei conflitti e la guerra.
François Varillon, gesuita, uomo di grande cultura, nel quale teologia e poesia, filosofia e musica, mistica e impegno di vita si rispondono a vicenda, ha segnato in maniera duratura generazioni di cristiani grazie alla pedagogia e alla densità del suo modo di considerare il mistero cristiano. La sua scrittura è caratterizzata da un'intensa vitalità, espressione radicale di un modo di essere nel mondo segnato dall'ottimismo cristiano, capace di amare la realtà e la vita per quello che sono, in se stesse. Le pennellate di Varillon e la sua prosa guizzante fanno comprendere ciò che egli stesso ha dichiarato: "Vivo più di intuizione che di intelligenza", cioè quella che "I filosofi denominano l'Intuizione e i poeti il Lampo". E questo lampo illumina la realtà. Uno degli effetti più sorprendenti e attuali della visione di Varillon è infatti la sua capacità di valorizzazione di tutto ciò che è umano. Varillon illustra la profondità del suo pensiero con citazioni e narrazioni illuminanti, convogliando la sua passione per la letteratura, la musica e la pittura in una tensione verso Dio. E ciò dimostra quanto egli abbia fatto proprio il motto di sant'Ignazio: "cercare e trovare Dio in tutte le cose", ill cristianesimo è così un'"arte di vivere". Fede e vita, umanità e grazia, Chiesa e mondo, "terra" e "ciclo" non prevedono fratture: nella sua lettura convergono in radice.
Questo libro muove da una critica radicale all'ideologia dello sviluppo e della crescita economica e si propone come un accessibile manuale di introduzione al concetto e alla pratica della decrescita. È quindi animato da una chiara intenzione pedagogica che lo rende accessibile e "leggero" pur toccando tutti i campi della conoscenza, tutti gli angoli di visuale del problema: materiali, psicologici, sociali, economici, tecnici, poetici e politici. Queste pagine hanno il pregio di conservare la sostanza di anni di dibattiti e ricerche sul tema della decrescita ordinando l'argomentazione con chiarezza, rigore ed efficacia. Così il libro muove dal perché al come, dallo stato delle cose e delle cause di questo stato fino all'esplorazione di piste concrete per uscirne.
Un unico modello, il Santo Sepolcro, cuore dell'ecumene cristiana, moltiplicato in centinaia di repliche diverse le une dalle altre, sparse in Europa, nei paesi mediterranei, in Africa. Un caleidoscopio di forme, di strutture, di spazi costruiti per riti e celebrazioni che vengono ripetuti inalterati nell'impostazione a rinnovare un solo mistero, eppure sono variati nel tempo secondo le trasformazioni della Chiesa e delle chiese. L'exemplum di Gerusalemme e i simulacra costruiti nel mondo tra l'età tardoantica e i primi secoli dopo il Mille sono legati da rapporti che non sono solo devozionali, ma formano un fitto tessuto di relazioni culturali, figurative, ecclesiali, politiche. Vi si intrecciano immagini del cosmo, proiezioni ideali, forme del disegno, committenze di vescovi, ordini religiosi e ordini militari, esperienze di pellegrinaggio, memorie e celebrazioni di spedizioni armate. Lo stesso prototipo è cambiato nel tempo, edificato, distrutto e ricostruito più volte. Sono mutate le percezioni che ne hanno riportato i pellegrini e sono variate le sue copie, in un processo plurimo scandito da eventi singoli, rielaborazioni locali e percorsi artistici di lungo periodo. Buona parte della società medievale finisce, così, per riflettersi nella relazione profonda tra la tomba vuota di Cristo e le sue innumerevoli riproduzioni, che sono per noi oggi altrettanti specchi, talvolta deformati e frammentati, di un mondo straordinariamente ricco di scambi e di contaminazioni.
La fenomenologia francese contemporanea, negli ultimi trent'anni, ha goduto in Italia di un'attenzione che non ha mai cessato di crescere, stimolando anche la nascita di nuove riflessioni e percorsi. In questa felice stagione della ricezione del pensiero francese, il libro di Jean-Luc Marion, "Dio senza essere", possiede ancora, a distanza di venti anni dalla prima edizione in lingua italiana, una forza e originalità che non cessano di imporlo al cuore degli studi di filosofia e di teologia. I temi affrontati (Dio, l'ontologia e soprattutto l'amore) hanno segnato la rinascita di questioni alle quali ancor oggi si sta tornando con rinnovata consapevolezza critica, specialmente in direzione del superamento di un concetto di Dio idolatricamente creato dalla filosofia e di un divino che non è altro da un riflesso talvolta pallido, talvolta violento (a seconda dei casi) del pensiero umano. La nuova edizione è accresciuta dal saggio San Tommaso e l'onto-teo-logia e dalla introduzione che l'autore ha aggiunto all'edizione francese.