
In una scelta ampia di scritti tratti dai suoi migliori romanzi, il percorso umano e letterario dell'autore sudamericano da poco scomparso proposto da Pino Cacucci, suo traduttore e scrittore in prima persona. Ne emerge il ritratto di un uomo che ha segnato la storia della letteratura latinoamericana, affascinando prima i giovani del suo paese e in seguito quelli di tutto il mondo, raccontando la terra spietata e possente "alla fine del mondo" e trasmettendo quel senso di smarrimento e di infinita debolezza dell'uomo di fronte alle forze indomabili della natura.
Quando uno nasce, non sa chi è. E se non c'è nessuno che glielo dice, la vita diventa una bella complicazione. Lei, per esempio, non sapeva chi era, perché quando era nata, rotolando giù dal camion di Jack il Camionista, si era ritrovata sola e aveva scambiato per sua madre una pantofola di pelo. Una calda pantofola accogliente, dentro la quale si era accoccolata sognando di non essere ancora nata. In fondo, era contenta di avere questa mamma. E tutto sarebbe rimasto per sempre così, se non avesse voluto conoscere il mondo e non avesse continuamente incontrato qualcuno che le chiedeva: "Che animale sei?" Finché un giorno si ritrovò alla scuola della maestra Tolmer, che aveva una profonda convinzione, e cioè che tutto a questo mondo passa, anche le domande.
Leo Gursky fa del suo meglio per sopravvivere; vive alla giornata, emarginato in una città enorme come New York, legge i libri del figlio, che è un famoso scrittore ma che non lo conosce, e ogni sera batte alcuni colpi sui tubi della caldaia di casa, per fare sapere al suo vicino che è ancora vivo. Ma la sua vita non è sempre stata così. Quando ancora era giovane, ebreo nella Polonia degli anni Trenta in cui era nato, Leo Gursky si era follemente innamorato di Alma e aveva scritto un libro in yiddish, "La storia dell'amore", racconto di quel suo impossibile sentimento. E Leo non sa che, nonostante le fughe e le persecuzioni subite dai suoi protagonisti, quel libro esiste ancora... Nicole Krauss è nata nel 1974 a New York, dove vive, da una famiglia ebraica.
Da Roddy Doyle a John Banville, da André Brink a Jonathan Coe; e poi ancora Bernard MacLaverty, Julian Barnes, William Trevor, Margaret Atwood, Irvine Welsh e altri ancora. Settanta poeti e narratori, noti o addirittura notissimi, che hanno accettato di raccontare, in brevissimi e spassosi aneddoti, tutte le figuracce, le umiliazioni ricevute in pubblico, tutti i momenti e le occasioni in cui essere uno scrittore famoso si è rivelata un'esperienza vergognosa e grottesca, a volte al limite del drammatico, e sempre comunque un'esperienza da affrontare con le guance stravolte dal rossore. Una serie di quadretti sapidi e divertenti, raccontati con leggerezza autoironica.
Il viaggio, il vagabondaggio per il mondo, è qui che si collocano le storie raccolte in questo libro. Lo scrittore narra le vicende di personaggi anonimi e marginali incontrati per il mondo, uomini e donne che hanno in comune l'aver fatto della propria vita una forma di resistenza. Un amico cileno che ha diretto la rivista Analisis, prima barricata della lotta contro Pinochet. Un cantante che ha partecipato alla Primavera di Praga. Un cameraman olandese ucciso dall'esercito del Salvador. Uomini che non hanno mai sperato di uscire dai margini, ma che per una volta sono affiorati, con le loro storie, dal buio dell'oblio. Come le rose che, in un solo giorno dell'anno, ricoprono il deserto di Atacama. Il libro è ripresentato con una nuova veste grafica.
Due fratelli cantastorie, due menestrelli irriverenti e iconoclasti, la loro vita e i loro vagabondaggi, di cui si è persa la memoria e di cui rimangono solo confusi e casuali frammenti, riscoperti in questo libro ironico e divertente scritto da due protagonisti della letteratura sudamericana. Sotto le mentite spoglie di due filologi paludati che si scambiano lettere e informazioni, integrando la reciproca conoscenza dei misteriosi fratelli, Sepúlveda e Aparaín ricostruiscono le origini e le disavventure sudamericane di una coppia di giullari, costruendo a quattro mani una parodia del genere epistolare e non risparmiando con la loro bonaria vena irriverente gli ambienti letterari e la cronaca di oggi.
Storie tragicomiche, personaggi divertenti e tratteggiati con una naturale simpatia umana: una vera e propria saga dell'immigrazione ebraica, dalla Lettonia ancora sovietica degli anni '80 fino a Toronto, in Canada. Bezmozgis, nato in Lettonia nel 1973 e trasferitosi in Canada nel 1980, narra le vicende della famiglia Berman: c'è il vecchio nonno un po' nostalgico, ci sono Roman e Bella, che tentano di aprire un centro per massaggi, e poi c'è il piccolo Mark, con i suoi primi tragici approcci alla lingua inglese e il folle amore per la quattordicenne cugina Natasha. Ma in ogni personaggio vibra un calore che è quello di tutta la comunità ebraica locale, che l'autore racconta con una voce piena di verve e commozione.
L'Oriente del mistero e della suggestione, l'India di un piccolo paria che vede la sua città solo tra le gambe di chi lo scavalca, il Nepal dei maestri asceti, l'Indonesia e Singapore, la meravigliosa Tahiti di Gauguin, l'inedita Bali di un artista che costruisce aquiloni con i sacchetti di plastica... Sfondi esotici, su cui Andrea Bocconi tratteggia le sue storie: non più cronache di viaggio, ma veri e propri racconti. Un mondo osservato con occhi occidentali ma curiosi, sempre pronti a riconoscere la verità nella lontananza. E poi il ritorno a casa, l'Italia, e una realtà quotidiana che si rivela assai meno distante dall'Oriente di quanto si potesse sospettare.
Un incontro tra vecchi compagni di liceo, venticinque anni dopo l'esame di maturità, risveglia nel giudice istruttore Ernest Sebastian memorie e nostalgie lontane. Anche perché tra i volti degli amici di un tempo manca quello di Franz Adler, l'artista, il più dotato, colui il quale, solo, possedeva il segreto della poesia. Mosso da questa assenza e da un incontro di poco precedente, Sebastian in una notte insonne riscrive con fretta furiosa una vecchia vicenda giovanile; che è anche la storia di una colpa e di un'espiazione mancata, dell'eterna crudeltà degli uomini verso gli eletti. Un classico del Novecento riproposto in una nuova veste grafica.
A Praga, nel 1920, Gustav Janouch, allora diciassettenne aspirante poeta e letterato, venne presentato dal padre a Franz Kafka. I due lavoravano nella stessa Compagnia di Assicurazioni, e subito il più giovane prese l'abitudine di far visita a Kafka nel suo ufficio e di accompagnarlo a casa. Nacquero così queste "Conversazioni" che costituiscono una testimonianza sul grande scrittore praghese. In questo contesto Kafka non è visto come una figura letteraria ma come un uomo affascinante e misterioso, costretto a convivere con le incomprensioni di un ambiente e con la malattia che di lì a poco lo avrebbe condotto alla morte.

