
Nell'atmosfera malinconica che permea la comunità russa a Parigi negli anni che seguono la Rivoluzione d'ottobre, Sonja, Dasa e Zaj sono tre sorelle in esilio, figlie di uno stesso padre, russo, ma di madri diverse. Sono giovani, desiderose di dare un senso alla propria vita. Dasa, la più solare e concreta, mira a trovare un equilibrio per sé e per gli altri, anche a scapito della propria felicità. Sonja, la più colta e intellettuale, è uno spirito inquieto e va incontro alla sorte tragica di chi punta all'assoluto. Zaj, la minore, giunta per ultima a Parigi, non ha ancora trovato la sua strada e si affida all'istinto: tenta con il teatro, si innamora di un giovane studente, si impiega da un libraio, dove scopre la letteratura e il profumo dei libri freschi di stampa. Tutt'intorno il mondo dell'emigrazione russa a Parigi: gente che si barcamena per stare a galla, che si è più o meno integrata nella grande capitale, che si frequenta e conserva alcune usanze, mentre a poco a poco ne dimentica altre. Sullo sfondo, la Russia, una presenza fisica che incombe, travolgendo la storia personale di ognuno.
Una lettura tira l'altra, almeno secondo Nick Hornby, che ancora una volta ci guida tra gli scaffali della sua personalissima biblioteca, dispensando con tono cordiale dubbi, consigli e confidenze. Ci sono classici e novità, opere di amici e di esordienti, alcuni volumi acquistati e poi subito riposti in un canto, ma soprattutto libri letti, divorati o lasciati a metà, magari ripresi o abbandonati per sempre. Nel suo nuovo diario di letture Hornby non segue un copione prestabilito. In accordo con la sua idea di letteratura, si lascia guidare da passioni ed entusiasmi profondamente radicati nella vita, senza badare ai pareri della critica ufficiale. Si passa da un saggio su Shakespeare a un graphic novel, da Henry Miller alla letteratura per l'infanzia e ai libri per gli adolescenti, un genere, quest'ultimo, di cui Hornby si è recentemente infatuato. Non manca una parte dedicata ai film, sempre visti con l'occhio dello scrittore appassionato di storie mai banali, specie se ruotano attorno alla vita di un genio della musica come Bob Dylan. E durante i Mondiali di calcio, per guardare ogni giorno le partite assieme ai suoi amici e fare qualche scommessa via Internet, Hornby riesce persino a passare un mese senza libri. Per poi rituffarvisi subito.
Per spiegare molte delle storture del mondo contemporaneo basta una semplice considerazione: la mente umana è relativamente nuova, viene usata intensamente solo da una decina di migliaia di anni. Lo stomaco invece, tanto per fare un esempio, ha avuto a disposizione centinaia di migliaia di anni per perfezionarsi. Tra i disastri che discendono dalla scarsa capacità umana di usare il cervello c'è l'enorme difficoltà di costruire storie d'amore davvero soddisfacenti. Piuttosto recente, infatti, è anche l'affermarsi dell'amore romantico come fulcro dell'esistenza degli individui: per migliaia di anni l'uomo ha avuto priorità drammaticamente più urgenti: mangiare, trovare riparo per la notte, sfuggire ai briganti e ai soldati del re. Logico quindi che non abbiamo accumulato molta esperienza come amanti... È l'ambito, così poco conosciuto ma così importante, affrontato da Jacopo Fo in questa "Corretta manutenzione del maschio" (però in realtà anche delle femmine), che fornisce alcune informazioni essenziali sull'amore a partire proprio dal cervello, completamente diverso nell'uomo e nella donna. Lo fa in modo divertito, leggero, tra osservazione quotidiana e vita domestica, scienza e teatro. Ma ogni gioco teatrale, si sa, è cosa seria. O almeno, felicemente semiseria.
Un protagonista della cultura del Novecento, una figura complessa e luminosa, un artista versatile e geniale, un eretico... Questo è stato Pier Paolo Pasolini, ma non solo: per la vita che ha condotto e per la morte che ha incontrato, Pasolini è stato anche un simbolo della società italiana e dei suoi cambiamenti. Ecco perché la biografia scritta da Nico Naldini, che ne fu il cugino, è tanto preziosa. Perché mescola, con lucida sobrietà, ricordi personali e ricostruzione documentata, spirito analitico e commozione; e ne disegna un ritratto volutamente essenziale. Riemergono così, da un passato ancora tanto vivo, le estati friulane dell'infanzia, il rapporto con la madre e l'indomabile vocazione pedagogica, l'amore per la semplicità dei conladini e la "competenza in umilia". E poi, subilo dopo, le prime tensioni politiche, la scelta militante del comunismo e la sofferenza per la morte del fratello Guido, nella strage di Porzus. E quindi, nella piena malurità artistica, la scoperta di Roma e delle sue periferie, la capacità tutta pasoliniana di entare in contatto con il mondo dei "miseri" e delle borgate. Fino a quella terribile morte violenla, che in troppi hanno voluto circondare di mistero e che Naldini interpreta invece nella sua lineare essenzialità, senza alcuna concessione ai complottismi.
Nell'aprile del 2001 milioni di italiani hanno ricevuto un fotoromanzo elettorale, "Una storia italiana", dove Silvio Berlusconi presentava la storia della propria vita attraverso parole e immagini. Un album ricco di fotografie del Capo. Perché il creatore della neotelevisione ama così tanto le fotografie, perché ricorre alle immagini fisse per descrivere la propria persona? Questo libro racconta la vicenda del rapporto tra il tycoon televisivo e la fotografia a partire dagli anni Settanta, quando Berlusconi era un semisconosciuto imprenditore edile, sino ad arrivare alle sue ultime immagini: dalle pose all'Alain Delon degli anni Ottanta agli scatti che lo ritraggono nelle vesti di futuro capo di Stato del decennio successivo, dalle foto familiari a quelle elettorali. Il saggio descrive il modo in cui il magnate di Arcore ha usato, sia come imprenditore sia ai fini della sua strategia politica, il proprio corpo, e questo attraverso le foto ufficiali e non; ma ragiona anche sull'uso del corpo da parte dei politici postmoderni, e sulle similitudini tra il corpo di Mussolini e quello di Berlusconi. Dai trapianti di capelli alla bandana, dal ritocco fotografico alla chirurgia estetica, il corpo del Capo è diventato la metafora vivente della nostra stessa idea di corpo, della sua durata nel tempo, del suo valore e del suo sfruttamento economico.
Apparso nel 1690, nel clima storico appena successivo alla liberazione di Vienna dall'assedio dei Turchi, il poema "Iesus Puer" del gesuita Tommaso Ceva fu accolto con entusiasmo in Italia come in Europa, dove fu tradotto in tedesco e in francese. Muratori, nel trattato "Della perfetta poesia italiana", lo considerò esemplare per la capacità dell'autore di far vedere le cose per mezzo di vivissime immagini. Ceva costruisce la trama partendo dalla tesi, illustrata dal gesuita portoghese Sebastiào Barradas, secondo cui Gesù, ancora bambino, manifestò agli abitanti di Nazareth la sua divinità; i meccanismi che ne determinano lo sviluppo sono ricavati dai Vangeli apocrifi, dalla letteratura agiografica, nonché dall'opera di Ireneo di Lione contro le eresie. Ma ben più significativa risulta la presenza di modelli rintracciabili negli autori latini (soprattutto, Virgilio, Ovidio, Stazio, Claudiano), neolatini (Battista Mantovano, Sannazaro, Vida, Mascardi) e italiani (come Tasso e Marino). Questa edizione indaga e ricostruisce, nel documentato commento di Felice Milani, la tradizione letteraria che sta alla base del poema. L'autore afferma che il poema, dai personaggi in parte illustri in parte umili che conducono l'azione, assume la natura di comico-eroico. I personaggi umili sono i contadini, le donne, le ragazze e i bambini di Nazareth e di Engaddi: ma dietro di loro noi intravediamo in realtà la gente della campagna milanese.
Il libro è una serie di 26 sermoni sui temi del rapporto tra gli uomini, accompagnati da un prologo, un epilogo e dodici illustrazioni. I sermoni vengono pronunciati dal saggio Almustafa che, apprestandosi a lasciare la terra dove ha trascorso lunghi anni di esilio, lascia agli abitanti il dono della sua saggezza. I temi rispondono a richieste specifiche degli ascoltatori, e toccano questioni universali, insieme semplici e profonde: tra gli altri, vengono trattati il Matrimonio, l'Amicizia, il Tempo, il Bene e il Male, il Mangiare e il Bere, il Dolore, la Bellezza. Pubblicato nel 1923 in inglese da un autore libanese immigrato negli Stati Uniti, il libro fu subito accolto con entusiasmo dai lettori, trasformandosi in un testo di culto.
Che cosa può ancora fare un'insegnante che ama il suo lavoro? Quali sono le prospettive di un mestiere che non sa nemmeno più riconoscere se stesso? Un racconto-riflessione, amaro e divertito, sulla nuova scuola italiana, le sue follie e il suo declino che pare inarrestabile. Tra aneddoti, curiosità e stridenti effetti comici, il ritratto di un mestiere che davvero "non c'è più", perché è stato strozzato e fatto a pezzi da insensate "parole d'ordine", ingabbiato in un labirinto di "progetti", "strategie educative" e "recuperi", lasciando i suoi protagonisti, insegnanti ma anche studenti, spaesati e delusi, forse anche nostalgici di un mondo in cui le parole "insegnare" e "studiare" non significavano altro che se stesse.
Abbiamo lasciato Lupo e Anatra finalmente sposi nella storia precedente, e ora li ritroviamo in dolce attesa che si schiudano le uova nate dal loro amore. E qui i ruoli si invertono e i mondi si ribaltano: Lupo, filosofo teorico, sempre perso in astrazioni e pensieri profondi, decide di occuparsi direttamente della cova delle uova, lasciando la consorte libera di muoversi per il mondo, per conoscerlo e capire che cosa conti davvero. Iniziano così i percorsi paralleli dei due protagonisti. Lupo bada alle uova, riflettendo sul senso dell'attesa e diventando punto d'incontro per vari personaggi, amici e nemici: un vecchio riccio in pensione afflitto dalla solitudine, una volpe invidiosa, un esercito di gufi benpensanti. Mentre Anatra diventa una giornalista e intraprende un viaggio personale, e tutto femminile, nel crudele e variopinto mondo del potere popolato da struzzi, leoni e chiassosi tacchini, alla ricerca della bellezza e di ciò che è veramente importante...
Nel 1939 Ernst Junger - eroe della Prima guerra mondiale, durante la quale si era distinto per le imprese eccezionali, che gli avevano fatto guadagnare la Croce al merito, la più alta onorificenza prussiana - viene richiamato e messo a capo di una compagnia tedesca sul fronte occidentale, per attaccare la linea Maginot. "Giardini e strade" è il diario preciso e puntuale innanzitutto degli ultimi mesi di pace e di scrittura prima di essere richiamato, mesi in cui Junger si dedica ai suoi studi di filosofia e di entomologia. Segue poi il racconto della guerra vera e propria, della lunga marcia verso Parigi, la città amata da uomo e da intellettuale ma ora vissuta da conquistatore.

