
Sei storie di delitti, sei detective stories, in cui in realtà non viene commesso nessun delitto. Le apparenze sono sinistre; il mistero agli inizi della vicenda è dei più cupi e inquietanti; l’evidenza dei fatti sta lì a indicare che una mente criminosa è al lavoro o ha già condotto a termine il lavoro. Lo sviluppo della vicenda non fa che confermare i peggiori sospetti del lettore. Lo scioglimento, infine, si incarica di smentire quelle apparenze, quei «fatti» con un umorismo sentenzioso, ammonitorio. Esso ci avverte ogni volta che l’immaginazione umana può essere più bizzarra e ingenua di quanto pensiamo.
Per un tale genere di detective story occorreva un detective molto speciale: Basil Grant, personaggio improbabile e grandioso, invenzione chestertoniana delle più felici, un ex giudice, allontanato dalla scranna per manifesta pazzia. La pazzia è il suo metodo investigativo e preferisce di gran lunga l’intuizione alla deduzione. Scarta «i fatti» come elementi essenzialmente fuorvianti. E' il perfetto campione, insomma, di queste storie stravaganti e beffarde, un impeccabile anti Holmes, che si aggira, svagato e sornione, per una Londra sterminata e fosca, in cui il crimine sembrerebbe di casa, mentre non lo è affatto.
Hanno nomi e professioni diversi gli uomini che popolano questi racconti di John Updike, ma condividono una storia comune: l’infanzia da figli unici in una cittadina di campagna della Pennsylvania, al centro degli affetti e delle tensioni di una famiglia travolta dalla Grande depressione, la fuga verso un’università della costa orientale, il matrimonio, i figli, la vita nei quartieri borghesi, tra feste e tradimenti, il divorzio, un nuovo matrimonio, una vecchiaia fatta di viaggi all’estero e goffi tentativi di mantenere i rapporti con figli di mezza età molto indaffarati e nipoti che oppongono loro una cortese indifferenza. Tormentati dal crescente isolamento, persi nei luoghi stessi in cui sono nati e cresciuti, ossessionati dal pensiero della morte imminente ma ancora percorsi dal desiderio e divisi tra voglia di libertà e doveri familiari, i protagonisti di questo libro bramano un ultimo contatto con la vita, come Fairchild in L’espansione accelerata dell’universo, stranamente rivitalizzato da uno scippo subito durante un viaggio in Spagna, o inseguono occasioni perdute, come Les in Mogli delicate, ossessionato da un amore ormai finito. Dal loro punto di vista distante e straniato Updike disegna un’ultima, commovente mappa di quella fetta di mondo che ha saputo descrivere e raccontare come nessun altro, affidando alle proprie parole, precise e appassionate, il compito di preservare ciò che ormai è cancellato.
La vita, come dice Luis Sepúlveda, è piena di storie. E per raccontare la magia della realtà in tutte le sue sfaccettature – meschinità, tormenti, gioie, peripezie – questa raccolta prende il via dai ricordi, dal vissuto recente e passato, per offrirci un Ritratto di gruppo con assenza<: quello di alcuni ragazzini sorridenti immortalati in una fotografia che induce l’autore, dopo quattordici anni di esilio, a ritornare per la prima volta in Cile, sulle tracce dei loro destini personali, ma anche del destino di un paese appena uscito dalla dittatura.
Da vero cosmopolita, di quelli che hanno vissuto nel Nord e nel Sud del mondo, Sepúlveda tratteggia con uguale partecipazione vicende lontane fra loro nel tempo e nello spazio: racconta di combattenti valorosi e di bambini senza futuro, di una Miss colombiana che muore durante un intervento di chirurgia plastica, di una signora sovietica – la voce di Radio Mosca – che offriva un po’ di conforto ai cileni della resistenza. Ma non manca l’ironia: nei ritratti degli amici, nel mettere alla berlina certa intellighenzia, o nel descrivere un’esperienza di lavoro per la televisione ecuadoriana. E la preoccupazione per l’ambiente. Tra i tanti incontri, spicca quello con un vecchio che, nella foresta amazzonica, vive isolato in una capanna e legge romanzi d’amore: il personaggio che vent’anni fa ha ispirato all’autore il suo fortunatissimo romanzo.
Autunno 2000: dopo cinque anni trascorsi a Parigi per lavoro, Adam Gopnik ritorna con la sua famiglia a New York, la città in cui, anni prima, era immigrato suo nonno, ebreo russo. È un amore speciale quello che lega il grande giornalista alla sua città, che da subito gli appare il posto ideale in cui vivere, anche e soprattutto se, come nel suo caso, hai dei figli piccoli. Queste pagine si popolano così di tutti i personaggi magici e bizzarri che circondano una famiglia newyorkese: insegnanti, allenatori, terapisti, amici e nemici. Da Bluie, il pesce rosso destinato a una fine molto hitchcockiana, a Charlie Ravioli, l'amico immaginario della figlia di Gopnik, che essendo per l'appunto un amico immaginario newyorkese è molto impegnato, troppo per giocare con la bimba. Nemmeno il dramma dell'11 settembre riesce a intaccare questo rapporto idilliaco con una città che ha tanto da dare ai suoi abitanti. La normalità del quotidiano vince sull'orrore, in una narrazione che mescola abilmente le barzellette ebraiche con i dibattiti sul problema della coscienza, i prezzi del mercato immobiliare e il significato recondito dell'arte moderna...
Ogni dizionario che si rispetti è fatto di «definizioni », e definire «significa rinchiudere la sconfinata foresta dell’idea in un muro di parole». A Samuel Butler, autore di questo aforisma, è però toccato di ritrovarsi autore solo post mortem di un Dizionario dei luoghi non comuni scelti dai suoi taccuini. Neppure Armando Massarenti avrebbe mai pensato di comporre un Dizionario, sia pure sui generis come questo, se non lo avesse trovato già scritto ripercorrendo a ritroso il suo avventurarsi nella foresta, delle idee che hanno animato il dibattito culturale degli ultimi anni. Idee a prima vista piuttosto comuni, almeno per un dizionario filosofico-scientifico: argomentazione, assurdo, atarassia, bello, benevolenza e così via, fino a vendetta, verità, zero, passando per i meno usuali albi professionali, applauso o win for life. Ma di non comune in questo Dizionario non ci sono tanto le voci quanto la maniera in cui sono trattate.
Lo spirito in apparenza da bastian contrario va interpretato come una lotta per non farsi ingannare dal dibattito attuale, che tende più a confondere che a chiarire, per fare in modo che queste idee – a partire da agnosticismo, fino a giustizia o vita – smettano di essere confuse nel guazzabuglio della neolingua di stampo orwelliano che si è venuta formando intorno a concetti filosofici di pubblico interesse. L’intenzione non è stupire, ma rimettere le cose a posto. Oppure rimettere le cose a posto suscitando stupore.
Palestina, una calda sera d'autunno, un anno imprecisato tra la fine della Seconda guerra mondiale e il riconoscimento dello Stato di Israele. Là resistenza ebraica lotta in Terra Santa contro il mandato britannico. Gli inglesi impiccheranno all'alba il prigioniero David Ben Moshe, i clandestini ebrei risponderanno giustiziando a loro volta un ostaggio. L'ingrato compito tocca al giovanissimo Elisha, emigrato in Palestina dopo aver vissuto l'inferno dei lager. Durante la notte che precede l'esecuzione, la mente del ragazzo è visitata dai ricordi e vive il dramma di un'intera civiltà e di tutto un popolo...
«Il mare e la filosofia condividono lo stesso movimento: incarnano la vita, le indicano una rotta.» Strana unione quella tra il mare e la filosofia. Eppure la filosofia è nata sotto il segno dell’acqua, nelle città greche dell’Asia Minore, sulle rive del mar Egeo e dello Ionio. Già Talete sosteneva che l’elemento liquido costituisce il principio del mondo, e che cos’era se non una talassocrazia quella che si stabilì sulle rive del Mare Nostrum? Il mare è presente nel pensiero dei più grandi filosofi: da Kant, che descrive il paese della verità come un’isola circondata da un vasto e tumultuoso oceano, a Nietzsche, che insiste sul silenzio del mare, fino ai grandi del XX secolo, come Foucault, per il quale il mare rappresenta l’insignificanza, la perdita di senso.
Da questo breve excursus filosofico prende avvio una meditazione sul mare che è una meditazione sulla vita: il mare ha una saggezza intrinseca che stimola il pensiero; un bagno o una passeggiata sulla spiaggia hanno un potere salvifico e rigenerante, che manda in frantumi i pregiudizi e libera dal narcisismo, guarisce i nostri corpi e al tempo stesso solleva dalle angosce. Unendo profondità e leggerezza, Cécile Guérard tratteggia una sorta di acquerello filosofico, grazie anche ai molti autori qui convocati – Michaux, Bachelard, Hugo, Sartre, Michelet, Hemingway... – per contribuire a questa sinfonia muta e meditativa che fa sognare e riflettere.
Quattro donne alle prese con un atlante geografico a fascicoli. Diversissime tra di loro, per carattere e vissuto, tutte e quattro sono accomunate dall'età, i fatidici e temuti quarant'anni, e le crisi esistenziali in cui sono disperatamente coinvolte. Marisa odia il proprio corpo ed è terrorizzata dall'amore; Rosa, inghiottita da una passione sfortunata, si è buttata alle spalle un matrimonio altrettanto sfortunato; Fran, ritrovatasi con il proprio compagno, sente che le manca qualcosa; Ana naviga nel mare burrascoso di una relazione con un uomo sposato. Mentre il lavoro prende forma, la ricerca di dati si fa ricerca interiore, racconto di vita. E alle pagine dei fascicoli si sostituiscono quelle di cronaca intima.
Tra le tante cose che una mamma non vorrebbe scoprire sul proprio figlio adolescente ce n’è una un po’ imbarazzante... a dire il vero molto imbarazzante. E non aiuta il fatto di venirla a sapere dalla vicina di casa pettegola, che una mattina ti fa trovare nella buca delle lettere un video accompagnato da un biglietto. Lynn non riesce a crederci: è suo figlio Mark quello in copertina. Il film ha un titolo non proprio edificante ed è vietato ai minori. Sì, insomma, Mark a quanto pare ha un talento nascosto, insospettato. E l’ha messo a frutto cimentandosi come pornostar.
Come si affronta una novità del genere? Lynn deve dirlo a Dave, suo marito, e insieme dovranno parlarne con il ragazzo... forse da oggi nella loro famiglia niente sarà più come prima. O no? Ma se ci fosse un modo per prendere una cosa del genere per il verso giusto, anziché per quello sbagliato?

